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Autore: Shin83    11/05/2013    3 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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You weren't there, 
You never were


 
Tony rilesse il messaggio e si frenò dall’irresistibile tentazione di fare il lancio del giavellotto col suo cellulare, non lo fece solo per evitarsi la scocciatura di mettersi ad aggiustarlo, anche se poteva usarlo come scusa per non aiutare quello là.
Fissò il display ancora per un secondo e, senza rispondere, rimise in tasca il telefono.
Decise così di andare di nuovo da Starbucks, a prendersi un macchiato al caramello, il suo preferito, da portare in camera sua e di rimanere là dentro almeno fino all’indomani.
Uscì dal locale con il suo bicchierone fumante in mano, con quel freddo gelido era proprio un sollievo, odiava i guanti e ogni volta rischiava di farsi cadere le dita a causa del gelo. Si avviò verso il suo blocco del dormitorio, che a quell’ora era semideserto: tutti sparsi tra caffetterie e mense a raccontarsi le mirabolanti avventure natalizie. Ad un certo punto, in lontananza, vide una scena che lo lasciò parecchio perplesso: Steve e Peggy nel pieno di una discussione animata, o meglio, quella agitata era lei, lui sembrava un cane bastonato. Zerbinaggio in progress, tipico, pensò Tony. E nonostante la sua rabbia, vederlo con quell’espressione in viso  gli provocò una piccola fitta: da qualche parte, dentro di sé, era dispiaciuto per il biondone.
Scosse la testa, come a darsi una svegliata, e decise di continuare a camminare verso il suo dormitorio. Percorse i corridoi sorseggiando di tanto in tanto il suo caffè, ancora decisamente arrabbiato, adesso anche con sé stesso per essersi dispiaciuto per quella scena tra Miss e Mister America.
24B, eccolo a casa. Mise la chiave nella toppa, aprì la porta e si trovò nel suo confortevole disordine: letto disfatto, sedia che faceva da armadio, libri ovunque, aggeggi elettronici che troneggiavano sulla scrivania, un paio di bicchieri vuoti di Starbucks sul comodino e pure un cartone di pizza vicino alla porta.
Buttò lo zaino ai piedi del letto, cercò di far spazio sulla scrivania per appoggiare il suo caffè, lanciò con un sospiro il giubbotto sul letto e si tolse le scarpe, lasciandole in mezzo alla stanza.
Andò quindi a ripescare il libro di storia dallo zaino, sperando di riuscire a combinare qualcosa di minimamente produttivo in quella giornata che non era certo iniziata nel migliore dei modi.
Liberare la scrivania era troppo complicato, quindi si sedette a letto, cercando invano di concentrarsi sulle cause che portarono alla Guerra di Secessione Americana, ma la testa continuava ad andargli a quello che era successo qualche ora prima dal professor Hofstadter, era la prima volta che si trovava così vicino a lui e forse anche la prima volta che quello gli rivolgeva la parola.
Tornò a leggere di Lincoln, nordisti e sudisti, ma inspiegabilmente, dopo dieci minuti crollò addormentato con il saggio in mano. Lo svegliò, dopo un’ora e mezza, un SMS; era Bruce che voleva sapere se avesse risolto qualcosa con Rogers e se si fosse calmato.
Merda! Doveva ancora rispondergli.
Prima mandò un messaggio a Bruce con uno sbrigativo Tranquillo, tutto a posto. Sto studiando storia, poi passò a quello più difficile, era inutile girarci tanto attorno, gli toccava farlo.
In fondo sarebbero state solo tre settimane, poi tutto sarebbe tornato alla normalità. O almeno, così sperava.
Domani, aula studio Newton del Polo scientifico, ore 15. Scrisse secco Tony.
Niente confidenza, cercava di auto consigliarsi il ragazzo.
Il telefono squillò poco dopo.
Ok, a domani. Steve.
Restò a fissare l’iPhone per un pezzo, così, perso nel vuoto.
La sua testa iniziò a vagare, ad immaginarsi in un mondo parallelo dove non esistevano  problemi, dove tutti lo adoravano, compreso suo padre, un mondo dove Steve Rogers poteva essere suo, un mondo dove non doveva dimostrare niente a nessuno.
Tornò sul Pianeta Terra quando arrivò l’ennesimo SMS, era di nuovo Banner che gli chiedeva se gli andava di farsi un hamburger insieme quella sera.
Grazie Bruce, non ho granché fame e poi sono a buon punto con questo maledetto libro di storia. Magari un’altra volta.
Decise che forse era meglio alzarsi un po’ dal letto e andò a farsi una doccia. Gli ci volevano proprio quei dieci minuti sotto il getto d’acqua calda, riuscì a rilassarsi un po’ e a non pensare a nulla, o quasi; ma per fortuna quello era un posto in cui nessuno poteva disturbarlo e soprattutto giudicarlo.
Uscì dal bagno e ancora con i capelli bagnati e si infilò una tuta, decise di fare un po’ di spazio nel caos della propria scrivania per continuare a studiare quella rognosa Guerra Civile.
Raccattò un po’ dei suoi robottini e li mise sul ripiano più alto della libreria, fece un mucchietto coi fogli sparsi e spostò verso il muro i libri di chimica.
Studiò per tutta la notte, crollò verso le quattro del mattino con la testa sull’assassinio di Lincoln.
La sveglia suonò alle sette, per quella che sarebbe stata una delle più lunghe mattine della sua vita.
 

***


Ore 15, Sala Studio Newton.
Tony fece aspettare almeno dieci minuti Steve, che era arrivato puntualissimo all’appuntamento.
Lo trovò seduto ad uno dei tavoli, perfetto come al solito, con i libri di fisica ed un quaderno sistemati davanti a lui, a giocherellare con una penna con lo sguardo perso nel vuoto.
“Rogers,” Disse senza neanche scusarsi prima di sedersi.
“Ciao, Tony. Co-“ lo salutò Steve.
“Da dove dobbiamo iniziare? Due più due sai farlo?” Lo interruppe bruscamente, senza neanche guardarlo in visto.
“Ehm, sì, certo…”
“Toh, non l’avrei mai detto.”
“Ho qualche problema con le Leggi, Coulomb in particolare. E con i circuiti elettrici oscillanti.”
“Cristo, Rogers, come ci sei arrivato a fare Fisica II se non riesci a memorizzare le leggi?” gli disse alzando gli occhi al cielo.
“Puoi chiamarmi solo Steve.”
“Ti sembra il caso, adesso?” lo fulminò con lo sguardo. “Cerchiamo di fare quello per cui siamo qui, e non teatro, che non ho tempo da perdere, campione,” Gli rispose acido.
Steve non rispose, ma cercò di sostenere lo sguardo del ragazzo.
L’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento Tony era saltargli addosso, era così vicino a lui che riusciva a sentire il profumo agrumato della sua colonia, era così vicino che poteva contare tutti i piccoli nei che punteggiavano il suo lungo collo, gli sarebbe bastato allungare una mano per poterlo toccare. Erano almeno due anni che aspettava un momento del genere. Steve Rogers era lì, davanti a lui con quello sguardo fie-, no, non sembrava affatto fiero, anzi sembrava nascondere qualcosa. Ma sicuramente era solo l’imbarazzo di trovarsi in quel posto e soprattutto con lui, per giunta.
“Va bene, ho capito, per oggi cerchiamo di capire la Legge di Coulomb, altrimenti andremo avanti ben poco. Se riesci ad entrare nel meccanismo, ti verrà più facile fissarti in testa la legge.”
“Grazie, Tony,” Disse semplicemente Steve, mantenendo quello sguardo che restava indecifrabile all’altro.
L’ora e mezza di lezione passò piuttosto in fretta per Tony, alternando la voglia di prenderlo a testate quando non capiva concetti a lui banalissimi, al desiderio di baciarlo lì, davanti a tutti.
“Senti, Tony, sabato diamo una festa all’AlphaPsi, se ti va di venire, non farti problemi, non ci sarà bisogno di imbucarti stavolta,” Buttò lì di punto in bianco Steve quando ebbero finito, mentre raccoglieva la sua roba.
A Tony si gelò il sangue nelle vene, e forse, per la seconda volta nella sua vita, non riuscì a pronunciare una parola.
“Ah, se per te non è un problema, domani potremmo fare più tardi? Avrei gli allenamenti.”
Tony biascicò un suono indecifrabile e annuì.
“Perfetto, a domani alle 17 allora, grazie ancora,” Disse Steve, mettendosi lo zaino in spalla e allontanandosi.
Tony non riuscì a rispondere al saluto, rimase paralizzato a fissare il ragazzo, sconvolto, non senza buttare, però, un occhiata al suo favoloso lato B.
 
“Ciao Banner, come andiamo?”  chiese Tony all’amico, in videochiamata su Skype.
“Benone, sono a buon punto con la pubblicazione. Tu piuttosto, ti vedo ancora un po’ strano.” Rispose gentilmente Bruce.
“Hm. Niente di che.”
“Parla.”
“Rogers mi ha invitato alla festa della confraternita sabato.”
“Deduco che sia andata bene, come prima lezione quindi, e mi raccomando, frena gli entusiasmi.” Lo prese in giro.
“Ridi, io sono fottuto, invece.”
“E perché saresti fottuto?” chiese con curiosità Bruce.
“… No, niente, lascia perdere, non so quello che dico.” Tagliò corto.
“Tony?”
Il ragazzo rimase muto davanti al pc, lo sguardo fisso sulle proprie mani.
“Mi faresti la cortesia di dirmi che diavolo ti prende? Sei più impossibile del solito, in questi giorni.”
“Mi piace Rogers,” Sibilò.
“Non ho capito.”
“MI. PIACE. ROGERS.” Scandì ad alta voce.
“Oh Cristo!” rispose leggermente sconvolto Bruce.
“Lo sapevo. Vabbè, lascia perdere, dimentica quello che ti ho detto. Torna pure sulla tua biocatalisi, che io torno sulla mia legge di Klein-Gordon…” replicò leggermente offeso.
“Tony, smettila di fare l’adolescente tormentata e parliamone.”
“Di cosa vuoi parlare? Cosa c’è da dire? Che ho una cotta da due anni per il fighissimo e perfettissimo e fidanzatissimo capitano della squadra di basket di Georgetown, Steve Rogers? E io sono solo uno sfigatissimo nerd ubriacone? A che pro?”
“DUE ANNI? E tu in due anni non mi hai detto nulla?”
“E perché avrei dovuto farlo? Romperti le palle con le mie fisime inutili sul più bel culo del campus? Un paio di mesi e son fuori di qua, me lo dimenticherò, prima o poi.”
“Tu sei pazzo, lo sai? Tu ti stai logorando da due anni senza dirmi niente,” continuò sinceramente dispiaciuto Banner. “Che intenzioni hai per sabato?”
“Non vado da nessuna parte, ovviamente.”
“E perché non dovresti? Non risulterebbe strano se il re dell’imbuco mancasse giusto a questa festa?”
“Ma figurati se se ne accorge qualcuno.”
“Dai, ci vengo io con te.”
“Non mi va, Bruce, non voglio farmi coinvolgere.”
“Non fare la ragazzina capricciosa. Magari è la volta buona che la smettono di prenderti in giro, se riesci a fare amicizia con Rogers.”
“Ma non voglio fare amicizia con quello.”
“Magari poi lo conosci meglio, ti sta antipatico, e ti passa la cotta, mettila così”.
“Uhmpf.”
“Guarda se mi tocca pregarti andare ad una festa, Stark.”
“Mezz’ora, rubiamo qualche birra e ce ne andiamo.”
“Affare fatto. Scappo, adesso. Buona serata.”
“Cià.”
Tony chiuse Skype e aprì il file con la sua tesina su Klein-Gordon, ma iniziò a riflettere su cosa gli avesse detto Bruce. Magari aveva ragione lui, magari conoscendolo un po’ meglio, le sue aspettative si sarebbero sgonfiate e la cotta sarebbe potuta passare, finalmente.
In fondo aveva ventidue anni, tanti progetti e doveva cercare di andare avanti, anche se restare freddo durante le ripetizioni, almeno per ora, gli sembrava la cosa giusta da fare.
 
E dopo tre giorni di lezioni con Steve, durante i quali cercò in tutti i modi di mantenere le distanze, arrivò il fatidico sabato.



Bentornate e grazie per essere passate di nuovo da Try.

Ovviamente grazie alla mia meravigliosa beta, Marti.

Spero di continuare ad essere regolare con gli aggiornamenti, il prossimo capitolo è in via di revisione e questo è un periodo indaffarato, soprattutto per la Marti, quindi, who knows :)

Alla prossima!
  
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