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Autore: Ely_fly    13/05/2013    3 recensioni
I Titans sono cresciuti, i loro rapporti si sono evoluti... Ma che succede quando un vecchio amico ritorna e la nuova realtà non lo soddisfa?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raven, Robin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ehi! C’è nessuno?»
 
La porta della Main Ops Room si spalancò, lasciando entrare un ragazzo piuttosto alto, muscoloso e con folti capelli rossi. Tutti i Titans riuniti nella stanza, tranne una certa maga di nostra conoscenza, si voltarono verso di lui, esclamando ad una voce: «Speedy!»
«Sono venuto perché mi hanno detto che questo albergo è piuttosto carino! E non sono più Speedy, chiamatemi Archer» rispose il ragazzo, strizzando l’occhio e scendendo i due gradini per raggiungere i suoi amici.
«Quindi sei venuto per fermarti? Aspetta… Archer? Non ti sei certo sprecato, eh?» lo salutò Nightwing, al tempo Robin, battendogli cameratescamente una mano sulla spalla.
«Il tuo sarcasmo non mi tange minimamente. Comunque sì, se possibile mi fermerei per un po’» ribatté il rosso, ricambiando la manata.
«Ma certo che ti puoi fermare!» rispose Nightwing, sorridendo.
L’arciere ringraziò, poi salutò Cyborg poggiandogli il braccio sulla spalla e ammirando le nuove cromature.
Non fece in tempo a ritirare il braccio che si ritrovò strizzato in un abbraccio da togliere il fiato.
«Oh, Speedy! Cioè, Archer… Sei tornato! Che gioia!»
«Star… Penso che stia per avere un’embolia. Se lo lasciassi credo sarebbe meglio» le fece notare Cyborg, richiamando l’attenzione dell’aliena.
«Ops. Mi spiace» mormorò con una risatina imbarazzata la ragazza, lasciando l’amico libero di respirare. Tornato al suo colore normale, Archer si affrettò a terminare i saluti: «Ciao, Star! Sì, sono tornato, più affascinante che mai!»
«Ma fammi il favore! Se c’è qualcuno che è più affascinante che mai, quello sono io!» esclamò un ragazzo dalla pelle verde.
«Beast Boy! Quasi non ti riconoscevo, ti sei fatto alto, eh?» ridacchiò Archer, salutando anche lui.
«In realtà anche il nome è cambiato. Ecco a te il meraviglioso, fantastico, stupendo…»
«Modesto» lo interruppe una voce roca dal divano.
«Aww, Rae! Così mi rovini la presentazione! Come posso far sapere a Archer che mi chiamo Changeling, ora, se non posso esaltare al massimo le mie fantastiche qualità?» si lamentò il mutaforma, voltandosi verso la maga, che si ostinava a leggere il suo libro.
«Semplice: non lo fai.»
«Rae, vieni a salutare Archer. Non lo vediamo da qualche anno, ormai…» la incitò Nightwing, voltandosi verso l’amico con un sorriso che doveva essere di scuse.
Con un unico movimento fluido, la ragazza si alzò dal divano e raggiunse i suoi amici assiepati intorno al ragazzo dai capelli rossi. Nel farlo, il cappuccio le scivolò sulle spalle, rivelando il suo viso, che con gli anni si era fatto più affilato ed era circondato da una cascata di morbide onde blu-viola.
Archer la fissò a bocca aperta.
Con tono piuttosto seccato, la maga gli disse: «Ciao. Ti posso aiutare in qualche modo?»
Se possibile, la bocca del ragazzo si spalancò ancora di più.
I Titans scoppiarono a ridere e persino Raven si lasciò sfuggire un sorriso. Poi, Nightwing si rivolse alla ragazza: «Rae, per favore, accompagna Archer ad una delle stanze degli ospiti. Puoi scegliere quella che preferisci… No. Non quella del seminterrato» aggiunse, vedendo il sorrisetto maligno e la luce sinistra nei suoi occhi. «Scegli una stanza al nostro piano.»
«Guastafeste» mormorò lei, rabbuiandosi.
«Lo so» replicò il ragazzo, strizzandole l’occhio.
Archer chiuse gli occhi dietro la maschera, certo che quel gesto sarebbe costato la vita al suo amico d’infanzia. Non sentendo nulla, si arrischiò ad aprirli e si ritrovò davanti ad una scena che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Nightwing e Raven si stavano baciando. Baciando! Seriamente!
Guardò gli altri Titans per cercare altre facce come la sua, ma tutti quanti avevano dei sorrisoni ebeti e sembravano totalmente indifferenti alla cosa.
«Forza, vai» incitò Nightwing, una volta staccatosi dalla sua ragazza, dandole un colpetto sulla spalla.
«Sì, papino» rispose la maga, obbediente, guardando il rosso davanti a lei. «Andiamo, prima che qualcuno qui si innervosisca» gli disse, superandolo agilmente e sparendo nel corridoio.
Ancora senza parole il ragazzo la seguì.
 
«Dunque… Dove ti piacerebbe avere la tua stanza? Vicino a Garfield non credo ti convenga, sarà anche cresciuto, ma fa ancora di quei rumori quando dorme… Da brivido!» spiegò la maga, camminando lungo il corridoio, con le luci che si accendevano man mano che passava sotto i sensori.
«Garfield?» domandò disorientato Archer, raggiungendola.
«Changeling. Non abbiamo trovato un soprannome decente per il nuovo ridicolo nome che si è trovato, quindi abbiamo deciso di chiamarlo con il suo vero nome. Anche Rich ha deciso di fare così» chiarì la ragazza, scuotendo la testa al pensiero dei nomi dei suoi coinquilini.
«Rich?»
«Sei tornato per fare il pappagallo o per parlare come una persona civile?» gli chiese Raven, voltandosi verso di lui e fulminandolo.
«No, scusa. Non ci sono abituato. Tutti lo chiamavamo…»
«Dick, lo so. Ma a me, personalmente, non piace. Quindi l’ho modificato un po’» lo interruppe lei, con un mezzo sorriso.
«E lui te l’ha permesso?» domandò stupito il ragazzo.
«Mh. Diciamo che gliel’ho detto in un momento in cui non avrebbe proprio potuto dirmi di no» rispose la ragazza, con un sorriso malizioso, ridacchiando tra sé e sé.
«Non credo di volerlo sapere» mormorò il rosso, rabbrividendo.
«Non te l’avrei comunque raccontato, ti pare? Non sono mica Gar che va raccontare i fatti suoi in giro per il mondo. Sia io che Rich ci teniamo alla nostra privacy. Lui forse esagera. Non sei d’accordo con me che una porta blindata è leggermente superflua, per una camera da letto?»
«Una porta blindata? A una camera da letto? Ma ha sbattuto la testa, per caso?»
«Quello che ho pensato anche io. Poi viene a lamentarsi con me, quando si dimentica la password e non può entrare. Specie perché io le password non le so.»
«Non ti dice nemmeno quelle?»
«Oh, per dirmele, me le dice. Ma a me non servono, ricordi? Posso passare attraverso i muri. E poi quella di camera nostra la sa solo lui!»
«Camera vostra? Dormite insieme?»
«Ma hai gli occhi foderati di prosciutto?»
Resosi conto della gaffe appena fatta, Archer tentò di rimediare: «No, scusa, è che è stata… Una sorpresa. Sì, ecco, una sorpresa.»
«Bella o brutta?» scherzò la ragazza, proseguendo nel corridoio fino ad arrivare davanti ad una stanza vuota.
“Già, bella o brutta, Roy?” gli domandò la sua coscienza, mentre, automaticamente, seguiva Raven.
“Decisamente brutta” decretò il ragazzo, prima di fermarsi davanti alla porta che gli veniva indicata.
 
«Questa ti va?» gli domandò la mezzo-demone.
«Ehm…» commentò il rosso, brillantemente, richiamato bruscamente sulla Terra.
«Terra chiama Archer, Terra chiama Archer. Ci sei?»
«Sì, sì, scusa. Stavo pensando. Comunque questa stanza va benissimo. Grazie mille, Raven.»
«Prego. Ci vediamo per cena. Non so dirti a che ora sarà, in questa casa tendiamo ad essere piuttosto flessibili su queste cose. Ma comunque te ne accorgerai» si congedò la ragazza.
Il rosso rimase all’ingresso della stanza, appoggiato alla sua valigia per un po’. Giusto il tempo di sentire Nightwing arrivare in corridoio e chiedere a Raven se era tutto sistemato. E di sentire la replica della ragazza, che rispose con un tono di voce così dolce da non sembrare nemmeno lei.
“Accidenti a lui!” imprecò mentalmente, prima di cominciare a disfare la valigia.
Tuttavia anche quello non servì a tenerlo impegnato più di tanto, perché subito i suoi pensieri cominciarono a divagare e a concentrarsi su un’unica persona.
Raven.
Da quanto tempo la conosceva? Dunque… Quell’anno, lui e Dick avrebbero compiuto ventitré anni. Lei ne aveva uno in meno, si conoscevano da quando lui ne aveva quindici quindi… Otto anni. Okay, ce l’aveva fatta.
Quindi. La conosceva da otto anni. E gli piaceva da… Otto anni.
“Non male, vecchio mio!” esclamò l’odioso inquilino dei piani alti.
“Oh, insomma! Una soluzione ci deve pur essere. Dick non può sempre beccarsi il meglio!” pensò.
Si stese sul letto a guardare il soffitto. In fondo cosa aveva Dick più di lui?
“Sicuramente il coraggio di dichiararsi a lei” insinuò malignamente la sua coscienza. Sbuffò pesantemente.
Insomma, già lui ci viveva insieme da otto anni, cosa voleva di più? Non avrebbe potuto accontentarsi di questo, tenersi Starfire e lasciargli campo libero con la bella maga?
Rimuginando su queste cose, si addormentò.
 
Fu risvegliato dalle urla disumane di Cyborg e Changeling nella Main Ops Room che litigavano per la cena.
Stava giusto alzandosi dal letto, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Con passo strascicato andò ad aprire la porta e si ritrovò davanti Raven e Nightwing, mano nella mano, vestiti piuttosto elegantemente.
«Ben svegliato! Te l’avevo detto che ti saresti accorto dell’ora di cena!» lo salutò la maga, con un sorriso a metà tra il divertito e l’esasperato.
«Ma sono sempre così?» sbuffò l’arciere, cercando di sistemarsi i capelli in una maniera umana.
«Purtroppo sì. Ci farai l’abitudine, non ti preoccupare» rispose Nightwing con un’alzata di spalle.
«Andate da qualche parte?» domandò il rosso, accennando al loro abbigliamento.
«Fuori a cena, è il nostro anniversario» spiegò Raven, guardando il ragazzo accanto a lei e sorridendogli. In risposta lui serrò la presa sulla sua mano. «Siamo passati a chiamarti perché non eravamo sicuri che avresti sentito i soavi toni di Cy e Gar» aggiunse poi la ragazza.
«Mh. Capito. Divertitevi» bofonchiò, uscendo dalla stanza e barcollando verso la sala centrale.
I due lo guardarono stupiti, poi lo seguirono ed entrarono con lui nella stanza.
«Non c’era bisogno di vestirsi così eleganti per noi!» esclamò Changeling, lanciando un fischio di ammirazione per la mise di Raven: non capitava spesso di vederla vestita in quel modo e quando capitava era davvero uno spettacolo.
«Primo: non mi vestirei mai così per te. Secondo: rifallo e ti ritroverai il mio piede dove non vorresti mai che fosse» lo liquidò la maga, lanciandogli uno sguardo minaccioso e stringendosi a Nightwing, che lanciò uno sguardo altrettanto minaccioso al mutaforma.
«Ragazzi, lo sapete che oggi è un giorno speciale. Per questo, mentre noi due saremo fuori per cena, Cyborg sarà il comandante in carica. Ascoltatelo nei limiti del ragionevole e fate sentire il nostro ospite come se fosse a casa sua. Tutto chiaro?» istruì il leader, passando un braccio attorno alla vita della ragazza e conducendola fuori. Entrambi salutarono i loro amici e si eclissarono dalla Torre.
Tuttavia fecero in tempo a sentire Cyborg che urlava: «Avete sentito? Io sono il leader! Sono io che comando! Quindi, per prima cosa… Carne per tutti!» I due ragazzi scoppiarono a ridere.
 
«Allora, principessa, pronta per una serata indimenticabile?» domandò Nightwing, anzi, Richard, una volta fuori dalla Torre e lontani dalle orecchie indiscrete dei loro compagni.
«Devo preoccuparmi?» sorrise la ragazza, camminando accanto al ragazzo e ammirando il panorama.
«Forse…» commentò lui, sorridendo a sua volta e  guidandola verso l’automobile nera che li stava aspettando.
«Una macchina tutta per noi? Sul serio?» esclamò Raven stupita, guardando la lussuosa vettura davanti a loro.
«Gentile omaggio della Wayne Company. Anche Bruce e Selina ci tenevano a partecipare alla serata» spiegò lui, aprendole la portiera e congedando l’autista che si era fatto avanti per lo stesso motivo.
«Che gentili. Ricordami di ringraziarli» disse lei, sollevando lo strascico del vestito per salire più comodamente. «Grazie, mio cavaliere» ringraziò poi, sorridendo, mentre Richard chiudeva la portiera e faceva il giro dell’auto per salire dalla sua parte.
«Può partire, grazie» ordinò poi.
I due ragazzi sentirono la macchina avviarsi sotto di loro e poi guardarono il panorama notturno di Jump City scivolare veloce davanti a loro. Si tenevano le mani e non sentivano nessun bisogno di parlare: era un piccolo momento perfetto.
 
«Ti piace la cena? Tutto merito mio!» domandò Cyborg all’arciere, che stava trangugiando ciò che aveva nel piatto come un morto di fame.
«Decifamente buono!» biascicò il rosso, deglutendo l’ultimo boccone.
«Allora, Archer… Cosa hai combinato in questi ultimi anni?» chiese Starfire, guardandolo con curiosità, mentre finiva di mangiare.
«Oh, be’, non molto. Sono stato con la Justice League per un po’, ma poi ho deciso di prendermi una pausa dalla vita da eroe e ho cominciato a viaggiare senza meta. Poi, circa un mesetto fa, sulla cima di una montagna sperduta nell’entroterra cinese, ho deciso che ne avevo abbastanza di quella vita e ho organizzato il mio ritorno. Ed eccomi qui! E voi, ragazzi?»
«Solita storia. Cattivi, cattivi e ancora cattivi. Con qualche breve parentesi di relax, giusto per non uscire del tutto fuori di testa» riassunse Changeling.
«Aggiungiamoci anche che Rae si è diplomata e si è iscritta all’università, che tu hai iniziato a lavorare part-time allo zoo, che io lavoro in un’officina e Star come commessa. Senza dimenticare Rich che è finalmente entrato nell’azienda di Bruce» si intromise Cyborg.
«Sul serio? Wow, non me l’aspettavo!» esclamò sorpreso Archer, constatando che i suoi amici ne avevano fatta di strada da quando se n’era andato.
«Sì, è proprio andata così. Ultimamente di cattivi non se ne vedono molti in giro, quindi abbiamo deciso di fare qualcosa per occupare la giornata» interloquì Starfire, leccando il cucchiaino del gelato.
«Quindi… Rae va all’università?» domandò con nonchalance il rosso.
«Esatto. E ha pure dei gran voti. D’altronde l’ho sempre detto che quella ragazza è tutta testa» rispose Cyborg, scuotendo la testa al pensiero della sua sorellina.
«E… Da quanto stanno insieme lei e Nightwing?» cercò di indagare discretamente.
«Fammici pensare… Da sei anni. Sei anni, giusto?» rispose Cyborg, chiedendo conferma agli amici, che annuirono seriamente.
«Ah.» Archer non era esattamente entusiasta della notizia.
«E in un certo senso è stato tutto merito nostro» annunciò fieramente Changeling, gonfiando il petto con orgoglio.
«Sul serio?»
«Certo! Adesso ti racconto. Dunque…»
 
«Rich, questo posto è fantastico!» esclamò Raven, entrando nel ristorante in cui il suo ragazzo aveva prenotato.
«Per te solo il meglio, principessa» replicò lui gentilmente, guidandola al tavolo e scostando la sedia per permetterle di sedersi. Lei lo ringraziò con un sorriso.
«Dunque, cosa prevede la cena? E a cosa si deve tutto questo lusso? Non è una data importantissima…» chiese lei, con curiosità.
«Come non è una data importantissima?!? Si tratta del nostro anniversario!»
«Del sesto. Che non è una data importante come il quinto o il decimo o il ventesimo. Non che io non apprezzi tutto ciò, anzi…»
«Quanto sei fiscale. Non potresti semplicemente goderti la serata?» domandò il ragazzo, con l’ombra di un sorriso.
«Mmm… Penso che lo farò» rispose la maga, guardandolo fisso negli occhi. Lui sostenne il suo sguardo, mentre con la mano faceva un cenno al maître, che a sua volta fece un cenno ad un cameriere che portò ai due ragazzi i loro antipasti.
«Allora, buon appetito!» esclamò Richard, prendendo in mano una forchetta argentea e attaccando un innocente fagottino di spinaci.
«Buon appetito» rispose lei, analizzando il contenuto del piatto, prima di iniziare a mangiare.
 
 
«E questo è tutto! Un piano geniale, non credi?» esclamò trionfante Changeling, terminando la sua storia. Archer era leggermente disorientato: cosa c’era di geniale nel chiudere Raven e Nightwing, che all’epoca era ancora Robin, in cantina per un giorno intero causa “presunta perdita della chiave”? Calcolando che tra tutti e due avrebbero potuto distruggere la porta in meno di zero secondi.
Provò ad esternare il pensiero ad alta voce, ma venne accolto da tre facce annoiate.
«Ovviamente avevamo pensato a tutto, non ti pare? Abbiamo rinforzato la porta in modo che non potessero abbatterla, né con poteri strani né con armi di vario genere. E poi ce li abbiamo rinchiusi. Ed è stato un successone, perché quando finalmente abbiamo riaperto la porta erano tutti “pucci pucci” e “tesoro”» spiegò Changeling.
Davanti alla faccia smarrita di Archer, rettificò: «Okay, forse Rae no, e nemmeno Rich, ma quello che è certo è che stavano compiendo un’analisi approfondita del cavo orale, se capisci che intendo.»
Cyborg, Starfire ed Archer si lasciarono sfuggire una smorfia schifata. «Questa metafora potevi risparmiartela, Gar»gli disse con tono vagamente nauseato Cyborg.
«Concordo» aggiunsero in coro i due ragazzi dai capelli rossi.
«Quindi oggi è il sesto anniversario? Ma non è una data da festeggiare. Cioè, non così in pompa magna» riprese Archer, dopo qualche secondo di silenzio.
«Già, l’ho pensato anche io. Ma quei due sono proprio fuori dagli schemi, quindi non saprei dirti…» concordò Changeling, meditando sul motivo che poteva aver spinto Nightwing ad uscire per festeggiare, quando bastava cacciare tutti loro di casa e passare una serata tranquilla con Raven.
Starfire annuì vigorosamente, quei due battevano tutti i record di originalità. Ricordava ancora il Natale precedente, quando i loro regali erano state cose pressoché inutili, se prese singolarmente, ma che messe insieme si erano rivelate gli ingredienti per il loro dolce preferito. Robe da pazzi.
Cyborg, intanto, ridacchiava sotto i baffi. Lui lo sapeva, il perché. Nightwing si era consultato con lui a lungo, su quella cosa. Mentre radunava tutti gli altri in salotto per una serata a base di birra e film, mandò un augurio al suo migliore amico. Ne aveva decisamente bisogno.
 
«Era tutto squisito! Grazie per avermi portato qui, Rich. È un posto meraviglioso!» esclamò Raven, posando il tovagliolo sul tavolo.
«Lieto che ti sia piaciuto» rispose il ragazzo di fronte a lei, togliendosi il tovagliolo dalle gambe e sistemandosi la cravatta. Fece un cenno al cameriere per farsi portare il conto, poi tornò a voltarsi verso la ragazza di fronte a lui.
Nel farlo si ritrovò davanti una scatoletta nera con un fiocco rosso sopra.
«Tanti auguri» mormorò Raven, imbarazzatissima, distogliendo lo sguardo e posando la scatola nelle mani del ragazzo.
«Wow. Rae, grazie, non dovevi!» esclamò lui, slegando il fiocco.
«Bé, è pur sempre il nostro anniversario e… Ci tenevo, ecco» spiegò la ragazza, desiderando solo di poter aprire un varco nel terreno e sparire.
Con cautela, Richard aprì la scatola: dentro c’era una catenina sottilissima con un ciondolo a forma di chiave. La sollevò delicatamente e la ammirò: era davvero bellissima, finemente cesellata e brillante.
«Raven…» cominciò, ma venne interrotto: «È parte di una coppia. È la chiave del mio cuore» spiegò la maga, mostrandogli una catenina appesa al suo collo, simile a quella che lui teneva in mano, ma con un cuore argentato con incisa una serratura che si adattava perfettamente alla chiave.
«Raven… È bellissima. Davvero. Non avresti dovuto…» le disse il ragazzo, posando la scatola e la collana sul tavolo.
«Se non vuoi indossarla, puoi farlo, ma ci tenevo davvero a farti sapere che, bé, che sei tutto per me, ormai» mormorò la ragazza, trovando finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi.
Occhi viola incontrarono occhi azzurri.
«Stai scherzando? Certo che la indosserò!» replicò Richard, allacciandosela al collo, senza distogliere lo sguardo da lei. Raven sorrise debolmente, poi il suo sorriso si allargò, quando lui le prese la mano e gliela strinse con dolcezza.
Il bel momento venne rovinato dal cameriere, che arrivò con il conto.
«Prego, signore» disse, con tono cerimonioso.
«Grazie» ringhiò di rimando Richard, facendogli cenno di andarsene. Come colpito da un’illuminazione, il cameriere fece un sorriso di scuse e scivolò via.
«Dai, non prendertela» fece Raven con un sorriso.
«Non me la sto prendendo» ribatté il ragazzo, tirando fuori dal portafoglio le banconote necessarie per pagare il conto, nascondendole alla maga. Era pur sempre un regalo.
«Certo. E io sono il Bianconiglio» replicò lei, portando una mano al viso del ragazzo e distendendo le rughe che gli si erano venute a formare sulla fronte.
Richard sorrise, poi prese tra le sue mani quella della ragazza e la baciò delicatamente.
«Bene, se hai pagato, direi che siamo pronti per andare, no?» chiese lei, ritirando la mano per cominciare a raccogliere la borsa.
«In realtà… Ho una cosa da darti» ammise il ragazzo, diventando tutt’a un tratto nervoso.
«Un’altra? Non starai esagerando, Rich?» domandò la maga, sorpresa.
«Penso proprio di no» rispose lui, tirando fuori dalla tasca una scatoletta di velluto nero. Raven la riconobbe come quella di una famosa gioielleria. Non riusciva a credere che Rich avesse speso tutti quei soldi per lei!
Era ancora immersa nelle sue meditazioni, perciò restò scioccata quando il ragazzo si alzò dalla sedia e si inginocchiò davanti a lei.
“Cosa? No… Non può essere quello che penso…” pensò tutta agitata, avvampando.
Intanto, Richard, aveva aperto la scatoletta, dentro la quale si trovava un finissimo anello d’oro bianco con un’ametista e uno zaffiro posti uno accanto all’altra, in un decoro prezioso ma al contempo semplice.
«Raven. Ci conosciamo da otto anni e sono stati gli otto anni più belli della mia vita. Non voglio suonare troppo stereotipato, ma è la verità. Se tu non ci fossi stata, probabilmente non sarei quello che sono oggi. Devo tutto quello che sono a te, alla tua presenza, alla tua amicizia e al tuo amore. Senza di te, sono perso. Senza di te, non sono nulla. Quindi, vorresti farmi l’immenso piacere di diventare mia moglie?»
«Come?» mormorò la ragazza.
«Vuoi sposarmi, Raven?» chiese di nuovo Richard, guardandola negli occhi.
«Io… Sì. Sì. Sì. Sì, lo voglio» rispose lei, guardandolo infilarle l’anello al dito, prima di rialzarsi e tirarla in piedi insieme a lui. Lo abbracciò stretto e lo sentì ricambiare. E sentì anche qualcosa di umido scivolarle lungo la guancia, ma al momento non le importava.
Al momento lui era l’unica cosa importante.
 
 
 
I due fidanzati tornarono alla torre verso mezzanotte, ma gli altri Titans erano ancora svegli.
Entrarono nella Main Ops Room e si trovarono davanti la banda al gran completo.
«Allora, come è andata?» chiese Starfire dal divano, dove era sdraiata a testa in giù, i capelli rossi a spazzare il pavimento (fortunatamente pulito). Li guardò, poi notò un luccichio sospetto alla mano dell’amica, quindi si alzò e corse verso di lei. Le afferrò la mano, la guardò a lungo, guardò Raven e poi Richard. Poi di nuovo la mano. Poi guardò i due amici: «È quello che penso che sia?» chiese, emozionata.
Raven annuì timidamente e Starfire emise uno strillo di gioia. Con slancio abbracciò la maga, che per una volta ricambiò la sua stretta.
Intanto anche gli altri, incuriositi, si erano avvicinati.
«Che è successo?» chiese Changeling.
«Ecco, io e Raven…» iniziò Nightwing, prontamente interrotto da Starfire, troppo eccitata per tenere la notizia per sé: «Si sposano! Si sposano! Si sposano! Oh, non è meraviglioso?»
Changeling guardò i due amici con tanto d’occhi, mentre Cyborg strizzava l’occhio al ragazzo dai capelli neri, soddisfatto che fosse andato tutto come previsto. D’altronde, come la conosceva lui Raven, nessun altro, tranne forse Richard stesso…
Archer, invece, era paralizzato.
Si sposavano. Quei due si sposavano. Come era potuto accadere?
Stava ancora cercando di riprendersi, mentre i due novelli fidanzati venivano abbracciati a turno dai componenti della squadra.
“Ti è andata male, eh?” domandò la fastidiosa vocina della sua coscienza. Il ragazzo fece di tutto per scacciarla, ma la gelosia era ormai all’apice.
E sfortunatamente, Changeling scelse proprio quel momento per battergli una mano sulla spalla e gridargli: «Ehi Roy, non ti complimenti con i nostri piccioncini?»
Infastidito, il rosso guardò i due ragazzi davanti a lui, poi, con voce strozzata, sputò fuori un: «Congratulazioni» prima di andarsene dalla stanza.
Tutti quanti lo guardarono allontanarsi, stupiti: non era un tipico comportamento da Archer. Raven e Nightwing si guardarono sconcertati. La ragazza lo guardò fisso negli occhi, poi mosse leggermente la testa nella direzione del corridoio. Nightwing afferrò al volo cosa intendesse, perciò disse, più che altro a beneficio degli altri tre Titans: «Vado a parlargli.»
Raven si limitò ad annuire, poi lo guardò allontanarsi fuori dalla stanza.
Appena il ragazzo si fu allontanato, l’atmosfera sembrò rilassarsi e i tre ragazzi sommersero la maga di domande: volevano sapere tutto!
 
«Roy? Posso entrare?» domandò Nightwing, bussando alla porta dell’amico.
«Cosa vuoi, Grayson?» domandò il rosso in risposta, aprendo la porta e guardando in cagnesco il moro.
«Parlare, Harper» rispose freddo Richard. «Cos’hai?»
«Niente.»
«Comportarsi come un ragazzino io non lo chiamo niente» gli fece notare il ragazzo dai capelli neri.
«Non mi sto comportando come un ragazzino!» esclamò l’arciere, con un che di piagnucoloso nella voce.
«Davvero? A me non sembra» replicò l’altro, con la faccia di chi vede provata la sua tesi.
«Sei venuto per insultarmi?» domandò allora Roy, cercando di cambiare argomento.
«Come ti ho già detto, sono venuto per parlare. Ma sono venuto per parlare con un uomo di ventitré anni, non con un ragazzino di quindici. Allora, qual è il problema?»
«Qual è il problema? Vuoi proprio saperlo? Il problema, Richard, sei tu» rispose con cattiveria il rosso, sibilando le ultime parole.
Richard si congelò nella posizione in cui si trovava. «Io sarei il problema?» chiese poi, lentamente.
«Sì, tu! Da piccoli tutti mi scambiavano per te, il ragazzo-meraviglia. Il ragazzo addestrato da Batman in persona. Fantastico, no? Poi siamo cresciuti, ma le tue imprese continuavano a tenere banco e chi si ricorda dell’esistenza di un altro supereroe che non sia tu? E ora… Questo! Come ti sei permesso, Richard? Hai idea di quanto sia dura essere me, con te intorno?» sputò fuori Roy, camminando furiosamente per tutto il corridoio.
«Roy, io…»
«Tu niente, Richard. Assolutamente niente. Non potrai mai capire cosa si provi ad essere il numero due!» esclamò irato il rosso, voltandosi finalmente verso l’altro ragazzo, gli occhi fiammeggianti.
Provò a tirargli un pugno, ma il moro lo schivò facilmente. Continuò ad assaltarlo, spinto dalla disperazione e dalla rabbia e ben presto Nightwing dovette passare al contrattacco: era impossibile schivare tutti quei colpi.
 
Raven sentì degli strani rumori provenire dal corridoio in cui erano scomparsi il fidanzato e l’amico. Anche gli altri li sentirono, ma le fecero cenno di andare da sola.
La ragazza annuì e si affrettò fuori dalla stanza. La scena che si trovò davanti era da lasciare senza fiato: Roy e Richard si stavano fronteggiando, ognuno con un’arma in mano ed entrambi coperti di tagli e bruciature.
«Smettetela immediatamente!» urlò, correndo in mezzo a loro e fermandosi con le braccia spalancate, tenendoli a distanza l’uno dall’altro.
«Raven, spostati!» le gridò Nightwing, cercando di scostarla.
«È una questione tra me e lui!» urlò a sua volta Archer.
«Ho detto… DI SMETTERLA!» strillò la ragazza, liberando la sua energia e bloccando entrambi i ragazzi contro il muro. Con rabbia si avvicinò ai due contendenti e li guardò entrambi negli occhi. «Cosa accidenti vi è preso? Vi pare il modo di comportarvi? Quanti anni avete, cinque?»
«Raven, io…» tentò di difendersi Richard, ma la ragazza gli rifilò un ceffone sulla guancia. E lo stesso fece con Roy. I due ragazzi assunsero delle espressioni colpevoli e imbarazzate allo stesso tempo.
«Adesso fate le persone mature e mi dite perché vi stavate comportando come due gorilla scappati dallo zoo» intimò poi.
«È colpa sua!» esclamarono i due in coro.
«Riprovate» ordinò la ragazza, inarcando il sopracciglio.
Ci fu un lungo silenzio, poi Archer sbottò: «D’accordo! È colpa mia! Ho iniziato io!»
«Perché, di grazia?» chiese Raven, le sopracciglia ormai confuse con i capelli.
«Prima mi faresti scendere?» replicò il rosso.
«Promettete di non azzuffarvi di nuovo come due bestie? E sto pure offendendo le bestie» patteggiò la maga, guardandoli entrambi. I due annuirono e lei li lasciò liberi. Poi si voltò verso il rosso. «Sto aspettando.»
I ragazzi si guardarono, poi Nightwing annuì lentamente con il capo. Allora Archer cominciò a parlare: «Io sono l’eterno numero due. Prima di me c’è sempre stato Richard: il migliore quando entrambi lavoravamo con i nostri mentori. Il migliore quando abbiamo trovato delle squadre con cui lavorare. Il migliore in fatto di ragazze. Sempre, sempre, sempre il migliore. Non capisci quanto possa essere frustrante, per me, una cosa del genere? E poi… Ritorno dopo sei anni di assenza e cosa scopro? Che state insieme! Che vi sposate! Tutto in un giorno solo! Questa è stata la famigerata goccia che ha fatto traboccare il vaso!»
Concluse la frase praticamente urlando e Raven, spaventata, si ritrasse verso Nightwing, che la strinse tra le braccia.
«Roy, che cosa c’entra tutto questo?» domandò il moro, guardandolo al di sopra della testa della maga.
«Significa, Richard, che io sono innamorato, sì, innamorato, di Raven da otto maledettissimi anni. Ti rendi conto di cosa significhi? E quando sono tornato, pensavo di poter avere una chance! In fondo, tu avevi Starfire, quando sono partito. Perché mai avresti dovuto interessarti a lei?» rispose irato l’arciere, praticamente gridando.
Sentendosi nominare, la maga aveva alzato la testa all’improvviso, quasi spaventata. Aveva sentito bene?
«Roy, senti, non è una cosa che ho deciso per farti dispetto» tentò di rispondere Richard, cercando di riportare la conversazione a dei livelli civili.
«E allora spiegami come sia potuto accadere! Starfire non ti bastava più? Ti serviva qualcun altro che ti idolatrasse? O che ti assecondasse nei tuoi piani megalomani? O forse ti eri solo stancato e cercavi carne fresca?» chiese con un che di isterico nella voce l’arciere.
«Non osare dire una cosa del genere! Non osare!» strillò all’improvviso Raven, agitata, tappandosi le orecchie. Lacrime cominciarono a scorrerle sul viso, mentre lo seppelliva nel petto di Richard, bagnandogli la camicia e la giacca.
Il ragazzo la strinse forte, cercando di rassicurarla, massaggiandole la schiena e baciandole ripetutamente la testa. «Shhh, Raven. Tranquilla, va tutto bene. Shh, shh… Calmati» le mormorò all’orecchio, prima di alzare lo sguardo verso il ragazzo di fronte a loro. «Sarai contento, ora» gli disse, con un tono gelido. Poi gli passò davanti, Raven ancora piangente tra le braccia, portandola verso la loro camera, ignorandolo bellamente.
Archer li guardò con uno sguardo vacuo, come se si fosse appena reso conto di cosa aveva fatto.
 
«Rae? Tutto a posto?» le sussurrò, una volta al sicuro dentro la loro stanza. Sentì la testa della ragazza muoversi, ma non riuscì a capire se era un cenno di assenso o di diniego. Con cautela la staccò da sé, per poterla guardare in viso: le lacrime le avevano sciolto tutto il trucco, che era colato lasciandole due righe nere sulle guance e un contorno occhi degno di un panda. Non osò immaginare le condizioni della sua camicia bianca. Ci avrebbe pensato dopo.
«Rae? Stai bene? Roy non intendeva quello che ha detto, ne sono sicuro. È solo arrabbiato. E tu sai meglio di me che la rabbia fa dire cose che non si vorrebbe dire…» le disse dolcemente, facendola sedere sul letto e prendendo una salvietta dal bagno. La bagnò con dell’acqua fredda e poi gliela passò.
Lei la prese con gratitudine e cominciò a passarsela sul viso congestionato, eliminando qualche traccia di lacrime, ma spargendo eyeliner e mascara su tutto il resto della faccia.
«Credo che ti convenga fare una doccia» le disse lui, sbuffando nel tentativo di non ridere.
«Già…» rispose lei, la voce ancora rotta.
«A Roy ci penso io, tu riposati» si congedò il ragazzo, dandole un bacio sulla fronte, prima di uscire dalla stanza.
Fuori dalla porta, con la mano sollevata, trovò il suddetto arciere.
«Come sta?» gli chiese, evitando di guardarlo negli occhi.
«Bene, ma di sicuro non grazie a te» rispose freddo Richard.
«Senti, mi dispiace. Non so cosa mi sia preso, non volevo dirle tutte quelle cose. Non le penso davvero, è stata tutta colpa della rabbia. In quel momento non ho capito più nulla» si scusò il rosso.
Il moro sospirò profondamente, poi disse: «Lo so, Roy. Ma Rae è piuttosto suscettibile su questa cosa. All’inizio pensava di essere soltanto una sostituta di Star, visto che anche i giornali ci hanno ricamato sopra piuttosto a lungo e in termini decisamente poco carini nei suoi confronti. Ci ho messo mesi per convincerla che non era nulla di tutto ciò e che l’amavo, la amo, veramente.»
«Capisco. Posso entrare a scusarmi?» chiese Archer, alzando finalmente lo sguardo sulla porta di metallo davanti a lui.
«Si sta facendo la doccia. Ma immagino che tra dieci minuti tu possa entrare» gli rispose il moro, avviandosi verso la sala comune. Aveva fatto qualche passo, quando si voltò e disse: «Ah, Roy?»
«Sì?» si girò l’altro.
Un pugno lo raggiunse allo zigomo.
«Questo è per aver fatto piangere Rae» gli disse con una sfumatura di divertimento nella voce Richard, prima di allontanarsi definitivamente dalla porta, lasciandolo solo nel corridoio buio.
“Me lo sono meritato” pensò Archer, guardandolo allontanarsi. Poi tornò a fissare il suo sguardo sulla porta davanti a lui. Dieci minuti.
 
«Rich? Che è successo di là?» domandò Cyborg, quando vide l’amico entrare nella stanza, la camicia candida imbrattata di nero e bagnata.
«Roy ha avuto una crisi. Ha cominciato a dire che non era giusto che io avessi tutto e lui nulla, poi abbiamo lottato un po’, è intervenuta Rae, lui ha detto una cosa che non avrebbe dovuto dire e Rae si è messa a piangere. Ora sta facendosi una doccia e Roy sta aspettando di scusarsi» riassunse il ragazzo, sedendosi sul divano. O meglio, svaccandosi beatamente.
«Wow. Bel modo di concludere la serata del tuo fidanzamento, eh?» gli domandò Changeling, sedendosi accanto a lui.
«Ne conosco di migliori» ridacchiò il moro, passandosi una mano sugli occhi stanchi.
 
«Raven? Posso entrare?» domandò Archer, bussando alla porta.
«Vieni» gli disse la ragazza, aprendo con i suoi poteri.
Il ragazzo entrò e la trovò seduta sul letto, con addosso un semplice pigiama bianco lungo, i capelli ancora umidi sciolti lungo le spalle. I suoi incredibili occhi ametista erano fissi nei suoi.
«Raven, io volevo… Scusarmi. Non c’è scusante per quello che ho detto, lo so, ma mi dispiace tantissimo e spero che tu capisca che quelle cose non le intendevo sul serio. Erano parole dettate dalla rabbia e anche dall’invidia, perché Rich ha avuto tutto quello che io non ho e non potrò più avere.»
«Roy» lo chiamò lei semplicemente, posandogli una mano sul polso.
Il ragazzo la guardò speranzoso.
«Lo so che quelle cose non le pensavi sul serio. Credimi, sono un’esperta di rabbia e affini. Ma è stato il modo in cui le hai dette, con la precisa intenzione di ferire Richard, che mi ha fatto stare male. E a questo punto sta anche a me scusarmi, per non essermi accorta, in otto anni che ci conosciamo, che tu fossi attratto da me. Non credere che sia stata una cosa volontaria. All’inizio ero semplicemente troppo piccola ed inesperta per accorgermene, senza contare poi la mia totale incapacità di controllare le mie emozioni. Ma poi, crescendo, mi sono resa conto di come girasse veramente il mondo e… E grazie a Richard ora ha tutto un senso» spiegò lentamente la ragazza, giocherellando nervosamente con l’anello al dito.
«Bé, è chiaro che questo non è più posto per me» commentò Archer, alzandosi.
«No, io non credo. Ti vogliamo tutti bene, siamo davvero contenti che tu sia qui. E poi… Sia io che Rich ci terremmo che fossi tu a portare gli anelli, al matrimonio» disse la ragazza, alzandosi a sua volta e posandogli una mano sul braccio.
«Sul serio? Anche se potrei mandare tutto all’aria? Anche se sono ancora innamorato di te?»
Raven arrossì un poco alle ultime parole del ragazzo, poi lo guardò e disse, in tono deciso: «Ne siamo più che sicuri. E sono certa che, partecipando, capirai il motivo per cui mi sento al sicuro con Richard. Capirai perché, anche una volta cresciuta, ho scelto lui. Mi dispiace di non poter ricambiare i tuoi sentimenti come vorresti, ma…»
«Capito. Il ragazzo-meraviglia mi ha battuto un’altra volta» sbuffò il rosso, andando verso la porta.
«Ho paura di sì» mormorò Raven, sedendosi sul letto.
«Almeno potrò dire di aver perso con un degno avversario. Buonanotte, Raven» si congedò l’arciere, con un sorriso amaro.
«Buonanotte, Roy. Se vedi Richard, puoi dirgli di venire in camera, per favore?» chiese lei, sdraiandosi sul letto, sotto le lenzuola.
«Ma certo» rispose lui, dolcemente, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
 
 
«Roy ha detto che mi cercavi» esordì Richard, entrando nella stanza buia.
«Sì» rispose semplicemente Raven, mettendosi a sedere sul letto e accendendo l’abat-jour sul suo comodino.
«Si è scusato?» domandò il ragazzo, avvicinandosi al letto e cominciando a sfilarsi la giacca.
«Sì.»
«E tu stai bene?» chiese ancora, preoccupato, mentre si toglieva la camicia e la gettava in un angolo, dove sicuramente se la sarebbe dimenticata per secoli.
«Sì.»
«Ma come siamo loquaci!» esclamò sarcastico, sfilandosi i pantaloni del completo e indossando quelli larghi e morbidi del pigiama.
«È stata una giornata lunga per tutti e due. Non mi sembra il caso di sprecare energie» rispose lei, sorridendo e sistemandosi meglio contro la testiera.
«Oh, davvero? E allora per quale ragione hai voluto che venissi subito in camera?» domandò malizioso il ragazzo, entrando anche lui nel letto e sistemandosi accanto a lei. La guardò negli occhi.
«Rich!» esclamò la ragazza, scoppiando a ridere nel momento esatto in cui lui cominciò a farle il solletico, tirandola verso di sé. In breve i due si ritrovarono a lottare a colpi di solletico, finché la maga, esausta, crollò sul torso del ragazzo, abbracciandolo.
«Ti amo, lo sai?» domandò, senza guardarlo negli occhi.
«Sì. E tu sai che ti amo ancora di più, vero?» rispose lui, accarezzandole la schiena e mandandole i brividi lungo la spina dorsale.
«Sì. Grazie di tutto. Buonanotte, signor Grayson» soffiò lei, accoccolandosi contro il suo petto nudo e chiudendo gli occhi.
«Buonanotte… Quasi signora Grayson» replicò lui, allungandosi a spegnere la lampada sul comodino e sistemandosela meglio in grembo. Dopodiché chiuse gli occhi.
Stava per addormentarsi, quando la sentì muoversi tra le sue braccia e voltarsi in modo da poterlo guardare in faccia. Aprì gli occhi, preoccupato e bofonchiò qualcosa che suonava come “Che c’è?”. Raven sorrise e si sporse per baciarlo leggermente sulle labbra.
«Ti sei dimenticato il bacio della buonanotte» gli sussurrò, prima di baciarlo di nuovo e poi mettersi a dormire.
Nightwing sorrise e la strinse ancora di più a sé. Gli si prospettava una bella vita, al fianco di quella bellissima donna.
 
  
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