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Autore: beliiectioner    12/05/2013    3 recensioni
« Hai la testa così dura che preferiresti fartela tagliare pittosto che ammettere di avere torto. Se tu lo ami, non vedo cosa ci sia di male. Justin ormai è passato, hai Harry ora. Lotta per lui come non hai mai lottato per nessuno. » La guardò profontamente negli occhi prima di abbracciarla. Birdget sapeva sempre come metterle in chiaro le idee.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
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Allison era in ritardo come sempre, correva tenendo stretta a se la sua cartella color mare, di quel celeste ormai, scambiato dal sole. Era una ritardataria, e come lei non ce ne erano. Si portò i capelli dietro le orecchie, rallentò il passo e si fermò pochi metri prima del grande cancello della scuola. Corse verso l’aula di filosofia, salendo gli scalini quattro alla volta e si fermò per bussare lentamente sperando di non prendersi un altro rimprovero. Allison , non era il tipo puntuale.. diciamo, puntuale nel ritardo. Sosteneva di non conoscere il vocabolo ‘puntualità’ lo riteneva un neologismo del nuovo millennio.

L’inconfondibile voce acuta della Russell pronunciò un ‘Avanti’ poco simpatico.
«Mi scusi, professoressa, posso entrare?» chiese timidamente.
 La professoressa la guardò dalla testa ai piedi, sdegnata, togliendosi lentamente quegli occhiali a forma di mandorla di quel fucsia talmente acceso che non le avrebbe permesso di passar inosservata anche se l’avesse voluto.
    « Signorina Macleod»    ridacchiò   «La mia lezione è iniziata da dieci minuti, e lei non mi pare abiti così lontano dalla scuola, a differenza dei suoi compagni, sempre   puntuali.» guardò la c lasse.   «Mi scusi professoressa, ma..»   rispose intimorita Ally.
   «Niente ma signorina!»   rispose bruscamen te, per poi continuare  «questa, non è casa sua, lo sa?  » la giovane annuì sile  nziosamente. 
 «Benissimo, ora vada, devo fare lezione.» Allison meravigliata ancora una volta, dall’assurdo bipolarismo che dominava la Russell, rispose secca, salutando Bridget, la sua migliore amica.

 A sua differenza, Bridget, era la classica ragazza puntuale, poco trasgressiva e molto precisa.
 Portava i capelli sempre legati da una molletta che le regalò la nonna al suo settimo compleanno, qualche mese prima della sua scomparsa, indossava sempre la sua fedele uniforma; non si truccava mai se non quelle poche volte quando l’intero istituto si riuniva nella grande aula del secondo piano adempita ai grandi eventi, e nonostante si mettesse solo un filo di lucida labbra, si sentiva sempre a disagio. Non aveva molti amici, a dire il vero, Allison era la sua unica vera amica, non riusciva a capacitarsi dell’idea che ormai la generazione di cui faceva parte non era più interessata ai veri valori che erano le fondamenta della sua vita.

Allison, invece, era il completo opposto. Non aveva mai i capelli in ordine, sempre legati velocemente da un codino preso alla rinfusa dal cassetto, la maggior parte delle volte neanche indossava l’uniforme (e per questo andava molte volte dalla preside), ma amava mettersi in mostra, infatti, durante le assemblee si vestiva sempre all’occasione, truccandosi adeguatamente.
Quel giorno, però, anche se non era un giorno particolare, Allison aveva indossato l’uniforme, passato la piastra e messo lo smalto. Per lei, era un giorno importante. Uscì dall’atrio nervosamente, promettendo a se stessa per l’ennesima volta che il martedì successivo sarebbe arrivata in orario. Non riusciva a capire come mai, ogni martedì, la sveglia non suonasse mai. Si sedette su i vecchi scalini della scuola posando lo zaino ai suoi piedi. Il sole di febbraio illuminava quelle poche cose che aveva davanti a se; e quella giornata era già iniziata male. Alzò lo sguardo al cielo e sospirò profondamente. Si passo una mano sulla gelida guancia lasciando cadere la ciocca di capelli sul viso.

 «Ehi» disse Jack sedendosi al suo fianco. Allison dapprima si spaventò poi si girò lentamente e sorridendo gli rispose.
 «Ehi Jack.» gli fece spazio.
 « Tutto bene piccola nanetta malefica?» rise e le scompigliò i capelli.
 « Non chiamarmi così. » borbottò , poi aggiunse «tutto bene». Sospirò.
«Perché non mi convinci? » chiese alzandole il viso con la mano destra.
 Allison guardò profondamente i suoi occhi e poi, abbassato lo sguardo, gli rispose.
 «La verità? Mi sento sola, come se non avessi nessuno».
«Ti lamenti di non aver nessuno, ma quando qualcuno ti chiede "che hai?" rispondi con un secco "niente" e preferisci rimanere sola. Ti lamenti perché non hai “quella” persona, vero?»
 «Justin dici? »
 «Ti manca? » sospirò.
 «Da morire. Sono due mesi che non lo vedo. Che non sento la sua risata. Che non sento la sua voce. Due mesi che non mi sento felice davvero, anche se non sono mai riuscita a dirgli la verità, sono stata sempre felice quando ero con lui.. se gli avessi detto che l’amavo, forse non sarebbe partito.» chiese con fare interrogativo al povero Jack che ormai non sentiva altro da due mesi.

Justin, era il suo migliore amico e Allison ne era innamorata da molto tempo. Si era dovuto trasferire con i suoi in un quartiere del nord di Los Angeles e nonostante i vari tentativi di contattarlo, Justin era rimasto solo un ricordo. Pensavano avesse cambiato numero di cellulare, cosa possibile, ma era sempre incollato a Facebook, e stranamente neanche lì rispondeva. Allison pensava lo facesse per dimenticare tutti loro, anche se considerava più fattibile l’idea che lo stesse facendo per dimenticare lei, cosa che non era assolutamente possibile. Jack la strinse forte baciandole la fronte.
 «Mariniamo la scuola?» propose sorridente Jack.
Allison lo guardò stranita.
 «Si, alzati, saltiamola. Tanto abbiamo saltato le prime due ore no? La Russel non c’ha fatto entrare ora e manco dopo lo farà. Rimaniamo a fare storia, in cui entrambi, siamo dei geni? Nah.»
 « Non ci vuole l’arte per studiare storia, sono solo due date.»
Alzò il viso verso di lui sorridendogli.
 « E va bene.. dammi un’altra scusa con la quale riuscire a strapparti un sì dalla bocca.» rise.
 « Se mi offri un gelato vengo. » gli sorrise.
« Ti compro tutta la gelateria basta che ce ne andiamo da qua.» Allison rise, sentendosi per la prima volta, importante.
Camminarono per la strada come se fosse desolata, non curandosi di nessuno e pensando solo a loro. Si spingevano a vicenda, ridevano per ogni cosa e si scambiavano lunghe occhiate. Jack era fidanzato, ma non se ne importava, ora, quello che gli interessava davvero, era la felicità di Allison.

Si fermarono all'entrata della gelateria «aspettami qui» le disse Jack toccando appena la sua spalla «prendi posto tu» aggiunse indietreggiando «gelato alla nocciola giusto?»
«Come sempre!» disse abbozzando una risata Allison, che intanto aveva già presto posto.
D'un tratto le tornarono alla mente alcuni momenti con Justin, era proprio di fronte a lei e parlavano di cose senza senso, ridevano per le strane camminate dei ragazzi e mangiavano l'uno il gelato dell'altra. Si conoscevano come si può conoscere le proprie tasche. Sapevano tutto; film preferiti, libri gusti. Tutto ciò che due persone debbano sapere.
Ogni occhiata di Justin, Allison la riusciva a capire. Sembrava fossero fatti l'uno per l'altra. Allison abbassò lo sguardo guardando le sue scarpe sporche di fango.

 «Signorina ecco il suo gelato» Jack le rifece tornare il sorriso posando il gelato di fronte a lei, sedendosi.
 «Dio» disse Jack alzandosi di scatto dalla sedia «è tutta bagnata» iniziò a ridere toccandosi il sedere ormai bagnato.
«Cosa t'aspettavi? Ha piovuto tutta la notte!» rise allegramente Allison.
«Potevi dirmelo» si guardò la mano e osservò la sedia.
« Non lo sapevo..e anche se l'avessi saputo non te l'avrei detto, la tua faccia, è così divertente!» si coprì il viso per non farsi veder ridere, odiava la sua risata; e toccò casualmente con il gomito il gelato che le cadde tutto sulla gonna.
 Jack la guardò serio tentando di trattenere una risata.
 «O mio Dio.» disse Allison scandendo lentamente le parole dandole un tocco di stupore.
«Ti sei sporcata l'uniforme.» la guardò.
«Davvero?» chiese sarcasticamente alzandosi e guardando la sua gonna ormai, sporca di un marroncino che le colava.
  Jack si abbassò prendendo un fazzoletto  «tieni questo» disse dandole il suo gelato, poi aggiunse «scusa» ed infilò di poco la mano sotto l a sua gonna mettendola sotto la macchia sulla sua gamba destra e iniziò a strofinare. Si rialzò poco dopo, quando, della macchia c'era solo un ricordo. «Grazie» disse sorridendogli dolcemente.
 «Sta tranquilla.» aggiunse l'altro.

Quel pomeriggio, Allison tornò a casa completamente stanca, dimenticandosi di cosa dovesse accadere quel giorno: suo padre sarebbe ritornato da New York. Non lo vedeva ormai da sei mesi, si era decisa ad andarlo a prendere alla stazione. Ma, come sempre, si dimenticò. Si buttò sul divano portando la testa in dietro e poggiandola sulla spalliera, si tolse le scarpe aiutandosi con i piedi e li poggiò sul tavolino, per poi mettersi comoda e prendere il cellulare. Fissò il suo blocca scherzo per un paio di minuti, e, dopo aver sbloccato l'iPhone si precipitò alla cartella messaggi rileggendoli tutti da capo; naturalmente quelli con Justin. Pigiò velocemente le lettere sulla tastiera e guardo lo schermo finché non si spense da solo. Non ci sperava tanto in una risposta, sperava solo che lo leggesse. Allison pensava che ormai si era fatto una vita, aveva trovato una ragazza e sopratutto una nuova migliore amica. Ogni volta che pensava ciò, gli veniva in mente quando le diceva sempre che i veri migliori amici non diventano ex, questo pensiero non la lasciava mai; quindi, se aveva una nuova migliore amica, lei, non lo era mai stato davvero? Socchiuse gli occhi lentamente e dopo una manciata di secondi si alzò dirigendosi verso la sua camera. La camera, possiamo dire, rispecchiava completamente il carattere di Allison. Era bianca, piena di foto attaccate sulle pareti precisamente quella vicino alla porta, sulla parete difronte al letto era appeso un grande specchio, in cui Allison amava specchiarsi soprattuto la sera quando saliva sul letto e fingeva di essere una pop star cantando le sue canzoni preferite; attorno alla cornice, aveva attaccato delle luci, quelle che si usano anche a natale. Aveva un letto matrimoniale, quando dormiva prendeva posizioni bizzarrissime e se avesse avuto il letto da una sola piazza avrebbe dormito ogni sera a terra poiché sarebbe caduta costantemente. La parete vicino al mobile, invece, era la sua preferita. Non era bianca da un pezzo e aveva acquisito i mille colori che Allison aveva usato per scrivervi su. C'erano le tacchette delle sua altezza, le manine di quando era piccola e le mille dediche che le fecero gli amici ogni volta che andavano a casa sua. Quella che preferiva di più l'aveva fatta Justin, ovviamente. "I'll catch u if u fall  .  " Le aveva scritto. Aprì il cassetto della scrivania, che era sotto la finestra, e cercò frettolosamente il caricatore del cellulare. Bussarono alla porta. Allison si affacciò appena alla finestra e vide un uomo con due valige, poi quando questo si girò si rese conto che si trattasse di suo padre così scese le scale saltando gli ultimi tre gradini e aprì la porta. Quell'uomo, sorrise stringendo a se forte la sua bambina che era stata costretta a cavarsela da sola soprattutto dopo la morte della madre avvenuta esattamente un mese dopo la sua partenza.
  
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