Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Harriet    30/11/2007    6 recensioni
[Il giorno dell'inizio del mondo]
Hikari è un ragazzino fragile, alle prese con un potere che non sa controllare. Shuichi è un tipo solitario, sensibile a suo modo, ma fondamentalmente poco interessato ai rapporti umani. Il loro incontro porterà cambiamenti inaspettati.
La realtà non è così semplice. Ci sono cose nascoste dietro ciò che vediamo, e i ricordi, i desideri e le storie sono molto più reali di quanto si pensi...
CAPITOLO X Online: EPILOGO!
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

GRAZIE davvero a chiunque abbia letto o commentato! *abbraccio collettivo*

Segue ancora un capitolo vagamente crack, prima di tuffarsi nella storia vera e propria. Spero i nostri 4 squinternati eroi possano divertirvi...

Buona lettura!




II – We dream the same

Kibou no tane wo

sagashi ni tobitatsu




Si svegliò con la sensazione di aver combinato qualcosa di strano, il giorno prima. Qualcosa di sbagliato. Il genere di cose che la gente di solito non fa. Quel tipo di casini che...

Oh, insomma!

Gettò via le coperte e scattò in piedi, sentendosi per niente riposato e oppresso da un mal di testa che non lo avrebbe abbandonato facilmente. Se quello era il pagamento per aver aiutato il prossimo...

Beh, ci era abituato, a quel genere di pagamento.

Si vestì in fretta, presentandosi subito dopo nella grande cucina, ancora mezzo addormentato. Sua madre chiacchierava allegramente con i gemelli, mentre sua sorella dava da mangiare al gatto. Mormorò un saluto a mezza voce, senza curarsi di un’eventuale risposta. Si sedette nel suo angolo, dopo essersi versato un po’ di caffè. Il sole entrava di prepotenza nella stanza, dalle immense finestre, e le pareti candide aumentavano quell’inondazione di luce. E lui avrebbe voluto chiudere gli occhi e tenerla lontana, perché sembrava facesse apposta per svegliarlo.

- Shuichi, oggi non farai tardi come ieri, vero?-

Realizzò con fatica che sua madre si era rivolta a lui. Ieri? Ieri. Sì. Forse ci stava arrivando. Dopo la scuola era andato al centro commerciale, in quella cartoleria niente male, per l’esattezza, in cerca di alcune cose che gli servivano per disegnare.

Sì, ma perché aveva fatto tardi?

Ah, , certo. Aveva difeso uno scemo isterico da un’aggressione, e aveva salvato la vita ad una donna grazie ad un disegno che non ricordava di aver fatto.

- Uhm. No, tranquilla. Non credo che farò tardi come ieri.-

- Dov’eri, ieri sera, nii-san?- scherzò Daisuke, uno dei gemelli. I suoi fratellini, più alti e robusti di lui, che comunque si dava da fare, da quel punto di vista. Gli sportivi di famiglia. L’orgoglio di famiglia.

- A comprare le cose che mi servono per disegnare.-

- Sì, certo, e noi ci crediamo!- rincarò la dose Naoko, la sua temibile sorellina.

- Davvero.- insisté lui, senza cercare di essere convincente. – Poi mi sono fermato a prendere un caffè con un amico.-

Silenzio attonito.

- E’ un problema se mi fermo a prendere un caffè?-

No, forse la parola dello scandalo non era caffè.

- Oh. Bene.- iniziò la madre, quasi commossa. – E’ un tuo amico di scuola?-

No, assolutamente, è uno che ho raccattato ieri pomeriggio al centro commerciale, mentre rischiava di essere fatto a pezzi dalla gang di uno stronzo, al quali aveva avuto la bella idea di predire la morte della madre.

- No. E’ uno che va al liceo Haru.-

- E come lo hai conosciuto?- incalzò lei.

- Al centro commerciale. Qualche tempo fa.- aggiunse subito dopo, immaginando lo stupore collettivo se avesse confessato che era accaduto tutto il giorno prima.

- E come si chiama?-

- Hikari.-

Insomma, va bene che Shuichi con un amico è una notizia strabiliante, ma non così tanto da giustificare un terzo grado!

- E’ uno che disegna?- chiese Naoko, finalmente lasciando andare quel maledetto gatto. Shuichi lo odiava con tutto se stesso. Soprattutto da quando aveva deciso che la missione della sua vita era di pisciare sui disegni di Shuichi. (Che Shuichi lasciasse le sue opere in giro nei luoghi più assurdi, quella era un’altra questione.)

- No.-

- E’ uno di qualche club scolastico? Ti sei finalmente iscritto a qualche club scolastico?- chiese Hideki, l’altro gemello.

- E’ il tuo fidanzato?- incalzò Naoko, con una di quelle occhiate che solo le ragazzine sanno tirare fuori, quando si parla di certi argomenti.

- No, niente di tutto questo.- sospirò lui. Voleva rinascere in una famiglia dove tutti si facevano gli affari propri.

- Fa volontariato da Kotori insieme a te?- La domanda di Daisuke però le batteva tutte. Shuichi non poté nascondere il suo imbarazzo. Naoko si congelò, voltandosi verso la madre con aria interrogativa. Hideki fece una risatina.

E sua madre... diventò il ritratto dello sdegno.

- Kotori? Cosa significa questo?- si adirò fulminea. – Non avevi smesso di andarci?-

- Chi è Kotori?- si intromise Naoko.

- La vecchia che ha il negozio di vernici.- spiegò Hideki. – Shuichi ci andava spesso. Lavorava come commesso lì, e lei in cambio gli dava i colori gratis.-

- Cos’è, avevi paura che mamma non ti avrebbe dato i soldi per comprarti i colori?- domandò la sorellina. Shuichi desiderò sprofondare. Scosse la testa, si alzò in piedi e fece per andarsene.

- Rispondimi!- insisté la madre. – Continui ad andare in quel negozio?-

- Non ci vado più, perché il negozio è chiuso e Kotori è morta due settimane fa.- rispose lui, voltando le spalle a tutti. – E se proprio devo dirlo, ho continuato a lavorare per lei finché non ha chiuso il negozio. Era vecchia e non ce la faceva nemmeno a servire quei tre clienti che venivano.-

- Avevi promesso di smettere!- protestò la madre, ma con meno veemenza.

- Ho smesso, infatti.-

- Lo sai che non mi piaceva, quel posto! Perché mi hai disobbedito?-

- Tanto il negozio è fuori dal centro. E non era frequentato da gente che vi conosce. Non vi ho fatti sfigurare Nessuno sa che vostro figlio perdeva tempo con una vecchia scema e la sua bottega patetica.-

- No, non è questo! Era sempre frequentato da gente strana, gente fuori di testa!- tentò di difendersi la madre, forse colpita dalla notizia della morte della vecchia. Il ragazzo uscì dalla stanza senza rispondere.

Mentre si allontanava dalla cucina, sentì Hideki dire a Daisuke che era un idiota, perché poteva evitare di tirare fuori la cosa, e Naoko che difendeva la posizione materna riguardo al lavoro in una pulciosa bottega di vernici.

Che poi non erano vernici, tanto per cominciare.

Erano colori. Colori di tutti i tipi, dalle matite ai carboncini, dalle tempere ai colori per stoffa. Aveva venduto pastelli a cera ai bimbi delle elementari, e acrilici agli studenti dell’università. Aveva visto maestre comprare scorte di pennarelli per le loro classi, e bizzarri cosplayers venire a chiedere le migliori tinte per stoffe e materiali improbabili.

E si era divertito un sacco. Kotori era un po’ rimbambita, su questo non c’erano dubbi, però almeno se le parlava di acquarello o mine da 1,5 non lo guardava come se fosse stato una sorta di apparizione.

E soprattutto... era un genere di contatto con gli esseri umani che non gli dispiaceva. Vedeva persone interessanti, ci scambiava due parole, ma non le conosceva mai troppo a fondo, e così poteva tenersi il lato interessante che mostravano, senza dover entrare in contatto con il lato sgradevole. E poteva sfogare il suo istinto altruista, per il quale era sempre stato denigrato da tutti. “Diventa più cattivo”, dicevano, fin da quando era mocciosetto delle elementari.

Ci aveva provato.

Davvero, ci aveva provato con tutto se stesso.

Probabilmente non era fatto per essere cattivo, ecco tutto. Così aveva smesso di provare, rassegnandosi a rimanere sensibile, scemo e solo. Non era poi così male, se doveva essere onesto.

Prese la sua roba ed uscì per raggiungere la scuola.

Aveva smesso di provare ad essere cattivo un po’ più di un anno prima. Perché una persona gli aveva fatto capire che non ce n’era poi così bisogno. Così cominciò a pensare a quella persona, ai suoi sorrisi, ai suoi inquietanti accenni a poteri spirituali... e alla sua scomparsa.

E poi per fortuna (prima di diventare troppo triste) gli venne in mente che era in ritardo come la protagonista di uno shoujo, e che aveva come un presentimento strano, per quella giornata.


Tsugumi stava andando verso la stazione, a piedi: era marzo e la primavera si avvicinava sempre più. Le giornate erano limpide e tiepide, ed era un peccato sprecarle tra auto e tram. Tanto poi la aspettavano un paio d’ore di treno, per raggiungere Tokyo e la redazione.

Lungo la strada si fermò ad un’edicola. La negoziante sorrise, la conosceva. Lei prese una rivista di manga – la negoziante immaginava che la sua scelta sarebbe stata quella.

In quel momento arrivò qualcun altro, alla piccola edicola. Qualcuno in ritardo, che probabilmente aveva pensato che tanto valeva ritardare ancora. Lui non la conosceva, ma lei sapeva anche troppo bene chi era lui. Il ragazzo afferrò gli ultimi due volumetti appena pubblicati delle Clamp e una delle più popolari riviste di shounen. Poi ci pensò un attimo, e infine prese anche lo stesso raccoglitore di shoujo che aveva acquistato anche lei.

Tsugumi sorrise. In qualche modo, dunque, si poteva dire che anche lui la conoscesse.

Shuichi corse via, e Tsugumi riprese la sua strada, iniziando a sfogliare la rivista. Come ogni settimana, raggiunse in fretta le pagine dedicate a Yoake no oto, un manga di successo sceneggiato da Eriko Kashino e disegnato da Tsubasa Amane.

Tsubasa Amane.

Cielo, erano proprio prevedibili, lei e Iori!

Era diventata una disegnatrice di successo, la sua piccola amica scema, ma non si era dimenticata di loro, delle loro storie e delle meravigliose avventure che avevano creato, in altri mondi. Tsubasa Amane, uno dei personaggi preferiti di Iori. Tsugumi non l’adorava così tanto. Anzi, avevano litigato un sacco su quel personaggio. Tsugumi voleva addirittura farla morire! Ma alla fine, la perseveranza di Iori aveva avuto la meglio, salvando la povera Tsubasa.

E ora che Iori era famosa, aveva scelto il nome della loro creaturina come pseudonimo.

Beh, non che Tsugumi fosse stata da meno, certo. Ma le faceva sempre tenerezza leggere “Tsubasa Amane” in fondo alla pagina iniziale di ogni capitolo. Che tra l’altro era sempre una meravigliosa illustrazione nata dalle mani talentuose di Iori. Questa settimana c’era una delle protagoniste, vestita con un abito occidentale ottocentesco, ritratta sotto la luna.

In ogni tratto di quell’immagine, Tsugumi avrebbe potuto ritrovare un frammento della loro adolescenza. Una goccia della loro fantasia, condivisa fin dal primo momento in cui si erano incontrate. Un inno alla loro amicizia, nella più fine e insignificante linea dello splendido disegno.

Sospirò, facendo sparire la rivista nella borsa. Era arrivata alla stazione. Un treno l’avrebbe condotta a Tokyo, in città avrebbe preso un tram, e nel giro di due ore e mezza avrebbe raggiunto la redazione dove si pubblicava quella rivista.

Lo stesso luogo nel quale in quel periodo lavorava la ricercatissima disegnatrice Tsubasa Amane.

Sì, lo stesso luogo. La famosa Tsubasa Amane, e la giovane sceneggiatrice emergente Nagisa Hidenori in quel periodo lavoravano per la stessa rivista.

E... naturalmente, non si erano mai incontrate.


Uscì da scuola col suo solito passo veloce, camminando con lo sguardo fisso, come chi ha un proposito da portare a termine. Solo che lui di solito non aveva nessun proposito. Non ne aveva mai, se non di liberarsi di quella maledizione e smetterla di fermare passanti per strada, rivelando loro verità il più delle volte fastidiose o imbarazzanti.

Cioè, esattamente quel che stava per accadere.

- Se si ferma in questo negozio, perderà il tram.-

L’uomo con gli occhiali si voltò verso di lui, piuttosto sconcertato.

- E tu che ne sai del mio tram?- domandò. Hikari desiderò sprofondare nel cuore più ardente e misterioso della Terra, una volta per tutte.

- No. Cioè. Volevo dire. Mi sembra ci sia un sacco di traffico, e siccome prima si guardava intorno, come per cercare la fermata del tram, magari...-

- Beh, in ogni modo hai ragione.- tagliò corto dell’uomo. – Grazie del consiglio, anche se non ho la più pallida idea di cosa volessi dire!-

L’altro lo lasciò solo, e Hikari dovette farsi forza per non mettersi a gridare – o a piangere, più facilmente.

Perché?

Che senso aveva?

Riproviamo.

Si ricordò del pomeriggio precedente, all’improvviso.

Riproviamo, aveva detto quel tipo troppo schietto.

Il liceo Hanako era vicino. Magari era lì. Lui era appena uscito, magari il tipo aveva qualche attività...

Nel tempo in cui rifletteva sul fatto che sicuramente non l’avrebbe mai trovato, e che se anche l’avesse trovato, quello probabilmente l’avrebbe mandato diritto a quel paese, era già entrato nel parco della scuola, e ora correva verso l’ingresso, con l’orrenda sensazione che il tizio e il tram facessero parte di qualcosa di più importante.

La campanella di fine lezioni suonò mentre ancora si guardava attorno, spaesato, e in breve fu investito dal fiume in piena degli studenti in uscita. Se guardava bene...Se stava attento...Se...

- Sei già nei guai un’altra volta?-

Shuichi gli andò incontro, flemmatico e un po’ depresso come sempre. Hikari invece si illuminò, al vederlo.

- Senti, io...- Poi si rese conto che forse non era molto educato. Piombare così nell’esistenza di un estraneo, assalirlo all’uscita della scuola con i suoi angosciosi dubbi. No, non era educato. Oh, perché doveva essere tutto così complicato?

- Dai, non ti fare problemi.- Shuichi lo prese gentilmente per un braccio, portandolo fuori dalla traiettoria degli studenti in uscita, e conducendolo ad una panchina, appena fuori dal perimetro della scuola.

- Posso...posso spiegarti?- mormorò Hikari, titubante.

- Sei qui apposta, no?-

- Ho detto ad un tizio, davanti alla libreria, qui vicino, che se non si sbrigava avrebbe perso il tram.-

- Tu guarda che bella previsione evocativa.- commentò Shuichi, tirando fuori la sua cartella di disegni. – Ok, vediamo se ho fatto qualcosa di strano che può aiutarci.-

Quando i primi disegni vennero alla luce – disegni fatti con cognizione di causa! – Hikari spalancò gli occhi per lo stupore.

- Ma tu sei... sei veramente bravo!- mormorò, quasi timoroso di toccare i fogli che contenevano tanto splendore.

- Mah, me la cavo.- minimizzò l’altro. – Senti, l’unica cosa strana è questa.- disse poi, mostrando ad Hikari un foglio su cui erano state disegnate delle strane macchie confuse. – E visto così, a me sembra l’effetto dell’inchiostro che si rovescia su un foglio. O sono delle macchie di sangue.-

Hikari guardò a lungo il disegno, poi scosse la testa.

- Non ho idea di cosa significhi. Ma... sei sicuro di aver fatto come con la storia dei francobolli? Cioè, non sai quando l’hai fatto?-

- No.- ammise Shuichi. Ma subito dopo sembrò rianimarsi. – Ma so che manca qualcosa.-

Estrasse un lapis dalla borsa e afferrò il disegno, gettandovisi sopra come in trance. Hikari tentò di balbettare qualche domanda, ma non ebbe alcuna risposta. Shuichi era stato risucchiato dal disegno misterioso.

E quando si rialzò, col viso affaticato e il respiro ansimante, il disegno non era più così misterioso. C’erano vetri rotti, sullo sfondo, e in primo piano lo schizzo di due figure umane, una contro l’altra, in atteggiamento bellicoso.

- Erano macchie di sangue.- disse soltanto. Poi parve tornare in sé. – Ehi, cos’ho fatto?-

- Non lo so.- sussurrò Hikari, confuso. – Non ne ho idea!-

- Dai, ragioniamoci!- tentò di scrollarlo l’altro.

- Ragionare su cosa? Io non riesco a capire, ho guardato il disegno ma...-

- Almeno fai finta di ragionarci, cavolo! Stare qui a fare l’emo non ti servirà a nulla!-

- Eh? Fare cosa?-

- Oh, insomma. Dai, vedendo il disegno e pensando alla premonizione, non ti viene in mente nulla?-

- Uhm... che... che se fosse salito sul tram ci sarebbe stato un dirottamento finito in incidente?-

- Forse. Anche se questi due tipi qui mi sembra che stiano litigando. Non c’è uno dei due che punta una pistola contro l’altro. No?-

- Che ne so io? Il disegno l’hai fatto tu!-

- ...che palle. Comunque, se le cose stanno così, hai fatto bene a dirglielo.-

Tacquero tutti e due, cercando di sentirsi bene all’idea che questa volta era stato tutto molto semplice.

E invece no, e lo sapevano tutti e due.

- Non avrei avuto bisogno dei tuoi disegni.- disse timidamente Hikari. – E invece hai dovuto disegnare, addirittura qui davanti a me. C’è qualcosa che non va.-

- Aspetta...-

Shuichi socchiuse gli occhi, e lasciò che la strana trance lo riafferrasse di nuovo, per trascinarlo con sé. Girò il foglio e schizzò qualcos’altro.

- Cosa... Oh.- mormorò, tornando in sé. – Nuovi indizi da non capire.-

Hikari prese il foglio e si concentrò su quel che vedeva.

Un tram in lontananza. Un uomo con dei libri in mano. Niente sangue, niente vetri rotti.

Dei libri?

- E se questo fosse lui, che si è fermato in libreria e ha perso il tram?- domandò.

- L’altro potrebbe essere lui che...- Shuichi girò il foglio, e indicò uno dei due personaggi ritratti nell’atto di litigare. Aveva gli occhiali, come l’uomo disegnato sul retro del foglio. – Che sale sul tram, litiga con qualcuno, magari col conducente, e provoca un incidente!-

- Allora non dovevo dirgli di prendere il tram!- gemette Hikari, sconvolto. Shuichi scattò in piedi, tenendo in mano il disegno.

- E dai, possiamo ancora fermarlo!-

- E come? Sarà successo venti minuti fa, forse mezz’ora, e adesso...-

- Sì, ma l’incidente succederà vicino a piazza Yamato, e ci vogliono almeno quaranta minuti per arrivarci. Se corriamo molto in fretta, riusciremo a salire alla fermata prima!-

- Ehi, come fai a sapere di piazza Yamato?-

- Uhm...- Shuichi guardò il disegno con i vetri e il sangue, poi ne indicò un punto all’altro. – Vedi? Qui dietro ho disegnato quella strana fontana futuristica che sta lì. Credo. Oh, insomma, è uno schizzo così brutto che non può che essere quella roba.-

- E quando l’hai disegnata? Io prima non l’ho vista!-

- Nemmeno io.-

- E non ti ho visto andare in trance!-

- Magari eri troppo impegnato a fare l’emo. Dai, muoviti!-

Lo afferrò per un braccio, e senza dire nient’altro iniziò a correre.

Hikari pensò che se quello lì non era nel club di atletica, era veramente un idiota.


Arrivarono alla fermata giusta mezzi morti, e praticamente un secondo prima del tram, a bordo del quale Hikari riconobbe il tizio con gli occhiali. Che era in piedi, accanto al conducente, e sembrava piuttosto alterato per qualcosa. I due non stettero nemmeno a scambiarsi un’occhiata: si lanciarono sopra e raggiunsero i litiganti.

- E’ una vergogna! Le chiedo un’informazione, e lei cosa fa? Mi risponde male! Ah, ma io la denuncerò, se lo ricordi!-

- La pianti e si metta a sedere.-

- Andrò a reclamare alla sede centrale della compagnia dei trasporti, e...-

Il conducente imprecò, ed evitò per un pelo un ciclista. Dai passeggeri si levarono parole sdegnate e di ammonimento, ma né il cliente infuriato né il conducente sembrarono farvi caso.

- Mi ricorderò di lei, della sua faccia, mi farò dare le foto di tutti i conducenti che...-

- Ehm.-

L’uomo si voltò, ancora a mezzo della sua orazione contro il conducente.

- E tu che vuoi?-

- Se vuole un’indicazione, può chiederla a me, non c’è bisogno di provocare un incidente.- rispose Shuichi, dimesso come al solito. Dietro di lui, Hikari stava ancora tentando di riprendersi dopo la corsa troppo superiore alle sue possibilità.

- Ma che razza di gente!- proruppe l’uomo, sempre più sdegnato. – Basta, io scendo!-

E lo fece: alla fermata di piazza Yamato corse fuori dal tram, borbottando offese indecenti all’indirizzo del conducente, della compagnia dei trasporti pubblici e pure dei ragazzini impiccioni che turbavano i tranquilli passeggeri.

- Forse saremmo dovuti scendere anche noi.- disse Hikari, che finalmente aveva ripreso a respirare.

- Perché?-

- Perché non abbiamo il...-

- Biglietto, per favore!-

Questa volta i loro sguardi si incontrarono.

- Oh, ma perché?- borbottò Hikari, tornando al suo tono piagnucoloso.

- E’ la conseguenza naturale di quando cerchi di aiutare qualcuno.- rispose Shuichi.

Hikari scosse la testa, rassegnato. Shuichi liquidò tutto con un’alzata di spalle. Poi tirarono fuori i portafogli, preparandosi a mettere insieme i loro averi per pagare almeno metà della multa.




...continua...

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Harriet