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Autore: LyraB    11/05/2013    1 recensioni
In un lussuoso collegio viene ritrovata morta la più brillante, carina e popolare delle ragazze. Il suo corpo ondeggia nell'aria ferma dell'auditorium dove stava provando lo spettacolo di Natale e la direttrice dell'Accademia si rifiuta di credere ad un assassino tra le sue studentesse. Ma mentre le feste si avvicinano e la città si riempie di luci, colori e carole natalizie, i poliziotti del CBI dovranno mettere da parte cenoni e regali e scontrarsi contro un ambiente che è solo all'apparenza sereno e di gran classe.
-- Seguito di "Pastelli Rossi"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Era tarda sera, quando Wayne e Kimball tornarono dall'Accademia.
Patrick era seduto, molto pensieroso, sul divano; Grace aveva appena ottenuto la lista delle studentesse divisa per camera e piano e Teresa era riuscita a convincere Elizabeth che non c'era niente di male nell'addormentarsi al CBI, anche se significava dormire nella camera di sicurezza vuota.

- Abbiamo una notizia buona e una cattiva. - Disse Wayne. - Quale vuoi sentire prima? -
- Cominciamo con quella buona. -
"Che in una giornata come questa ne ho proprio bisogno." Pensò cupamente.
- Ci sono due dipendenti che controllano ogni piano, facendo una ronda diurna e piantonando i corridoi tra le ventuno e le sei. E il distributore automatico delle bottigliette d'acqua è a pianterreno, accanto alle palestre: bisogna per forza passare dalle scale, su cui sono installate delle telecamere. -
- E quella cattiva? -
- È che i due dipendenti in servizio quella sera sono più che certi di aver visto solo Scarlet, andare e venire dalla sua stanza. Ricordano che dopocena ha portato la bottiglietta nella sua stanza, come sempre, e poi è tornata nella sala relax fino all'ora del coprifuoco. -
- E le registrazioni confermano la loro versione: l'unica ad aver preso dell'acqua e ad essere salita al piano dei dormitori è stata Scarlet. - Aggiunse Kimball.
- È venuto fuori qualcosa di interessante dalla lista? - Domandò Teresa a Grace.
- No, capo. Scarlet era in camera da sola... era l'unica in tutta l'Accademia. Una specie di riconoscimento per la studentessa migliore. - Rispose la ragazza, scorrendo un'altra volta con gli occhi la lista di nomi che aveva in mano.
- Posso dare un'occhiata a quei fogli? - Domandò improvvisamente Patrick, prendendo il blocco dalle mani di Grace e tornando a sprofondare nel divano e nei suoi pensieri senza dire altro.
- Idee? - Domandò Teresa, rivolta a lui.
Per tutta risposta, Patrick continuò a leggere.
- Jane. - Quando l'uomo alzò gli occhi, continuò. - Idee? -
- No. Nessuna. -
- Hai passato mezzo pomeriggio a parlare con Elizabeh e non hai idee? -
- Non è nelle conversazioni questo modo che mi vengono le idee. Le idee vengono quando si sta in silenzio e si riflette. -
Spazientita, Teresa alzò gli occhi al cielo.

La mattina successiva, Patrick aprì la porta dell'ufficio di Teresa prima ancora che lei avesse potuto sedersi al computer per dare un'occhiata alla posta elettronica.
- Vieni. - Disse.
- Dove? -
- A comprare i regali di Natale. - Rispose Patrick, mentre sulle labbra nascondeva un sorriso che gli faceva luccicare gli occhi azzurri.
L'occhiata che Teresa gli rivolse in risposta fu più eloquente di molte parole.
- Avanti, non essere così fredda. È bello fare i regali! - Replicò Patrick allegramente.
- È una stupida convenzione senza significato. Il Natale non è in queste sciocchezze. -
- Se tu riuscissi a vedere oltre al semplice pacchetto incartato comprato per formalità, ti renderesti conto che è un modo per dire alle persone che vuoi loro bene. -
- Non è comprandogli un frullatore nuovo o un'orrenda camicia che glielo dici. E poi, non c'è nessun bisogno di dirglielo: se vuoi bene una persona lei se ne rende conto anche senza regali. -
- Certamente, ma che male c'è a volerla vedere sorridere per la contentezza e la sorpresa davanti a un pacchetto? -
- Devo lavorare, Jane. Se hai qualcosa di interessante da dire, bene. Altrimenti i discorsi in stile Canto di Natale li possiamo rimandare a un altro momento. -
- D'accordo, niente discorsi natalizi. - Si fermò un istante, poi riprese con un sorriso - Ho risolto il caso. -
- Hai risolto... ma che diavolo stai dicendo? -
- Non ti fidi? -
- Lo sai che non mi fido di te. - Rispose Teresa, guardandolo con le sopracciglia sollevate.
- So che lo dici solo perchè lo devi fare. - Rispose Patrick con un sorrisetto, spalancando la porta e facendole cenno di uscire.
Quando arrivò nell'open space, Teresa si ritrovò davanti a un terzetto di persone assolutamente inaspettato: Susan Fontaine, assieme a una donna con tanti preziosi addosso da sembrare lo sponsor di una gioielleria e un uomo alto e brizzolato in un completo elegante. Quando Teresa si avvicinò a loro la assalirono di domande e commenti, tutti fatti con la stessa voce acuta e con l'aria di chi non è abituato ad aspettare.
- Adesso basta! - Esclamò Teresa con decisione, facendo calare il silenzio. - Chi siete? -
- Come chi siamo? Ci ha convocati lei e non sa chi siamo? - Esclamò la donna.
- Lisbon - intervenne Patrick precipitosamente, mettendosi in mezzo prima che la situazione degenerasse - permettimi di presentarti Glory e Mitchell Fontaine, i genitori di Scarlet e Susan. -
- Agente Lisbon. - Si presentò Teresa freddamente, stringendo loro le mani.
- Siamo stati convocati qui ma non ci è stato detto il motivo. Può illuminarci? Siamo entrambi molto impegnati, mio marito ha un aereo fra un'ora e io sono attesa al consiglio di amministrazione dello Yacht Club. - Disse Glory Fontaine, aggiustando un ciuffo ribelle del suo caschetto dorato come se fosse stata una cosa assolutamente imprescindibile.
- Volevamo darvi qualche aggiornamento sulle indagini: sono certo che l'agente Cho e l'agente Rigsby potranno rispondere a tutte le vostre domande. - Disse Patrick.
Teresa colse lo sguardo complice che il suo consulente le aveva lanciato e si voltò, attirando l'attenzione di un Wayne molto assonnato che compariva in quel momento in ufficio.
- Rigsby, porta con te i signori Fontaine e aggiornali sul caso. - Disse Teresa, con un tono che non ammetteva repliche. - Con discrezione. - Aggiunse.
Susan Fontaine fece per seguire i genitori, ma Patrick la fermò.
- Non è necessario che vada anche tu, Susan. È una questione piuttosto delicata, se posso permettermi... E tu e tua sorella eravate così legate, sarebbe una sofferenza inutile. Mentre aspettiamo posso offrirti un tè? -
- Odio il tè. - Fu la risposta della ragazzina.
- Un caffè, magari? -
Susan si strinse nelle spalle e Patrick le fece strada mentre, con un impercettibile cenno del capo, faceva segno a Teresa di seguirli. La donna non si fece molte domande - quando la situazione era in mano a quel pazzo di un consulente non si poteva sperare di comprenderla - e si accodò a loro verso l'area relax.
Lì, seduta ad uno dei tavolini, con l'aria di chi aveva dormito poco e male e una tazza di tè fumante tra le dita, stava Elizabeth. Nel momento in cui gli sguardi di Susan ed Elizabeth si incrociarono, si potè quasi percepire il gelo calare nella sala e l'aria crepitare di tensione: lo sguardo feroce che le due ragazze si scambiarono sembrò fermare il tempo.
- Non vi salutate? - Domandò Patrick - Eppure vi conoscete bene, no? Sai, Lisbon, Elizabeth e Susan sono compagne di stanza. - Aggiunse a beneficio di Teresa, parlando con leggerezza come se stesse dicendo una cosa assolutamente senza importanza.
- Non per questo ci piacciamo. - Sibilò Elizabeth.
- Vero. - Disse Susan.
- Però dovresti ringraziarla. - Disse Patrick, riempiendo un bicchiere dalla caraffa del caffè e spingendolo davanti a Susan. - Perchè è grazie a lei se tua sorella è morta no? -
Susan prese un sorso dal bicchiere e fulminò Elizabeth.
- Sì. E per questo la odio ancora di più. -
- Aha. Risposta sbagliata. - Disse Patrick, mentre sul suo viso si dipingeva un'aria di trionfo. - Perchè sei tu la colpevole. -
Teresa spostava il suo sguardo da Patrick a Susan a Elizabeth, con l'impressione di ritrovarsi davanti a un film a cui non poteva prendere parte, ma solo assistere impotente. E per di più - anche se non l'avrebbe mai ammesso nemmeno a sè stessa - non ci stava capendo niente.
- Come le viene in mente? - Esclamò Susan, alterandosi. - Secondo lei io potrei aver ucciso mia sorella? La mia Scarlet? -
- Esattamente. Ripensaci: quando ho detto "è grazie a lei se tua sorella è morta", la tua mente ha registrato esattamente queste parole. E ti è venuto spontaneo dire la verità: cioè che sì, è stato grazie a lei. - Disse Patrick.
Presa in contropiede, Susan aprì la bocca per parlare, poi la richiuse e poi la riaprì. Infine fulminò Patrick con un tale sguardo di ghiaccio che l'aria trionfante sul viso dell'uomo traballò per un istante.
- Non ha prove. -
- Ed è qui che ti sbagli. Il tuo piano era perfetto, assolutamente impeccabile. Rubare i sonniferi alla tua compagna di stanza un po' alla volta, fino ad avere una dose sufficiente per intontire Scarlet e riuscire a ucciderla. Fare la brava sorellina premurosa, offrendoti per portare la bottiglietta di tua sorella in camera dopocena, prima delle sue prove del mattino in cui sapevi che avrebbe bevuto molto e non ci sarebbe stato nessuno in giro ad aiutarla. E ingannare quei sorveglianti annoiati che non guardano troppo in faccia le studentesse e le telecamere dev'essere stato uno scherzo, visto quanto vi somigliate. E quella mattina sei scesa a colazione per prima, l'hai raggiunta, strangolata e hai inscenato il suicidio. E poi sei andata a servirtì di bacon è tè... anzi, scusami, caffè - disse accennando al bicchiere che la ragazza stringeva ancora tra le dita - senza batter ciglio. -
- Non so di cosa lei stia parlando. - Disse Susan, ma a Teresa non sfuggirono le nocche bianche della mano che stringeva la tazza. Il suo sguardo sfuggì verso Patrick e i loro sguardi si incrociarono, capendosi all'istante.
- Una sola cosa non hai calcolato. Le scarpette da danza di Scarlet. Le abbiamo ritrovate e sono certo che sono piene di tue impronte. - Aggiunse Patrick.
Il viso di Susan impallidì per un istante, ma un momento dopo la ragazza era tornata padrona di sè stessa.
- Lei mente. -
- Ne sei certa? Perchè se vuoi possiamo mostrarti le scarpette. Sono nel magazzino delle prove. -
Teresa guardò il suo consulente aggrottando le sopracciglia: non avevano mai ritrovato le ballerine di Scarlet e non c'era proprio niente di simile, nel magazzino delle prove. A guardare l'uomo, però, sembrava stesse proprio dicendo la verità.
- E... e chi ve le avrebbe date, sentiamo? - Disse Susan, la cui voce vacillò per un istante.
- Sua madre. - Disse Patrick, indicando Elizabeth.
A quelle parole, gli occhi di Teresa si spalancarono per lo stupore: era una risposta che non si aspettava affatto. Elizabeth, seria e compita, non diceva nulla e continuava a seguire la vicenda girando distrattamente il tè ormai freddo.
- Sua... sua madre? -
- Esattamente. Virginia Gui, la tuttofare della scuola. -
L'immagine di una esile donna bruna riemerse nella mente di Teresa, assieme a un carrello colmo di divise sporche. In effetti, nella lista dei dipendenti controllata da Grace, non c'era nessuno che si chiamasse Virginia. E lei e Patrick, la donnina di nome Virginia l'avevano vista bene: Teresa ricordava ancora il suo sguardo spaventato quando aveva dovuto scortarli fuori dalla scuola. L'occhio acuto del suo consulente non si era fatto sfuggire quella piccola discrepanza.
- Ora ti starai chiedendo come mai Elizabeth è riuscita ad accedere a quella scuola così eccezionale, se sua madre lavora lì come cameriera ed è evidente che non abbia abbastanza soldi per pagare la retta. Ma la risposta è... - Patrick si voltò e con un gesto molto plateale invitò Elizabeth a parlare.
- Mio padre è tuo padre. - Rispose la ragazza con semplicità.
Susan si alzò, e stavolta senza grazia: fece rovesciare il caffè sul tavolino, arretrando lentamente e guardando Elizabeth con occhi sbarrati.
- Scarlet l'aveva capito. Mi aveva riconosciuto nella foto di una bambina in fasce che nostro padre teneva nel palmare. Per questo ha iniziato a prendermi in giro. Non sopportava l'idea che il suo perfetto e impeccabile papà pieno di soldi avesse una figlia segreta che manteneva e di cui si occupava di nascosto da sedici anni. - Continuò Elizabeth. - Come se fosse colpa mia. -
Susan però non ascoltò l'intero discorso della sorellastra, perchè iniziò a gridare:
- Sei una bugiarda! Siete tutti dei bugiardi! Mio padre non può essere andato a letto con quello sgorbio della serva! E tu... tu non puoi essere mia sorella! -
- Susan, calmati adesso. - Tentò Patrick.
- Avrei dovuto uccidere te! Ho tolto di mezzo Scarlet, che mi rubava la scena, gli onori e l'amore dei miei genitori... e ho lasciato in vita una bastarda che mi soffia le parti migliori nei saggi del secondo anno e non mi passa nemmeno un dannato compito in classe! Ho ucciso la primadonna sbagliata! -
A quella confessione gridata tra le lacrime seguì un imbarazzante silenzio.
Teresa non sorrideva e il suo sguardo serio era posato sulle guance rosse di Susan Fontaine e sui suoi occhi pieni di lacrime, che lampeggiavano in direzione di una Elizabeth molto seria, che ricambiava il suo sguardo con una determinazione e una fierezza invidiabili. Dopo qualche istante l'agente si rese conto che spettava a lei rompere il silenzio.
- Susan... - Iniziò, senza riuscire a capire cosa le volesse dire.
Susan si voltò verso di lei e scoppiò a piangere in sonori singhiozzi, in un modo così infantile che era praticamente impossibile immaginarla mentre soffocava a morte sua sorella. Teresa le si avvicinò lentamente, posandole una mano sulla schiena e invitandola a sedersi. In quel momento Grace apparve nell'area relax.
- VanPelt, raccogli la confessione di Susan e prepara le carte per scagionare Elizabeth. -
Grace, del tutto impreparata a quella richiesta, fissò con aria confusa le due ragazze sedute davanti alle loro tazze e annuì meccanicamente.
- Subito, capo. -
Mentre uscivano dall'area relax, Teresa si voltò verso di Patrick.
- Come diavolo hai fatto a capirlo? -
- Gli artisti non svelano mai i trucchi del mestiere. - 
Teresa si fermò, guardandolo sollevando le sopracciglia, e l'uomo cedette.
- Le trecce. Nessuna ragazza nata e cresciuta nella California d'oro di chi si può permettere quell'Accademia porterebbe delle trecce. Lì ho capito che c'era qualcosa che non tornava... e poi il suo modo di fare, era una ribelle che cercava di non dare a vedere il fuoco che le ardeva dentro. Per il resto, ho fatto due più due. -
- Certo, la fai facile tu. E ringrazia il Cielo che il tuo piano abbia funzionato. Non era per niente scontato che Susan confessasse davanti ad un caffè, solo per la presenza della sua compagna di stanza che detestava e alla luce di qualche segreto di famiglia. -
- Io non avevo dubbi. I miei piani funzionano sempre. -
- Sì, certo. -
- Non vuoi darmi soddisfazione, per questo mi rispondi così. Ma se ci pensi un momento, ti renderai conto che ho ragione. -
Per tutta risposta Teresa gli lanciò uno sguardo di fuoco. Il consulente le sorrise amabilmente prima di dire:
- Penso che dovremmo riaccompagnare Elizabeth a scuola. -
Teresa sollevò le sopracciglia, senza capire.
- Lei non vede l'ora di tornarci e credo che tu voglia dire di persona alla direttrice che è accusata di complicità in omicidio. -
Teresa sbattè le ciglia, con un'aria così graziosamente confusa che Patrick non potè trattenersi dal sorridere di nuovo.
- Come, scusa? -
- Pensaci un minuto. Che cosa faresti tu se la figlia del più ricco dei tuoi finanziatori venisse da te piangente confessandoti di aver ucciso la tua miglior studentessa... e avessi tra le alunne una ragazza che nessuno sopporta e che tu trovi infanghi, con la sua sola presenza, il buon nome della tua Accademia? -
- Getterei su di lei la colpa. - Disse Teresa, meccanicamente, rendendosi conto solo un minuto dopo di quello che aveva detto. - Ma certo. -
Patrick le lanciò un'occhiata di approvazione.
- Allora possiamo riaccompagnarla a scuola? -
- Vado a prendere la giacca. - Fu la risposta, pronunciata con malcelato tono euforico.
   
 
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