La sua stanza sembra essersi
trasformata in un circolo confuso di colori, ombre e luci. Il rosso
delle tendine sembra più forte e intenso che mai, il verde
delle
foglie della pianta nell'angolo quasi irreale nella sua
vividezza.
Trattenendo i conati di vomito che l'hanno colto, John si lascia cadere sul letto del suo piccolo appartamento di Los Angeles. Ma la testa, pur affondata sul cuscino morbido e fresco, continua a girargli, le braccia sono debolmente abbandonate lungo i fianchi, i suoi occhi sbarrati e annebbiati sono fissi sulle venature scure del soffitto.
Trattenendo i conati di vomito che l'hanno colto, John si lascia cadere sul letto del suo piccolo appartamento di Los Angeles. Ma la testa, pur affondata sul cuscino morbido e fresco, continua a girargli, le braccia sono debolmente abbandonate lungo i fianchi, i suoi occhi sbarrati e annebbiati sono fissi sulle venature scure del soffitto.
Ha bevuto troppo, come al solito.
Chissà, per come si sta sentendo si è
probabilmente fatto anche una
canna: non riesce a ricordare.
E ora, una volta passato l'effetto
corroborante dell'alcol che lo porta a ridere incontrollabilmente e a
cantare per strada, senza neanche accorgersi degli sguardi che gli
vengono rivolti, non resta che il malessere: non solo quello fisico,
ma anche e soprattutto la tristezza che, alla fine delle sue sbronze,
viene a tormentarlo, a scavargli dentro senza mai mollare la presa su
di lui.
Sono solo., si
ritrova a pensare. Yoko non c'è. Non
c'è nessuno per me
qui. Sono solo.
I suoi occhi
scorrono sulla stanza e si poggiano sul telefono accanto al letto.
John sbatte le palpebre, mentre un'idea si fa strada nella sua mente
e, per un attimo, torna a scaldargli il cuore.
Forse sa cosa fare
per non sentirsi solo.
Il telefono squilla
nel buio della camera. Paul apre di scatto gli occhi, accorgendosi
solo in questo momento che ha rischiato letteralmente di
addormentarsi sulla poltrona, mentre cercava inutilmente di scrivere
le parole di una nuova canzone.
Si alza e barcolla, la mente annebbiata dal sonno, verso il telefono. Lascia cadere a terra la penna e il foglio pieno di cancellature. Chi diavolo può essere, alle undici e mezza di sera passate?
Si alza e barcolla, la mente annebbiata dal sonno, verso il telefono. Lascia cadere a terra la penna e il foglio pieno di cancellature. Chi diavolo può essere, alle undici e mezza di sera passate?
-Pronto?
-Paul. Sono John.
Un tuffo al cuore.
Un sorriso che per un attimo va a illuminare il viso stanco
dell'uomo.
-John. Mi hai
impedito di addormentarmi mentre scrivevo... cercavo di scrivere una
canzone. Perché mi stai chiamando?
Un attimo di
silenzio.
-Non c'è nessuno
qui, Paul. Sono solo, capisci? Non vedo Yoko da... non lo so, ho
perso il conto dei giorni. Forse sono settimane. Avrei potuto
chiamare lei, ma...
-È successo
qualcosa?
Ma Paul sa che non è successo niente. Ha imparato a riconoscere la voce di John quando è ubriaco, John quando è triste, John quando ha solo bisogno di qualcuno che gli tenda una mano e lo tiri fuori dalla sua solitudine.
Ma Paul sa che non è successo niente. Ha imparato a riconoscere la voce di John quando è ubriaco, John quando è triste, John quando ha solo bisogno di qualcuno che gli tenda una mano e lo tiri fuori dalla sua solitudine.
-No. Sono
semplicemente solo, come sempre. È bello sentire la tua
voce, sai? È
come se tu fossi qui in questo momento...
-Hai bevuto, vero?
-Sì, certo.
Una risata amara dall'altro capo del telefono.
-Devo anche aver fumato qualcosa. La luce del lampadario è così gialla, capisci? Sembra quasi dorata. Mi acceca se tengo gli occhi aperti.
Una risata amara dall'altro capo del telefono.
-Devo anche aver fumato qualcosa. La luce del lampadario è così gialla, capisci? Sembra quasi dorata. Mi acceca se tengo gli occhi aperti.
-Perché mi hai
telefonato, John?
Silenzio da
entrambe le parti.
-Di solito chiamo
sempre Yoko, in questi momenti. Ho sempre chiamato lei, ho sempre
voluto parlare con lei...
La mano di Paul,
stretta intorno alla cornetta del telefono, inizia a tremare.
-E allora perché
stasera hai chiamato me?
-Perché ho bisogno
di sentirmi amato.
Un altro silenzio,
carico di consapevolezza, ricordi e parole non dette.
-Allora è questo
che stai cercando da me? Non posso, John. Non posso essere con te in
questo momento, lo sai. Non posso prendere un volo per Los Angeles...
-Lo so. Mi basta
poter sentire la tua voce.
Paul sorride, suo
malgrado. Sorride, e un feroce moto di soddisfazione e
felicità si
fa strada nel suo cuore. Perché nonostante tutto, nonostante
John
ami lei, nonostante abbia scelto lei, alla fine è da lui che
è
venuto quando ha avuto bisogno di amore.
-Tu mi ami ancora,
Paul?
John sta parlando
con il tono triste e stanco di cui si è già
arreso, di chi sa che
la persona davanti a lui non prova più nulla e che
formulerà un
falso “Ti amo” solo per accontentarlo.
Ma Paul, quando gli risponde, sa di non essere mai stato più sincero di così.
Ma Paul, quando gli risponde, sa di non essere mai stato più sincero di così.
-Sì, John. Ti amo.
Potrebbe giurare di
sentire il sorriso che si sta facendo strada sulle
labbra di
John e che sta riportando la luce nei suoi occhi spalancati e vacui.
-Grazie. È lo
stesso per me. Non volevo sapere altro.
Un click. Gli
occhi di Paul si perdono nel buio della stanza, un sorriso forse
stupido aleggia sulle sue labbra, la mano stringe ancora la cornetta
del telefono.
E, anche se quella sera non ha bevuto neanche un goccio, arriva anche per lui il malessere: perché non può fare nulla per aiutare John. Non può aiutarlo ad affrontare i suoi demoni, non può strapparlo via dalla sua tristezza, non può essere lì per lui.
E, anche se quella sera non ha bevuto neanche un goccio, arriva anche per lui il malessere: perché non può fare nulla per aiutare John. Non può aiutarlo ad affrontare i suoi demoni, non può strapparlo via dalla sua tristezza, non può essere lì per lui.
Può solo amarlo,
amarlo da lontano, amarlo di un amore che è distante un
oceano e
che, nonostante il corso incessante degli anni, non si è
ancora
consumato.
Finalmente, Paul riattacca a sua volta il telefono e si china per afferrare la penna e il foglio che ha lasciato cadere a terra. Quando torna a prendere posto sulla poltrona, sa perfettamente quali sono le parole che scriverà per la canzone che è appena nata in lui.
Note.
Buonasera, gente del popolo di EFP e McLennoniani. Avete presente il documentario sugli anni passati da John Lennon a New York che è stato trasmesso in tv qualche giorno fa? Ecco, in una parte di quel documentario si dice che John, durante il periodo trascorso lontano da Yoko, era solito telefonarle quando era ubriaco e si sentiva triste e solo, perché "avevo bisogno di sentirmi amato."
Il mio cervelletto ha subito colto un ottimo spunto per scrivere una McLennon, naturalmente. Ormai vedo McLennon ovunque, vivo di McLennon, mi nutro di McLennon, respiro McLennon. Insomma, si è capito.xD
Spero che vi piaccia, a presto!
Finalmente, Paul riattacca a sua volta il telefono e si china per afferrare la penna e il foglio che ha lasciato cadere a terra. Quando torna a prendere posto sulla poltrona, sa perfettamente quali sono le parole che scriverà per la canzone che è appena nata in lui.
Note.
Buonasera, gente del popolo di EFP e McLennoniani. Avete presente il documentario sugli anni passati da John Lennon a New York che è stato trasmesso in tv qualche giorno fa? Ecco, in una parte di quel documentario si dice che John, durante il periodo trascorso lontano da Yoko, era solito telefonarle quando era ubriaco e si sentiva triste e solo, perché "avevo bisogno di sentirmi amato."
Il mio cervelletto ha subito colto un ottimo spunto per scrivere una McLennon, naturalmente. Ormai vedo McLennon ovunque, vivo di McLennon, mi nutro di McLennon, respiro McLennon. Insomma, si è capito.xD
Spero che vi piaccia, a presto!