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Autore: nakahime    11/05/2013    1 recensioni
"Lui vuole tornare a casa. Vuole guardare sua madre negli occhi e vuole fare ritorno dalla persona che ama; che è un uomo. Un uomo. E non gl' importa che sua madre lo odi a tal punto da costringerlo alla guerra."
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: nakahime
Genere: guerra, introspettivo, drammatico, angst
Avvertimenti: slash (vaghi accenni), one-shot, nonsense
Note: la definisco una nonsense perché non ha una vera e propria trama. E' più un'immagine, lo spezzone di un film che ho diretto e montato nella mia mente. Non è niente d'eccezionale, però mi andava tanto di farvela leggere. Forse perché la guerra è un tema che andrebbe affrontato sotto ogni aspetto e in qualunque modo. Leggero, pesante, l'importante è che se ne parli e che si affronti l'atrocità di questa inutile invenzione dell'uomo.
Spero mi farete sapere se vi è piaciuta. Baci.

Il sogno del ritorno.



Dan è steso sulla pancia. Le punte dei suoi piedi sono conficcate nel terreno, le preme sulla terra umida perché è l'unico modo per scaricare la tensione.
Forse non è tensione ma paura, rabbia, incertezza. Forse è terrore allo stato puro.
La verità è che Dan non vorrebbe trovarsi lì; ci è finito e non ricorda nemmeno come.
Tenta di regolarizzare il respiro, quell'attesa fa male.
Fa affondare i piedi nel suolo molliccio. La sera prima è piovuto, ancora adesso una pioggerella sottile si trascina giù dal velo grigio che ricopre il cielo.
Non guarda il cielo da troppo tempo.
Quattro mesi, nove giorni, sette ore.
Dan vorrebbe alzare la testa e fermarsi a guardare cosa c'è sopra di lui. Fermarsi per davvero, passare i secondi, i minuti o anche delle ore a fissare cosa c'è in quella che chiamano la casa di Dio.
Ma non può farlo, perché se alzasse la testa qualcuno punterebbe contro di lui e farebbe fuoco.
E poi che senso avrebbe dare una sbirciata nella casa di Dio? Dan non crede in Dio, e nemmeno al Diavolo.
Non c'è Paradiso, non c'è Inferno.
Ci sono gli uomini, e tanto basta per fare delle loro vite un Paradiso o un Inferno.
Un fruscìo si propaga nel silenzio tombale della foresta. Dan sente il suo cuore mancare un battito. Come se si fosse fermato. Trattiene il respiro quel tanto che basta per accorgersi che il sibilo è arrivato dalla sua destra, e lì c'è un suo compagno. Un suo fratello.
Vorrebbe chiudere gli occhi e appoggiare la fronte sul fucile che stringe tra le braccia; non può farlo.
Ci sono tante cose che Dan non può fare. E quelle che può fare non gli piacciono neppure.
Uccidere, tanto per cominciare. Dan può farlo ma non vuole, tenta di evitare quell'atroce attimo in cui premi il grilletto e la canna vibra, i colpi partono e tutto il tuo corpo viene scosso dalla potenza del fucile.
A lui dà fastidio quando uccide, perché non riesce a provare niente.
Anche se conscio di quello che sta facendo.
Le emozioni che l
' hanno animato per una vita intera sono scomparse.
Si chiede se sia per colpa della guerra.
Molto probabilmente tutto il dolore e il senso di colpa gli pioveranno addosso quando farà ritorno a casa.
Se farà ritorno a casa.
Ma lui, piccolo inesperto e giovane, il più giovane della compagnia sa benissimo che non tornerà più indietro.
Quel territorio è la sua tomba: le foreste, i corsi d'acqua, i visi nemici. Sono i suoi aguzzini.
Si chiede se sua madre piangerà la sua morte, quanto tempo ci metteranno per farle arrivare la notizia. Cosa farà?
E' stata lei a costringerlo a partire. Lei, che aveva scoperto il suo segreto.
Dan scuote il capo, lo fa con una leggerezza tale che il gesto non produce alcun suono. Libera la mente dai pensieri superflui. Deve concentrarsi.
Lui
vuole tornare a casa. Vuole guardare sua madre negli occhi e vuole fare ritorno dalla persona che ama; che è un uomo. Un uomo. E non gl' importa che sua madre lo odi a tal punto da costringerlo alla guerra.
Il silenzio della foresta viene spezzato da un rumore secco, lascia di sé l'eco e tutti sanno a cosa collegare quel suono. Dan trema. Uno sparo.
Vorrebbe alzarsi e scappare lontano; è un pensiero stupido. E' un pensiero che gli balza spesso nella mente, ma lui lo scaccia via così come si scacciano le zanzare nelle
afose notti d'estate. Non può prendere in considerazione quella possibilità. Non è neppure una possibilità.
Scappare. E dove? Lo prenderebbero dopo neppure tre passi.
Un altro sparo si libra nell'aria, questa volta oltre all'eco c'è un fischio che si prolunga verso di lui, fa in tempo ad appiattirsi contro la terra che sente il proiettile conficcarsi nella quercia alle sue spalle.
Apre le labbra come per urlare, ma le richiude subito. Il cuore si dimena nel suo torace, sembra stia scalpitando per uscire. I brividi gli colano giù per la schiena, sulle braccia e le gambe.
Perché non scappa, perché non se ne va?
Ha paura che il tamburo che sta suonando nel suo petto venga udito e che i nemici arrivino, lo trovino, lo uccidano.
C'è un altro sparo. Si lascia sfuggire un gemito di terrore.
Eccolo, l'errore.
Qualcuno urla. Non capisce chi, ma sa quello che deve fare.
Gli piaceva piantare le punte dei piedi nel terreno molliccio, gli ricordava le notti nel letto matrimoniale del suo ragazzo. In quei momenti spingeva le dita contro il materasso e giocherellava con il lenzuolo, se lo attorcigliava intorno ai piedi.
Erano bei momenti.
Vorrebbe davvero,
davvero tornare a casa per vederlo ancora una volta.
Un altro sparo. Sa quello che deve fare; si guarda intorno, gli altri si alzano. Si stanno alzando.
Stanno attaccando.
Tira fuori i piedi dalla terra umida e si tira su.
Vorrebbe davvero tornare a casa, Dan.

Fine.

   
 
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