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Autore: Shinalia    13/05/2013    2 recensioni
I passi dell'amore.
Fanfiction ispirata al libro di Nicolas Sparks e al film che ne hanno tratto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Eccovi il nuovo e penultimo capitolo.
Ho notato che la storia non sta prendendo, quindi è inutile sia portata avanti per troppo. Dunque nel prossimo finalmente la conclusione ;)
Buon inizio settimana a tutti <3



Dolore. Un dolore che la percuote, che l’attanaglia, sino a rendere flebile il suo respiro, mentre il suo cuore corre, verso i suoi ultimi battiti. Una corsa attesa, la cui conclusione è quasi invocata, in quel tunnel oscuro ed apparentemente senza fine. Bella aveva immaginato, quel preciso istante, avviluppata dalla paura e dalla rabbia.
Si era costretta a pensare, a quel momento, conscia di essere ormai in prossimità di quel precipizio, in bilico tra la vita e la morte, condotta lì da quella malattia, che le ha strappato, lentamente, ogni speranza.
Anni ed anni a lottare, per rinviare quell’istante. Anni ed anni a fingere, di poter pensare al futuro, ad una vita normale.
Anni ed anni, in realtà, con il morso della consapevolezza, a tormentarla, come un tarlo di cui era impossibile disfarsi.
E lì, mentre le ultime forze scivolano via, in un magma di bruciante dolore, che sembra scorrere nelle sue vene, lei tenta di accettare il suo destino, con quella pacatezza che agogna. Una pacatezza ed una rassegnazione ben lontana.
Troppe parole mai pronunciate.
Troppe opportunità perse ed ignorate.
Troppe speranze disilluse e confessioni rinviate.
Ma, in fin dei conti, è sempre così, no?
Nessuno è mai pronto, nessuno accetta il fato ed il sopraggiungere della fine, con un sorriso sulle labbra. Nessuno ha colto ogni occasione, affrontando così con stoicismo la morte, senza alcun rimpianto.
Forse i rimpianti sono parte di ogni essere umano, quanto la sua anima ed i suoi ingarbugliati pensieri.
Sono intrinseci ad essa, componenti di un pacchetto completo, condito da paure, timori, gioie ed entusiasmi. – pensa, tentando di respirare, di dischiudere le labbra, per alleviare il bruciore alla gola ormai arida.
-Deve essere la febbre. – Una spiegazione come un’altra, un vano tentativo di razionalizzare, qualcosa che in realtà non ha senso.
Una parte di lei si chiede se suo padre ha rintracciato il dottore, come le aveva annunciato.
Malgrado il cambiamento di stato infatti si era dichiarato disposto a raggiungerli, senza alcuna riluttanza. Un pensiero che l’aveva inevitabilmente terrorizzata, conscia delle sue possibili implicazioni.
Come possano aver taciuto, ad Edward, la sua condizione, è un vero mistero.
E lei, nonostante tutto, ancora spera che quella notizia gli sia celata.
La sola idea di essere oggetto di inutile compassione, forse di rimpianto è…
Quasi assurdo è che lei tenti di rinnegare la sua stessa volontà anche in punto di morte. È una sciocca, una mocciosa incapace di ammettere i suoi sentimenti, solo perché non le sarà data la possibilità di coltivarli. Quante volte ha posato il suo sguardo su Edward, desiderosa di confessargli le emozioni covate nel suo petto? Avrebbe voluto ammettere la verità, renderlo partecipe della sua tragedia, poggiarsi a lui, come non era mai stata disposta a fare con nessuno, per il timore di tramutarsi in un insostenibile fardello.
Ha sorriso, tanto spesso, da rendere la sua mascella dolorante ed i suoi nervi tesi. Sorrisi che hanno increspato le sue labbra tumide, con il solo scopo di rassicurare la sua famiglia, i dottori e le infermiere che, gentilmente, si prendevano cura di lei. Sorrisi atti a celare la sua sofferenza, la sua paura ed il terrore. Ma, soprattutto, il bisogno di una spalla sulla quale piangere.
E, in momenti di follia o, forse, semplicemente di razionalità, lei era stata pronta a piangere sulla spalla di Edward.
-Sarebbe stato egoista, ma avresti voluto. – rimugina tra sé, inconsapevole del nome di lui che le sfugge, in un ansito colmo di dolore.
Il suo corpo arde, il suo cuore corre… sino ad arrestarsi.
E l’ultimo battito, l’ultimo pulsare di quel cuore ingenuo, riecheggia nel silenzio di una stanza, dove alcuni vampiri la osservano, con gli occhi colmi di terrore, a sua insaputa.
Edward è lì, con le mani sul volto, e le lacrime che non gli è concesso versare.
La camera silenziosa, il vociare indistinto nella mente di Alice, la preoccupazione dipinta sul volto di suo padre e la speranza che vela gli occhi di Esme. Un quadro, che nella sua immobilità, sembra intrappolare una miriade di emozioni, mentre tutti gli sguardi son puntati sul minuto corpo di Isabella.
Ha compiuto una follia e per di più un rapimento. – si rammenta, conscio che la sua famiglia avrebbe affrontato il tutto con maggiore logica. Ma lui si è lasciato guidare dall’istinto, dalla paura, dalla consapevolezza che anche un solo minuto avrebbe potuto fare la differenza, tra la vita e la morte.
«Rilassati.» l’ammonizione di Alice, risuona in quel silenzio. Un silenzio in cui non si percepisce più il ronzio di un debole respiro o di un cuore pulsante. Il silenzio della morte.
«Mi dispiace di avervi trascinati qui.» ammette, a malincuore, lieto però di avere la sua famiglia, accanto, in un momento simile. Una parte di lui si pente di averla morsa, senza aver concesso a Bella alcuna possibilità di scelta. Ha reclamato la sua anima, l’ha strappata a suo padre ed al suo mondo, in un gesto dettato prettamente dall’egoismo, da quel bisogno di lei, acuitosi di istante in istante, negli ultimi tempi.
È stata solo la prontezza di Alice ed il suo dono, a salvarli da uno scontro con Charlie.
«A breve si sveglierà. – gli comunica, posando sulla spalla di lui, la sua manina delicata. – Noi ci allontaneremo, per il momento. Non è opportuno si ritrovi circondata, soprattutto considerando la sua ovvia confusione.» conclude Alice, facendo cenno a tutti loro di uscire. Nessuno la contraddice e lui stesso, benché desideroso di un cuscinetto di salvataggio tra lui e Bella, non proferisce parola. È colpa sua e sarà lui a concederle le spiegazioni dovute.
Il tonfo leggero della porta alle sue spalle, con i pensieri che divengono man mano più lontani ed il potere di Jasper su di lui, che si affievolisce, accompagnano i passi della sua famiglia, ormai lontana. Ma i suoi occhi non si scostano, neppure per un istante, dal volto di Bella. Un volto ora non più scarno e debilitato, sebbene il suo pallore non sia mutato.
Le labbra tumide son increspate in una lieve smorfia, celando appena i canini appuntiti, simbolo della sua nuova vita. Non può ancora scorgere i suoi occhi rossi, né quel sorriso forse morto con la sua umanità. Edward era stato in punto di morte, quando sua madre aveva pregato il vampiro di salvarlo.
Non era stato lui a scegliere ed aveva odiato, con ogni parte di sé, la condizione impostagli.
«Vorrei poter dare la colpa a te, per le mie azioni. Vorrei accusarti, perché non mi hai concesso la possibilità di parlarti di tutto questo, concedendoti la scelta che meritavi. Ma sono consapevole che forse non avrei agito diversamente, neppure dinanzi ad un tuo divieto. Ti avrei trasformata ugualmente, perché sono egoista, uno sciocco che vive di illusioni, che si nutre di aspettative mal riposte. – mormora, con voce sommessa, sfregando il pollice sul palmo sottile di Bella, lì dove non percepisce più alcuna pulsazione. – Eppure vorrei ugualmente tu non mi odiassi. Vorrei che vivessi con noi, seguendoci da un paese ad un altro, permettendomi di beneficiare della tua presenza, anche solo come sorella. “Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce”.» recita beffardo, espirando a fondo, con il capo pesante chino su quella mano che stringe, in attesa del risveglio di Bella. Ciò che non pare aver notato sono gli occhi socchiusi di lei, che osservano ogni suo gesto.
«Dove… dove sono?»
Il sobbalzo di lui è seguito da un pesante silenzio, che egli non sa colmare. Non con il timore che lo scuote, né con le parole che non è in grado di pronunciare.
«Edward?» continua lei, nel tentativo di ridestarlo da quello strano tepore o semplicemente indurlo ad alzare lo sguardo, così da incrociare gli occhi rossi della nuova vampira. Lei che, incapace di comprendere cosa accade, rimugina sulle strane parole appena udite.
«Un albergo! Siamo a Phoenix.» le annuncia, biascicando, mentre un tremulo sospiro lo abbandona, alleviando leggermente la tensione. Aveva temuto di non poter più udire la sua voce. Mai più.
«Perché siamo in un albergo?» tenta nuovamente, parlando con la dolcezza di chi si rivolge ad una persona sconvolta. Ed è assurdo, considerando che è lei a ritenersi in punto di morte, lei ad aver appena perduto la sua anima, attraverso il fuoco della transizione. Eppure le è bastato cogliere il turbamento di lui, per non desiderare altro che alleviare la sua pena. In fin dei conti, benché una parte di lei lo ritenga un sonno, la presenza di Edward ha il potere di confortarla.
E forse, se lui potesse leggere la sua mente, il suo terrore si affievolirebbe consentendogli di pronunciare quelle parole trattenute e quella confessione, che penzola sul suo capo, come una spada da Damocle.
«Forse dovremmo nutrirti… - svia, il discorso, ben consapevole dell’assurdità delle sue stesse affermazioni. Come potrebbe indurla a nutrirsi senza averle comunicato la sua nuova natura ed il perché dei canini appuntiti, al di là di quelle labbra morbide? – Avresti dovuto dirmi della tua malattia.»
L’irrigidirsi del corpo di lei è una risposta più che eloquente, ma Edward non commenta.
«Non sarebbe stato giusto costringerti a sopportare un simile fardello. E poi nessuno ne era a conoscenza.»
«Io non sono nessuno.»
Stronzate e lui ne è conscio. Tra di loro non vi è stato nulla, se non un bacio rubato e qualche chiacchiera, che lui ha mal interpretato.
«Lo so, ma avevo paura.» un’ammissione semplice, candida, come lei. Un’ammissione che finalmente ha il potere di indurlo ad alzare lo sguardo, per incontrare quegli occhi colmi di un dolore che lo strazia.
Un dolore coltivato in anni di sofferenza taciuta. «Avrei voluto essere accanto a te, per rendere tutto meno spaventoso.»
«Ed io avrei voluto avere il tuo appoggio. Ma le buone intenzioni non bastano, le speranze non salvano vite, la possibilità di sfogarsi renderà migliore qualche istante, solo perché saranno due le persone costrette a sopportare la realtà ed il suo peso. – lo redarguisce dolcemente. - Non sarebbe giusto e non ne sarebbe valsa la pena. Il mio tempo è poco ed una volta che mi sarò spenta quel peso sarà nuovamente sulle spalle di uno.»
«Il tuo tempo è molto.» la corregge mesto, rammentando a sé stesso i benefici di quella nuova vita, quello che le ha offerto e non solo ciò a cui l’ha strappata.
«Edward, i medici…»
«Avverti un qualche dolore? Debolezza? Fiacchezza?» la interrompe con veemenza, posando i suoi occhi color oro sul quel viso, improvvisamente corrucciato, ma di una bellezza devastante. Se un tempo l’aveva considerata meravigliosa ora, sbocciata alla nuova vita e scacciata la debilitante malattia ed i suoi segni, appare eterea e meravigliosa, tanto da mozzare il respiro. E lui la osserva, abbeverandosi di quella visione. La scruta, mentre con le labbra increspate in una smorfia meditabonda e quel nasino arricciato, sembra vagliare lo stato del suo corpo, quasi a voler ricercare quegli antichi dolori, di cui ora non vi è traccia.
«Solo la gola… che sembra ardere.» replica, titubante, con quelle labbra conturbanti dischiuse per lo stupore. «Quale medicinale…»
«Chiudi gli occhi, porgimi le tue dita e… non temermi.» una supplica la sua, una preghiera veemente, colma di preoccupazione. Poche parole, intrise della sua disperazione. Una paura che Bella non comprende, ma che non la induce ugualmente ad esitare. Le dita leggere si posano sulle labbra di lui, provocandole uno strano brivido, che le percorre la schiena. Inconsueto ma le pare quasi che i suoi sensi, sovra stimolati, siano in grado di cogliere tutto con una maggiore intensità. I suoi occhi non le hanno mai concesso di cogliere tutto, con una tale nitidezza. Il suo olfatto non ha mai colto il profumo di Edward tanto intensamente.
Ma quelle elucubrazioni presto si dissipano e la sua concentrazione si rivolge tutta alla punta che le sfiora i polpastrelli, invitandola a riaprire gli occhi, malgrado la tacita promessa pronunciata.
Per un istante quasi si pente di aver disobbedito, sobbalzando alla vista dei canini appuntiti e ritraendo la mano con una velocità incredibile. Ulteriore dettaglio che la terrorizza, mentre confusa si raddrizza, sedendosi su quel morbido letto, il più lontano possibile da lui, nonostante l’espressione ferita che si dipinge sul viso di Edward. Una reazione comprensibile, destata dallo shock, un dettaglio che però il ragazzo sembra voler ignorare, chinando il capo turbato da quello che ha colto come un rifiuto. «Sono un vampiro e sei una vampira. Sono stato io a trasformarti, prima che il tuo cuore si fermasse.» poche parole, pronunciate quasi con rabbia, forse con l’istintivo desiderio di turbarla o forse solo per porre fine a quella conversazione, a quella confessione che l’allontanerà per sempre, che gli strapperà tutto ciò che ha desiderato, senza neppure saperlo.
E si alzerebbe, se non fosse conscio di doverle più di questo. Se non fosse consapevole dell’importanza di affidarla alle cure di qualcuno, come la sua famiglia, capace di introdurla gradualmente in quel mondo, prima che lei compia qualche gesto di cui potrebbe pentirsi.
Quanto a lei, lo osserva in silenzio, percependo quasi il lavorio del suo cervello, che velocemente lavora.
Ed i tasselli di quel puzzle, colmo di incongruenze, sembrano finalmente sistemarsi al loro posto, dando un significato a dettagli che ora le appaiono ovvi ma che un tempo aveva bellamente ignorato.
La tendenza ad evitare la luce del sole, le loro giornate di trekking, il pallore dei visi di ognuno di loro, di quella strana ed inconsueta famiglia, dall’aria eterea.
Vampiri.
E lei… vampira.

 



   
 
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