Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: KH4    13/05/2013    3 recensioni
Seguito di “Midnight Soup”.
 
- In questo momento…non sei per niente carina… -, mormorò il malcapitato.
- E sai che me ne importa di come mi trovi! Adesso vedi di toglierti, puzzi di alcool! – Per quanto Rouge stesse cercando di sciogliere le braccia che le circondavano la vita, quelle mani scure proprio non volevano saperne di staccarsi.
- Eddai…sii comprensiva. Sono appena stato sconfitto -, si lamentò lui, issandosi faticosamente – Non ho vinto la gara, i soldi e il bacio…anche se non sembra, sono sensibile, il mio orgoglio ne risentirà per settimane! –
- Se essere comprensiva significa lasciarmi insultare per come mi sono sviluppata, allora te lo puoi scordare –, sentenziò lapidaria.
- Ma ho sfiorato il coma etilico per te -, protestò debolmente lui.
- Non provare a farmi sentire in colpa! - Lo avvisò - A parte il fatto che non ti avrei baciato anche se avessi vinto, dovresti solo ringraziare il cielo per non esserci incappato! E comunque, non avevi detto che sono scomoda? –
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold D. Roger, Portuguese D. Rouge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Aveva esagerato.
Stavolta, senza ombra di dubbio o “Se” ricollegati a chissà quale ragione da lui ritenuta valida, aveva decisamente superato il segno.
Non che fosse la prima volta che osava a tal punto da ritrovarsi con l’acqua alla gola o a mezzo centimetro dalla morte; fino a qualche settimana prima, la sua vita era stata un autentico tripudio di scelte la cui logicità non aveva mai avuto nulla in comune con il buon senso.
 
Ma questa volta era stato diverso, completamente.
 
Questa volta, il grande Gol D. Roger, considerato un individuo fuori norma e talmente unico che la storia lo avrebbe ricordato per i secoli avvenire come uno dei più grandi personaggi mai esistiti al mondo, era stato messo a tacere e redarguito per l’aver osato troppo come un qualunque altro essere umano.
 
- Accidenti… –
 
Nella cabina più importante di tutta la nave pirata sembrava essere appena esplosa una bomba a mano, tanto era indescrivibile il disordine che ci regnava. La lanterna a olio appesa al soffitto oscillava pigramente a destra e a sinistra, illuminando con aloni tenui e giallastri il legno scuro che ricopriva le pareti della stanza e l’illimitato numero di oggetti sparsi qua e là. Una lampante dimostrazione di come il Re dei Pirati avesse ordine tutto suo: caotico, confusionario, straripante di ciarpame, cianfrusaglie e gingilli buoni solo a finire nell’immondizia.
Per lui era sistematico, calcolato e voluto così perché meglio si addiceva alle sue esigenze, sebbene a volte faticasse a chiudere la porta, ma di certo non era quel suo essere disordinato o troppo pigro per sgomberare almeno il pavimento, che lo teneva inchiodato alla poltrona della scrivania consunta, con uno specchio in mano e un’espressione così rabbuiata da farlo quasi sembrare tutto fuorché il sempre sorridente e canzonatorio capitano della Oro Jackson.
 
Nonostante la panciuta bottiglia di liquore stante pericolosamente in bilico sulla scrivania e l’alcool ad avvelenargli il fegato, la mente dell’uomo rasentava una lucidità pericolosamente vicina alla più pura delle trasparenze. Con l'appariscente e decorato cappotto rosso appoggiato alle spalle e il sottile strato di barba nera a pungergli la pelle scura, Gol D. Roger pensava, rimuginava e rifletteva con la bocca che borbottava parole frammentate e sconnesse. Lui, così pazzo da affrontare la morte col sorriso, incapace di fermarsi e di andare avanti anche con tutte le ossa del corpo rotte, adesso era preda di un pensiero che non aveva la benché minima intenzione di lasciarlo in pace.
 
Il piccolo vetro circolare dello specchio rifletteva il suo viso e i lineamenti maschili inspessitisi e marcati dal tempo. Non c’era più niente di quella giovinezza appartenuta agli inizi del suo viaggio: solo tanta esperienza, degli zigomi appena incavanti e il rosso segno di cinque dita femminili che spiccava da maledetti sulla sua faccia come un faro in mezzo la tempesta.
 
- Tu guarda che razza di segni mi ha lasciato quella mocciosa -, sbuffò ancora, per poi deporre lo specchio, appoggiarsi con la schiena alla morbida poltrona e alzare gli occhi al soffitto.
 
Più si passava le dita tozze sulla parte colpita, più se ne convinceva.
 
Rouge aveva decisamente migliorato sia mira che potenza, nel corso degli anni.
La mascella quasi non se la sentiva e come minimo quei segni gli sarebbero rimasti per un altro paio di ore.
 
Che credevi avrebbe fatto? Le hai chiesto di soprassedere sulla tua fuga e di aprire le gambe come se non fosse successo nulla. E’ un miracolo che non ti abbia accoltellato alla gola! –
 
Rayleigh…
Carissimo, adorabile, vecchio bastardo Silvers Rayleigh….
Quel dannato figlio di buona donna era rimasto appollaiato sulla vedetta della Oro Jackson appositamente per planare su di lui come un avvoltoio e sfotterlo nella maniera più irritante possibile.
Tornare infradiciato di zuppa ustionante e con la guancia gonfia per lo schiaffo aveva già azzerato il suo buon umore, ma venire scoperto dal vice e vederlo finire con le gambe all’aria per un mal di pancia così forte che quasi lo aveva portato all’infarto per la comicità della situazione, era stato il top dell’umiliazione.
Ok, l’aveva combinata grossa, molto grossa, e il non aver subito focalizzato la reale ragione per la quale Rouge si era dimostrata tanto restia ad accoglierlo con dolcezza non aveva fatto altro che peggiorare le cose, ma che ci poteva fare se ogni volta che la vedeva, cadeva irrimediabilmente nella tentazione di provocarla?
 
Per lui era naturale, quasi un obbligo dettato dal più basso degli istinti e gli anni passati a guerreggiare in ogni angolo del pianeta non lo avevano certo ammansito. Aveva trascorso l’intera giornata nascosto dietro alla trave di legno della locanda con la sola intenzione di potersi presentare al suo cospetto senza rischiare di essere decapitato, per poi fermarsi a osservarla, ad aspettare, a paragonare l’immagine che la suddetta stessa aveva scolpito con martello e scalpello nel suo animo anni addietro con quella odierna, più adulta e delicata.
 
Rouge si era fatta donna come lui si era fatto uomo, ma dentro era sempre la stessa: un ingarbugliamento di irascibile suscettibilità e gentilezza capace di sconvolgere il suo mondo e che col suo solo tocco toccava l’apice dell’esasperazione.
Oh, si….ci godeva da maledetti a provocarla, a stuzzicare la sua pazienza, a verificare fino a che punto quella sua carinissima vena che le attraversava verticalmente la fronte riusciva a ingrossarsi per la rabbia, a sperimentare ogni sua reazione per tutte le stupide uscite con cui lui soleva aggiudicarsi la vittoria. Che fossero i capelli chiari e ondulati, gli occhi dalle sfumature scarlatte o quel buffissimo spruzzo di lentiggini che tanto la rendeva mocciosa, ogni qualvolta che Roger ci aveva a che fare anche con il semplice pensiero, finiva irrimediabilmente col perdere la cognizione del tempo e dello spazio.
 
Perché Portoguese D. Rouge era come lui, nel bene e nel male: fiera, indomita, orgogliosa e così maledettamente bella da portarlo all’ossessione.
 
Una non più signorina dallo sguardo infuocato e bruciante più dell’inebriante assenzio con cui tutto era iniziato…




- Ecco qua: sette bottiglie del più puro e pregiato assenzio di tutto il Mare Meridionale a testa. –
 
Su un lungo tavolo di legno chiaro furono appoggiate rumorosamente ben quattordici bottiglie dal vetro smeraldino e colme fino al tappo di sughero di un liquido avente il medesimo colore.
 
L’oste non avrebbe potuto essere più felice. Capitava così di rado che su un’isola come la sua e in una locanda tanto modesta, si presentasse l’occasione di poter intascare un ingente extra rispetto agli incassi odierni. Baterilla era il classico pezzo di terra amante della pace, delle fiere di fine estate e dei caldi tramonti che ne baciavano i prati colmi di fiori di ibisco, non certo un agglomerato di bettole lerce dove i pirati si rifugiavano per bere fino a esaurimento scorte.
 
A nessuno piaceva vedere la propria quiete venir rovinata da chi aveva la presunzione di poter dettare legge e il padrone di casa non era così scemo da non pensare alle terribili conseguenze che poteva comportare un’eventuale scazzottata fra ubriaconi: semplicemente, amava troppo gli spettacoli e i soldi per farsi sfuggire le poche occasioni che gli si presentavano.
Due pirati che si sfidavano in una gara di liquori non potevano altro che essere un’ottima pubblicità per i suoi affari, tutt’al più se il perdente era costretto a pagare, oltre la sua consumazione, anche quella dell’avversario.
 
A questa sfida non c’è limite di tempo -, spiegò il proprietario, elencando le poche regole – Ciascuna delle parti ha messo di tasca propria cinquemila Berry: chi vince si terrà la propria parte e otterrà quella dell’avversario, mentre al perdente toccherà sborsare altri soldi per pagare tutte le consumazioni messe a disposizione dalla locanda. Domande? –
 
Alla destra del tavolo, Gol D. Roger alzò svogliatamente la mano come per dire che era tutto a posto e che poteva dare il via quando voleva. Stava seduto come se tutto il suo corpo fosse stato una marionetta malriposta dal padrone, col cappello di paglia inclinato davanti e un’espressione annoiata dal contesto generale.
Tutta una messinscena studiata al momento per dare l’impressione che quella era solo una bevuta da aggiungere a quelle già fatte e non la prima effettiva consacrazione all’alcool da quand’era salpato con quell’altro bastardo senza soldi che lo guardava nel mezzo della piccola folla a braccia conserte.
 
A volte l’apparenza contava molto più della sostanza e a giudicare dal forte fruscio di banconote che scorrevano di mano in mano e davano vincitore il suo avversario – un bestione che era più ciccia che muscoli -, la sola cosa che Roger poteva fare, era di aggrapparsi alla sua stessa pantomima e darci dentro di brutto. Perché lui non era ancora un uomo in tutto e per tutto, ma solo un ragazzo che affermava di esserlo, tanto orgoglioso quanto squattrinato e con uno stomaco che tanto d’acciaio non era.
 
Le sette bottiglie d’assenzio luccicavano davanti a lui, senza bicchieri o tovaglioli attorno.
 
Si era scavato la fossa da solo, accettando quella sfida, perché era fin troppo evidente che quella sottospecie di insaccato che sogghignava dall’altra parte del tavolo non era estraneo al mondo dei liquori, ma la gavetta bisognava pur cominciare a farla da qualche parte, no?
 
Oltretutto…quella era forse l’occasione più propizia per meglio mettersi in mostra.
Non era rimasto su quell’isola più a lungo del solito per il buon cibo, per la temperatura così piacevolmente calda da indurlo all’ozio o, ancor di più, per correre il rischio di perdere tutti i soldi rimasti a lui e a Rayleigh in quella gara suicida.
 
L’aveva sentita circa due settimane prima, al terzo giorno dall’attracco suo e del socio.
 
Una risata cristallina, leggera come il cinguettare di un pettirosso. Inspiegabilmente energica, dal timbro unico, come quelle maree apparentemente docili che trascinano al largo delle coste chiunque ci capiti dentro.
L’udirla per puro caso l’aveva condotto lì, in quella modesta locanda quasi sempre piena, dove la sola cameriera presente si destreggiava fra i tavoli circolari con più di tre vassoi fra le braccia, di cui uno sempre appollaiato sopra la sua testa, servendo tutti i presenti con il più cordiale dei sorrisi.

Carina, un po’ buffa con quelle lentiggini che le tempestavano il viso e anche un tantino piatta perché soddisfacesse gli altissimi standard di Rayleigh – che includevano soprattutto un sostanzioso davanzale sopra cui appoggiare le stanche membra –, ma per Roger era perfetta.
Ancor prima che avesse potuto constatare di persona con quanta velocità Rouge trasformasse la sua gentilezza in irritazione nei confronti di chi provava a fare il furbo con lei o quante volte si accertasse che il bel fiore di ibisco fra i capelli fosse ancora al suo posto, lui ne aveva percepito la grinta, la cocciutaggine, il pizzico di femminilità a cui dedicava diversa attenzione prima di continuare nel suo lavoro e la forza tanto dirompente da fargli ribollire il sangue e riempirlo di eccitazione.
 
Tutto un mondo racchiuso in un paio di occhi dalle sfumature scarlatte che lui aveva provocato con domande rasentati l’imbarazzo più assurdo, come “Mi piaci. Diventa mia moglie!”
 
Ogni giorno, fino a sera inoltrata, lui si sedeva lì, al solito tavolo. Puntava i gomiti e la osservava fare il suo lavoro col sorriso stampato in faccia, ben sapendo che la sua presenza irritava la suddetta e le rendeva difficile fare l’indifferente. Si divertiva un mondo a contare quanti minuti o ore occorressero prima che lei venisse lì a chiedergli se, oltre a fare le ragnatele, volesse effettivamente ordinare qualcosa, ma tutte le volte finivano per battibeccare – o meglio, lui la provocava e lei accingeva a tutta la sua pazienza per non prendere il tavolo e sbatterglielo forte sulla testa. –
 
Oramai era diventata un’abitudine, ma quella sera Roger aveva colto la palla al balzo, decidendo di sfruttarla a suo favore. L’assenzio era già di per sé un distillato dalla vertiginosa gradazione alcolica e quello messo a disposizione dall’oste aveva tutta l’aria di essere stato prodotto con le migliori erbe in circolazione. Arrivato a quel punto, non c’era modo di tirarsi indietro, ma se anche avesse avuto l’opportunità di ripensarci più attentamente, il futuro Re dei Pirati si sarebbe comunque gettato nell’impresa senza guardare in faccia nessuno.
 
Bene -, sentenziò il padrone della locanda, dopo aver lasciato volutamente passare qualche secondo per essere sicuro che nessuno avesse altro da chiedere – Potete… -
Un momento: vorrei fare un’aggiunta. – A parlare era stato l’avversario, l’abnorme marinaio dagli occhi piccoli e il viso gonfio.
Sentiamo -, gli concesse il proprietario.
 
Un ghigno giallognolo e sdentato fece capolino da dietro le sue labbra umide e sporche, seguito da un’occhiata lasciva lanciata appositamente a Rouge e che Roger colse all'istante.
 
Oltre ai soldi…il vincitore si prenderà anche un bacio dalla bella signorina lì -, e ammiccò alla ragazza come per dirle di prepararsi al grande evento.
Che?! – Scattò quella – Non ci penso nemmeno! –
D’accordo, ma le bottiglie diventano dieci! – Accettò l’uomo, dirigendosi subito al bancone per prendere altro assenzio.
No! Un momento! – Rouge si fece avanti, con le guance paonazze e le mani ben appoggiate ai fianchi – Io qui non bacio nessuno, non tiratemi dentro in questa stupida scommessa! –
Non fare la preziosa, dolcezza. Potrebbe anche piacerti, sai? – Sghignazzò l’omone, squadrandola dall’alto in basso con fare malizioso.
Ne dubito fortemente-, replicò lei, reprimendo il forte senso di disgusto che quell’uomo emanava con la sua sola presenza. Ci mancava solo che si leccasse le labbra perché il suo stomaco si contorcesse per la nausea.
 
Di tipi del genere il porto ultimamente ne era pieno, per questo evitava sempre di andarci e prendeva la via più lunga per raggiungere il mercato. Erano di passaggio e la fortuna aveva sempre provveduto a far sì che non rovinassero la quiete pubblica, ma a essere previdente non costava nulla, specie se si aveva la convinzione che il destino, già costruito o meno da mani umane, di tanto in tanto si divertisse a far penare la gente con situazioni fuori dalla norma e spesso snervanti.
 
Rouge non ci credeva; come qualsiasi altro essere con la testa attaccata al collo, possedeva abbastanza raziocinio da non aggrapparsi a nulla di troppo sciocco o frivolo, ma a giudicare da come si stavano mettendo le cose per lei, non poté fare a meno di pensare che, in fondo in fondo, doveva pur esistere una qualche divinità celeste che adorasse rovinare i piani altrui per puro divertimento.
Il suo era quello di staccare alle otto e trenta spaccate dal lavoro, riporre il grembiule rosa al proprio posto, godersi l’ultima sera della fiera di fine estate con indosso il grazioso vestito azzurro che le era costato tanta fatica e mangiarsi una di quelle grosse caramellate insieme alle sue amiche, ma evidentemente doveva aver preteso più del necessario.
 
Ok, ci sto anch’io -, asserì deciso Roger.
Ehi! -
 
Sì, aveva decisamente chiesto troppo, se adesso ci si metteva pure quello scemo ossessivo col cappello di paglia, con cui, oltretutto, non voleva avere niente a che fare.
 
Rilassati, Rouge, andrà tutto benissimo: ho il pieno controllo della situazione -, le garantì quello, con un sorriso a trentadue denti – Dammi massimo una mezzoretta e potremo uscire insieme, ok? –
Non ricordo di averti dato un appuntamento -, sibilò la ragazza, a braccia conserte – E non ricordo di aver accettato la condizione di questa stupida scommessa. Baciatevi fra voi, se ci tenete tanto! –
Roger parve rifletterci s un attimo, per poi uscirsene con un - Nah… Non sarebbe la stessa cosa. Preferisco baciare te, sei più carina. –
Ma allora sei sordo forte! – Esplose la poveretta - Io – non – bacio – ness…! –
Iniziate! – Esclamò l’oste.




Ovviamente, la mezzoretta non era bastata.
Ovviamente, Roger si era sopravalutato più del dovuto.
Ovviamente, scolarsi cinque bottiglie d’assenzio e pensare di poterne ingurgitare altre cinque come fosse acqua, era stato un tantino pretenzioso.
E sempre ovviamente, Rayleigh era svanito nel nulla.
 
Che razza di…e tieni ferma la testa! -
 
Pensare anche solo per mezzo secondo che quella serata avrebbe potuto ancora salvarsi era stata pura eresia, in quanto le premesse erano state così chiare e lampanti da impedire l’insorgimento di qualsiasi possibile dubbio. C’era chi avrebbe definito Gol D. Roger un temerario, per l’aver deciso di sfidare il marinaio più duro dei porti in quello che meglio sapeva fare, uno che doveva essere completamente impazzito per non avere paura del proprio destino, ma sin dal primissimo incontro, Portuguese D. Rouge lo aveva battezzato con un solo, unico, semplice e amorevole appellativo: imbecille.
 
Sì, perché bisognava essere degli imbecilli patentati per conciarsi a quella maniera!
 
La testa del corvino era un continuo e barcollante ciondolio molle. Sembrava che l’osso del collo fosse diventato di punto in bianco pura gomma e che avesse perso tutta la sua rigidità.
Rouge, dal canto suo, non era mai stata tanto furibonda come in quel momento. Neppure con tutta la sua buona volontà sarebbe riuscita a dimenticare quella serata disastrosa, dove tutto sembrava aver complottato contro di lei al solo fine di farla finire nel retro della locanda con quell’essere insopportabile e il secchio che stava riempendo di vomito.
 
Accidenti! Ma tu guarda in che stato ti sei ridotto! Bere a quel modo…si può sapere che ti passa per quell’accidente di cervello, eh?! –
Non volevo che quel tizio ti baciasse... -, biascicò quello, mezzo moribondo - Che c’è di strano? –
E per farlo dovevi per forza giocarti il fegato?! Hai almeno una vaga idea del rischio che hai corso?! -
Da come urli…direi che era bello grosso… -
 
Sia la testa che le mani della ragazza tremarono visibilmente, tanto che dovette chiudere gli occhi e contare fino a cinque per imporsi di non spingere la testa del malcapitato nel secchio e affogarlo con quanto il suo stomaco stava tirando su. Se lo sarebbe meritato, perché era solo colpa sua se adesso entrambi erano bloccati lì.
 
Evita di dire simili sciocchezze -, si limitò a dire, reprimendo l’istinto omicida e aiutandolo ad appoggiarsi al muro.
 
Roger era un autentico bagno di sudore. La pelle abbronzata era avvolta da una patina lucida e appiccicosa che aveva intriso pure i capelli, sparati in ogni direzione, e gli abiti, bisognosi quanto il proprietario stesso di una lavata con i controfiocchi.

Di tutte le persone che la ragazza aveva avuto modo di incontrare, quel rompiscatole col cappello di paglia era la più squilibrata e insana che le fosse mai capitata. Non cattiva…solo tanto sfrontato, arrogante, sorridente in una maniera tale da irritare addirittura i santi e senza il minimo senso del pudore umano. Uno stronzo di proporzioni cosmiche, ecco!
Lo aveva intuito sin dal primo sguardo che le aveva lanciato, che quel tipo possedeva una personalità diversa da qualsiasi stereotipo inimmaginabile. Nella sua apparente semplicità sapeva ingigantire qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano e…nemmeno lei aveva idea di come spiegarselo. Perseverava su un discorso con domande e risposte imbarazzanti, giudicava con metro fin troppo flessibile, rideva come se non potesse farne a meno…un grattacapo che aveva visto Rouge scervellarsi notti intere, pur di trovare un modo per non esplodere in maniera deplorevole davanti a uno che prima aveva il coraggio di criticare il suo aspetto da “Ragazzina che ne deve fare ancora di strada per essere una vera donna” e poi le chiedeva di sposarlo su due piedi.
 
Non era normale, su questo non ci pioveva.
Una simile logica, un così strano modo di affrontare la vita e le sue situazioni non esisteva né in cielo ne in terra, occorreva avere una mentalità disumana per trovarne il senso. Oppure essere altrettanto pazzi come quell’altro bellimbusto defilatosi non appena aveva saputo che il compare era stato affidato alle sue cure…
 
- Guarda che lo sapevo…cosa stavo facendo… -, ansimò Roger con la testa china, in quella che doveva essere una sorta di giustificazione.
A me non è sembrato. C’è modo e modo di gestire certe questioni -, replicò lei, strizzando un asciugamano appena tolto dalla piccola tinozza colma d’acqua fresca – Si vedeva benissimo che il tuo avversario era pratico nel bere. –
Quindi avrei dovuto gettare la spugna e lasciare che quel tizio ti mettesse le mani addosso? –
Non avresti dovuto fare niente sin dal principio, a partire con l’accettare quella stupida scommessa. –
Ma ti voleva baciare… -, ricominciò, con tono leggermente infantile – Insomma, i soldi sono soldi. Ok, servono, ma un bacio è una cosa importante…va fatta bene e con la persona giusta, altrimenti è un po’ come il tradimento…aaah, se ripenso a quant’era grasso quel tizio, mi si rivolta di più lo stomaco…! - Si lagnò, mettendosi le mani fra i capelli.
Ah, a te! Non a me, eh? – Sbottò indignata la poveretta, già costretta a sopportare l’orribile spettacolo che i postumi di quell’insensata bevuta stavano producendo.
 
Era già un miracolo che quello sconsiderato non si fosse raggomitolato a terra e messosi a rotolare in circolo.
Che stesse parlando l’alcool ingerito o fosse proprio nella natura di Roger sprofondare in sceneggiate infantili, era evidente che la connessione del suo cervello con la realtà circostante fosse piuttosto compromessa e che come minimo, ne avrebbe avuto fino a dopodomani.
 
Rouge sospirò pesantemente, rimanendo accucciata a terra con gli occhi scarlatti persi in pensieri pigramente disperati e l’orlo del bel vestito azzurro che sfiorava il terreno. L’adrenalina che le aveva dato la forza per alterarsi, portare di peso quello scemo dietro il retro della locanda, farlo rimettere e poi nuovamente incavolarsi, oramai era del tutto evaporata dal suo sangue. Il lieve venticello alzatosi da poco stava trasportando al largo le voci felici che si udivano lungo la strada principale, insieme al profumo dei dolciumi e al luccichio delle luci colorate che le lampade dipinte riproducevano. Arrivata a quel punto, la ragazza poté soltanto immaginare a occhi chiusi come fosse stare in quel mondo felice che distava da lei solo pochi passi: era momentaneo, una festa passeggera, ma pur sempre uno sprazzo che con un paio decori poteva trasformare un posto in un altro.
 
Invece era lì, con quello straccio sudaticcio e umano che quasi ci aveva rimesso la pelle per una scommessa dove lei era stata trascinata dentro senza essere interpellata.
 
Lo stesso che, se ci rifletti attentamente, ti ha salvato da un bacio schifoso -, sopraggiunse una vocina nella sua testa.
 
La ragazza socchiuse gli occhi, in un’espressione semi-disgustata.
Il luccichio che aveva scorto in quelle orbite pericolosamente simili a due grosse biglie sporche sarebbe stato chiaro anche per un cieco: per gli individui come quel bestione, un bacio è cosa di poco conto, un nulla, quindi esigere di più non avrebbe neppure necessitato dell’autorizzazione di lei.
Si sarebbe tagliata la lingua e cucita le labbra con lo spago grosso piuttosto che essere toccata da quell’essere bavoso, ma fortunatamente la sfida si era conclusa in parità per un incredibile collasso sincronizzato da parte di entrambi alla quinta bottiglia: magari non credeva fermamente nelle romanticherie o soleva perdersi in sogni rosei e pieni di luci, ma qualunque femmina avrebbe preteso di ricevere il suo primo bacio da una persona speciale per cui si nutrivano sentimenti speciali.
 
Ora, quel Roger che tanto l’aveva assillata negli ultimi giorni, era indiscutibilmente, senza ombra di dubbio, un individuo venuto al mondo con una logica propria e un orgoglio così smisurato da cancellare qualsiasi forma di educazione e decenza.
 
Però…non era solo questo. Lo percepiva, vicino e così immenso da sconfinare da qualsiasi limite terreno e no, e il non capire chi effettivamente fosse quel tipo, le impediva addirittura di liberarsene.
 
Sta cominciando a fare troppo buio -, si accorse poi, non appena la luce della lampada a olio che si era portata dietro diminuì d’intensità – Senti…ehi, ma che fai?! –
 
Come lei si era messa in piedi, anche Roger aveva fatto lo stesso, tirandosi su lentamente con la schiena sempre appoggiata al muro.
 
Ti accompagno…è peric… -
Attento! –
 
Un movimento mal controllato del corpo e il prezioso cappello di paglia planò dolcemente a terra.
Roger aveva preteso troppo da se stesso e il volersi reggere con le proprie gambe risultò un’impresa che fallì non appena Rouge aprì le braccia per impedirgli di farsi male da solo.
 
Finirono a terra entrambi, con lei dolorosamente seduta e la testa di lui appoggiata al suo torace.
 
Tu sei veramente un incosciente! – Ruggì Rouge, mischiando magistralmente una nota di preoccupazione con una intrisa di irritazione – Cosa cavolo vuoi dimostrare, si può sapere?! Non puoi prendere e alzarti in queste condizioni! –
-      …… -
L’assenza di risposta allarmò la ragazza – Ehi…mi senti? – Domandò con voce più controllata – Roger…? -
Rayleigh aveva ragione… -, biascicò quello – Sei proprio piatta.-
 
Fu come se un fulmine avesse trapassato da parte a parte la testa della ragazza.
 
Come hai detto, prego? –  Forse aveva sentito male, magari se lo era soltanto immaginato.
Sei scomoda…non c’è niente di morbido qui sotto… -, continuò quello, completamente incurante dell’effetto della sua uscita – Va bè, accontentiam…ahia! –
 
Eh, no… eh, no!
A tutto c’era un limite, ma quello…come si poteva essere così…così….
E pensare che per un attimo si era addirittura preoccupata per lui!!!
 
Insomma, ti pare il modo di trattare un povero ubriaco? – Si lamentò il ragazzo, massaggiandosi la testa – Mi hai fatto male… -
E’ il minimo che ti meriti, razza di cafone! – Sbottò lei, più rossa dei petali di ibisco e con una vistosissima vena pulsante sulla fronte.
Perché ti ho detto che sei piatta? Non è il caso che ti lamenti tanto -, se ne uscì quello  – Sarebbe diverso se fossi stata più abbondante, ma visto che non hai niente, non c’era ragione per cui tu debba…ahia! –
 
E il secondo pugno andò a destinazione con un’intensità maggiore del primo.
 
In questo momento…non sei per niente carina… -, mormorò il malcapitato.
E sai che me ne importa di come mi trovi! Adesso vedi di toglierti, puzzi di alcool! – Per quanto Rouge stesse cercando di sciogliere le braccia che le circondavano la vita, quelle mani scure proprio non volevano saperne di staccarsi.
Eddai…sii comprensiva. Sono appena stato sconfitto -, si lamentò lui, issandosi faticosamente – Non ho vinto la gara, i soldi e il bacio…anche se non sembra, sono sensibile, il mio orgoglio ne risentirà per settimane! –
Se essere comprensiva significa lasciarmi insultare per come mi sono sviluppata, allora te lo puoi scordare –, sentenziò lapidaria.
Ma ho sfiorato il coma etilico per te -, protestò debolmente lui.
Non provare a farmi sentire in colpa! - Lo avvisò - A parte il fatto che non ti avrei baciato anche se avessi vinto, dovresti solo ringraziare il cielo per non esserci incappato! E comunque, non avevi detto che sono scomoda? –
 
Il furbastro era riuscito a risistemare la sua testaccia dov’era prima che le lo colpisse per ben due volte di fila. Non che non se ne fosse accorta prima, ma trovò incredibile come quel tizio avesse l’ardore di criticare il suo aspetto e al tempo stesso si permettesse di stringerle le braccia attorno alla vita come a volercele incollare a forza.
 
Una contraddizione che forse non era uno dei tanti effetti dell’alcool...
 
Allora, Roger? Mi vuoi rispondere si o no? – La pausa tra una domanda e l’altra si era fatta inspiegabilmente lunga – Mi stai…? -
Lo stava facendo anche lui -, borbottò improvvisamente lui.
Cosa? – Domandò lei, senza capire.
Guardarti -, le rispose - Ogni tanto, quando passava davanti alla locanda…ti spiava dalla finestra. Tu eri presa a lavorare…ma lui beveva e ti fissava, e non sai il fastidio che mi dava. “E’ solo una delle tue stupide fissazioni, bla bla..”, Rayleigh me l’ha detto così, perché ha sempre altro per la testa, ma io sapevo…  -, si fermò un attimo per inghiottire della saliva accumulatasi in bocca – Che ti fissava e non mi piaceva. Non mi piaceva e col cavolo che gli permettevo di toccarti… -
 
L’assenzio gli rendeva difficile articolare bene il discorso, ma il senso c’era e raggiunse il cuore della cameriera con un tale impeto da sfondarne la porta principale.
 
Momenti sempre creduti chiari e concisi cambiarono completamente forma, trasformandosi sotto gli occhi della stessa Rouge, che ne colse aspetti prima invisibili, addirittura creduti inesistenti.
La sua costante presenza alla locanda, allo stesso tavolo e per tutte le ore del giorno, i pedinamenti…
Sì, anche quelli. Roger non si era limitato a irritarle l’esistenza soltanto sul posto di lavoro, ma addirittura fuori, quando la lancetta dell’orologio segnava la fine del suo turno e il meritato ritorno a casa, come se l’intera giornata non gli fosse bastata. Quei venti minuti che dividevano la locanda dalla sua abitazione erano diventati un tormento fin dal primo istante in cui se lo era ritrovata a fianco con quell’incorruttibile sorriso e neppur minacciarlo di una morte lenta e dolorosa lo aveva dissuaso dai suoi tentativi di convincerla a concedergli un’uscita.

Non aveva mai preso in considerazione l’ipotesi che quel suo darle il tormento fosse solo un modo per essere sicuro che non le succedesse nulla.
 
“Salve, sono Roger e starò su quest’isola per un po’!”
“Cosa voglio ordinare? Bè… Tu perché non cominci a dirmi il tuo nome?
“Non ho mai visto così tante lentiggini sulla faccia di una ragazza!”
“Dai, non essere così cattiva…voglio solo conoscerti un po’!”
“ Ti accompagno. Non si sa mai che possa fare brutti incontri!”
“E così ti chiami Rouge? Ti dona…Roger e Rouge…suonano bene insieme, non trovi?”
“Sai…credo di essermi innamorato di te.”
 
Tutte uscite effettuate alla locanda, sotto gli occhi e le orecchie di tutti. Una fonte di imbarazzo che non era mai riuscita a prendere sul serio, per come Roger ci accompagnava sempre una risata o quel tono scherzoso che le faceva accapponare la pelle e arricciare ancor di più i capelli. Era cocciuto, ostinato, incapace di accettare un “No” come risposta, ma nel suo perseverare come se tutta la faccenda fosse stata un semplice gioco, ora Rouge riusciva a leggere dei sentimenti che avevano un fondo di verità solido quanto la terra stessa, la cui esternazione non tradiva la natura del proprietario.
 
Era il suo modo di essere, di affrontare una vita radicalmente diversa dalla sua, su una strada che includeva molti più ostacoli di quanti se ne vedessero. Quella minuscola scoperta bastò perché qualche battito andasse a perdersi nell’oblio. Poteva negare qualcosa? No, avrebbe finito solo per fare il suo gioco e mentire a se stessa, ma era ancora troppo presto per dire cosa fosse quel miscuglio inconsistente annidato nel suo animo e formatosi con l’unione di quei vari momenti susseguitisi nelle ultime due settimane.
 
Non… non mi hai ancora risposto -, mormorò lei, stroncando il fiume di parola di cui oramai udiva pressappoco il suono.
Su cosa? –
Sul fatto che sia scomoda -, gli rinfrescò la memoria, ma senza essere stizzita – Lo hai detto prima, ricordi? –
Ah, sì, giusto… -, rimembrò – Bè, è vero: sei piatta e scomoda, ma a me piace. E’ sempre bello avere una ragazza carina come te che si preoccupa per uno come me. –
 
Fu un’autentica fortuna che Roger non avesse un briciolo di forza per alzare il collo e guardare all’insù, altrimenti Rouge non avrebbe saputo tirare fuori una spiegazione plausibile per quell’espressione traballante fra lo stupore e il piacevole imbarazzo dipintasi a tempo di record sul suo viso. Glielo aveva detto tante volte, fino alla nausea, ma il contatto fra le loro pelli e la presa di coscienza verificatasi in quegli ultimi minuti avevano stravolto le vedute della ragazza da capo a collo, includendo anche il controllo delle sue reazioni fisiche ed emotive.
 
E poi devo abituarmi-, riprese lui, accennando un sorriso – Visto che probabilmente non arriverai mai ad avere una quarta abbondante come…AHIA! AHIA! AHIA! -




Era finita così, quella sera di tanti anni addietro.
Roger l’aveva rievocata tante volte da allora, con una lucidità che lo sorprendeva ancora, ma dentro di sé sapeva che il merito era da attribuire ai pugni che Rouge gli aveva inferto sulla capoccia. Il restante del dopo sbornia lo doveva aver trascorso in una vasca da bagno a fissare il soffitto in una sorta di stato semi vegetativo, la faccenda non gli era mai stata chiara, ma non aveva sprecato tempo a rifletterci su, sicché da lì in poi aveva provveduto gradualmente a irrobustire il proprio stomaco col fine esclusivo di porre un giusto controllo alla sua già “Irriverente parlantina”, come l’aveva definita cordialmente Rouge una volta.
 
Era fin troppo consapevole di essersi avvicinato all’interramento, con le sue allusioni sul poco seno di Rouge e un altro paio di cosette emerse in seguito che gli avevano garantito l’odio a vita da parte di lei, ma come allora, se avesse avuto la possibilità di tornare indietro e impedire a se stesso di fare quegli errori madornali, probabilmente avrebbe lasciato che tutto si ripetesse esattamente come già era successo.
 
E sapeva che anche Rouge avrebbe voluto così, seppur non avesse esitato a dire il contrario più e più volte. Da una donna orgogliosa come lei, c’era da aspettarsi tutto fuorché una resa facile e il solo immaginare l’immane fatica che lo attendeva per farsi perdonare a dovere, lo fece sorridere fra i baffi.
 
- Mi sa tanto che questa volta finirò in ginocchio sui ceci… -, decretò infine, bevendo tutto d’un fiato quel che restava della bottiglia.
 

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KH4