Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Alley    11/05/2013    4 recensioni
Quella mattina Phil s’era svegliato con l’inquietante e molesta sensazione che sarebbe stata una pessima giornata (...). Non aveva poggiato il piede sinistro prima del destro sul pavimento, nessun gatto nero gli aveva tagliato la strada, non era passato sotto alcuna scala, non aveva rotto specchi, né quel giorno, né in tutta la sua vita e, anche se fosse successa una di queste cose, lui era tutto fuorché un tipo scaramantico e non si sarebbe di certo lasciato condizionare. Quella sensazione era pertanto immotivata, eppure, mentre spalmava il burro di arachidi - che, tra l’altro, non ricordava affatto di aver comprato - sulle fette di pane tostato, la percepiva come fondata e ineluttabile e questo lo rendeva estremamente nervoso (...). Quando, in tono greve e preoccupato, la collega gli disse che Fury lo voleva immediatamente nel suo ufficio ogni dubbio svanì in una nuvola di polvere ed ebbe la matematica certezza che sarebbe stata veramente una giornata di merda.
Quando la pazienza non è più sufficiente per tollerare le angherie del proprio partner, non resta che annegare la collera nell'alcol. Ma poi c'è da fare i conti con i postumi della sbornia...
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quella mattina Phil s’era svegliato con l’inquietante e molesta sensazione che sarebbe stata una pessima giornata. Eppure non s’era alzato col piede storto, dal momento che Clint l’aveva letteralmente buttato giù dal letto durante una delle sue abitudinarie contorsioni da sonnambulo. Era cascato sul pavimento a peso morto, sbattendo la schiena con tanta violenza che ancora adesso, malgrado fossero passate diverse ore e v’avesse applicato un intero tubetto di Fastgel (rimedio infallibile contro mal di schiena, torcicollo, dolori muscolari e bla bla bla…Certo, come no) camminava ancora leggermente curvo. Non aveva poggiato il piede sinistro prima del destro sul pavimento, nessun gatto nero gli aveva tagliato la strada, non era passato sotto alcuna scala, non aveva rotto specchi, né quel giorno, né in tutta la sua vita e, anche se fosse successa una di queste cose, Phil era tutto fuorché un tipo scaramantico e non si sarebbe di certo lasciato condizionare. Quella sensazione era pertanto immotivata, eppure, mentre spalmava il burro di arachidi - che, tra l’altro, non ricordava affatto di aver comprato - sulle fette di pane tostato, la percepiva come fondata e ineluttabile e questo lo rendeva estremamente nervoso.
Quando arrivò alla base, in perfetto orario come al solito – mentre Barton era ancora spaparanzato nel suo letto e anche quel giorno lui avrebbe dovuto inventarsi una scusa per coprire il suo ennesimo ritardo – e la Hill lo avvicinò con aria tesa ed allarmata, cominciò a pensare che, purtroppo, il losco presentimento che lo inseguiva da quando s’era alzato dal letto – o meglio, dal pavimento – si sarebbe rivelato esatto. Quando, in tono greve e preoccupato, la collega gli disse che Fury lo voleva immediatamente nel suo ufficio ogni dubbio svanì in una nuvola di polvere ed ebbe la matematica certezza che sarebbe stata veramente una giornata di merda.
Si diresse verso l’ufficio del direttore a passo svelto e ritmato, ripassando mentalmente tutto quello che aveva detto e fatto negli ultimi giorni. Non ricordava d’aver commesso qualche errore né d’aver trascurato i propri compiti; aveva compilato gli schedari dei nuovi arrivati, aveva concesso ad Harris una settimana di vacanza in modo che la smettesse di combinare disastri almeno per qualche giorno, tutte le missioni di cui era stato il coordinatore erano state portate brillantemente a termine.
La sua coscienza era più che pulita, era limpida e candida, pertanto gli pareva assurdo che Fury volesse vederlo nel suo ufficio. Ma perché fasciarsi la testa prima d’essersela rotta? Non era detto che lo scopo fosse quello di richiamarlo. Magari aveva una bella notizia da comunicargli. Una promozione, ad esempio. Peccato che Phil fosse stato nominato vicedirettore la settimana prima ed era altamente improbabile, per non dire fantascientifico, che Fury volesse cedergli il posto.
Così, combattuto tra la serenità propria di chi sa di non aver fatto nulla di male e l’inevitabile agitazione di chi si sta recando nell’ufficio del grande capo, Phil bussò discretamente alla porta e, quando la voce di Fury lo invitò ad entrare, la aprì e varcò la soglia.
"Colpo della strega, Coulson?"
Phil non s’era ancora voltato e potè pertanto storcere le labbra in una smorfia di irritato disappunto senza esser visto.
Da domani, cascasse il mondo, dorme sul divano
Tentò – vanamente – di assumere una posizione quanto più dritta possibile, indossò la maschera più gioviale e distesa di cui disponesse e si girò verso Fury, immerso in una poltrona troppo piccola per la sua imponente stazza.
"Niente di preoccupante, solo un piccolo doloretto" spiegò con noncuranza, prendendo posto sulla sedia di fronte alla scrivania "È successo qualcosa?"
Fury serrò le labbra, contrariato, e gli occhi taglienti, puntati su Phil, furono oscurati da un velo di sdegno.
"Un episodio molto spiacevole" esordì serafico, poggiando i palmi delle mani sulla scrivania "Voglio che sia tu ad indagare. Le questioni interne alla base sono le più spinose, ho bisogno che se ne occupi una persona di cui mi fido ciecamente."
Phil annuì e represse faticosamente un sospiro, ripensando a tutte le volte in cui aveva inventato scuse per coprire i ritardi di Clint e aveva finto di non sapere chi rubasse le registrazioni e…
"La Thompson è in ospedale, è stata ricoverata questa mattina."
La notizia lo sorprese come un fulmine a ciel sereno. L’ultima missione a cui aveva preso parte la donna non era stata particolarmente impegnativa, anzi; una cosa di poco conto, tant’è che sul posto erano stati mandati solo due agenti. La Thompson, appunto, e…
"Lei e l’agente Barton sono rientrati in nottata. La missione è andata bene, non c’è stato nemmeno bisogno di ricorrere alle armi."
"E allora qual è il problema?"
La voce di Phil risuonò stridula e indispettita e, a giudicare dallo sguardo perplesso che Fury gli rivolse, la cosa non passò inosservata al direttore. Cercò di correre ai ripari abbozzando un sorriso, ma quello che ne venne fuori era molto più simile ad una smorfia nervosa e l’espressione di Fury divenne ancor più confusa.
Questa me la paga
"Insomma, voglio dire…Perché è finita in ospedale?" chiese docilmente.
"Rigonfiamento delle mucose nasali, neurodermite, irritazione, attacchi d’asma, stitichezza."
Phil tirò un sospiro di sollievo, dal momento che l’elenco non conteneva cose tipo “frecce infilate in un gluteo” o in qualche altra parte del corpo.
"Una violentissima reazione allergica. Ha rischiato lo shock anafilattico."
"Accidenti."
Forse sarebbe stata meglio una freccia infilzata in una chiappa.
"Dovuto a che cosa?"
"La Thompson dice di essere allergica solo ed esclusivamente al burro di arachidi, ma anche di non averne ingerito."
Oh, altrochè se me la paga
"Mi dispiace molto, ma…Che cosa vuole che faccia, esattamente?"
"È convinta che sia stato qualcuno della base a somministrarglielo di nascosto" sbuffò Fury, seccato e desolato "Mi spiace disturbarti per certe sciocchezze, Coulson, ma sai come vanno queste cose; si creano malumori e nascono equivoci e…Insomma, ricordi che clima si respirava quando sono sparite le registrazioni, no?"
Phil dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per reprimere l’espressione colpevole che stava per affiorare sul suo volto.
"Scopri chi è stato e portamelo qui" tuonò il direttore "Sono stanco di queste scaramucce da quattro soldi."
"Certo, ha perfettamente ragione" lo assecondò Phil e se Fury non avesse nutrito una fiducia così cieca e illimitata nei suoi confronti si sarebbe di certo insospettito davanti a quel tono tanto squillante.
"Grazie, sapevo di poter contare su di te. Puoi andare."

***


Quella mattina, Pepper s’era svegliata con la sensazione che sarebbe stata una pessima giornata.
Quel nefasto presentimento l’aveva accompagnata per tutta la mattinata, rendendola a tal punto inquieta che persino Tony Stark, l’uomo con lo spirito d’osservazione meno acuto sulla faccia della terra, se n’era accorto.
"Nervosa?" le aveva chiesto, porgendole amorevolmente una tazza di caffé.
Pepper sbuffò e bevve qualche sorso.
"Un po’" ammise, addentando un biscotto.
"Hai presente quell’opprimente ed infondata ma comunque temibilissima sensazione che tutto andrà storto?"
Tony versò dell’altro caffè ed assunse un’espressione pensosa.
"No. Sono Tony Stark, nella mia vita niente può andar storto" rispose, facendo spallucce. Bevve il caffé e poi si chinò a cancellare con un bacio l’espressione corrucciata ed esasperata che era comparsa sul volto di Pepper.
"E tu, Virginia Potts, ne sei la prova" sussurrò, quando le loro labbra si staccarono.
Pepper non era solita cedere alle sue ruffianerie, ma l’aveva mormorato con tanta dolcezza che non potè fare a meno di sorridere, lusingata.
Maledetto adulatore
"Sono certo che sarà una splendida giornata, smettile di torturarti con queste paranoie insensate" le disse, allontanandosi e afferrando una fetta di pane tostato.
"Lo spero davvero" sbuffò Pepper, alzandosi in piedi "Se l’incontro con il signor Smith dovesse andar male, addio esportazione dell’energia sostenibile in Europa."
Tony, che nel frattempo aveva ripreso a bere, sobbalzò sgranando gli occhi e dalle sue labbra partirono abbondanti schizzi di caffè.
"Tony, stai bene?"
Pepper gli si avvicinò allarmata e gli strappò la tazzina dalle mani, mentre quello tossiva e continuava a sputacchiare saliva mista a caffé con aria sconvolta.
"Quante volte devo ripeterti che ingerire litri di caffeina è un pessimo modo di cominciare la giornata?" sbuffò, riponendola nel lavandino.
"Il signor Smith, hai detto?" le chiese, quando l’aria tornò a riempirgli i polmoni.
Pepper sollevò un sopracciglio, perplessa e non poco turbata dal panico con cui le aveva rivolto quella domanda.
"Sì."
"James Smith?"
"James Smith" confermò, annuendo.
Chissà per quale strano motivo, l’amaro presagio che l’aveva tormentata sin dal risveglio diveniva sempre più oscuro e petulante davanti alla faccia atterrita di Tony.
"E…Quando avresti questo appuntamento?"
"Tra esattamente…"
Pepper alzò lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete alle spalle del compagno.
"Santo cielo!"
Dimentica dei sospetti che aveva nutrito fino ad un istante prima, si precipitò fuori dalla Stark Tower e si infilò nella Maserati che l’attendeva sul bordo della strada.
"Ti autorizzo ad ignorare semafori e limiti di velocità, Happy, ma solo perché sono terribilmente in ritardo e, mi raccomando, non dirlo a Tony."

***
 

L’abitazione del signor Smith era tanto lussuosa da fare invidia alla villa di Malibù.
Mentre una giovane e cortese cameriera dai tratti asiatici la scortava nello studio del proprietario, il volto sbigottito di Tony continuava a far capolino tra i pensieri di Pepper e quell’infausto presentimento, che l’aveva seguita anche oltre le mura di casa, le schiacciava lo stomaco come un macigno.
Attraversarono un ampio corridoio cosparso di sculture e mobili antichi e passarono davanti ad una gigantesca vetrata che dava sul paradisiaco giardino di casa Smith, nel quale, ad un ampio e assolato gazebo, si affiancava una piscina olimpionica smisurata. Proprio in quel momento, una fanciulla uscì dall’acqua, fasciata da un bikini tanto striminzito da contenere a stento il prosperoso seno, parzialmente ricoperto dalla lunga chioma zuppa. Probabilmente, quella era la giornata delle sensazioni stravaganti ed improbabili, perché a Pepper parve d’aver già visto quel volto angelico da qualche parte; ma, considerando che la settimana prima aveva incontrato il signor Smith alla Stark Tower e lui non aveva portato alcun membro della propria famiglia con sè, non era assolutamente possibile.
Finalmente, si fermarono davanti ad una porta tinta di bianco, in fondo al corridoio simile ad una galleria d’arte. La cameriera la spalancò, annunciò il suo arrivo e si congedò con un sorriso cordiale. Soltanto adesso Pepper ebbe l’opportunità di guardare da vicino il suo viso e temette seriamente d'essere sulla via della follia quando realizzò che quei tratti orientali le erano anch’essi estremamente familiari. Se Tony aveva bisogno di bere meno caffè, forse lei necessitava di una dosa maggiore di caffeina per cominciare la giornata.
"Buongiorno, signor Smith" lo salutò, richiudendo la porta alle proprie spalle e cercando di scacciare il nervosismo e la spossatezza che la schiacciavano; ma, davanti allo sguardo glaciale con cui il signor Smith l’accolse, quel poco di quiete che era riuscita a preservare scomparve e quella nefasta sensazione si tramutò in una tremenda certezza: sarebbe stata una giornata davvero di merda.
"Non è affatto un buongiorno, signorina Potts" ringhiò l’uomo, squadrandola torvo "La prego di accomodarsi."
Pepper deglutì e non ribattè, limitandosi a prender posto sulla sedia che le era stata indicata.
"C’è qualche problema?" chiese e la voce risuonò fioca e intimidita.
"C’è qualche problema?" ripeté il signor Smith, in un’imitazione stridula e seccata del suo tono che, in un qualsiasi altro momento, l’avrebbe enormemente irritata "Il problema è che non non appoggerei nemmeno sotto tortura il progetto di un verme immondo e depravato come Anthony Stark."
Pepper avrebbe voluto sgranare gli occhi, ma il rancore che bruciava in quelli del signor Smith la pietrificò e non potè far altro che assistere inerme al suo sfogo.
"Quell’uomo, se così si può definirlo, ha ignobilmente circuito mia figlia Vanda, Chikuma, la mia cameriera e…"
Sbattè violentemente un pugno sulla scrivania e Pepper sobbalzò, buttando fuori tutto il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento.
"…e persino Giselle, mia moglie! Mia moglie, si rende conto?" sbraitò, sollevandosi minacciosamente.
"Io, ecco…"
Pepper avrebbe tanto voluto protestare, ribattendo con convinzione che non era possibile, che si trattava sicuramente di un equivoco, ma ricordava fin troppo bene la condotta non esattamente irreprensibile che Tony aveva tenuto fino a poco meno di un anno prima, quando lei era ancora e solo la sua segretaria ed ogni mattina vedeva sgattaiolare via l’amante di turno. No, non s’era sbagliata, aveva davvero già visto quei due giovani volti da qualche parte, ed era certa che, se la signora Smith fosse stata in casa, si sarebbe ricordata anche di lei.
Questa me la paga
Pepper fu estremamente grata al cigolio della porta che ruppe il silenzio carico di imbarazzato piombato nel piccolo studio.
Una donna, molto più matura delle due fanciulle ma allo stesso tempo decisamente più giovane del signor Smith, s’affacciò discretamente nella stanza, un’espressione colpevole e timorosa dipinta sul bel volto traboccante di trucco.
"Tesoro, va tutto bene?"
Il viso fino a quel momento contratto del signor Smith si distese in un’espressione affabile.
"Certo, amore. Perdonami se ho alzato la voce, ma…"
Batté ancora i pungi sul tavolo, con foga ancor maggiore, e i suoi occhi presero a lanciare fulmini e saette all’indirizzo della terrorizzata consorte.
"…stavo per appoggiare l’iniziativa di quel farabutto che s’è portato a letto te, mia figlia e persino la mia cameriera!"
Giselle sparì e richiuse la porta con un tonfo.
"Se ne vada, subito."
Pepper, mortificata ed atterrita, non se lo fece ripetere due volte.
Oh, altrochè se me la paga

***

"Egocentrico pallone gonfiato, dongiovanni dei miei stivali!"
Pepper emise un grugnito adirato e scolò un'altra lattina di birra.
"Irresponsabile insopportabile meschino bugiardo!" sbraitò Phil, stringendo la Pepsi con tanta rabbia da ammaccarne l’alluminio.
"Ho lavorato per mesi a quel progetto, ce l’ho messa tutta per convincere tutti gli azionisti più importanti della città e lui è riuscito a rovinare tutto anche questa volta."
Phil, sconsolato, scosse il capo in segno di solidarietà.
"Sono mesi che copro tutte le sue magagne: le registrazioni e i dispetti ad Harris e i ritardi e lui cosa fa? Cerca di ammazzare una collega! E adesso cosa dico a Fury?"
Questa volta fu Pepper ad assentire, riportandosi alle labbra la lattina di birra ormai semivuota.
I due amici erano seduti uno accanto all’altro sul vecchio divano di Phil, a tracannare birra e Coca Cola e dare sfogo ai rispettivi istinti omicidi.
"E io allora? Parte del denaro che avevano versato i consoci era già stato investito. Ora dovrò recuperarlo, rimborsarli e, naturalmente, subirmi le loro lamentele" fece Pepper, sconfortata, accartocciando la lattina e lanciandola ai piedi del divano, dove già giaceva un cospicuo mucchietto di barattoli vuoti.
"Virginia, non credi che sarebbe il caso di smetterla con le birre?" le chiese con discrezione Phil, leggermente preoccupato dall’innaturale rossore che le imporporava le guance.
Per tutta risposta, Pepper ne aprì un’altra e prese a ingurgitarla.
"L’alternativa a bere è andare a casa e sparargli" abbaiò, gli occhi accesi dall’ira e, a giudicare dalla voce simile ad uno squittio, dall’alcol.
"Io preferirei infilzarlo con una di quelle maledette frecce."
Pepper, il cui volto aveva ormai assunto la colorazione della chioma, gli allungò una lattina di Heineken.
"Ascolta i consigli di Virginia, Phil!" esclamò e l’entusiasmo che l’animò rivelò che la sbornia era già giunta ad ottimo punto "Fà uno strappo alla regola, butta giù e non pensarci!"
"Virginia, credo sia meglio di no, davvero…"
"O avaaaanti Phil, non vedi come siamo ridotti? Una birretta è quello che ci vuole!" gridò e scoppiò in una risata fragorosa e convulsa.
"Ti assicuro che non è… -
Proprio in quel momento, sentì il cellulare vibrare contro la stoffa della tasca.
Seccato, vi infilò la mano libera e lo tirò fuori e una fitta di panico lo attraversò quando lesse sul display il nome del direttore.
"Sai, forse hai ragione."
Ripose il cellulare senza rispondere e lanciò la lattina che teneva in mano, riversando sul pavimento la Coca Cola che ancora conteneva.
A mali estremi, estremi rimedi

***

Una musica leggera risuonò nell’aria mattutina e Phil si destò, infastidito. La testa gli doleva terribilmente e quella melodia, per quanto delicata, gli martellava i timpani come il boato di un’esplosione, acuendo la sua emicrania.
Affondò il volto nel cuscino e allungò il braccio senza aprire gli occhi, cercando a tastoni la sveglia sul comodino. Quando finalmente la trovò, si rese conto che non era quella che stava suonando.
Si costrinse, con uno sforzo sovraumano, a sollevare le palpebre, pesanti come macigni, e fece vagare lo sguardo assonnato tra le mura della propria camera da letto, fiocamente illuminata dalla luce del sole. Impiegò parecchio tempo a realizzare che la fonte del rumore era un cellulare; dal momento che non era né il suo né quello di Barton non potè fare a meno di chiedersi come fosse finito sul suo comodino.
"Clint?" lo chiamò, massaggiandosi le tempie nel disperato tentativo di alleviare il dolore, ma non ricevette alcuna risposta.
La prospettiva di mettersi a telefono non lo allettava affatto – soprattutto considerando che il cellulare non era nemmeno il suo – ma quel baccano infernale per le sue fragili orecchie non accennava a scemare e così, con la testa che implorava pietà, si costrinse a rispondere.
"Pronto?" biascicò, irritato, affondando di nuovo il capo nel cuscino.
"Pronto? Con chi parlo?"
Per quanto fosse stordito, riconobbe senza sforzo quella voce petulante e molesta.
"Stark."
- Agente?
Phil non aveva la forza sufficiente per ribattere che “Agente” non era il suo nome di battesimo e lui doveva piantarla di chiamarlo in quel modo.
"Che cosa vuoi, Stark? Perché mi hai chiamato a quest’ora del mattino?"
"Che cosa voglio? Tu rispondi al cellulare della mia ragazza che non è rientrata a casa questa notte e per giunta con voce assonnata e fiacca e hai il coraggio di chiedermi cosa voglio? Se non fossi Tony Stark e non avessi, pertanto, la certezza incontrovertibile di non poter essere tradito potrei irritarmi e insospettirmi, Agente dei miei stivali –
Phil dovette sforzarsi enormemente per seguire il discorso delirante del suo interlocutore e, malgrado l’impegno, non riuscì a coglierne del tutto il significato.
"Stark, ascolta, ho un terribile mal di testa e non sono fisicamente né psicologicamente in grado di…"
"No no, ascolta tu, Agente. Se non mi passi immediatamente Pepper giuro che vengo fino a casa tua e…"
Phil aveva smesso di ascoltarlo al secondo “no”. La testa gli doleva troppo e ogni parola gli si conficcava nel cervello come una freccia – a proposito, dove accidenti era Clint? – e, frastornato e sonnolento, non riuscì a fermare il proprio indice quando schiacciò il pulsante rosso atto ad interrompere la conversazione.

***

Nel frattempo, nel salotto in cui la sera prima avevano ingurgitato chissà quanti litri di birra, un’altra musica, più allegra e frizzante, vibrò nell’aria ancora impregnata d’alcol. Pepper, che s’era alzata da poco più di un quarto d’ora con un tremendo cerchio alla testa e stava preparando il caffé, s’allontanò dai fornelli e trovò il cellulare di Phil seppellito sotto i cuscini del divano.
Si sentiva terribilmente in colpa per averlo indotto a bere – sapeva che Phil non reggeva minimamente gli alcolici – e pertanto decise di non disturbarlo e rispondere al posto suo, per quanto fosse poco discreto.
"Pronto?"
"Phil?"
"Ehm, no, sono Virginia. Sei tu, Clint?"
Passarono diversi secondi prima che la voce dall’altro capo del telefono tornasse a farsi sentire.
"Phil dov’è?" chiese Clint e se quelle maledette esplosioni avessero smesso di scoppiare nella testa dolente della povera Virginia lei si sarebbe di sicuro accorta del suo tono acido e sospettoso.
"Credo sia ancora a letto. Sembrava distrutto e ho preferito non svegliarlo."
Ancora silenzio.
Era così tanto tempo che non si ubriacava che aveva dimenticato quanto fossero tremendi i postumi della sbornia.
"Bene" commentò Clint a denti stretti e se Virginia non riuscì a cogliere la sfumatura omicida che colorava la sua voce vuol dire che era veramente rintronata.
"Vuoi che gli riferisca…"
Tu tu tu tu
Il cerchio alla testa era troppo opprimente per chiedersi per quale accidenti di motivo Clint le avesse attaccato il telefono in faccia.

***


"Buongiorno, Stark."
Tony superò Steve Rogers – ci mancava solo lui – senza nemmeno rivolgergli un cenno e si avviò a passi pesanti e minacciosi verso l’ufficio di Coulson.
Avrebbero dovuto spiegargli un bel po’di cosette, Agente e Pepper, ed era meglio per loro se fossero state delucidazioni convincenti. Era meglio per loro e per l’intera base, che Tony avrebbe volentieri fatto saltare in aria per sfogare la propria incontenibile irritazione.
La porta era aperta, ma Tony era troppo arrabbiato per notare quanto la cosa fosse strana. Coulson non lasciava mai la porta aperta, addirittura sbottava contrariato contro chi usciva dimenticandosi di chiuderla; evidentemente aveva qualcosa da nascondere e se lui non fosse stato Tony Stark, l’uomo che nessuna donna sana o insana di mente tradirebbe, avrebbe avuto il dubbio d’aver finalmente scoperto di cose si trattasse.
Era tanto assorto in queste riflessioni che, quando spalancò la porta e trovò Barton seduto sulla preziosa e intoccabile poltrona del vicedirettore – giusto due giorni prima Agente l’aveva fulminato solo perché s’era azzardato a sfiorarla – sobbalzò come se avesse visto un fantasma. Non aveva una faccia particolarmente rilassata, tutt’altro. A pensarci bene, aveva la stessa identica espressione che Tony aveva visto allo specchio prima di uscire di casa.
"Che ci fai qui, Legolas?"
"Aspetto Coulson, devo parlargli con urgenza" ribattè quello aspramente e fece scioccare l’arco con fare minaccioso. Forse la faccia di Barton era anche più scura della sua.
"Anch’io devo parlare con lui."
Un sospetto si infilò nei meandri adirati della mente di Tony, facendosi spazio tra la rabbia e le imprecazione.
"Come hai fatto ad entrare?"
Stranamente, il quesito sembrò mettere il collega enormemente e disagio; aprì la bocca senza emettere alcun suono e prima che Tony potesse indagare su quella quantomeno singolare reazione la porta alle sue spalle venne spalancata.
Gli occhi di Iron Man e di Occhio di Falco scattarono simultaneamente verso il fondo dell’ufficio, da cui emersero Phil e Pepper.
"Buongiorno " esordì la donna in tono brusco, fermandosi sulla soglia e lanciando uno sguardo infuocato a Tony.
"Buongiorno a te, Pepper" ribattè lui, altrettanto piccato "Grazie per avermi comunicato che avresti passato la notte fuori, se non l’avessi fatto mi sarei preoccupato molto."
"Di nulla" replicò Pepper avanzando di qualche passo, a sua volta a braccia conserte "Grazie a te per aver rovinato il progetto più importante della mia carriera portandoti a letto l’intera famiglia del signor Smith."
Un’ombra di colpevolezza attraversò lo sguardo di Tony, prima che l’ira tornasse ad accenderlo.
"È successo quasi due anni fa e all’inizio non avevo capito che fosse quel signor Smith. Sai quanti Smith ci sono a New York?"
Nel frattempo, Clint s’era alzato e aveva superato la scrivania, le dita intente a giocherellare nervosamente con l’arco.
"Buongiorno, signore" sussurrò e la cortesia che impregnava la sua voce era viscida e finta "Ho saputo che era terribilmente stanco questa mattina. Spero si sia ripreso."
Phil chiuse la porta alle sue spalle e lo squadrò glaciale.
"E io spero che lei, agente Barton, abbia smesso di attentare alla vita delle sue colleghe somministrandogli indebitamente alimenti a cui sono pesantemente intolleranti" replicò Phil. Entrambi erano avanzati e adesso i loro volti erano pericolosamente vicini.
La tensione impregnava ogni angolo del piccolo ufficio, rendendo l’aria elettrica e irrespirabile.
"Non pensavo che quell’idiota sapesse della mia, ecco…Conoscenza approfondita con la sua allegra e libertina famigliola…"
"A giudicare dalla faccia che hai fatto questa mattina si direbbe il contrario."
"Non credevo avrebbe avuto una reazione simile, volevo soltanto farle un dispetto in modo che la smettesse di starti attaccata come una cozza al suo scoglio."
"È allergica al burro di arachidi, Barton, allergica! Non conosci il significato di questo termine? Se gli allergici non avessero alcun tipo di reazione quando mangiano quello a cui sono allergici non sarebbero allergici!"
"…in ogni caso, ti sembra un buon motivo per passare la notte fuori senza dirmi nulla?"
"Non era programmato, sono andata a casa di Phil per dirgli quanto tu fossi incredibilmente stupido ed insopportabile, abbiamo bevuto e…"
"So cosa vuol dire, semplicemente non sapevo che sarebbe quasi morta, pensavo che le sarebbe uscita qualche macchia sulla pelle, un po’di prurito e…"
"Non hai pensato che mi avresti messo nei guai per l’ennesima volta? Tu e la tua intollerabile sconsideratezza, sei veramente…"
"Invece di prendertela tanto per quella serpe, perché non mi spieghi per quale motivo, quando ti ho telefonato questa mattina, mi ha risposto lei."
Clint additò Pepper con fare accusatore, ma questa era troppo impegnata a strillare addosso a Tony per far caso a lui.
"…e mi ha detto che eri distrutto e mi piacerebbe sapere che cos’hai fatto che t’ha stancato tanto…"
"Tu ti sei bevuto il cervello, Barton. Non ho fatto niente, semplicemente mi sono rimpinzato di birra per colpa tua e di Fury e sono crollato come un sasso."
Le voci si intrecciavano e si sovrapponevano in un vortice confuso e chiassoso ed era veramente strano che nessuno avesse ancora bussato per vedere che cosa…
"Si può sapere che diavolo sta succedendo?"
Natasha dovette urlare parecchio per sovrastare il trambusto che imperversava oltre la porta chiusa dell’ufficio di Coulson.
Stava seriamente vagliando l’ipotesi di sfondarla quando questa si aprì e ne uscirono, uno dopo l’altro, Clint, Pepper e Tony, tutti terribilmente infuriati.
Quando furono spariti oltre la svolta a fine corridoio, la Vedova Nera s’affacciò e, davanti all’espressione adirata del vicedirettore, decise che era meglio non porre domande.

***

"Potresti smetterla, per favore?"
Phil raccolse l’ennesima freccia dal pavimento e sbuffò rumorosamente. Clint, in piedi dall’altra parte della stanza con l’arco stretto tra le mani, non lo degnò di uno sguardo e ignorò la sua richiesta.
Nessuno dei due aveva ancora sbollito la rabbia del giorno precedente e l’ira aveva tragiche ripercussioni sulla infallibile mira del Falco, che continuava a mancare il bersaglio appeso alla parete; i dardi sbattevano contro il muro e scivolavano sul parquet come fragili foglie autunnali.
Phil sbuffò ancora e si allontanò, rifugiandosi in cucina. Quella notte, per la prima volta, Clint aveva veramente dormito sul divano e senza che lui glielo ordinasse, prova che la situazione era davvero catastrofica.
Come se il ticchettio snervante prodotto dalle punte metalliche che colpivano la parete non bastasse, ci si mise pure la fanfara del suo cellulare a turbare le sue povere orecchie.
"Pronto?" rispose Phil burbero, senza nemmeno leggere il nome sul display.
"Coulson."
Phil si battè la fronte con il palmo della mano, disperato.
Tra liti e accuse e mal di testa, s’era completamente dimenticato del direttore e del compito assegnatogli e adesso non aveva la minima idea di quale scusa rifilargli.
"Signore, io…"
"Ottimo lavoro, sapevo che avrei potuto contare su di te."
Phil sgranò gli occhi, incredulo. Forse la sbornia non era ancora passata del tutto, gli pareva d’aver appena sentito Fury congratularsi con lui per qualcosa che non aveva fatto.
"Avrei dovuto capire che era stato Barton, è il solito piantagrane. Passerà una settimana a pulire i bagni della base e la parola “missione” sarà cancellata dal suo vocabolario per almeno un mese."
Ok, sicuramente la sbornia non era ancora passata del tutto.
"Adesso devo andare, ci vediamo più tardi."
L’unico modo per scoprire se fosse ancora ubriaco o avesse davvero detto a Fury che il colpevole era Clint – e il solo pensiero bastava a riempirlo di sensi di colpa – era interrogare il diretto interessato, per quanto la cosa lo infastidisse.
"Fury sa che sei stato tu."
Clint scoccò un’altra freccia, impassibile, e questa volta colpì il bersaglio esattamente al centro.
"Come ha fatto a…"
"Gliel’ho detto io."
Poggiò l’arco contro la parete e prese posto sul divano, il volto leggermente più disteso e gli occhi meno accesi.
"Non sono affatto pentito, anzi, rifarei la stessa identica cosa se tornassi indietro. Quella donna è una strega, è l’ultima volta che vado in missione con lei" asserì, disgustato "Ma non volevo metterti nei guai. Mi ha coperto fin troppe volte."
Phil sospirò e prese posto accanto a lui. Aveva appena aperto bocca quando il Falco riprese a parlare.
"Mi dispiace di averti causato tanti casini e di averti accusato di... -
Arrossì leggermente e riprese fiato, prima di continuare.
"So che tu e Pepper siete solo amici. Sono stato un idiota."
Phil sorrise intenerito e gli cinse le spalle con un braccio.
"Apprezzo molto quello che hai fatto. Avrei dovuto mandare Natasha in missione con la Thompson. Immagino che sia stata una settimana infernale."
La smorfia che comparve sul volto di Clint confermò tacitamente la sua tesi.
"Deponiamo le armi?"
Clint annuì e gli rivolse finalmente un sguardo luminoso e sereno.
"Phil…"
"Sì?"
"Fury vuole tenermi ai box per una settimana...Non potresti metterci una buona parola?"
Phil scosse il capo con biasimo, ma non riuscì a trattenere una risata divertita.
"Sei incorreggibile, Barton."

***
 

Era trascorsa un’intera giornata dalla furiosa litigata nell’ufficio di Phil, ma Pepper e Tony non si erano ancora rivolti la parola. Lui aveva passato la notte chiuso in laboratorio e lei al telefono, a contattare tutti gli azionisti che avevano già versato la loro quota per il piano d’esportazione in Europa.
Quando finalmente ebbe parlato con l’ultimo consocio, gettò il cellulare sul tavolino in salotto e si lasciò scivolare sulla prima poltrona che le capitò sotto mano, esausta e ancora imbestialita.
Naturalmente, proprio quando stava per prender sonno, la melodia del telefonino la scosse e la costrinse a rimettersi in piedi. Probabilmente qualcuno degli azionisti aveva deciso di farle causa o pretendeva, oltre al risarcimento, anche gli interessi.
"Pronto?"
"Buongiorno, signorina Potts."
Una voce femminile garbata ma leggermente tesa la salutò.
"Sono la signora Smith. Spero di non disturbarla, la chiamo per rivolgerle le mie più sentite scuse per quanto è successo ieri; sono davvero desolata."
La donna appariva profondamente mortificata e Pepper pensò che per lei dovesse esser stato davvero umiliante ricevere quella sfuriata davanti ad un’estranea. Non che fosse immeritata, ma, ad ogni modo, provò un sincero dispiacere e non potè fare a meno di rassicurarla.
"Non si preoccupi, davvero."
"Sono felice di sentirglielo dire. Mi dispiace tantissimo anche per il signor Stark, mio marito non avrebbe dovuto essere così violento."
Pepper aggrottò la fronte, confusa.
"A cosa si riferisce?" domandò, esitante.
La signora Smith tacque e Pepper riuscì a percepire il suo imbarazzo.
"Gli ha sferrato un pugno tremendo quando è venuto qui per concludere l’affare. Gli ho messo del ghiaccio, mi auguro che"
"Un pugno?!"
Pepper era certa d’essersi persa una parte importante del racconto.
"Quand’è che sarebbe venuto a casa sua?"
"Ieri pomeriggio. Non so come abbia fatto ma è riuscito a convincere James ad appoggiare il progetto, nonostante…"
Giselle si interruppe, impacciata, e Pepper capì che era giunto il momento di porre fine alla conversazione.
"La ringrazio molto per la telefonata, signora Smith."

***

Quando giunse in laboratorio, Tony stava imprecando contro Ferro vecchio e brandiva minacciosamente un paio di grosse viti.
"Sappi che hai appena firmato la tua condanna alla rottamazione, brutto…"
Nel momento in cui s’accorse della sua presenza, distolse lo sguardo e riprese a trafficare con gli attrezzi sparsi sulla scrivania; Pepper ebbe tutto il tempo di vedere l’ingombrante macchia scura che gli contornava l’occhio destro e un’ondata di rimorso la travolse, spingendola oltre la soglia.
"Ha chiamato la signora Smith."
"Dille che è inutile che continui a provarci, ho chiuso con quella vita."
Pepper sorrise debolmente e gli si avvicinò, sottraendogli delicatamente gli arnesi che stringeva tra le mani.
"Apprezzo molto quello che hai fatto" sussurrò, accarezzandogli la guancia sfumata di nero.
Tony le strinse la mano ancora poggiata sul suo volto e sorrise radioso.
"Non volevo rovinare tutto anche questa volta. So quanto questo progetto sia importante per te, c’hai lavorato tantissimo e non meritavi che saltasse per colpa mia."
Pepper sorrise a sua volta e fece per rispondergli, ma Tony riprese a parlare prima che potesse farlo.
"Mi dispiace averti urlato contro, ieri alla base. Sono stato un idiota."
"Sei perdonato."
Tony le schioccò un bacio a fior di labbra e il suo sorriso divenne ancor più ampio e splendente.
"Sono stato davvero un cretino. Insomma, sono Tony Stark, il miliardario playboy filantropo più ambito della terra e nessuna donna potrebbe nemmeno soltanto pensare di…"
Pepper contrasse il volto in una smorfia esasperata e lo colpì con un buffetto dietro la nuca.
"E va bene, la smetto" si arrese subito lui "Non voglio riportare ulteriori danni fisici."
"Sei estremamente affascinante anche con un occhio nero, Stark." gli fece Pepper, divertita e sorniona.
"Lo so."
La donna scoppiò a ridere e si avviò verso l’uscita, per consentirgli di proseguire il lavoro.
"Pepper?"
La voce di Tony la bloccò proprio mentre stava per oltrepassare la soglia.
"Ieri Legolas era nell’ufficio di Agente prima che lui arrivasse. Non lo trovi strano?"
Pepper deglutì e alzò le spalle con finta noncuranza.
"Forse Phil ha dimenticato di chiudere la porta, la sera prima."
L’ipotesi non sembrava convincere molto Tony.
"E per quale motivo ce l’aveva tanto con lui?"
Pepper era troppo stanca per inventarsi una scusa, pertanto decise di troncare la conversazione, potenzialmente pericolosissima, togliendo il disturbo.
"Non ne ho la minima idea" rispose, evasiva, e corse via.














Note
Alt! Questa volta ho qualcosa da dire per pararmi il culo a mia discolpa. Questa è la prima di una (abbastanza) lunga serie di fan fiction scritte su commissione: alla sottoscritta piace tantissimo scrivere idiozie, ma spesso si ritrova a corto di idee e _Maria_ ha la malsana e deleteria abitudine di ispirarmi, inviandomi trame da lei ideate che io mi limito a sviluppare (io sò cretina, lei ancora peggio, figurateve cosa ne poteva uscì). Morale della favola: la colpa è sua, come sono suoi gli OCs citati: gli agenti Thompson ed Harris. Per fare la loro conoscenza (e capire per quale motivo Barton provi ad ammazzare lei con il burro di arachidi) correte a leggere Il progetto viene per posta.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno avuto il coraggio e la pazienza di giungere fino a qui e colgo l'occasione per cospargere di cuori tutti coloro che continuano a leggere e recensire le mie castronerie: siete l'AMORE.
*si defila*
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Alley