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Autore: Flaqui    11/05/2013    11 recensioni
Il mondo è diverso da come lo ricordate.
La società è moderna, avanzata, dotata di ogni genere di tecnologia e ha affrontato il problema Bomba Nucleare con la costruzione di alcune zone sicure in cui è ancora possibile vivere. In un ambiente post-apocalittico, li unici insediamenti umani ancora esistenti sono le quattro grandi Cupole, rette da un Governo irreprensibile e organizzate in delle rigide classi sociali dalle quali non si può scappare.
I Governanti, una classe sociale unicamente maschile, si occupa di offrire al Paese un sistema politico degno di questo nome. I Guerrieri, allenati nella grande scuola di Metallica, difendono il Paese da minacce esterne e interne. I Produttori svolgono li altri mestieri, occupandosi delle necessità loro e delle altre classi. Ma c'è gente che non ci sta.
"Il mondo di Melanie finisce lì, si esaurisce alle pareti di materiale invisibile della Cupola, dove l’aria è respirabile e dove, grazie all'aiuto delle macchine, qualcosa cresce ancora. Fuori dalla Cupola Melanie non sa cosa sia esistito, un tempo.
Ma sa cosa c’è adesso. La morte."
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO AUTRICE.
Ok, questa è in assoluto la mia prima Originale, quindi credo possiate immaginare quanto io sia nervosa.
Per le note e informazioni varie ci rivediamo sotto (se ci arrivate, sotto) ma, prima del capitolo, dovete sopportami solo un altro po'.

Questa storia è dedicata interamente e completamente a Bess, perchè senza di lei non sarebbe nemmeno uscita dal computer,  perchè mi sporna sempre e  delle volte un bel calcio nel sedere fa bene a tutti. So che non ti piace il nome, ma spero di aver azzeccato almeno il carattere.
Ringraziamento speciale va a anche a Federica, Giulia, Chiara, Marti e Silvia che mi hanno sopportato per le tre settimane precedenti alla pubblicazione.

 

Prologo

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31 Maggio 2199, Cupola Ovest.
Asa 13, SottoCupola di Danderrion, (Messico).
 
Asa 13, la più occidentale fra le SottoCupole dell’Ovest, era un labirinto caotico e disordinato di stradine e passaggi contorti. I marciapiedi erano bianchi, in origine, ma chiazze di sporco nerastre e spazzatura di ogni genere si affollavano agli angoli delle strade.
Le zone limitrofe al Centro e al palazzo di giustizia erano abbastanza pulite e raffinate, con grandi negozi e parcheggi per le Machines di lusso, ma dopo appena qualche isolato, si iniziava a percepire un’aria diversa.
Melanie si fece largo a spintoni fra la folla, urlando insulti affinché la lasciassero passare. Nessuna delle manifestazioni che avevano organizzato nelle altre SottoCupole aveva ricevuto tanta attenzione e radunato tanta gente come quella che era ora in atto ad Asa 13.
Melanie, mentre dava gomitate in giro per avvicinarsi al palco di fortuna che avevano costruito, non poté trattenersi dal paragonare mentalmente la povera Asa 13 alla tranquilla e benestante Peete, dove era nata e cresciuta.
Jared era in piedi sul piccolo palchetto e stava urlando al microfono.
La folla radunata tutto intorno a lui ruggiva la sua approvazione, gridando il proprio assenso e agitando i pugni e i corpi in un movimento unisono e scoordinato allo stesso tempo.
Melanie si ritrovò spintonata nuovamente indietro, ma, ormai più vicina alla sua meta non si arrese, riprendendo a tirare gomitate per avvicinarsi.
Uno dei fratelli Kensington -così su due piedi non era in grado di identificare quale- la vide agitarsi in mezzo al disordine e si fece largo a spintoni, dandole le mano e aiutandola ad uscire dall’agglomerato di corpi in fermento. Una volta raggiunto il retro del palchetto Melanie lasciò ricadere la mano e il braccio lungo il fianco, sorridendo alla volta del gemello.
Lui si limitò ad annuire, facendo uno sbrigativo cenno del capo, e questo convinse Melanie che si trattasse di Kevin, molto più taciturno e gentile dell’impulsivo Bryce.
Lucy le venne incontro, il solito cipiglio arrabbiato in viso e i capelli corti che le scivolavano davanti agli occhi. Imbracciava un grosso Fucile Incendiario vecchio modello, una riadattazione Deluxe che probabilmente aveva rubato in giro, e scese i gradini del palchetto a due a due, lanciando una occhiata di intesa a Kevin.
«Dove eri?»le chiese, prima ancora di salutarla.
«Sopralluogo» rispose segnaleticamente Melanie, scrollandosi di dosso la grande sacca strapiena di oggetti per la Ricognizione.
Lucy corrugò appena lo sguardo.
«Non iniziare, ora! Mi ha mandato Jared. Dice che ho la faccia giusta per farlo»intervenne Melanie prima che potesse anche solo dirle qualcosa.
«Jared dice sempre un sacco di cazzate. Non è mica detto che siano tutte vere» 
«Basta Lucy» Kevin fece un cenno impercettibile con la testa e Lucy si zittì.
Kevin non era il capo e passava la maggior parte del suo tempo in silenzio, ma questo non significava che non fosse rispettato.
Melanie era con loro da più o meno un anno e mezzo, e aveva quasi l’impressione che il vero leader, lì dentro, non fosse Jared con la sua parlantina, il fuoco nelle vene e la incauta audacia; ma Kevin con le sue poche parole, le sue labbra sottili e la terribile pacatezza.
Lei non aveva un vero e proprio compito, nel loro gruppo -Lucy si divertiva a ricordarglielo spesso- perché non era abbastanza allenata per uscire in missione e neanche abbastanza anonima per fare propaganda o infiltrarsi. Anzi, il fatto che i suoi la stessero ancora cercando, non faceva che mettere ancora più in bilico il già fragile equilibrio che la loro Organizzazione aveva con la legge di Metallica –anche questo Lucy lo ripeteva sempre-. Se l’avessero trovata che gironzolava con loro, i suoi genitori non sarebbero stati clementi con nessuno.
Perciò si limitava a rimanere al Campo Base e a fare brevi giri di Diffusione, sempre accompagnata da qualcuno e solo se non c’era in giro molta gente. Si sentiva inutile, ma la maggior parte delle volte Jared le affidava i Sopralluoghi e quindi non era poi tanto male.
Lucy si allontanò con una espressione vagamente corrucciata ma Melanie, ormai concentrata sulla voce chiara di Jared, non le prestò attenzione.
«Da quando Esatther è piombata su di noi e le Cupole hanno preso il potere, ogni altra verità è stata eleminata. Distrutta e rasa al suolo come le nostre case, i nostri averi e le nostre speranze!» Jared aveva la voce accalorata e ardente e Melanie, anche se da lì poteva vedere solo la linea decisa e tesa delle sue spalle, si immaginò i suoi occhi scuri che si muovevano e soppesavano la piazza stracolma «Ma non tutto è perduto! Io, noi, siamo qui per lottare! Per le nostre case, per i nostri averi, per le nostre speranze e per la nostra verità!» 
«Verità! Verità! Verità!»la folla sembrava impazzita e Melanie non poté trattenere che un brivido d'eccitazione le facesse venire la pelle d'oca.
Jared sapeva prenderle, le persone. Diceva sempre la cosa giusta al momento giusto.
Ma non era solo quello, ottime capacità oratorie e buona dose di testardaggine, era tutto il resto. Iniziava a parlare –o, delle volte, non parlava a fatto- e tu volevi farti prendere da lui –alla sprovvista, di sorpresa, con la guardia abbassata, in tutti i modi in cui una persona può prendere un’altra-.
Come ti guardava, quando parlava, doveva essere quello: l’espressione che aveva quando pronunciava quei suoi discorsi rivoluzionari.
«Da quasi centocinquanta anni a questa parte ci siamo solo noi: poveri, abietti e inascoltati. Comandati a bacchetta da uomini senza scrupoli e senza onore. La Cupola Sud ha una repubblica! Quella Est una Classe Generale con rappresentanti del popolo. La Cupola Nord crede di poterci uccidere tutti –e Dio solo sa se non possa davvero!-. E poi, cara gente uguale-a-me, ci siamo noi. Confinati nell’angolo più lontano del pianeta, isolati da ciò che resta del mondo, che dobbiamo sopportare le angherie di un solo uomo, che diamo i nostri figli e amici al Governo e li mandiamo a morire con i Guerrieri!» Jared fece una pausa ad effetto, come a godersi la reazione dei cittadini di Asa 13, che arrivò immediatamente: urla, battiti di mani, grida e incitazioni.
Melanie sentiva il cuore battere sempre più forte, mentre si avvicinava alla scaletta che portava sul palco. Salì due gradini e, anche senza avere una visuale completa, si meravigliò dell’innumerevole quantità di pugni alzati e corpi ammassati che riusciva a scorgere. Bryce, il fratello gemello di Kevin, era sul palco a qualche passo di distanza da Jared, insieme a Rochi e a Joffrey. Kevin aveva i pugni serrati lungo il fucile a canna e si guardava intorno con fare sospettoso ma anche i suoi occhi bruciavano del fuoco della ribellione.
«Dicono che apriranno nuove Cupole, che vogliono allargare i nostri orizzonti. Ci hanno chiesto di votare per il nome da dare alla prossima SottoCupola. Non vi sentite così tremendamente onorati per essere stati presi in considerazione in una decisione tanto importante? Non vi sentite partecipi alla vita politica?» 
Una voce si alzò ancora più alta fra il rumoreggiare della folla.
«A fanculo! Chiamiamola così la nuova Cupola! E poi ci mandiamo i Governanti!» 
Nuovi applausi e nuove risate si sparsero nell’aria tesa. Melanie vide Jared sorridere di sbieco, ma le sue spalle erano ancora contratte e i pugni grandi stretti. Melanie le fissò ancora e ricordò la sensazione di quelle stesse mani calde sul suo corpo che la accarezzavano senza dolcezza, veloci e esigenti. Chiuse li occhi per un secondo, e lo immaginò voltarsi verso di lei, venirle incontro e portarla via da occhi indiscreti, immaginò i suoi occhi infuocati nei propri e le sue mani grandi e…
«Come possono anche solo pensare di aprire una nuova Cupola se non sono in grado di governare bene nemmeno questa?» 
Jared concluse la sua arringa soffocato da applausi e fece velocemente un cenno con le braccia, cercando di calmare la folla in fermento. Joffrey, affianco a lui, spostava nervosamente il peso del suo corpo da un piede all’altro, e Melanie lo vide guardarsi intorno freneticamente. In un primo momento non se ne era nemmeno accorta, ma adesso, facendoci caso, anche Rochi era in posizione difensiva e con le mani serrate sulla pistola.
Improvvisamente si chiese se, in quella città così favorevole alla ribellione e ad un colpo di stato, ci fosse più pericolo di quanto ne avesse immaginato.
«Ora, gente, prestatemi attenzione. Intendo ora dirvi una cosa che dovrebbe rimanere segreta, quasi quanto li sporchi traffici che i nostri amati Governanti attuano contro la nostra società. Quindi promettete di tenervela per voi, questa informazione»Jared guardò in basso verso la gente e Melanie, dai loro vestiti, riconobbe soprattutto Produttori e qualche Senza-Nome. Kevin le passò accanto e lei nemmeno se ne rese conto, presa come era nel cercare di fare una stima della gente lì riunita.
«Questa…»Jared si lanciò delle occhiate sospettose intorno «Questa è una RIVOLUZIONE!» 
La folla, che fino a quel momento aveva limitato il suo vociare, esplose nuovamente e Melanie seppe che, da quel momento in poi, non si sarebbe più potuti tornare indietro.
Il mondo, così come era, accettava solo due fazioni. Bianco e nero, acqua e fuoco.
Amico o nemico.
Jared e il loro gruppo erano a lungo vissuti nel grigio, opponendosi alle decisioni della Cupola senza però mai prendere una posizione precisa. Kevin, che era l’unico Governante del loro gruppo e apparteneva al Partito Popolare, aveva sempre cercato di mediare con il Governo di Metallica, almeno fino a che non fossero stati abbastanza forti da sfidarla.
Melanie non seppe se lo fossero diventati improvvisamente o se, semplicemente, Jared avesse fatto di testa sua, lasciandosi trasportare dall’eccitazione del momento.
Kevin era salito sul palco, adesso se ne rese conto, e stava dicendo qualcosa a Bryce, sottovoce. Lucy le era accanto, a qualche gradino di distanze e il resto del gruppo era sul retro del Hovercraft e sparso fra la folla, ad incitare li animi.
Joffrey prese la parola cercando di calmare il tumulto con secchi cenni delle mani. I capelli biondi gli scivolavano davanti al viso e dovette spostarseli con la mano non impegnata a reggere l’Amplificatore Vocale. Jared, di solito, era l’unico con la voce abbastanza chiara e forte da non dovere usarlo ma quella mattina aveva dovuto ricorrerci anche lui, visto la grandezza della piazza e la quantità di gente.
«Bene, come il mio amico Jared ha appena concluso di dire, noi non siamo qui per mentirvi. La situazione della nostra Cupola non è delle più rosee e a nessuno sembra importare. Il nostro obbiettivo è appunto questo: dare maggiore attenzione ai bisogni reali del popolo, alle necessità dei Produttori, dei Guerrieri e anche dei Senza-Nome!» la voce di Joffrey era più pacata e tranquilla, e a Melanie non sfuggì il modo in cui avesse evitato di ripetere la parola “rivoluzione”. Joff era anche lui nato in una famiglia di Governanti e si era unito al loro gruppo quando aveva solo sedici anni. Ora ne aveva quasi diciannove, ma non aveva perso la capacità di mediare e ragionare tipica della sua Classe Sociale.
«Noi non vogliamo stragi, morti e esplosioni»Melanie vide Jared alzare li occhi al cielo, a questo punto, ma non interruppe l’amico «Noi vogliamo un Governo fondato sulla sull’uguaglianza, in cui tutte le Classi possano avere a che fare con la politica, in cui il mondo non è retto solo dai Governanti. È un'utopia, direte voi? È giustizia, dico io» 
Jared prese velocemente in mano il microfono e Joffrey retrocesse di qualche passo, scambiandosi una occhiata preoccupata con Rochi. Kevin poggiò una mano sul braccio di Jared e dal modo in cui strinse l’altra sul fucile, Melanie capì che c’era qualcosa che non andava e che l’intervento di Joff era stato un –inutile- tentativo di calmare li animi.
Ma, che Jared lo avesse capito o meno, nulla gli impedì di ergersi in piedi sul palchetto in tutta la sua altezza e di urlare «Non siamo noi, a dover avere paura del Governo. È il Governo a dover avere paura di noi!1» 
Per un attimo la folla rimase in silenzio prima di esplodere in un boato così assordante che Melanie quasi perse l’equilibrio. Si guardò intorno e vide, fra la gente lì riunita, battiti di mani, cori, urla e festeggiamenti, volti accesi e occhi infuocati come lo erano quelli di Jared, ma il clima ardente che si respirava sotto il palco sembrava essere così distante da quello che pervadeva il loro gruppo.
Melanie fissò le labbra serrate di Kevin e ne ebbe paura.
E poi, come se lo avesse sospettato, il rumore di uno sparo risuonò nell’aria, perdendosi fra le varie urla –di gioia, di paura, di terrore-.
«Sono qui! I Guerrieri!» 
«I Guerrieri! I Guerrieri!» 
«Via! Via! Andate via!» 
«Correte!» 
La folla prese a correre, caoticamente e Melanie non fu trascinata via solo grazie alla prontezza di riflessi che l’aveva spinta a salire qualche altro gradino, fino al palchetto. Lì sopra i ragazzi del gruppo avevano imboccato i loro fucili,  e stavano preparando un piano di fuga, ma nessuno aveva ancora osato sparare, per non colpire innocenti passanti.
«Cazzo Jared, ma tu non la sai tenere la bocca chiusa!» Bryce stava inserendo le munizioni nel suo fucile con una velocità tale che le sue mani le apparivano sfocate «Io dico, stavamo in una piazza, con davanti quaranta trilioni di persone, nella città con più guerrieri di Metallica e tu inizi a sparare merda su di loro come se ci fossimo solo noi del gruppo e nessun altro potesse sentirti
Jared, che aveva già afferrato la sua pistola e stava scendendo velocemente i gradini del palchetto, si controllò il coltellino appeso alla cintura.
«Questo gruppo, Bryce, è nato apposta per sparare merda su di loro, se non te lo ricordi. Bisogna pure che qualcuno le dica, queste cose! Se sono l’unico che ha le palle per farlo, ben venga! Altrimenti rimaniamo pure chiusi nel nostro Campo Base, sono sicuro che così cambieranno davvero le cose!» 
Rochi si mise in mezzo prima che la situazione degenerasse «Basta voi due, adesso! Bryce: è una rivoluzione, bisognava pur ammetterlo prima o poi; Jared: avresti potuto avvisarci, senza fare tutto di testa tua come sempre. Ora, usciamo di qui e troviamo li altri» 
Nessuno mise in discussione le parole della donna che, in quanto compagna di Kevin, veniva rispettata quasi quanto il marito stesso. L’aria si era fatta irrespirabile: i Guerrieri avevano lanciato Bombe di Fumo contro la folla, e stavano cercando di farsi largo nella confusione.
Melanie fu grata del fatto che, in mezzo a tutta quella gente, non potessero alzare le loro costose armi e fare fuoco a tabula rasa, per non colpire i civili.
Fu solo quando scesero dalla pericolosa posizione sopraelevata del palchetto che si rese conto di quanto quello valesse anche per loro. In breve si ritrovarono a correre a perdifiato fra la calca, cercando di distinguere qualcosa nella confusione, ma l’unico risultato che ottennero fu quello di divedersi ulteriormente.
Melanie li perse di vista tutti, ad un certo punto, e il panico prese possesso di lei, costringendola a spintonare da ogni parte e a girare quasi intorno a se stessa. Ad un certo punto uno dei Guerrieri di Metallica le passo affianco e lei sentì il profilo del suo fucile sul fianco, mentre gli scivolava accanto, pregando che non si accorgesse di lei.
Fu grata di avere ancora indosso i vestiti per il Sopralluogo, un semplice abitino da Produttore, e non la divisa del loro gruppo: il nero dei Guerrieri in addestramento. Se fosse stato altrimenti avrebbe destato parecchi sospetti visto che non c’erano molte donne fra i Guerrieri.
Alla fine le parve di intravedere la sagoma veloce di Lucy fra la folla e accelerò la corsa.
Quando finalmente la raggiunse la calca si era ridotta ed erano in una stradina minore di poco lontana dalla piazza. Nell’aria risuonavano degli spari e, in un moto di istintivo terrore, Melanie si chiese se non avessero preso qualcuno dei loro.
Lucy non le disse nulla e continuarono a camminare per un pezzo. Melanie vide che sanguinava un po’ dalla spalla, ma non doveva essere una ferita grave, visto che riusciva ancora a reggersi in piedi. Melanie sapeva che l’altra era troppo orgogliosa per chiederlo, perciò si avvicinò di sua iniziativa e la prese sottobraccio, camminando con i piedi che bruciavano e le facevano male.
Alla fine si ritrovarono alla Vecchia Stazione di Asa 13, dove si erano dati appuntamento con li altri, in caso di emergenza e si sedettero su una delle panchine polverose e in disuso ormai da tanto. Lucy aveva preso a controllare la sua ferita che, per quanto brutta al vedersi, non sembrava profonda e lei aveva distolto lo sguardo perché la vista del sangue la infastidiva.
Si ritrovò a pensare a quello che le aspettava. Sin dalla prima volta che si entrava a far parte del Gruppo si veniva messi a conoscenza di una regola: se rimanevi indietro, rimanevi indietro.
Se fossero rimaste solo loro? Se i Guerrieri di Metallica avessero preso tutti li altri?
Cosa sarebbe successo a lei e a Lucy? Come avrebbero fatto se li altri “fossero rimasti indietro”? Era già successo che qualcuno del loro gruppo non arrivasse a fine missione, ma quasi sempre riuscivano a ricongiungersi, a distanza di qualche giorno.
Melanie si guardò intorno e, anche se era passato tanto tempo da quando un treno era passato da lì l’ultima volta, poté immaginare la confusione che regnava sovrana, la gente che scaricava i bagagli dai vagoni e il fischio acuto dell’Espresso che si fermava stridendo sulle rotaie. Fu solo quando aprì li occhi che si accorse del fatto che il fischio nella sua mente era reale e proveniva dalle labbra sottili di Joffrey.
Melanie balzò in piedi senza pensarci sopra e corse verso di loro, gettandosi fra le braccia di Rochi. Anche Rochi aveva un graffio poco profondo sulla guancia e Joff barcollava un po’ e si teneva la testa fra le mani, ma sembravano indenni.
Il suo sguardo corse a Jared, che camminava più indietro con Kevin. Il sollievo di vederli lì, sani e salvi, le esplose nel petto e solo quando fece un passo verso di loro e fece per sfiorarli con la mano, comprese quanto fosse stata preoccupata per loro.
Kevin le sorrise ma si diresse velocemente verso Lucy, a controllare la sua ferita.
Una volta che si fu allontanato Melanie si guardò intorno «Dove sono tutti?» 
«Il gruppo di Tori non era vicino alla sparatoria, sono riusciti a prendere l’hovercraft, arriveranno fra poco» Melanie annuì, sollevata. Quando quella mattina si erano divisi in tre gruppi non avevano minimamente pensato che la giornata si sarebbe conclusa tanto male. Il gruppo di Kevin e Jared era andato alla manifestazione, il gruppo di Tori era rimasto a presidiare il confine della città e il terzo gruppo, quello di Albert, era rimasto al Campo Base.
«Grazie al Cielo!» Melanie sorrise, sollevata.
Fra poco sarebbe scappata da quel posto orribile e dalle false promesse che aveva offerto loro.
Improvvisamente la consapevolezza che Rochi e Lucy stessero sanguinando a pochi passi da lei si fece presente nella sua mente e Melanie, nonostante la naturale avversione che provava per il sangue, si avvicinò alla prima, per controllarle il graffio.
Le afferrò il viso e lo tirò in su, in modo da poter ben vedere la sua fronte. Quando però i suoi occhi incontrarono quelli di Rochi, li trovarono pieni di lacrime.
Boccheggiò appena, perplessa e con un pizzico di timore dentro.
«Cosa… cosa è successo?» 
Nessuno le rispose. Né Joffrey con la sua parlantina pacata, né Rochi con i suoi sorrisi gentili. Nemmeno Lucy e Kevin, che si erano girati verso di loro e si erano zittiti all’improvviso. Nemmeno… dove era Bryce?
«Dove è Bryce?» chiese, ed ebbe paura di conoscere la risposta.
Rochi singhiozzò appena ma le sue labbra rimasero chiuse. Alla fine fu Kevin a risponderle.
«E’ rimasto indietro» 


1- Da "V per Vendetta"




Angolo Autrice.
Ok, sto per avere un collasso nervoso.
I
nsomma è la prima volta che pubblico qualcosa di completamente mio, non ispirato ad opere/film/serie tv già esistenti e devo ammettere che non ho mai avuto tanta paura in tutta la mia vita.
Questa storia è nata quasi per caso, frutto delle serate passate a leggere libri con società distopiche come Hunger Games e Divergent e di una insana passione per i Guerrieri in divise attillate.
So che la situazione politica/sociale delle Cupole (che poi, non so, avete capito che sono 'ste cupole?) non è molto chiara, ma è appena il primo capitolo, scoprirete meglio il tutto in seguito.
Spero davvero che vi sia piaciuto, è un progetto a cui tengo molto.
Per il prossimo aggiornamento direi che per la prossima settimana, massimo dieci giorni, dovremmo esserci.
Per favore fatemi sapere cosa ne pensate, ne ho davvero bisogno!
Un bacione
Fra
 

P.S. I love Ivana <3  
   
 
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