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Autore: Fairfoul    12/05/2013    1 recensioni
Mi chiamo Seren. Scrivo per non dimenticare... più. Credo di essere ricco, anche se non bello, ma non so perché. So solo che lassù ho qualcuno che mi vuole bene, come i due angeli stampati sulla mia carta portafortuna. La mia storia deve essere raccontata. Qualcuno deve sapere che cosa mi sta succedendo. Qualcuno deve sapere perché.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oggi è il primo giorno che passo a casa da…  E chi se lo ricorda? Diciamo che è il primo giorno da quando sono stato dimesso dall’ospedale delle Molinette, in cui sono entrato, a giudicare dal referto medico, circa due settimane fa.
Il dottore mi ha consigliato di buttare giù tutto quello che mi passa per la testa, così almeno posso tenere traccia di quel che mi succede, casomai dovessi nuovamente perdere la memoria.
Speriamo che non accada, in ogni caso.
A vedermi così non devo avere più di una ventina d’anni. In ogni caso, meno di trenta. Ovviamente, nessun documento che possa farmi capire chi diavolo sono. Nulla di interessante in tasca, al di fuori di quel che mi hanno trovato in mano quelli del pronto soccorso quando, a detta loro “sono apparso per magia nella sala d’aspetto”,  sdraiato per terra, raggomitolato su me stesso, che mi agitavo, piangevo e sbavavo. In mano stringevo una moneta di latta colorata azzurra e una carta da gioco con degli angeli sul dorso e la faccia bianca.
Dopo il ricovero e dopo che ebbero verificato che non avevo nulla che non andasse, a parte il fatto che non sapevo chi ero né come ero arrivato fino al pronto soccorso, mi hanno trattenuto per qualche giorno per vedere se qualcuno si sarebbe fatto avanti per reclamare il sottoscritto.
Le infermiere del reparto mi hanno anche trovato un nome. Quando non mi sentivo osservato, sicuramente a livello inconscio, visto quanto vi ho scritto fino ad ora, fischiettavo un motivetto che, mi hanno detto, è una canzone che si chiama “Alegria”, usata dal Cirque du Soleil per un loro spettacolo.
Potete immaginarvi i dottori!
Subito a farmi vedere tonnellate di video, compreso quello della canzone, nella speranza che si accendesse una scintilla nella mia mente devastata!
Risultato?
Nulla.
A parte il fatto che del circense non ho nemmeno la punta delle dita – che sono corte e tozze, per la cronaca – ma poi, sarei stato buono al massimo per fare il clown. Sono poco più alto del frigorifero, ho i capelli neri e crespi, un ghigno in quietante, gli occhietti neri e un accenno di pancetta. Per fortuna la voce è piacevole da sentire. Bello come sono, recitare non se ne parla. Magari sfondo come doppiatore.
Magari ero un doppiatore…
Ma torniamo al nome. Andate su youtube. Cercate Alegria. Beh, dopo la “ruggente pena” la cantante dice qualcosa… E quello è diventato il mio nome. “Seren”.
Che fosse quel che veramente diceva la cantante, poco importa. Questo avevano capito le infermiere e questo è diventato il mio nome. Tanto, così mi hanno detto per giustificarlo, il nome confuso rifletteva perfettamente la condizione in cui mi trovavo.
Carine, ne convenite?
In attesa che torni quello vero…
Avete presente quei tipi strambi che girano per gli ospedali vestiti da infermieri pagliaccio? Due giorni fa, mentre tornavo dal bar verso la mia camera, ne ho incrociato uno… O dovrei dire che l’ho traumatizzato.
Poveretto, stava giocherellando con un mazzo di carte, ma quando le ho viste, gli sono corso incontro, ne ho afferrata una, osservando, con occhi che credo fossero furiosi, il dorso rosso. Il disegno era decisamente più moderno, ma anche su quella c’erano degli angeli!
<> ho sussurrato sconvolto.
Quello, probabilmente più spaesato di me, mi dice con voce tremolante:
<>
Un sorriso si è poi disegnato sul mio viso, mentre restituivo la carta al clown, che deve avermi osservato a lungo mentre facevo ritorno alla mia stanza.
Pazzesco! Io un mago!
Con le manine che mi ritrovo!
Mi piacevano i maghi da piccolo… Assurdo che questo ricordo mi arrivi così nitido, ma mai avrei pensato che io lo sarei poi diventato!
In ogni caso, non mi ricordo un accidente di gioco, quindi è stata una gioia di breve durata.
Le stranezze però non erano ancora finite, per quel giorno.
Tornato in camera, come è prevedibile, prendo tra le mani quella carta bianca, con il dorso decorato da angeli normali – quelli della carta del clown erano in bicicletta! Mentre ero lì a studiarmela, per cercare di capire come mai, probabilmente con un intero mazzo a disposizione, io abbia deciso di tenermi proprio una carta fallata, ecco che l’infermiera arriva con un pacco voluminoso e una faccia stupita.
<>
E questo se ci pensate è strano.
Intanto, si trattava di qualcuno che sapeva che io ero qui; in secondo luogo, quel qualcuno sapeva che io ero io! Non so se cogliete…
Ma nessuno pareva essersene accorto.
Se l’infermiera stava morendo dalla curiosità, per me quel pacco era letteralmente tutto.
Ho squarciato il nastro adesivo con le mani, sforzandomi di non farlo con i denti, tanta era l’ansia e la trepidazione.
Credo di aver allontanato con uno schiaffo le mani dell’infermiera.
Sapete com’è… Se in quella scatola c’erano cose che erano appartenute a me, in qualche modo si trattava del mio passato; meglio: della mia memoria! E non mi andava di essere “scoperto” prima che fossi stato io a farlo.
Ho preso la scatola e l’ho ribaltata sul letto – con buona pace di eventuali oggetti fragili, ma per fortuna non ce n’erano – e subito ne sono volate fuori delle cartelline trasparenti, delle chiavi e, udite udite, un portafoglio!
E così, nel giro di due respiri, ho scoperto che Seren in realtà è Adriano Levercuno, nato a Neive, in provincia di Cuneo, residente in Corso Galileo Ferraris, a Torino, con un conto in banca di tutto rispetto e con un onestissimo ammontare di denaro nel portafoglio. Nessuna notizia della mia famiglia, ma… Santo Cielo! C’è internet, no? Sarà questione di attimi prima che io riesca a risalire alle mie origini.
C’era poi il fattore lavoro da mettere in chiaro.
Da dove arrivavano tutti quei soldi se, a quanto pareva, vivevo da solo e dei miei genitori non c’era traccia?
Questi erano i miei pensieri mentre io varcavo la soglia dell’ospedale e salivo sul taxi che mi avrebbe portato a casa. Passavo in rassegna ogni risposta, anche le più assurde, ma nessuna sembrava avere un senso logico con la mia situazione. C’era sempre una parte in cui mi dicevo: “ma allora come è possibile che…?” E le possibili vie che la mia vita poteva aver preso vorticavano davanti agli occhi della mente, come il gettone azzurro con cui giocherellavo.
Una volta davanti al portone, mettendo le mani in tasca, e, come nei peggiori film, dalla tasca in cui tenevo le chiavi casca un foglio di carta.
Anzi, “la” carta.
Gli angeli sul dorso rosso e la faccia bianc…
Mi sono appoggiato alla porta mentre il respiro si faceva irregolare e la vista minacciava di andarsene.
Credo che ci si senta così quando si sta per svenire.
E vorrei vedere voi se sulla faccia che credevate bianca ci trovaste scritto qualcosa…
E se quel qualcosa fosse “Adriano non esiste”.
  
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