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Autore: Mellark_    14/05/2013    4 recensioni
"E se il motivo per cui sopravvivi uscisse dalla tua vita? "
OS ambientata nel periodo successivo alla guerra che avevo da molto tempo in testa. Spero vi piaccia!
Spoiler Mokingjay!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Perché?- mi chiede, seduto sul bordo del mio letto, mi guarda con gli occhi lucidi e io mi sento così male per ciò che ho fatto.

Tutto risale ad una settimana fa, quell’ultima sera, quando  è iniziato.
Peeta era tornato da un po’ nel Distretto ed io ero stata meglio, sul serio. Mi alzavo, a volte uscivo, mi lavavo e qualche volta ho risposto alle telefonate del dottore.
Non posso dire che fosse facile, non lo era, non ci parlavamo mai da soli e nemmeno in compagnia, a dire il vero.
Io mi limitavo a sopravvivere con la sua risata, che riempieva la stanza dove di solito aleggiavano solo i miei morti. Mi rendeva tutto più sopportabile, come aveva sempre fatto.
Ma per me non era facile comunque, sapevo che non era il ragazzo che conoscevo, e che forse non l’avrei mai più riavuto indietro.
In ogni modo era lì e ogni frammento di Peeta Mellark, del mio Peeta, che riusciva a sottrarsi all’oblio della sua mente confusa, per me era un alito di vita.
A volte mi guardava da tutti i posti che a tavola aveva interposto tra noi, poteva essere un occhiata veloce e fulminea oppure restava a fissarmi con uno sguardo indecifrabile anche per minuti interi, senza fare nulla.
Avrei voluto alzarmi ed urlargli di fare qualcosa. Di baciarmi. Di abbracciarmi. O di strozzarmi. Ma semplicemente restavo zitta, e abbassavo lo sguardo prima di mettermi a piangere o qualcosa del genere.
Poi era successo, da un giorno all’altro, lui aveva smesso di venire a cena. L’odore di pagnotte appena sfornate non riempiva l’aria del mattino e io ero caduta di nuovo  a pezzi.
E’ vero, che a rimetterli insieme ci vuole il doppio del tempo che ci vuole a cadere, a rompersi. Finnick lo sapeva.
Chissà se l’avessi fatto se lui fosse stato vicino a me. Forse no. O forse si.
Avevo smesso di sopravvivere, di nuovo, semplicemente.
Così mi chiusi in camera e per un paio di giorni accampai improbabili scuse su miei fantomatici mal di testa, o mal di stomaco, per non mangiare.  Guardavo sempre fuori dalla mia finestra, ma Peeta non usciva mai.
C’erano solo i contenitori di cibo che Sae gli lasciava la mattina. Stavano lì tutto il giorno, e quando lei se ne andava, rassegnata, li portava ad Haymitch.
Divertente. Mi mancava anche lui, in quei giorni.
In ogni modo, la fortuna doveva proprio essere a mio favore, perché Sae mi annunciò che doveva andare nel 2 per qualche giorno, per non so quali esami della sua nipotina, quella un po’ strana.
Proprio prima di uscire borbottò: -E mangia!- io la rassicurai, quindi se ne andò. Proprio lì pensai che lei sarebbe l’ultima persona che avrei visto in tutta la mia vita.
Sospettai che lui fosse morto, ma questo non mi provocò niente di più di qualche fitta di dolore, perché presto l’avrei raggiunto insieme agli altri.
Al quinto giorno la fame era insopportabile, sentivo la vita abbandonarmi, avevo grandi vuoti di memoria.
Dovevo aver perso i sensi parecchie volte.
A quello che credo fosse il pomeriggio del sesto giorno i pochi chili recuperati da quando era tornato, se ne stavano andando e io credevo di essere finalmente arrivata alla fine. Ma un boato mi scosse dalla mia terribile quiete. –Ragazza! Apri!- era Sae, ma la porta era chiusa. Quando sentii i suoi passi pesanti lasciare la casa, mi trascinai fino alla porta, bloccando la maniglia con una sedia, senza nemmeno alzarmi da terra.
Dolori atroci mi spezzavano le ossa che sporgevano dalla mia pelle quasi gialla. Così mi limitai a trascinarmi fino al tappeto, dove mi abbandonai, inerme.
Lì mi addormentai ancora e pensai di esserci riuscita, finalmente, perché erano tutti lì.
Prim, Finnick, Rue, Boggs, mio padre e tutti gli altri, mi aspettavano ed io non vedevo l’ora di andare con loro. Stavo per afferrare la mano di Finnick, quando qualcosa mi scosse.
-Katniss!- Haymitch! –Apri questa dannata porta!- urlò ancora, la voce rotta. I colpi alla porta si fecero sempre più forti, e fu un'altra voce a parlare.
-Katniss, ti prego, apri!- era Peeta, la sua voce era talmente colpa di dolore, talmente straziata……-Kat!- gridò ancora tra le lacrime.
Allungai il braccio scheletrico come in trans e feci scivolare via la sedia. Una sua spallata bastò a buttare giù la porta. Dopo di che cadde in ginocchio, e mi prese tra le braccia.
La testa china sulla mia, prese a piangere fortissimo, con quei suoni strozzati che faccio anche io.  –E’ tutto apposto- continuava a sussurrare, cullandomi lentamente, e facendomi quasi scudo con il proprio corpo.
Per proteggermi da me stessa.
-Chiama il dottore, presto, Sea- disse la voce flebile di Haymitch. Lo sentii battere una mano sulla spalla di Peeta.
Aprii di poco gli occhi e vidi che entrambi erano pallidissimi, come due fantasmi. 
Da lì tutto accadde in fretta.  Arrivò il dottore, ma lui non mi voleva lasciar andare, poi Haymitch l’aveva convinto e mi avevano posata sul letto. –L’abbiamo presa appena in tempo- fu l’unica cosa che udii. Prima di sprofondare in un lungo sonno.
Lui era rimasto tutte quelle settimane, senza mai andare via, dormiva a terra, o su una poltrona. Mi leggeva storie. Si allontanava solo per preparare le focacce al formaggio. Non mi ricordo come mi sentii in quei giorni. Ma era quello di più vicino alla felicità che potessi ricordare da mesi.

-Perché tu non c’eri- gli rispondo. –Ma adesso si.- detto questo poso le mie labbra sulle sue, come lui aveva fatto tante altre volte. 





Ecco a voi una nuova OS, come ho già detto, mi frullava in testa già da un po' e questa è la terza stesura e spero sia la migliore e che l'abbiate apprezzata. 
A presto!
  
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