Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |      
Autore: Stregatta    30/11/2007    7 recensioni
Poteva la zia Stregatta lasciarvi senza una piccola dose di pucceria by Bellamy?Eccolo qui,alle prese con i suoi denti,e tutto ciò che gli riportano alla mente!...
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Teeth DISCLAIMER:...l'unica cosa verissima di questa fic è che Matt ha i denti storti. Povero amore mio. E se davvero volessi guadagnare qualcosa, be'...Farei il dentista XD!


Teeth




- Si rilassi, signor Bellamy... Sarà questione di pochi minuti. -

Pochi minuti, certo.
Ma il tempo tendeva ad espandersi e a diluirsi inesorabilmente quando ci si trovava distesi su una scomoda poltroncina, gli occhi torturati dalla lampada puntata crudelmente ad illuminare la zona destinata ad essere invasa dalle mani estranee del dentista.

- Comodo? -

Domanda retorica… E forse persino vagamente beffarda.

- Potrebbe andar meglio, ma pazienza.- ribattè Matthew, che cominciava a sentirsi ben più nervoso di quanto non fosse in precedenza.
Il dentista lo fissò, sparandogli contro la perfezione candida ed irreale del suo sorriso accondiscendente.
- Non si preoccupi, come ho già detto l’esame durerà pochissimo. Ora apra la bocca più che può… Un po’ di più… Ecco, così… -
Matthew chiuse gli occhi mentre l’odore del lattice dei guanti del medico gli entrava prepotente nelle narici e le dita estranee esploravano il suo cavo orale con strani ed inquietanti arnesi uncinati, esaminando ogni angolo più recondito di gengiva e palato.

- Le faccio male? -

Ma come pretendeva che potesse rispondergli, se doveva tenere la bocca spalancata??
Il nervosismo di Matthew aumentò ancora, quando finalmente il dottore cessò la sua minuziosa ed estenuante ispezione, mormorando un: - Bene. - soddisfatto, prima di liberarsi energicamente dei guanti aderenti facendoli schioccare rumorosamente.
- Dunque, dottore?- chiese Matthew, dopo aver controllato la mobilità delle proprie mascelle intorpidite, aprendole e chiudendole cautamente.
- Be', il suo caso è un po’ particolare, signor Bellamy… Voglio dire, non le nascondo che la situazione è un po’ un disastro… Anche perchè si tratta di intervenire con un apparecchio ortodontico ad un età nella quale… Lei ha trent’anni, giusto? -
- Ventinove. -
- Sì, ventinove… Dunque l’età dello sviluppo è chiaramente bella che andata! - ridacchiò fastidiosamente il dentista.
Domando l’irritazione crescente, Matthew iniziò un po’ deluso : - Allora non si può far nulla… ? -
- Be', qualcosa si può tentare. Dovremmo intervenire ad allargare il palato superiore con… -
Il medico riversò su Matthew una valanga di termini specifici pressochè incomprensibili prima di arrivare a stabilire un preventivo dell’opera, il quale non era poi così esageratamente salato come auspicava pessimisticamente il giovane cantante dei Muse.
I due uomini, dopo aver definito ulteriormente i dettagli economici, si strinsero cordialmente la mano e si congedarono.

Matthew lasciò lo studio dentistico sentendosi sollevato.
Involontariamente si passò la lingua ad accarezzare il dislivello presente fra gli incisivi, pensando che fra qualche mese finalmente sarebbe scomparso dopo tutti quegli anni in cui aveva dovuto subire la sua ingombrante presenza.
Chi lo conosceva sapeva quanto la sua dentatura imperfetta fosse sempre stata il suo maggior cruccio, ma nonostante ciò le reazioni nei confronti della decisione che aveva preso qualche tempo fa di intervenire ad eliminare il problema viravano dal sorpreso al dispiaciuto.
- Amore… Ma perché? - gli aveva chiesto Gaia, quasi delusa. – Non sono così brutti… Anzi, da un certo punto di vista ti danno un aria così dolce! -
- Ma sei scemo? - Dominic e Chris erano stati molto più diretti nelle loro similari reazioni.
- L’apparecchio a trent’anni suonati? Di tutte le stronzate che potessi pensare, Matt, questa è davvero la più grande! -
Non c’era stato verso di fargli cambiare idea, ormai era deciso; perciò quella mattina si era recato all’appuntamento prestabilito dal dentista per valutare quale soluzione fosse più adatta allo scopo.
Certo, ci sarebbe voluto un po’ per arrivare ad una  condizione dentale accettabile ma ne valeva la pena. Per tanti motivi.
Forse non solo strettamente connessi all’estetica.

Che schifo di giornata.
Uggiosa, plumbea e livida, lavata appena da un’irritante e tipica pioggerellina inglese.
Veniva voglia di cacciare la testa sotto il piumone del letto, sbattendo la porta in faccia al mondo circostante, e dormire.
Dormire, dormire e ancora dormire.
E invece no.
Quella mattina, come tutte quelle precedenti ad essa, si era alzato, aveva svogliatamente mangiucchiato la sua colazione, si era lavato, vestito e trascinato alla fermata dell’autobus per poi recarsi in quel piccolo, tetro edificio che rispondeva al nome di Scuola Media Statale di Teignmouth.
E dopo aver ceduto generosamente durante le ore di lezione parte del suo calore corporeo al banco che lo ospitava, si era di nuovo issato sulla schiena lo zaino pesante come un macigno, uno di quelli che rotolavano spesso giù  dalle montagne di quella zona e si era incamminato verso casa, inseguito dalle voci dei suo compagni che lo apostrofavano sempre con i soliti soprannomi.
Bellamy il Topo, Bellamy il Castoro, Bellamy Qualsiasi Animale fosse dotato di una dentatura particolarmente sviluppata… Prevalentemente della famiglia  dei Roditori.
Non erano di certo delle cime a scuola, ma quando si trattava di prendere per i fondelli qualcuno diverso da loro, be'… Erano dei fuoriclasse, doveva ammetterlo.
E ogni loro parola sapeva perfettamente quali tasti dolenti premere, con precisione sadica e chirurgica.
- Ciao, Matt! - lo salutò cordialmente una voce femminile.
Matt si girò per ricambiare il saluto di Amy Faraday, riempiendosi lo sguardo della visione strampalata che la ragazzina offriva di sé stessa.
Alta, allampanata e occhialuta, Amy sembrava un personaggio da libro fantasy di quart’ordine, un elfo sciroccato, una fatina priva di gusto e grazia nel vestire.
Naturalmente un personaggio simile non poteva sfuggire ai  crudeli epiteti dei bulletti della scuola ma lei se ne infischiava, come se vivesse in un mondo tutto suo.
- Ciao, Amy. -
- Dove stai andando? - gli chiese lei, affiancandolo.
- A casa. - Matt non aveva molta voglia di parlare… Soprattutto non con lei.
- Oh… Io invece vado al molo… - replicò Amy, lasciando cadere una specie d’invito timido che finì ingoiato dal silenzio forzatamente indifferente di Matt.
- Buon per te. Ci vediamo a scuola, ok? - tagliò corto il ragazzo appena arrivato di fronte all’uscio di casa sua, poco distante da quella della compagna.
- D’accordo… A domani, allora! - sorrise quest’ultima mentre Matt sgusciava in fretta in casa.
Il piccolo corridoio era scarsamente illuminato.
Una lama di luce bianca filtrava dalla porta socchiusa della cucina.
Matt sentì un brusio provenire dalla stanza, ma mentre si stava avvicinando alla porta per entrarvi il brusio divenne un esclamazione alterata da parte della madre.
- Quindi cosa vorresti dire con questo? -
Una voce maschile – suo padre – pronunciò debolmente : - Marylin… -
- “Marylin” cosa?? - ripetè la donna, ed il  fischio improvviso del bollitore sul fuoco irruppe ad interrompere momentaneamente lo scontro, sostituendo alle parole il rumore dei passi ovattati dalle pantofole della madre di Matt, il tintinnio delle tazzine di porcellana, l’odore intenso del tè - “tè vero,non quelle porcherie nelle bustine del supermercato” come soleva affermare la donna.
Neanche un litigio infuocato poteva impedire a Marylin di rispettare la sacra tradizione del tè delle cinque.
Per un po’ Matt rimase ad ascoltare i lievi movimenti dei genitori che sorbivano in religioso silenzio la bevanda, poi il piccolo ticchettio della porcellana della tazza contro quella del piattino sicuramente poggiato sul tavolo lo avvisò che la tregua si era conclusa.
- Tesoro, non è colpa mia. -
- Non è colpa tua, George? E di chi è, forse mia? -
- Quel lavoro non faceva per me, Marylin… -
- Oh, invece io ho una inclinazione speciale per quanto riguarda il pulire le case degli altri, sai? -
- Tu sei diversa, riesci ad adattarti ed io ti ammiro per questo… -
- Non ti azzardare a lusingarmi, Bellamy! Qui non c’entra l’essere capaci di adattarsi o meno… Ma non capisci che abbiamo due figli da mantenere, le tasse e le bollette da pagare, il vitto, i vestiti?? Paul cresce a vista d’occhio e Matt… Dio santo, Matt ha bisogno urgente di un apparecchio, i suoi denti stanno diventando un disastro! E tu, in mezzo a tutto questo, sai solo dirmi che quel lavoro “non faceva per te”?? -
Un silenzio colpevole seguì le parole della donna, infranto appena da un mormorio che gelò il sangue nelle vene di Matt : - Io… Io non ce la faccio più George… Non so se voglio ancora restare al tuo fianco… -
Il ragazzino non seppe mai cosa rispose suo padre.
Poggiò lo zaino a terra con un tonfo sordo che non fu di certo inudito.
-…Matt? -
Matt si schiantò praticamente contro la porta, spingendola con l’esiguo peso del suo corpo e costringendola a spalancarsi per favorire la sua fuga.
Pioveva, una caligine fosca e deprimente che si faceva strada pian piano fra le pieghe della giacca del ragazzo, inzuppandolo e appesantendo la sua folle corsa verso chissà dove.
Ma non poteva tornare indietro.
Non poteva tornare in quella casa, in quel corridoio buio, da sua madre e dalla sua voce sconfitta, esausta.
O dalle risposte infantili di suo padre.
Perché i suoi denti saranno stati pure un disastro, ma di certo non erano paragonabili a quello costituito dalla sua famiglia.
Il molo si parò davanti ai suoi occhi solitario e cupo, perfettamente intonato all’atmosfera di quella giornata orribile.
Matt si fermò, con le gambe infiammate dalla fatica.
Si piegò in due, riprendendo fiato appoggiandosi con le mani sulle ginocchia ossute.
Per qualche istante non sentì altro che il proprio respiro tuonargli nelle orecchie, quando una voce si sostituì ad esso.
- Non dovevi andare a casa? -
Già. Era proprio Amy la ragazza che lo sovrastava, dotata di un enorme ombrello rosso che gettava un riflesso scarlatto sui suoi capelli neri e la pelle bianca come latte.
Matt sollevò il capo, ma non disse nulla.
- I tuoi genitori ti fanno uscire con questo tempo? - chiese la ragazzina, e bastò quella parola – “genitori”- a riportare alla mente di Matt tutta la scena alla quale aveva appena  assistito, e per occultare le lacrime che gli avevano improvvisamente lucidato gli occhi urlò : - Ma perché non ti fai i cazzi  tuoi, elfo?? -
Elfo. Non voleva chiamarla così.
Ma lo aveva fatto.
E per la prima volta l’imperturbabile Amy Faraday sembrò letteralmente rompersi, frantumarsi in mille pezzi.
Lo si intuiva dalla piega stupita ed offesa delle sopracciglia, dalla bocca incurvata all’ingiù e leggermente tremante.
- Scusa…- mormorò Matt, sentendosi in colpa di fronte allo sguardo attonito della compagna.
Rimasero silenziosi, ognuno perso in pensieri che non aveva alcuna voglia di riferire all’altro.
Poi Amy arrischiò un: - E’ successo qualcosa? - tornando placida e composta come sempre, come se fosse bastato un attimo di silenzio a dissolvere l’offesa.
Matt si strinse fra le braccia, tentando di assumere un’aria indifferente, ma di nuovo sentì il fastidio del pianto pungere sotto le palpebre semi-abbassate.
- Niente. - riuscì a sputare fuori, prima di asciugarsi convulsamente una lacrima ribelle scivolata lungo una  guancia.
Amy lo notò, ma non disse nulla.
Si avvicinò e lo prese sotto il suo enorme ombrello, sussurrando : - Domani avrai sicuramente un raffreddore coi fiocchi… -
Sotto il tessuto rosso, con quel riflesso caldo e surreale a colorire i loro visi pallidi, Matt si sentì… Strano.
Si passò una mano fra i capelli umidi, imbarazzato.
- Grazie… - balbettò, avvampando.
Lo sguardo di Amy non lo abbandonava mai, era testardo e curioso e… Bello.
Aveva gli occhi grigi, ma non lo stesso grigio del cielo, del mare, di Teignmouth.
Era limpido, chiaro, cangiante. Era bello.
Quei dannati, enormi occhiali non le rendevano per niente giustizia.
- Sai… - mormorò la ragazzina, facendolo sobbalzare.
- S-sì?- replicò Matt,esitante,attendendo il seguito.
- A scuola ci sono parecchie ragazze… E ragazzi… Che dicono che tu sei davvero brutto. Per via dei denti,sai. -
Bella novità. Era uno degli incubi peggiori della sua vita… Fino a quel pomeriggio, quando un nuovo incubo lo aveva detronizzato inaspettatamente.
Ma in quel momento non c’era spazio per i genitori e le loro beghe.
- E quindi…? -
Amy avvicinò il suo viso a quello di Matt, osservandolo con la stessa intensa concentrazione, prima di ultimare il suo discorso.
- … non capiscono nulla. -
Il resto fu così rapido e inaspettato…
La ragazza accostò appena le labbra alle sue.
 Non fu un bacio da film romantico, non vi furono movimenti appassionati e convulsi.
Un bacio a fior di labbra, una farfalla su un fiore.
- Ti accompagno a casa. - sorrise Amy con naturalezza, mentre Matt era paralizzato dalla sorpresa.
Meccanicamente seguì la ragazzina verso la direzione nella quale lo stava indirizzando.


Matthew sorrise, sovrappensiero.
Amy Faraday era stata il suo primo amore e anche la prima che non associasse la sua dentatura a quella di animaletti come conigli o topi, anzi, amava quei suoi bizzarri incisivi, trovava gli donassero un’aria dolce… Proprio come sosteneva Gaia.
Spiò i suoi denti riflessi nello specchietto retrovisore della sua macchina, e per la prima volta non li trovò così repellenti.
Cominciò a pensare a cosa davvero volesse eliminare.
Le prese in giro dei compagni? Il divorzio dei genitori? Il grigiore opaco di Teignmouth?
I suoi denti simboleggiavano anche questo, in fondo.
Un passato storto, che nessuna macchinetta avrebbe potuto raddrizzare efficacemente.
Ma in quel passato c’erano anche tante cose dritte, luminose, pure…
C’erano gli occhi di Amy che lo fissavano come se non avessero mai visto nulla al mondo che valesse la pena di fissare con altrettanta attenzione.
C’era il bagliore di un ombrello rosso in un giorno di pioggia, il calore di una voce gentile che lo riconduceva a casa.
E un bacio impalpabile e delicato come una nuvola.
Matthew  dedicò un’ultima occhiata alla sua bocca prima di estrarre dalla tasca del cappotto il biglietto da visita del dentista e stracciarlo in quattro pezzi, lentamente.
Mise in moto l’automobile, e si avviò verso casa.
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: Stregatta