Genere: guerra, introspettivo, drammatico, angst
Avvertimenti: slash (vaghi accenni), one-shot, nonsense
Note: la definisco una nonsense perché non ha una vera e propria trama. E' più un'immagine, lo spezzone di un film che ho diretto e montato nella mia mente. Non è niente d'eccezionale, però mi andava tanto di farvela leggere. Forse perché la guerra è un tema che andrebbe affrontato sotto ogni aspetto e in qualunque modo. Leggero, pesante, l'importante è che se ne parli e che si affronti l'atrocità di questa inutile invenzione dell'uomo.
Spero mi farete sapere se vi è piaciuta. Baci.
Il sogno del ritorno.
Dan
è steso sulla pancia. Le punte dei suoi piedi sono
conficcate nel
terreno, le preme sulla terra umida perché è
l'unico modo per
scaricare la tensione.
Forse non è tensione ma paura, rabbia,
incertezza. Forse è terrore allo stato puro.
La verità è che
Dan non vorrebbe trovarsi lì; ci è finito e non
ricorda nemmeno
come.
Tenta di regolarizzare il respiro, quell'attesa fa male.
Fa
affondare i piedi nel suolo molliccio. La sera prima è
piovuto,
ancora adesso una pioggerella sottile si trascina giù dal
velo
grigio che ricopre il cielo.
Non guarda il cielo da troppo tempo.
Quattro mesi, nove giorni, sette ore.
Dan vorrebbe
alzare la testa e fermarsi a guardare cosa c'è sopra di lui.
Fermarsi per davvero, passare i secondi, i minuti o anche delle ore a
fissare cosa c'è in quella che chiamano la casa di
Dio.
Ma non può farlo, perché se alzasse la testa
qualcuno
punterebbe contro di lui e farebbe fuoco.
E poi che senso avrebbe
dare una sbirciata nella casa di Dio? Dan non crede in Dio, e nemmeno
al Diavolo.
Non c'è Paradiso, non c'è Inferno.
Ci sono gli
uomini, e tanto basta per fare delle loro vite un Paradiso o un
Inferno.
Un fruscìo si propaga nel silenzio tombale della
foresta. Dan sente il suo cuore mancare un battito. Come se si fosse
fermato. Trattiene il respiro quel tanto che basta per accorgersi che
il sibilo è arrivato dalla sua destra, e lì
c'è un suo compagno.
Un suo fratello.
Vorrebbe chiudere gli occhi e appoggiare la
fronte sul fucile che stringe tra le braccia; non può farlo.
Ci
sono tante cose che Dan non può fare. E quelle che
può fare non gli
piacciono neppure.
Uccidere, tanto per cominciare. Dan può farlo
ma non vuole, tenta di evitare quell'atroce attimo in cui premi il
grilletto e la canna vibra, i colpi partono e tutto il tuo corpo
viene scosso dalla potenza del fucile.
A lui dà fastidio quando
uccide, perché non riesce a provare niente. Anche
se conscio di quello che sta facendo.
Le
emozioni che l'
hanno
animato per una vita intera sono scomparse.
Si chiede se sia per
colpa della guerra.
Molto probabilmente tutto il dolore e il
senso di colpa gli pioveranno addosso quando farà ritorno a
casa. Se
farà
ritorno a casa.
Ma
lui, piccolo inesperto e giovane, il più giovane della
compagnia sa
benissimo che non tornerà più indietro.
Quel territorio è la
sua tomba: le foreste, i corsi d'acqua, i visi nemici. Sono i suoi
aguzzini.
Si chiede se sua madre piangerà la sua morte, quanto
tempo ci metteranno per farle arrivare la notizia. Cosa
farà?
E'
stata lei a costringerlo a partire. Lei, che aveva scoperto il suo
segreto.
Dan scuote il capo, lo fa con una leggerezza tale che il
gesto non produce alcun suono. Libera la mente dai pensieri
superflui. Deve concentrarsi.
Lui vuole tornare
a casa. Vuole guardare
sua madre negli occhi e vuole
fare ritorno dalla persona che ama; che è un uomo. Un uomo.
E non gl' importa che sua madre lo odi a tal punto da costringerlo
alla guerra.
Il silenzio
della foresta viene spezzato da un rumore secco, lascia di
sé l'eco
e tutti sanno a cosa collegare quel suono. Dan trema. Uno
sparo.
Vorrebbe alzarsi e scappare lontano; è un pensiero
stupido. E' un pensiero che gli balza spesso nella mente, ma lui lo
scaccia via così come si scacciano le zanzare nelle afose
notti
d'estate. Non può
prendere in considerazione quella possibilità. Non
è neppure una
possibilità.
Scappare. E dove? Lo prenderebbero dopo neppure tre
passi.
Un altro sparo si libra nell'aria, questa volta oltre
all'eco c'è un fischio che si prolunga verso di lui, fa in
tempo ad
appiattirsi contro la terra che sente il proiettile conficcarsi nella
quercia alle sue spalle.
Apre le labbra come per urlare, ma le
richiude subito. Il cuore si dimena nel suo torace, sembra stia
scalpitando per uscire. I brividi gli colano giù per la
schiena,
sulle braccia e le gambe.
Perché non scappa, perché non se ne
va?
Ha paura che il tamburo che sta suonando nel suo petto venga
udito e che i nemici arrivino, lo trovino, lo uccidano.
C'è un
altro sparo. Si lascia sfuggire un gemito di terrore.
Eccolo,
l'errore.
Qualcuno urla. Non capisce chi, ma sa quello che deve
fare.
Gli piaceva piantare le punte dei piedi nel terreno
molliccio, gli ricordava le notti nel letto matrimoniale del suo
ragazzo. In quei momenti spingeva le dita contro il materasso e
giocherellava con il lenzuolo, se lo attorcigliava intorno ai piedi.
Erano bei momenti.
Vorrebbe davvero, davvero
tornare a casa per vederlo ancora una volta.
Un altro sparo. Sa
quello che deve fare; si guarda intorno, gli altri si alzano. Si
stanno alzando.
Stanno attaccando.
Tira fuori i piedi dalla
terra umida e si tira su.
Vorrebbe davvero tornare a casa, Dan.
Fine.