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Autore: meiousetsuna    11/05/2013    7 recensioni
Questa storia si è classificata terza nel contest: Era un sogno: di Fabi_Fabi.
Primavera del 1864; Katherine è nella dimora dei Salvatore ma non ha ancora rivelato di essere una vampira; Damon vivrà un’esperienza emotiva molto particolare, che potrebbe cambiare gli eventi.
Dal testo:Il ragazzo saltò su di colpo felice di quella visita ; la fanciulla aveva passato insieme a lui la notte precedente ed era stato meraviglioso; aveva provato sensazioni che non immaginava neppure esistessero, ma davanti alla sua pretesa che tornasse quella sera, aveva reagito sollevando un sopracciglio delicato, rispondendo duramente. “Non siate insolente, sono io che decido per me stessa; questa notte la passerò con Stefan , non intendo discuterne… però tornerò presto, dei momenti mi sono decisamente piaciuti e voglio rivelarvi una cosa estremamente importante”. L’aveva messo alla prova e lui aveva meritato un premio; si avvicinò sollevando il velo, ma non furono due occhi bruni e colmi di malizia a spalancarsi sui suoi, ma iridi color del cielo in Dicembre che non avrebbe potuto confondere con quelle di nessun altro, nella memoria e nel presente. “Mamma… non è possibile”.
A tutte coloro che, come me, adorano il “Damon umano”! baci,
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon, Salvatore, Katherine, Pierce, Mrs, Salvatore | Coppie: Damon/Katherine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia si è classificata terza nel contest: Era un sogno: seconda edizione, di Fabi_Fabi, sul forum di EFP.

Personaggi principali: Damon, Mrs.Salvatore, Katherine Genere: Triste, Drammatico Rating: Giallo Avvertimenti: Missing moment, fluff
Introduzione: La storia si svolge nel 1864; Katherine è arrivata da pochi giorni dai Salvatore
Titolo: A Dream Within a Dream*
Note dell'autore
: Ho preferito, in questo caso, non inventare un nome per la madre di Damon
Citazione scelta :B) Il sogno è un fenomeno misterioso, è l'unica via che ha l'uomo di incontrare le persone scomparse, parlare con loro, provare forti emozioni, fino a piangere con loro.
Prompt: Caminetto, Ginocchio,
Inquietudine, Coltello, Taglio, Sangue
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La brace del caminetto emanava ancora i suoi riflessi color oro cupo e granato, lasciata spegnere spontaneamente senza la protezione dello spargifiamma**  di ferro decorato col tralcio in bronzo  che riproduceva la V dello stemma ‘In Veritas’; anche lo scaldino sotto il grande letto a due piazze svolgeva egregiamente il suo lavoro mettendo in fuga l’umidità che tentava subdolamente di annidarsi nel materasso di spessa lana, così come tra le semplici lenzuola di lino.
L’ultimo temporale di primavera, con ogni probabilità; uno di quelli violenti ma intervallati da attimi in cui i tuoni si ritirano verso orizzonti lontani, che lasciano l’aria profumata dalla fragranza della terra arata per la semina del cotone, di fiori ancora fragili che cedono al tocco delle gocce pesanti, araldi della stagione calda con la sua promessa di rinnovare ancora una volta il ciclo della vita.


Damon si girò nel sonno scoprendo le braccia nude che spuntavano dalla coltre di piume; appena l’inverno volgeva al termine, si liberava di quelle orrende camicie per tenere addosso soltanto le braghe di tela appena ruvida, che avrebbe conservato anche per tutta l’estate.
Farsi trovare del tutto spogliato dalla servitù, quando il mattino la domestica entrava a svegliarlo, portando la brocca d’acqua tiepida e i vestiti stirati da indossare nella giornata, gli sembrava una mancanza di civiltà davvero intollerabile e fin da piccolo aveva insistito per insegnare a Stefan a comportarsi nello stesso modo.
Il rumore ritmico della pioggia sui vetri lo cullava ma qualcos’altro disturbava il suo sonno.
Si stropicciò le palpebre appesantite, cercando di mettere a fuoco la fonte del suono che lo aveva svegliato; eppure era solo anche se, come si usava in casa di Giuseppe Salvatore, era vietato godere della privacy di chiudere le porte dall’interno era comunque certo che nessuno si sarebbe introdotto senza prima bussare.


Sul panchetto dal sedile imbottito posto davanti al camino c’era una figura femminile, appena incorniciata dall’alone aranciato dovuto al riverbero delle braci, specie quelle di un grosso ceppo non ancora del tutto consumato.
L’abito lungo che si allargava a corolla sul pavimento era realizzato in  merletto nero, con un lievissimo accenno di scollatura rotonda ed un velo dello stesso colore spioveva ugualmente sulle spalle e davanti al viso della donna; sotto il tulle trasparente si intravedevano chiaramente dei lunghi boccoli scuri.
“Katherine?”
Il ragazzo saltò su di colpo felice di quella visita inattesa; la fanciulla aveva passato insieme a lui la notte precedente ed era stato qualcosa di meraviglioso; avevano giocato, gli aveva fatto provare delle sensazioni che non immaginava neppure esistessero, ma davanti alla sua pretesa che tornasse quella stessa sera, aveva reagito sollevando un sopracciglio delicato, rispondendo con durezza.
“Non siate insolente, sono io che decido per me stessa; questa notte la passerò con Stefan e non intendo discuterne… però tornerò molto presto, ci sono stati dei momenti che mi sono decisamente piaciuti e voglio rivelarvi una cosa estremamente importante”.
L’aveva messo alla prova e lui aveva meritato un premio; senza dire nulla si avvicinò sollevando il velo per scoprirla ma non furono due occhi bruni e colmi di malizia a spalancarsi sui suoi, ma iridi color del cielo in Dicembre che non avrebbe potuto confondere con quelle di nessun altro, nella memoria e nel presente.
“Mamma… non è possibile”.


La donna sorrise illuminando la stanza molto più di quanto potesse fare il chiarore del focolare, passando il velo al di sopra della testa per lasciarlo cadere scoprendo la chioma corvina come quella del ragazzo per poi tendergli le mani.
Lui le prese timidamente, spaventato di farla dissolvere con quel contatto, capendo che doveva esserci una spiegazione per la sua presenza lì, eppure il calore che emanava dal suo tocco era reale e la sua figura non era quella evanescente di un fantasma.
“Sei morta, sedici anni fa, com’è possibile che tu sia qui?”
La voce del giovane tremava nel pronunciare quelle parole, perché interrogare uno spettro equivaleva notoriamente a farlo fuggire ma non riusciva a resistere, era comunque un’occasione unica e voleva parlare con lei, disperatamente.
“Non sono un fantasma Damon, non temere, semplicemente alcune notti riesco a tornare tra di voi come una dei viventi, ma posso parlare con una persona soltanto è la condizione che ho accettato… sono troppo debole per alzarmi, vuoi restare così lontano?”


Il bruno fece due passi in avanti, quasi crollando di fronte a quella verità, restando seduto a terra con le gambe piegate, girandosi di profilo verso di lei per posare cautamente la testa sulle sue ginocchia continuando a reggerle la mano sinistra, mormorando come se avesse paura di essere ascoltato anche da qualcun altro.
“Non ho più sette anni, però…”
Un attimo dopo sentì la carezza di sua madre posarsi sui capelli setosi, pettinandogli con le dita delle piccole ciocche scomposte, come faceva sempre quando era malato e lei passava la notte a vegliarlo seduta al suo capezzale bagnandogli la fronte rovente con un fazzoletto; quando erano ormai sicuri che suo padre non sarebbe passato a controllare come stava, cominciava a narrargli quelle storie spaventose che gli piacevano tanto, con mostri terribili, belle principesse dall’anima corrotta ed eroi valorosi.
Damon chiuse gli occhi, cercando di arginare una lacrima che lottava per spuntare dalle sue ciglia scure, vincendo la sua battaglia; sperò con tutte le sue forze che sua madre non lo scoprisse così debole, mentre avrebbe dovuto mostrare di essere un adulto e prendersi cura di lei, ma l’emozione lo stava mettendo in ginocchio e riuscì solo ad affondare ancora di più il viso nelle pieghe della gonna  che emanava un leggero profumo di verbena, uno dei rari doni che Giuseppe  faceva continuamente alla moglie.


“Damon, non vergognarti di me, sarai per sempre il mio piccolo, lo sai. Ti ho lasciato troppo a lungo, ma adesso staremo insieme più spesso; capisci che ho cominciato con te perché sei il più grande, il più forte: dovresti aiutarmi anche con Stefan più in la. Forse potresti chiamarlo semplicemente un sogno, un fenomeno misterioso… l'unica via che abbiamo di incontrare le persone scomparse, parlare con loro, provare forti emozioni, piangere con loro. Va tutto bene, devi solo ascoltarmi, adesso”.
La bellissima signora si curvò per abbracciare meglio suo figlio cingendogli le spalle e posando il capo sul suo, restando in silenzio mentre aspettava che si tranquillizzasse.
Dopo poco la temperatura della stanza scese, spingendo il ragazzo a staccarsi malvolentieri da quel contatto per aggiungere alcuni rami nel camino, riaccendendo il fuoco col soffietto per mantenere un calore piacevole nell’ambiente.
Tornò a sedersi nella stesso posto, continuando a fissare la donna con una felicità adombrata dall’inquietudine.
“Questo non è il vestito con cui ti abbiamo sepolta, me lo ricordo benissimo, era il tuo preferito, quello azzurro come i tuoi occhi, il nero lo hai sempre detestato… è perché sei infelice nell’aldilà, mamma, provi dolore?”
Il turbamento nelle parole del bruno ferì la donna come una pugnalata nel cuore.


“No, non devi tormentarti affatto, non è il genere di afflizione che sentiamo, questo lutto non è per me è per i miei adorati figli: siete in pericolo tutti e due, il peggiore che ci sia; sento che dovrò presto piangere sulle vostre tombe ed è quest’angoscia che ha avuto il potere di riportarmi qui. É innaturale che terminiate i vostri giorni così presto, senza aver conosciuto la felicità, ma è ancora più inaccettabile il modo in cui succederà. Devi almeno provare ad opporti, io posso farti delle rivelazioni, ma dovrai essere tu a prendere una decisione”.
Damon sentì parte dell’affanno che quelle parole gli avevano depositato nel petto affievolirsi; se c’era la possibilità in intervenire con le azioni non si sarebbe certo tirato indietro.
“Sono arruolato in guerra, non temo di morire, anche se non mi piace uccidere chi si trova al di là di una trincea come se con questo fosse peggiore di me… mamma, avevo già pensato di disertare, vuoi che lo faccia, pensi che stia per essere colpito? Ma Stefan cosa c’entra? Salva almeno lui, puoi?”
L’ansia che vibrava nella voce del maggiore accese una fiammella di speranza e di orgoglio nelle iridi zaffirine contornate da lunghe ciglia da bambola francese; il suo bambino era diventato proprio l’uomo del quale sarebbe stata fiera, volitivo, protettivo, perfino un po’ sfrenato, ed era questa caratteristica che le creava apprensione.


“Cosa saresti disposto a fare per amore di qualcuno, Damon? Se ti venisse chiesto di sacrificare la cosa più importante che hai ti sentiresti pronto a perderla per seguire un destino che non è quello che era stato tracciato per te?”
“Credo che sarei capace di affrontare tutto per le persone a cui tengo profondamente e sei tu che
mi hai insegnato che ne vale sempre la pena; per te, per Stefan, per la donna di cui mi sono innamorato…”
Un lieve imbarazzo si disegnò sul viso sincero del bruno: non era abituato a fare certi discorsi, l’ultima volta che avevano affrontato un argomento importante, se la memoria non lo tradiva, era stato riguardo la possibilità che suo padre gli regalasse un pony per Natale.
“Ma se unirti a questa creatura rappresentasse la tua rovina, avresti la forza di cambiare idea?”


“Mamma non riesco a capire, la persona di cui parlo è una ragazza meravigliosa, pensa che è scampata miracolosamente all’incendio di Atlanta nel quale ha perso i suoi genitori eppure è incredibilmente piena di voglia di vivere! É talmente bella, speciale, non come le figlie dei nostri vicini che sembrano tante stupide cresciute solamente per conquistare e compiacere un marito, nient’altro. Dovresti incontrarla e giudicare da te, ti incanterebbe”.
“Sono felice di sentirti parlare così di me”.
Davanti ad un esterrefatto Damon una sorta di baluginio attraversò il fisico sottile e aggraziato della donna, dai piedi alla testa, tramutando la pelle di porcellana in una lievemente ambrata, cambiando i lunghi capelli neri e gli occhi azzurri in altri color del cioccolato.
Il sorriso malizioso di Katherine era egregiamente incorniciato dall’abito scuro, così differente su di lei, tenebroso e sensuale anziché angoscioso.
“Non devi preoccuparti, dolce Damon… devi solo fidarti di me; io sono viva e voglio darti la possibilità di restare insieme per sempre, credi che sia sbagliato?”
Con un gesto lento e languido la vampira sfilò la parte superiore di un ciondolo a forma di croce, che si rivelò un piccolissimo coltello dalla lama fine ed affilata.
Senza battere ciglio lo posò alla base del pollice sinistro, praticandosi un taglio netto di forma semicircolare fino all’attaccatura del polso, guardando il sangue affluire di corsa dove il coltellino aveva reclamato il suo dominio come se assistesse ad uno spettacolo sacro; poi porse il braccio verso la bocca del ragazzo in un gesto che non lasciava dubbi di interpretazione.


“Questo cosa vuol dire?”
Damon era come paralizzato dall’angoscia, era fin troppo chiaro che lei voleva che bevesse da quel fluido nastro rosso che stava scorrendo lentamente, quasi come se avesse una volontà propria, come un serpente di raso che lo richiamasse con la sua antica magia.
“Se assaggerai il mio sangue non morirai mai, ci legheremo per l’eternità; non è quello che desideri anche tu?”
Lui non disse nulla e con un movimento insicuro e rigido per la tensione che lo attanagliava accostò le labbra piene allo squarcio, bagnandole di quel liquido dal gusto proibito, disgustoso e diabolico.
Poi fissò il suo sguardo di cristallo su di lei, aspettando di ricevere la sua approvazione.
Katherine annuì compiaciuta e senza proferire parola, ad una tale velocità da risultare praticamente invisibile, la sua mano sembrò volare su quella di Damon, incidendone il dorso con un taglietto profondo che fece combaciare col suo, senza bisogno di trattenerlo o forzarlo, era il suo schiavo consenziente.


“Ucciderai insieme a me, morirai per me se ti chiederò di farlo… non è terribilmente romantico e triste?”
“Sì, prometto di fare tutto quello che mi chiederai, ma in cambio non dovrai lasciarmi mai, sarà il nostro patto di sangue… Katherine?”
Qualcosa non andava, era sempre lei, non potevano sussistere dubbi, ma in quel momento gli sembrava diversa, dal profondo.
Gli occhi velati di pianto erano colmi di sofferenza e cercava disperatamente di far richiudere la sua ferita stringendo il tessuto dell’abito intorno al polso; anche i capelli avevano qualcosa di diverso, scivolavano intorno al suo viso come se fossero inzuppati d’acqua scura.
Un battito di ciglia e quella che stava osservando il taglio rimarginarsi era di nuovo sua madre, che singhiozzava senza emettere un fiato.
“Che ho fatto, mamma… parlami ti prego! Ho fallito, vero? Mamma…”


Gli occhi di Damon si sbarrarono in un istante, rendendogli subito la consapevolezza di aver sognato; la sue dita stringevano le lenzuola come se stesse ancora cercando di trattenere sua madre accanto a sé, le tempie erano bagnate di sudore.
Si girò verso il camino, cullando per un secondo una speranza infantile che non avrebbe mai ammesso con nessuno, vedendo, naturalmente, soltanto un posto vuoto.
Sospirò adagiandosi di nuovo sui cuscini, l’agitazione di quell’incubo ancora completamente presente nel suo animo, quando un lievissimo cigolio di cardini annunciò l’aprirsi dell’uscio.
Katherine: era reale, senza dubbio, il suo corpo sinuoso affacciandosi sulla soglia proiettò una lunga ombra nera che oscurò il chiarore sul volto di Damon.
“Avevo deciso di aspettare, prima di raccontarti quel segreto… ma ho sentito che era meglio non far passare stanotte”.

*Edgar Allan Poe, “Un sogno dentro un sogno”
Take this kiss upon the brow!    
And, in parting from you now,
Thus much let me avow-
You are not wrong, who deem
That my days have been a dream

Questo mio bacio accogli sulla fronte!
E, da te ora separandomi,
lascia che io ti dica
che non sbagli se pensi
che furono un sogno i miei giorni

** Spargifiamma, viene segnato come errore dal word, come se andasse scritto in due parole divise, ma sull’enciclopedia Treccani è corretto


  
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