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Autore: _Abigail_    13/05/2013    3 recensioni
La sparatoria vista dagli occhi di chi era a New York.
Rachel, Kurt e Santana appesi ad un filo mentre lontane da loro, troppo lontane, le persone a cui vogliono bene rischiano di chiudere gli occhi per sempre.
Missing moment 4x18, riferimenti Klaine e Brittana.
Dopo qualche istante sono tutti e tre seduti per terra, sul pavimento di un bagno piccolo e freddo, mentre i loro cuori battono troppo forte e i loro polmoni cercano aria. Kurt decide che è il momento, prima che perda completamente la testa.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Tina Cohen-Chang | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rachel è una studentessa modello, lo è sempre stata. Aveva sei anni la prima volta in cui le è stato detto «brava Rachel, ottimo lavoro. A+», ed è in quel momento che ha deciso che quella sensazione le piaceva davvero tanto e che non si sarebbe mai fatta sfuggire l’opportunità di dimostrare, ancora una volta, di essere brava. Di essere la migliore. Di essere da A+.
 
Da quando è entrata alla NYADA, questa A+ è diventata sempre più difficile da guadagnare, ma l’ambiente è talmente competitivo e costruttivo e poi è la NYADA, diamine e Rachel fa di tutto per essere sempre al massimo della forma e attenta. Quando non ha gli occhi fissi sulla lezione è solo perché è impegnata a prendere appunti.
 
Ma certe volte proprio non è possibile. Certe volte anche Miss Rachel Berry dimostra di avere un limite di sopportazione.
 
Come in questo momento, mentre il professore di drammaturgia spiega al più incapace della classe cheno, non puoi inserire One Day More in un jukebox musical sui piccioni viaggiatori, ritrova una dignità. È una discussione che va avanti da un quarto d’ora e Rachel ha smesso di trovarla interessante ancora prima che iniziasse, perché davvero, non è un problema che la riguarda. È vero, una volta ha scritto una canzone sul suo cerchietto, ma la verità è che nessuno ha mai davvero compreso l’emozione e il profondo coinvolgimento che provava interpretando quel pezzo. D’altronde, dopo anni di cuori spezzati e ambigue relazioni con uomini gay, tutto ciò che doveva imparare sulla scrittura le è piovuto addosso come la cenere di un vulcano. Come pioggia scrosciante. Come polvere di stelle, le piace pensare.
 
È per questo che, nascosto sotto al banco, il cellulare di Rachel Berry si sta addentrando nei meandri più inesplorati della rete. I dieci decimi di vista periferica sono uno dei suoi numerosi e incompresi talenti.
 
E no, per l’ennesima volta, non è strabismo.
 
Ma ad un certo punto Rachel abbassa lo sguardo e inizia a leggere con attenzione, perché qualcosa le è arrivato al cervello e ha istantaneamente risvegliato il suo istinto di difesa, pur non avendo ancora registrato razionalmente l’informazione.
 
I ragazzi del Glee Club hanno appena twittato, quasi nello stesso momento, e tutti i loro messaggi contengono le parole “qualcuno ha sparato” e “aiutateci”.
 
Rachel si sente come se le venisse meno il terreno sotto ai piedi.
 
Una goccia di sudore freddo.
 
Respira.
 
No, non può essere. Perché mai dovrebbe succedere una cosa del genere?
 
È  vero, le sparatorie nei licei sono all’ordine del giorno. Ed è vero anche che il fatto che lei sia riuscita a diplomarsi senza vivere un’esperienza simile non implica che tutti possano godere di questa fortuna.
 
E poi perché dovrebbero scherzare su una cosa del genere?
 
Aggiorna la pagina, prima di cedere al panico. Deve capire la situazione, deve mantenere il controllo. Deve capire se tutto questo è reale.
 
Il primo twit della pagina è di Mr Schuester. “Qualcuno ha sparato nel liceo McKinley, chiamate aiuto. PRESTO”.
 
Il suo cuore, per un istante, smette di battere. Si sente diventare più evanescente di un fantasma.
 
«Signorina Berry, mi dispiace starla annoiando con la mia spiegazione, ma sarebbe cortese da parte sua spegnere il suo cellulare e tornare fra noi».
 
Rachel ha bisogno di qualche secondo per accorgersi di essere la destinataria di quelle parole. Solleva lo sguardo con occhi vacui e si guarda intorno.
 
«Sì, m-mi scusi, Mister Harris, non mi sento molto bene. Devo – devo prendere un po’ d’aria, scusatemi».
 
Si alza in piedi e afferra con mani tremanti la borsa, il cappotto e il quaderno; si stringe tutto al petto ed esce dalla stanza quasi barcollando. Si sente addosso gli occhi di tutti, ma c’è il suo cuore, il suo cuore che batte fortissimo, che strilla, ed è tutto ciò che riesce a prendere in considerazione. Chiude la porta dell’aula e inizia a correre, a correre, a correre. Concitata, butta tutta la sua roba in un angolo e corre più forte, vola verso l’aula di canto corale. Non ha mai corso così velocemente, eppure sembra così lontana. Le parole spingono contro la sua gola e vogliono uscire; ha bisogno di urlare, o forse di vomitare.
 
Si trattiene dallo spalancare la porta, concedendosi un solo istante per respirare e bussare. Quando riceve risposta, apre la porta ed entra. Il suo viso è composto in quella maniera tipica di chi nasconde il più grande terrore. Kurt lo avverte subito. Si drizza sulla sedia mentre Rachel apre la bocca lasciando uscire parole rauche e tremanti.
 
«Chiedo s-scusa, Mister Flan, ma avrei bisogno di parlare un momento con Kurt Hummel. È…è piuttosto urgente.»
 
«Va bene, Miss Berry, ma è sicura di stare bene?»
 
«Non proprio, Mister Flan.»
 
Senza sapere cosa stia accadendo, Kurt raccoglie rapidamente la sua roba e segue Rachel fuori dall’aula, mentre gli occhi di lei si riempiono di lacrime. Capisce che la questione non si risolverà entro la fine della lezione.
 
Chiusa la porta, Rachel si volta e lui lo vede. Il panico. L’orrore. La vede crollare. Si sente male.
 
«C’è stata una sparatoria, Kurt. Al McKinley. Hanno – hanno twittato, il Glee Club, ho letto e – oh Dio, Kurt, ho paura».
 
Rachel si getta tra le sue braccia e Kurt la accoglie automaticamente, in un gesto meccanico, mentre il suo sguardo fissa il vuoto. È bianco come un fantasma e si sente improvvisamente invecchiato di vent’anni. Appoggia una mano al muro per non crollare.
 
Si sente un telefono vibrare; Rachel fa un passo indietro e, tremando, estrae il telefono dalla tasca dei suoi jeans.
 
 «Dio, Tina! Cosa sta succedendo?»
 
«Rachel», la voce di Tina si rompe, Rachel la sente cercare aria tra i singhiozzi. Sirene e urla in sottofondo. Stringe forte la mano di Kurt. «C’è stata – ci sono stati degli spari, due colpi. E poi non si è capito più niente, hanno fatto evacuare la scuola, c’è la polizia e loro sono dentro, Rachel. E io –» la sua voce crolla di nuovo, Rachel riesce a vederla piegata su se stessa in questo momento. Vorrebbe essere lì per abbracciarla.
 
«Shh, Tina, calmati. Aiutami a capire. Ci sono stati dei colpi di pistola e non si sa chi abbia sparato? E hanno evacuato la scuola e gli altri sono dentro? Come mai tu sei fuori?» Kurt segue con attenzione il riassunto di Rachel e improvvisamente si sente tremare fin nelle ossa.
 
Altri singhiozzi. «Ero – ero in ritardo, sono passata a prendere un libro che avevo dimenticato nell’aula di fisica e ho sentito i colpi. Rachel, non so cosa fare, non mi lasciano entrare!»
 
A questo punto Rachel sta piangendo, mentre Kurt, in attesa, continua a fissare il vuoto. «Tina, ascoltami. Non puoi fare nulla, non è colpa tua, non c’è nulla che tu possa fare. Però - facciamo così. Ora io e Kurt torniamo a casa e avvisiamo Santana, e poi ti richiamiamo e rimani con noi, d’accordo? Ora – ora andiamo. Va bene?»
 
«S-Sì, va bene», singhiozza Tina, tirando su col naso.
 
«A dopo», sussurra Rachel chiudendo la telefonata. «Kurt, scrivi a Blaine, ad Artie, cerca di avere loro notizie. Io chiamo Santana.»
 
Kurt prende in mano il suo telefono e inizia a digitare con uno sguardo pericolosamente freddo, duro, inespressivo. Rachel gli accarezza la guancia.
 
«Andrà tutto bene, Kurt. Sono forti.»
 
Kurt solleva lo sguardo verso di lei, solo un po’. «Muoviti e chiama Santana. Andiamo a casa immediatamente e poi crolliamo, per favore». Le sue parole sono quelle di un automa, mentre un velo opaco inizia a ricoprire le sue iridi. Scrive ad Artie, a Sam, a Unique. Scrive a Schuester. Inserisce Blaine tra i destinatari, e poi lo rimuove. Col cellulare stretto in mano si dirige verso l’uscita, mentre Rachel, accanto a lui, implora mentalmente Santana di risponderle.
 
«Hey, Funny Jew Girl.»
 
«Santana, dove sei?”»
 
«A casa, ma perché – perché quel tono? Cosa succede?»
 
«Santana, ascoltami bene. Rimani lì, io e Kurt stiamo arrivando. Aspettaci a casa, per favore.»
 
«Rachel, spiegami cosa diamine sta succedendo!»
 
Rachel si asciuga una lacrima col dorso della mano. Prende un respiro profondo. «Ci sono stati degli spari al McKinley. Hanno evacuato la scuola ma ci sono ancora delle persone dentro. Tra cui i ragazzi del Glee Club.»
 
Sente Santana trattenere il respiro. «..Ok. Okay, vedete di muovervi». Riaggancia.
 
Il viaggio verso casa è infinito; la metropolitana non è mai stata così lenta, e i loro visi sembrano scavati nell’intonaco. A pochi minuti da casa vibra il telefono di Kurt: è Unique. “Siamo chiusi nell’aula di coro. Al buio. Stiamo bene ma abbiamo paura”. Kurt e Rachel si sentono immediatamente meglio. Ma hanno paura, anche loro. In metropolitana come se fossero in quell’aula chiusa e silenziosa. Vorrebbe risponderle “abbraccia tutti da parte nostra”, ma preferisce che Blaine non sappia del suo coinvolgimento, quindi cancella il testo e riscrive. “Resistete, andrà tutto bene.” Invia.
 
Salgono le scale di corsa e spalancano la porta del loft, trovando Santana impegnata a camminare avanti e indietro per la stanza con una mano tra i capelli e l’altra stretta intorno al cellulare.
 
«Mi ha risposto Unique, stanno bene ma hanno paura. Sono chiusi nell’aula di coro». Gli occhi di Kurt sono rossi ma ancora inespressivi, le sue labbra si muovono senza che lui si accorga di dare loro l’ordine di farlo.
 
Santana alza lo sguardo verso il soffitto e respira profondamente. «Ho scritto a Brittany e non mi ha risposto. Le ho scritto due volte. Perché non mi risponde?» Un piccolo singhiozzo le sfugge dalle labbra, mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime. Hanno paura, sono tutti così spaventati. Ed essere distanti dai loro amici, da chi in questo momento avrebbe bisogno di loro come non mai, rende tutto ancora peggiore.
 
Kurt si sente mancare. Poi scatta di corsa verso il bagno.
 
Rachel e Santana si guardano per un istante, prima di seguirlo di corsa e trovarlo piegato sul water. Sta vomitando tutto l’autocontrollo che ha lottato per mantenere fino a quel momento, mentre non riesce a frenare le lacrime. Rachel corre per tenergli indietro i capelli, posando la fronte contro la sua spalla, mentre Santana imbeve di acqua fredda un fazzoletto. Kurt, respirando forte, solleva la testa e cerca di rimanere in equilibrio. Tira l’acqua e indietreggia, fino ad appoggiare la schiena contro le piastrelle fredde della parete. Si passa una mano tra i capelli mentre si lascia scivolare lungo il muro, singhiozzando con gli occhi rivolti verso il cielo. Santana si accovaccia di fronte a lui e gli pulisce la bocca con il fazzoletto.
 
Dopo qualche istante sono tutti e tre seduti per terra, sul pavimento di un bagno piccolo e freddo, mentre i loro cuori battono troppo forte e i loro polmoni cercano aria. Kurt decide che è il momento, prima che perda completamente la testa. Prende il telefono e digita “Coraggio”. Seleziona Blaine dalla rubrica e invia.
 
Posa il telefono accanto a sé e lo fissa per qualche minuto.
 
Nessuna risposta.
 
Ha paura.
 
E se gli fosse successo qualcosa?
 
E se non fosse con gli altri?
 
E se il suo messaggio avesse solo peggiorato la situazione?
 
Deve scrivergli.
 
No.
 
Sì.
 
No.
 
Oh, al diavolo.
 
Afferra il telefono.
 
“Dimmi che stai bene. Dimmi solo che stai bene.” Invia.
 
Nessuna risposta.
 
“So che non stai bene. Ma dimmi almeno che non stai crollando. Non crollare, fallo per me. Fallo per loro. Se crolli tu, nessun altro può farcela”. Invia.
 
Nessuna risposta.
 
“Blaine, ti prego, rispondimi. Mi stai uccidendo.”
 
Nessuna risposta.
 
E mentre il tempo passa, l’atmosfera diventa sempre più pesante. Ricevono risposta da Schuester e da Artie, ma non sembrano esserci novità. Brittany non risponde, Blaine non risponde; Tina è in vivavoce dal telefono di Rachel, tra loro tre, ma non ha più nulla da dire.
 
Si sentono impotenti, soli, e realizzano quanto vorrebbero essere lì con loro.
 
Quanto vorrebbero essere al loro posto, pur di non saperli in una simile situazione.
 
I minuti scorrono. Tic, tac, tic, tac. Loro tre, in silenzio, si tengono per mano, si chiudono su loro stessi, piangono, fanno fatica a respirare. Sono così spaventati.
 
Immaginano l’aula di coro buia e silenziosa, impregnata di paura. Quella stessa aula che è sempre stata teatro di coreografie, amori, tradimenti, sfide canore e atti di amicizia profonda. Il contrasto è doloroso, pensare a come un luogo che ha sempre rappresentato una tana sicura, una casa, in questo momento sia il luogo più terrificante che riescano ad immaginare.
 
In qualche angolo del loro cervello, una vocina ricorda loro che ci sono molte persone che dovrebbero avvisare, molti numeri da chiamare. Finn. Mercedes. Puck. Mike. Burt e Carole.
 
Ma ora come ora non sono in grado di trovare la forza e la concentrazione necessarie per ordinare al cervello di muovere alcun muscolo. Sono paralizzati. Sono abbandonati.
 
Morte. La sentono, la avvertono, è ovunque. È una possibilità, una figura concreta, proprio dietro l’angolo. La vedono avvicinarsi alle spalle dei loro amici e non poter fare nulla per fermarla. La vedono e vorrebbero esserci loro, sotto a quella mano nera.
 
E poi il telefono di Kurt vibra.
 
È Blaine.
 
“Ci sto provando ma ho paura. Sono felice che tu sia al sicuro. Mi dispiace per tutto. Ti amo.”
 
Il telefono gli cade dalle mani, che iniziano a tremare così violentemente da diventare ingestibili. Avvicina le ginocchia al petto e inizia a singhiozzare. Rachel e Santana si chiedono per un momento se il fatto che continui a ripetere “Blaine, Blaine, Blaine” sia un segno positivo o negativo.
 
E poi Santana sbotta.
 
“Brittany non mi risponde. Le ho scritto e l’ho chiamata ma non mi risponde. Abbiamo notizie da tutti tranne che da lei. Perché? Dov’è? E se Sam non fosse con lei? Bastardo, perché non è con lei? Io – io sarei con lei, adesso, accanto a lei. A costo di trovarmi davanti una pistola e prendermi un proiettile in mezzo agli occhi. E lui è lì, al sicuro, e lei –“
 
Rachel le prende la testa tra le mani, tentando di calmarla. Santana, sempre più concitata, si divincola, fino a scoppiare a piangere tra i suoi palmi. Poi allontana bruscamente Rachel, indicando Kurt.
 
“Chiama Blaine.”
 
Kurt solleva lo sguardo stanco. “Cosa? Perché?”
 
“Chiama Blaine. Lui ti risponderà sicuramente e ci spiegherà la situazione”.
 
“No Santana –“
 
Chiamalo, Hummel” Le parole di Santana sono veleno, sono fiele, e sono anche disperazione.
 
“No. Non posso chiamarlo. Non posso.”
 
Il sopracciglio destro di Santana si solleva, ed è come uno schiaffo. “E perché mai?”
 
Kurt respira profondamente. “Perché se lo chiamo, lui mi risponderà.”
 
“…Scusa?” gli occhi di Santana sono spalancati e indignati. “Per questo devi chiamarlo”
 
“No, Santana. Se lo chiamo mi risponderà, anche a costo di mettere in pericolo la sua vita. Di mettere in pericolo la vita di tutti quanti. Non posso chiamarlo, o mi risponderà. E rischieremmo di avere sulla coscienza ben più del rimpianto di essere a troppi kilometri di distanza.”
 
“E come fai a dirlo?”, chiede Rachel, senza alcuna inflessione nella voce.
 
Kurt chiude gli occhi, sorride appena, poi posa la testa contro le ginocchia.
 
Quando solleva lo sguardo, è spaventato e malinconico.
 
“Perché me l’ha promesso.”
 
Cala il silenzio, e Kurt si permette di allontanarsi per un istante, di lasciarsi scivolare via dalla situazione e di tornare ad un tempo scandito da caffè al Lima Bean, da balli scolastici, da melodie cantate dietro ai vetri di una macchina, da mazzi di fiori, da anelli di carta, da discorsi onesti e pieni di amore. Ricorda l’ingenuità e la purezza di sentimenti enormi e così semplici, ricorda un mondo pieno di bellezza e di magia. Si rende conto di non essere più in grado di cogliere questo aspetto della vita, si accorge di come il Newyorkese snob abbia preso il sopravvento su quella che è sempre stata la sua parte preferita di sé. Si rende conto di aver tradito se stesso. Ma quello che più lo terrorizza è che tutto questo sia stato appena strappato dall’animo di Blaine, dal suo animo puro e splendente che non aveva mai smesso di credere nella bellezza del mondo, mai. L’animo accanto al quale non avrebbe mai perso se stesso così. Un animo macchiato dalla sporcizia del mondo, forse per sempre. Sente il suo cuore tremare.
 
E poi all’improvviso si sentono delle grida più forti provenire dall’altro capo del telefono. Si sente caos.
 
“Tina, che sta succedendo? Tina?” Rachel avvicina il telefono per sentire meglio.
 
“Ragazzi, credo stiano dando il via libera. Aspettate, non capisco. Rimanete in linea”
 
Kurt, Rachel e Santana rimangono per qualche istante sospesi come a mezz’aria. Si scambiano occhiate speranzose e attente, nel timore di illudersi. Pendono dalle labbra di Tina. Sentire di nuovo la sua voce è come dissetarsi, soprattutto quando vi avvertono una nota di sollievo.
 
“Via libera, ragazzi. Non c’è più pericolo. Sono – sono salvi” Tina ricomincia a piangere, mentre Rachel si abbandona contro il muro sentendosi come se si fosse appena liberata da un fardello grande quanto un castello. Santana prova a chiamare di nuovo Brittany, e nel momento in cui sente la sua voce le guance le si rigano di lacrime. Kurt fissa il vuoto, ancora una volta. E ancora una volta, ringrazia il cielo per avere salvato la sua anima.
 
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C’è un’urgenza, in questi abbracci, che nessuno di loro ha mai provato prima. Un senso di gratitudine nell’essere ancora vivi, un senso di unione in un destino comune. Ci sono lacrime e sospiri e cuori che battono troppo forte. Il peggio è passato, loro sono vivi, e anche se sono grati per essere ancora tutti interi sanno già che non sarà semplice tornare alla normalità. L’aria sa di rassegnazione. L’odore della paura li impregna fino alle ossa.
 
Blaine stavolta ha davvero rischiato di perdere la testa. Se ne rende conto mentre cerca di muoversi e avverti ogni fibra del suo corpo strillare. Crolla nell’abbraccio di Sam e si lascia consolare. Si permette di gettare via tutto l’autocontrollo che ha cercato di mantenere per un tempo fin troppo lungo e piange, allontanando da sé tutta l’aria di morte e di terrore. Respira, sorride, cerca aria. Si appoggia alla libreria e chiama immediatamente sua madre. Si sente meglio, ma una spina gli corrode un punto indefinito nello stomaco, un senso di vertigine e di ansia. Ha avuto troppa paura per sperare di potersene liberare.
 
Riaggancia la telefonata e si accorge di aver ricevuto un messaggio.
 
Da Kurt.
 
“Ti amo anch’io.”
 
Posa la fronte contro il vetro freddo e sorride.
 
Una fitta di dolore, da qualche parte nel suo piccolo corpo, gli ricorda ancora una volta che la morte può apparirti davanti e strapparti via dal mondo in qualunque momento.
 
Ma un messaggio gli ha appena ricordato che vale ancora la pena di lottare per voltarle le spalle e decidere di vivere.
 
Col cuore un po’ più leggero, esce dall’aula e va a cercare Tina.
 
 

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Note dell'autrice:
avrei dovuto pubblicare questa storia diverse settimane fa, ma la scuola è un mostro cattivissimo e mi sta tenendo prigioniera senza pietà.
Sono rimasta molto delusa dall'assenza di qualunque reazione dei Newyorkesi alla sparatoria, e quindi ho deciso di condividere col mondo il mio headcanon. Il fandom rimedia agli errori dei RIB, as always.
Spero di non aver reso Santana troppo OOC, ma io e lei non ci capiamo tanto, non sono in grado di renderla come meriterebbe. Le ho anche fatto insultare il mio piccolo Sam, senza averne alcun motivo. No, non ci capiamo per niente...
Facciamoci forza, che dopo questa season finale terribile avremo bisogno di tutta la fantasia del mondo per tenerci occupati. Meno male che ci sono le fanfiction.
Come sempre, grazie alla mia Minch EliCF per il betaggio! <3 Love you.
A presto!
  
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