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Autore: DarkPenn    27/11/2007    9 recensioni
[God of War] Il suo cuore pulsa ancora, nonostante tutto il sangue versato dai suoi nemici... e presto ogni suo battito sarà il grido d'agonia di uno di loro... [KratosxAtena... non ve l'aspettavate, eh?]
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CUORE DI FERRO

 

 

 

 

Le urla delle donne, i pianti dei bambini, i gemiti dei moribondi sono stati la splendida sinfonia di tutta la mia vita, prima ancora che diventassi noto come il Fantasma di Sparta…

Ed ora che di quella città sono divenuto il dio, non c’è persona al mondo che non piangerà una delle mie innumerevoli vittime.

Cospargo di sangue la mia armatura e la mia pelle bianca, annegando nel sangue il mio passato di mortale.

La tristezza, l’angoscia, il dolore, tutto scompare in un’estasi rossa e vorticante, mentre le spade che mi ha donato Atena trasformano questa città nell’affresco di un massacro annunciato.

Nulla possono le lance di questi mentecatti contro le corazze, gli scudi, le armi dei miei Spartani.

L’odore della carne bruciata stimola le mie narici frementi, mentre pregusto l’ultimo duello di questa campagna militare. Il generale nemico sta di fronte a me, puntandomi contro la spada, fierezza negli occhi che già sono rassegnati a vedere l’Ade prima dell’alba ma che ciononostante mi promettono battaglia. Sorrido. Se non fosse stato un mio nemico, quest’uomo avrebbe potuto essere il più brillante dei miei generali.

Affondo una delle mie spade verso di lui e gli strappo un braccio, ma lui sembra quasi non accorgersene: solo una rapida smorfia rende testimonianza del suo dolore. Affonda a sua volta verso di me ed io lo lascio fare; non è il caso di darmi da fare in questo combattimento il cui esito è già stabilito, voglio farlo durare il più a lungo possibile.

La sua spada mi scalfisce a mala pena l’armatura e si spunta rovinosamente, ma il generale non si dà per vinto, ma le sue testate, i suoi pugni, tutta la sua arte marziale non possono nulla contro di me. Mentre stringo lento ed inesorabile la mia presa sul suo collo, forse un lampo di rispetto solca il mio sguardo, ma subito sparisce, per non dare false speranze nella mia pietà. Io non ho pietà.

La sua anima scende nell’Ade; la sua testa va ad adornare il mio carro vittorioso.

Un’altra città cade sotto il potere di Sparta e per un altro giorno i miei ricordi sono sommersi dall’ebbrezza della violenza.

Torno all’Olimpo, lasciando ai miei seguaci mortali i festeggiamenti. A me basta il sangue, le viscere, gli arti strappati, le corazze fesse e le armi distrutte che si accumulano ai piedi del mio trono.

Mi assiedo con un sospiro, ignorando le ètere sciocche che bramano la mia compagnia; che a loro bastino i miei divini compagni, perché la mia mente è già rivolta al prossimo massacro.

 

*

 

So di aver creato un mostro, ma l’Olimpo non poteva restare senza dio della guerra. Per questo l’ho salvato, per questo gli ho donato le mie spade, e per questo l’ho portato presso di noi e ho permesso che sedesse sul trono di Ares. Non immaginavo che il suo dominio sarebbe stato ancora più sanguinario di quello di mio fratello…

Si dice che patrocini massacri, violenze di ogni tipo, guerra e sangue non solo perché tale è il suo compito, ma anche per dimenticare il suo passato, cosa che però gli è impossibile. Ed allora aumentano i massacri e le violenze e le guerre, portando il mondo più vicino al caos primigenio di quanto non lo sia mai stato.

Ecco perché Zeus mi ha incaricato di vegliare su di lui e di impedire che il suo potere e la sua hybris crescano a tal punto da minacciare il trono di mio padre, come già accadde in passato…

Ma gli eccessi di Kratos sono sempre maggiori e mi è sempre più difficile disciplinare i suoi eserciti. Se solo l’avessi lasciato morire, quel giorno ad Atene…

Oggi posso dire che affronterei volentieri il disastro che comporterebbe non avere più un dio della guerra sull’Olimpo, piuttosto che affrontare quello verso cui Kratos ci sta conducendo. Dopo ogni battaglia il potere di Sparta in Grecia cresce, ed così pure quello del suo dio, ma egli non ne è mai sazio. I più lungimiranti di noi Olimpici predicono sottovoce sventure tali quali non si erano mai visti dai tempi della sconfitta dei Titani; ed io non me la sento di dare loro torto…

 

*

 

Non so se gli altri dei dell’Olimpo dormano e sognino, o se questo tormento sia solo un’eredità del mio passato mortale, ma a volte mi abbandono sul mio letto, esausto dopo una giornata di guerra ed una nottata di sesso, e l’oblio cala su di me.

Allora le rivedo.

Nonostante siano ormai passati anni ed abbia ormai perso del tutto la mia umanità, le loro ombre sono sempre lì, in una pozza del loro stesso sangue che imbratta anche le mie mani. Ora come quando ero mortale, non importa quanto sangue versi e quanti orribili ricordi di morte, oppure di passione sfrenata, io abbia: gli occhi di mia figlia e di mia moglie non sbiadiscono mai. La loro accusa quando governavo Sparta con il pugno di ferro è sempre bruciante, le loro espressioni morte di muto orrore quando le ho uccise lacerano sempre la mia anima come se fossero presenti.

Allora è un bene che, al mio risveglio, le ancelle che Afrodite mi concede se ne siano già andate.

Per dieci eternità ho scandagliato l’abisso senza tempo dell’Oltretomba, dal profondo del Tartaro ai Campi Elisi, ma non le ho trovate; Ade, che governa quelle terre, crede che anche questo sia parte della mia punizione. Se non fosse per Atena, gli avrei già strappato quell’elmo incandescente e l’avrei annegato nello Stige.

Atena…

E’ a lei che devo tutto questo.

E’ stata lei a guidarmi durante la mia lotta contro Ares ed a salvarmi dal suicidio.

E’ lei la causa di tutto questo dolore eterno…

Quando la vedo gettarmi occhiate ammonitrici fremo dal desiderio di trafiggerla con le stesse spade che mi ha donato, per ricordarle che io non sono più un pupazzo nelle mani degli Olimpici. Qualcosa però mi ferma, mi impedisce di alzare le mani su di lei. Non è la gratitudine, perché non ne ho mai provata, e non è tanto meno il timore delle conseguenze, perché ho già ucciso un dio e non mi interessa cosa ciò comporterebbe a questo dannato Olimpo.

E’ qualcosa di diverso.

Quando la guardo negli occhi è come se rivedessi gli occhi di mia moglie.

 

*

 

Un’altra città è caduta sotto il suo dominio. Sparta non è mai stata così potente. Ormai Kratos ha immerso nella guerra l’intera Ellade, ed in tutto il mondo non v’è città o regno che non alzi le lance al cielo invocandolo, sia pure con diversi nomi.

Dall’alto del nostro rifugio empireo, noi Olimpici contempliamo ciò che presto potrebbe accadere anche a noi. Il mondo sta cadendo nel caos primordiale, e se nessuno fa qualcosa è solo una questione di tempo prima che succeda lo stesso anche a noi.

Incurante degli sguardi di diffidenza e di aperta ostilità che si attira addosso, terribile nella sua armatura, Kratos avanza verso il trono di mio padre Zeus. Non volge lo sguardo su nessuno, non esita nemmeno quando le mani del Padre di noi Olimpici fremono di potere. Non si inchina di fronte all’alto trono del Re degli dei.

“Cosa vuoi?” chiede semplicemente, ed il tono della sua voce mi fa correre un brivido lungo la schiena: è come lo stridio del ferro sul ferro, come le urla di tutti gli uomini e le donne che ha precipitato nell’Ade. Risuona di malcelato disprezzo. Attorno a lui, gli dei si scambiano sussurri colmi di rancore. Zeus si alza in piedi.

“Stai oltrepassando il limite,” dice, con una voce che sottintende i rombi di migliaia di tuoni devastanti, ma ciononostante Kratos è impassibile. Mio padre non può lasciar correre tanta insolenza.

“Stai immergendo il mondo in un oceano di sangue, Kratos.”

“Lo so,” è l’unica, gelida risposta.

“Fino a quanto vuoi sfidare la mia pazienza?”

Gli occhi ed i capelli di mio padre guizzano di energia tenuta a stento sottocontrollo.

“Volevate un dio della guerra,” ribatte Kratos, per nulla impressionato. “Ora l’avete.”

Dopo queste parole volge le spalle al suo Re e si allontana. Non mi rivolge nemmeno uno sguardo, sebbene io stia quasi implorando di fermarsi. E’ come se non si fosse reso conto della mia presenza.

“Anche un dio ha dei limiti,” grida Zeus, puntandogli contro un dito. “Non costringermi a mostrarti quali sono!”

Kratos si ferma, si volta appena. Scorgo l’ombra di un tetro sorriso sulle sue labbra bianche per la cenere e la sua maledizione.

“Non costringermi TU a mostrarteli,” sussurra, prima di andarsene. A quanto pare, solo io, che gli ero vicino, sono riuscita a sentirlo, perché Zeus non avrebbe sopportato quell’ennesima sfida nei suoi confronti.

Kratos scende imponente le scale che dalla Sala degli Dei portano al resto dell’Olimpo, mentre mio padre torna a prendere posto, infuriato, sul proprio trono. Io rimango ad osservare il dio della guerra che ho creato sparire dietro un angolo del corridoio, lasciando dietro di sé il sentore del sangue e del ferro appena affilato.

Così potente, così spietato…

Nessuno dei miei fratelli mi crederebbe se rivelassi che questo essere spaventoso è lo stesso che ho sentito agitarsi nel suo sonno di mortale, gridare i nomi di sua moglie e di sua figlia in preda agli incubi, svegliarsi in lacrime e piangere raggomitolato sulle lenzuola…

Se sapesse che l’ho visto in quello stato, sono sicura che tutte le esitazioni che percepisco nel suo sguardo svanirebbero e mi assalirebbe in un istante. Come potrei consolarlo io, proprio io che ho reso eterno il suo tormento?

Ed allora veglio in silenzio. Ed allora in silenzio condivido il suo tormento. Finché mi sarà concesso restare dalla sua parte. Perché più importante di lui… più importante di ciò che provo… è l’Olimpo.

 

*

 

Allora è questo, l’oblio…?

Ciò che ha affrontato Ares prima di me…?

Vedo la Spada degli Dei sporgere dal mio ventre, mentre attimo dopo attimo tutta l’eternità che ho vissuto gocciola via da me. Tra le sue braccia…

Kratos… non mi pento di averti fatto tutto ciò che ti ho fatto, poiché l’ho fatto solo per salvare l’Olimpo. Ora Zeus, sebbene ferito, potrà recuperare le forze e sconfiggerti… Tu, che sei stato tanto folle da sfidarlo…

Estrai la spada da me, ma accompagni con dolcezza la mia caduta verso il suolo. Non ti avrei mai creduto capace di un simile gesto, Kratos… Chissà se è questo ciò che provava tua moglie quando la abbracciavi… Oppure quando l’hai uccisa…?

Io muoio, Kratos… ma vedo che nei tuoi occhi non c’è più dolore di quanto non ci sia sempre stato. Per te io sono stata solo un’utile alleata, e poi una nemica; nient’altro.

Ed una sciocca.

Nei tuoi occhi c’è la determinazione di chi sa che non si fermerà mai, neppure di fronte al destino.

Forse è per questo che ti ho amato… da stupida…

Per due volte sei tornato dall’Ade, da umano… Se c’è un Ade anche per noi dei… io ti aspetterò là…

 

*

 

La vita di Atena si spegne fra le mie mani. Zeus scompare, quel codardo: va a leccarsi le ferite nel suo letamaio.

Mentre gli occhi brillanti di colei che mi ha protetto finché ha potuto si spengono, sento qualcosa dentro di me: un’emozione che da tanto tempo non provavo.

Non è pietà… Ma ora so che anche il suo volto affollerà i miei incubi.

Zeus… padre…

Ora ce n’è uno in meno a proteggerti.

Ora c’è un motivo in più per ucciderti.

Il sangue di Atena si aggiunge a quello che ho già versato, e richiama il vostro, fratelli Olimpici…

Atena… la tua morte mi ha aiutato. Ora avrò bisogno di molto più sangue per soffocare i miei ricordi, e so benissimo dove trovarlo.

Ti ringrazio.

Che tu sia maledetta.

Mentre il tuo corpo scompare, divorato dall’oblio, alzo verso il cielo la mia spada.

Avrò la mia vendetta su di voi, maledetti dei. Sommergerò il mondo delle vostre viscere e lo sprofonderò nel caos, proprio come avevate predetto. Allora, anch’io sprofonderò nell’oblio. Allora, troverò la pace.

 

 

  
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