Disclaimer: I personaggi di
Kuroko no Basuke
non mi appartengono, ma sono di proprietà
di Tadatoshi Fujimaki ©.
Non mi appartiene nemmeno l’Universo di riferimento,
i cui diritti sono detenuti dalla Columbia Pictures ©.
A Rota ~
..: Pictures of You :.
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Kiseki no Shīrudo
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scudo difensivo che avvolge la Terra. Tecnologia MIB, atto a mantenere la
flotta Tōō' al di fuori dell’atmosfera terrestre.
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Estratto
dall’inserto culturale del Tokyo Journal, data 6 Marzo c.a.
L’Haruki Murakami della prefettura di
Kanagawa: intervista a Kasamatsu Yukio, giovane autore del Bestseller
internazionale
“Una Stella sul Petalo”
Di
primo impatto Yukio Kasamatsu, diciotto anni e Capitano della squadra di basket
del proprio Istituto, non sembra poi così diverso da un qualsiasi studente
della Kaijō High: ci viene incontro con già indosso la divisa da allenamento e
il sorriso tradisce un certo nervosismo. Indica gli spalti addossati al muro.
Si
siede e posa la palla da basket sulle ginocchia; mi guarda per alcuni secondi,
incerto come comportarsi. Cerco subito di tirarlo fuori dall’impaccio.
Intervistatrice: “Immagino che tu
sia alquanto emozionato, non è vero?”
Kasamatsu
annuisce. Poi, ricordandosi che si tratta di un’intervista, risponde.
Kasamatsu: “Fa sempre lo
stesso effetto: continuo a sentirmi a disagio, ogni volta”
Intervistatrice: “Non ti
preoccupare, non sarà una cosa lunga” (Un
sorriso, questa volta meno tirato del precedente) “Allora, dicci. Ti
immaginavi un simile successo per il tuo romanzo di esordio?”
Kasamatsu: “A dire il
vero…Nemmeno immaginavo avrei scritto un romanzo d’esordio”
***
Aveva spalancato gli occhi e deciso di aprire il
foglio di Word.
Ancora adesso non sapeva bene come quell’idea gli
fosse venuta in mente, né perché, tutto d’un tratto, avesse sentito il bisogno fisico di mettere per iscritto qualcosa:
fino a quel momento le sue produzioni pseudo letterarie si limitavano alle
verifiche scolastiche e ai test di ammissione.
Era stato come svegliarsi da un lungo sonno. Prima
il buio e poi, click, qualcuno
accende la luce e tu capisci all’improvviso che devi fare qualcosa, anche se a quel qualcosa non ti sei mai dedicato, né pensavi ti sarebbe potuto
interessare.
All’inizio il foglio bianco gli aveva fatto una
certa impressione. Se ne stava lì a fissarlo, muto e immobile, in attesa di
venir riempito di…cosa, Yukio non ne aveva la minima idea. Aveva pigiato alcune
lettere sulla tastiera e aveva ottenuto un soggetto. Non male, aveva pensato, aggiungerò
un verbo.
E l’accoppiata, stranamente, aveva funzionato.
Stavano bene insieme e gli sembravano stare ancora
meglio se accanto svolazzava e sfarfallava un bell’aggettivo o un nastrino di
subordinate oppure un rosario di incisi. Scrivere, cancellare, copia, incolla,
modifica, Kasamatsu lo aveva sentito tanto naturale
da poter andare avanti una notte intera senza sentire la minima fatica. Quando
la testa, poi, era inevitabilmente crollata sul mouse pad, aveva già scritto una cinquantina di pagine.
Il mattino l’aveva accolto con promesse di nuove
idee e nuove immagini, parole sussurrate all’orecchio dai raggi del sole e
dall’arricciolarsi delle tende contro il vetro.
Non aveva pensato neanche un solo istante alla
possibilità di guadagno che poteva nascere da quelle cartelle fitte di
caratteri, sempre più piene. Nemmeno si era prefissato un obiettivo, né si era
fermato a chiedersi per quale motivo gli fosse sembrato tanto importante,
proprio quel giorno, sedersi alla scrivania e accendere lo schermo del
computer: l’istinto gli aveva detto che era giusto, che non doveva stare a
riflettere su questo o su quello, che le parole sarebbero uscite da sole e non
ci sarebbe stato nulla a fermare la loro folle corsa dalla mente alle dita.
E così era stato.
Quando poi era arrivato il successo, Kasamatsu si
era guardato intorno frastornato, chiedendosi cosa fosse la strana sensazione
che gli lambiva il petto. Brividi freddi di attesa, l’atteggiamento guardingo e
persino una sottile soddisfazione.
Soddisfazione che nulla aveva a che fare con la pubblicazione
del romanzo e il primo posto nella classifica dei libri più venduti in
Giappone.
***
Intervistatrice: “Le recensioni
parlano positivamente del tuo stile: sono concordi nel ritenerlo pulito,
leggero, ma nonostante questo di forte impatto. Si soffermano in particolare sul
modo in cui riesci a rendere veri i
tuoi personaggi, ed emblematico di questo è sicuramente l’Agente Erre.” (a queste parole Kasamatsu alza appena gli
occhi) “Molti lettori hanno ipotizzato che la sua figura potesse ricalcare
una tua conoscenza, è forse vero? L’Agente Erre esiste nella realtà sotto falso
nome?” (Tento una risata, ma lo sguardo
di Kasamatsu da stranito si è fatto quasi apatico. Ci vuole qualche minuto
prima che torni a concentrarsi sull’intervista e sulla risposta)
Kasamatsu: “No. L’Agente Erre
è solamente frutto della mia fantasia. Ma sono contento di essere riuscito a
renderlo reale agli occhi dei lettori”
***
-Secondo me mi somiglia, senpai-
La palla roteò lungo il ferretto, ciondolò in avanti
con noncuranza e alla fine decise che sì, forse avrebbe anche potuto fare lo
sforzo di andare a canestro.
Kasamatsu recuperò il pallone e si voltò, corrugando
la fronte: sugli spalti un ragazzo della sua età, se non addirittura più
giovane, lo stava fissando con un che di divertito negli occhi chiari.
-Perdonami..?-
Yukio portò un pugno al fianco e inarcò un
sopracciglio. In risposta, l’altro saltò giù dagli spalti, si rassettò il
completo di giacca e pantaloni neri, sistemò le maniche della camicia bianca e
tirò appena la terminazione della cravatta scura. Solo quando ebbe passato
anche una mano fra i capelli lo raggiunse, il libro Una Stella sul Petalo ben stretto in una mano.
-Il personaggio dell’Agente Erre, senpai- spiegò, sorridendo -Mi somiglia
molto-
-Non vedo perché dovrebbe- tagliò corto Kasamatsu e
spostò il peso da una gamba all’altra, a disagio.
Il ragazzo gli rivolse un sorrisetto saputo; Yukio
considerò l’argomento chiuso, trovando decisamente più utile continuare
l’allenamento piuttosto che prenderlo a calci per la sua faccia irriverente. E
al diavolo la cortesia.
L’irritazione gli ribollì nello stomaco, rendendo
impreciso e goffo il tiro a canestro. Kasamatsu ringhiò nel raccogliere il
pallone e si impose alcuni istanti di raccoglimento per riprendere il
controllo. Poteva sentire gli occhi dell’altro appuntati sulla schiena, fissi
sul lembo di nuca che dall’attaccatura dei capelli si incuneava nella divisa.
Avrebbe urlato volentieri.
Il problema era non tanto che l’altro non somigliasse affatto all’Agente Erre, quanto che fosse l’Agente Erre a non assomigliare affatto
a quel biondino da copertina: sembrava una patina, un ritaglio sbocconcellato
alla bell’e meglio dalle forbici, un ricalco su scadente carta da lucido. I
contorni tra i due non combaciavano e Yukio non riusciva a capire perché la cosa
lo stesse facendo impazzire.
***
Intervistatrice: “Capisco. Torniamo
alla storia: la vicenda ruota intorno a questo Kiseki no Shīrudo, uno Scudo che
dovrebbe proteggere la Terra da una flotta aliena..”
Kasamatsu: “Esatto. Lo Scudo è
una sorta di gabbia per tenere a bada un potere esterno alla Terra, ma soprattutto
interno: il depositario di questa forza, un alieno di Tōō', si nasconde tra gli esseri umani, si cela agli occhi di tutti
ed il suo unico scopo è quello di recuperare lo Scudo e distruggerlo, in modo
da permettere agli altri membri della sua specie di poter attraversare la
barriera che difende tutti noi”
Intervistatrice: “Decisamente un
personaggio controverso e dalle mire piuttosto antipatiche” (Kasamatsu ride con me e annuisce) “Però
non compare mai all’interno della narrazione, è indicato unicamente come l’uomo che parla col dialetto del Kansai.
Perché questa scelta?”
Kasamatsu: (rimane un po’ in silenzio, assottigliando
le labbra) “Bhè, come ho già detto..lui si nasconde alla vista. Più che
nascondersi, è meglio dire che si mimetizza, si confonde con l’ambiente e la società circostante. Quindi, mi sembrava
un…ottimo espediente narrativo, si dice così, sì? Ecco, un ottimo espediente
narrativo per rendere più plausibile la sua figura, pur non facendolo
fisicamente apparire nella storia.
“Nemmeno i membri della Kiseki no
Sedai sono a conoscenza della sua identità”
Intervistatrice: “Ah, già, la Kiseki
no Sedai! La cerchia di elementi scelti all’interno della società segreta che
tiene nascosta l’esistenza degli Alieni all’umanità intera. Le eccellenze
dell’eccellenza, anche se fra di loro c’è una talpa. Un traditore.”
Kasamatsu: “L’ex Agente Di,
esatto. Colui che ha lasciato la Kiseki no Sedai per passare dalla parte
dell’uomo che parla col dialetto del Kansai”
***
-Tu hai qualcosa che mi serve-
Kasamatsu si girò e subito roteò gli occhi al cielo.
Perché le visite più assurde gli dovevano capitare
mentre si stava allenando? Ormai poteva anche abbandonare l’idea di vincere la
Winter Cup e darsi al club di Ikebana.
Fece per
rivolgere al fastidioso nuovo arrivato l’espressione più scocciata del proprio
repertorio, ma lo sguardo dell’altro lo gelò sul posto. Yukio deglutì. La palla
gli cadde di mano e rimbalzò via, borbottando contro le assi del pavimento.
Il tizio dalla carnagione scura sogghignò,
chinandosi a prendere il pallone. Lo soppesò su una mano e poi sull’altra, senza
distogliere un solo istante gli occhi da Kasamatsu –Che, dal canto suo,
avvertiva continui brividi risalirgli la colonna vertebrale.
-Non so di cosa tu stia parlando- rispose e mosse un
passo all’indietro.
-Davvero?- il ragazzo inarcò deliziato le sopracciglia
e si lanciò il pallone alle spalle. La camicia bianca ebbe uno sbuffo, i lembi
della giacca nera guizzarono. Non indossava la cravatta, tuttavia Yukio non
poté non notare la somiglianza con l’abbigliamento dello scocciatore di pochi
giorni prima.
-Almeno in questo hanno fatto un lavoro eccellente-
-In questo lavoro?
Che intendi?-
-Andiamo..Non vorrai farmi credere che non ricordi
nulla? Eppure quel tuo libro sembra molto specifico
e dettagliato. Addirittura aggiornato su certi eventi-
Kasamatsu ingoiò un singulto, gettando uno sguardo
veloce alla palestra: a parte loro non c’era nessuno, l’uscita che dava
sull’esterno era bloccata e l’unica porta ancora disponibile era quella degli
spogliatoi. Forse, con uno scatto..
-Non ci pensare neanche- sibilò l’altro e Yukio si
voltò, sgranando gli occhi.
***
Intervistatrice: “Un altro
personaggio su cui si è focalizzata l’attenzione dei lettori è quella
dell’Agente senza nome che ha creato lo Shīrudo e che lo ha nascosto
dall’Agente Di. Cosa puoi dirci di lui?”
Kasamatsu: (Kasamatsu ha di nuovo l’espressione persa
di pochi minuti fa, gli occhi un po’ vacui. Mi guarda come se sulle prime non
avesse capito la domanda, poi fa un gesto veloce con la mano, come a rassicurami)
“Volevo che il lettore si sentisse l’Agente, tutto qui. Che non si
estraniasse a causa del nome, ma fosse parte dell’azione”
Intervistatrice: “E il suo rapporto
con l’Agente Erre? Se da una parte molti hanno apprezzato l’idea dell’Agente di
nascondere lo Shīrudo nell’anello che Erre gli ha regalato al termine di una
missione, c’è chi ha trovato la cosa un po’..fraintendibile, non so se mi
spiego.”
Kasamatsu: (Abbassa appena gli occhi, prima di
rivolgerli di nuovo nella mia direzione) “Sono compagni, i membri
dell’organizzazione si muovono costantemente in due e il legame che si crea è
ovviamente forte. L’Agente Erre darebbe la vita per lui e..(Si interrompe, aggrottando la fronte)
***
-Aominecchi,
è sempre un piacere rivederti!-
Kasamatsu sobbalzò e sollevò la testa a fissare un
punto oltre la spalla di “Aominecchi”: il ragazzo biondo, lo scocciatore da
copertina, se ne stava mollemente appoggiato contro il maniglione antipanico,
la testa reclinata e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Sembrava
tranquillo, a proprio agio, ma a Yukio non sfuggì la mascella serrata, né la
linea dura della mandibola.
“Aominecchi” palesò la propria non-sorpresa con un
ghigno divertito, quindi si girò a fronteggiare il nuovo arrivato – Kasamatsu
si chiese per quale motivo il Grande Demone Celeste si stesse divertendo tanto
a farlo ammattire.
-Non hai ancora smesso di fargli da guardia del
corpo, Erre?-
A quell’appellativo, Yukio aggrottò le fronte.
-Il grande capo Esse potrebbe trovare la cosa
alquanto…fastidiosa. Non gli piace quando qualcuno non esegue i suoi ordini-
Erre, o chiunque fosse, raddrizzò le spalle e
socchiuse gli occhi; avanzò di un passo, gettando uno sguardo affilato a..
-Tu dovresti saperlo meglio di me, Aomine-
-Oh, ti prego. Chiamami Agente Di, come facevi una
volta-
…Grande Demone
Celeste, salvami.
Quelli erano completamente ammattiti, fuori di
testa, degli emeriti imbecilli. O peggio, degli squilibrati mitomani.
-Sentite, adesso basta-
l’irritazione ebbe la meglio sul buon senso e Kasamatsu si ritrovò a
fronteggiare entrambi con la faccia più incazzata
che gli riuscisse di fare.
Voleva solo allenarsi per la Winter Cup, per la
miseria, che aveva fatto di male per meritarsi un duo di imbecilli esagitati
che niente avevano da fare, se non gironzolare per Tokyo fingendosi i
protagonisti del suo romanzo?
Oh, certo, da una parte poteva trovare la situazione
piuttosto lusinghiera, se non fosse stata così fottutamente inquietante e, dannazione, Yukio odiava imprecare, ma
in quel momento sentiva troppe cose ribollire dentro le vene e nel cuore per
non lasciarsi andare a perifrasi non moralmente accettabili.
Puntò un dito contro di loro e il cerchio d’argento
che teneva all’anulare scaglionò all’intorno barbagli azzurrini. Gli occhi
dell’Agente Di ebbero un guizzo
famelico, l’Agente Erre si gettò in
avanti.
***
Intervistatrice: “E…?”
Kasamatsu: (Mi guarda solamente, gli occhi sgranati e
l’aria terrorizzata)
***
Kasamatsu si protesse la testa con le braccia e
quando avvertì il peso di Erre contro il fianco, assecondò la spinta rotolando
sul pavimento polveroso della palestra, per attutire l’impatto col terreno. Esaurita
la forza si concesse alcuni istanti per respirare pesantemente contro le assi
incrostate di pittura, il cuore che batteva con violenza dentro la gola; si
rimise in piedi giusto in tempo per sorprendere Erre mentre puntava una pistola
di calibro e forma mai viste verso Di.
Per un riflesso incondizionato Yukio si lanciò verso
gli spalti. Un istante e la deflagrazione vomitò contro di lui una vampata
incontrastabile di calore; si rifugiò dietro i sostegni metallici, la schiena
attaccata al muro e sulle labbra lo spassionato desiderio che l’intonaco si
decidesse ad inglobarlo nei cinque secondi seguenti.
-Stai bene, senpai?-
Forse per la tensione, forse per il panico,
Kasamatsu neppure si voltò verso la voce, ma indirizzò un pugno ben assestato
verso quella che doveva essere la nuca dell’idiota alla propria destra; un
accenno di piagnucolio e solo allora si decise a guardare Erre negli occhi.
-Senpai!-
gnaulò questi, massaggiandosi la parte lesa –Io ti salvo la vita e..-
-Chi sei tu?- inveì Yukio e lo afferrò per il bavero
della camicia –Chi sei tu, chi è lui? Yakuza? Volete fare pressione a me e alla
mia squadra per indurci ad abbandonare la Winter Cup? Che giro di soldi c’è
dietro? Quanto avete scommesso? E perché accidenti vi fate chiamare come i
protagonisti del mio romanzo?-
Erre appoggiò le mani sulle sue nocche: una presa
tranquilla, ma salda allo stesso tempo. Gli occhi, privi di qualunque malizia o
infantilismo, si colmarono d’ombra e compassione. Kasamatsu lasciò la presa,
corrugò la fronte. Non seppe dire né come, né perché, ma quello sguardo gli fu
tanto profonda, tanto usuale da
stringergli il cuore.
-Non siamo Yakuza, ma..-
-Noi siamo
i protagonisti del tuo romanzo-
Entrambi si girarono e lo sguardo di Di li tenne
inchiodati al muro.
-Sorpresa..?- tentò di scherzare Erre, per poi
spingere Kasamatsu di lato: il loro comune avversario non aveva apprezzato la
battuta. Anzi, aveva appena deciso i beni dell’Istituto stavano meglio in
frantumi che integri.
Yukio venne sbalzato di lato e le orecchie
rombarono; si trascinò fuori dagli spalti, sentendo un rigagnolo appiccicoso
correre lungo la fronte. Alzò gli occhi, gemendo per il dolore e la fitta alle
tempie.
Erre era aggrappato al ferretto del canestro con una
mano, mentre con l’altra sparava raffiche di proiettili bluastri in direzione
dell’ex Agente; questi schivava i colpi tra il gracchiare crepitante del
pavimento divelto e rispondeva svogliatamente al fuoco. Sembrava quasi..annoiato mentre scivolava tra una
pallottola e l’altra.
L’Agente Erre si lasciò cadere a terra, le ginocchia
piegate e il palmo di una mano appoggiato a quel poco che rimaneva delle assi. Quando
vide l’altro dirigersi verso di Yukio gli fu davanti con uno scatto felino,
allargò le braccia e, nel momento in cui Di tentò uno slancio laterale, ne
copiò il movimento, per bloccargli la strada.
Kasamatsu gemette più forte, le dita affondate tra i
capelli.
E’
lui?
Esatto.
Kise Ryouta, frequenta lo stesso liceo in cui andavi tu.
Mh.
Zeta, sei sicuro di volermelo affidare? Sembra un modello, non un Agente.
Esse
lo vuole nel suo piccolo harem di fenomeni.
..Che?
Dice
che ha le doti giuste: lo chiama l’Imitatore.
-Senpai!-
Yukio sgranò gli occhi e rotolò di lato, se per il
richiamo o per istinto non seppe dirlo. Si rimise in piedi, scartò a sinistra quando
lo sfrigolio della carica gli pizzicò guancia, scivolò verso destra e alzò il
braccio per difendersi dal pugno dell’Agente Di. Mirò un calcio alla caviglia,
ma l’altro abbandonò l’attacco per saltare all’indietro.
-Allora ti ricordi ancora come si fa- ghignò…Aomine. Aomine Daiki.
Il nome gli rimbalzò fulmineo nella testa, così come
era successo per la conversazione con Zeta.
Chiunque fosse. Anche se lo ricordava. La chiamata dagli Stati Uniti, il volto
ovale e rigonfio, il sorriso saputo dietro la barba e lo sguardo divertito.
L’incarico. Zeta. Ryouta. Zeta. Zeta ed Esse, la Kiseki no Sedai, l’Imitatore..
-Kise!- il nome gli uscì dalle labbra senza motivo,
lo strappò a forza dalla gola.
Ma questi si già gettato in avanti e Di aveva alzato
la pistola.
Aomine si girò di scatto, afferrò Erre per le spalle
e lo lanciò lontano, mandandolo a cozzare contro gli spalti semidistrutti: di
Kise si afflosciò tra i rimasugli di plastica e metallo, la testa abbandonata
contro la spalla.
Kasamatsu gridò, corse contro l’avversario.
Approfittò dell’effimera sorpresa di Daiki per
colpirgli il polso: riuscì nel doppio intento di fargli cadere la pistola e
spezzare la guardia, quindi batté il palmo aperto poco sotto il torace, di modo
che il bacino e l’equilibrio passassero un brutto quarto d’ora e ne uscissero
malamente incrinati.
Come hanno fatto
vedere in quel documentario sull’autodifesa, si disse Yukio, L’ho fatto solo perché l’ho visto lì.
Aomine, comunque, non sembrava molto preoccupato
dall’improvviso cambio di eventi. Ciondolò appena sulle ginocchia per il
contraccolpo alla vita, ma ebbe la prontezza di riflessi per piantare immediatamente
le mani a terra, usarle come perno e dirigere un calcio alle caviglie di
Kasamatsu. Questi si ritrovò per terra in neanche un secondo, ruzzolò a destra
per scampare alla suola dei mocassini neri di Aomine una, due volte, alla terza
gli afferrò punta e tacco tra le dita e con uno slancio di spalle e bacino
cercò di rispedirlo indietro, riuscendo nel contempo a rimettersi in piedi.
Se solo avesse avuto una pistola, pensò, sarebbe
stato tutto più semplice. Piccola, maneggevole, alta potenza di fuoco. Il suo
modello preferito.
Kasamatsu traballò incerto, il fiato corto e la
vista annebbiata; non fece in tempo a sincerarsi né delle condizioni di Kise,
né dell’avversario che un pugno di Aomine gli arrivò dritto dritto nello
stomaco, piegandogli le ginocchia. Cadde a terra, un rivolo di saliva che
colava dalle labbra fino al mento; circondò il ventre con le braccia e quando
Di gli fu addosso non riuscì ad impedirgli di alzargli violentemente il braccio
e strappargli l’anello dal dito.
-Grazie per il regalo- lo derise -Ho un consiglio
spassionato per Zeta: cambiate marca di neuralizzatori.
***
Intervistatrice: (Scrollo Kasamatsu per la spalla e questi si
riprende subito. Si scusa più volte e quando gli chiediamo se è disposto a
continuare l’intervista risponde di sì, che ha solo avuto un momento di
debolezza.)
Kasamatsu: Ci stiamo allenando
per la Winter Cup, probabilmente ho esagerato con la sessione di esercizi
quotidiani. Comunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì. Erre darebbe la vita per il
suo compagno (un sorriso) e lui gli
tirerebbe un pugno per essere stato così idiota da pensare ad una simile
eventualità.
***
-Sei un mentecatto!-
-Ahia, senpai!
Così mi fai male..!-
Kasamatsu sbuffò, lasciando cadere le braccia in
grembo. Le labbra ancora corrucciate, tornò a guardare il lavoro di riparazione
della palestra: da ogni direzione sciamavano Agenti in giacca e cravatta, affaccendati
e accaldati. Yukio, nel guardarli, si accorse di come l’idea di essere stato
uno di loro fosse diventata meno bizzarra.
Lui e Kise –Lui ed Erre, erano seduti su una panchina di fronte alla palestra. Il
perimetro era stato sgombrato, gli altri studenti allontanati con una scusa o
con una sparaflashata in mezzo agli
occhi; sotto l’ombra a cuspide delle foglie, Yukio guardava alternativamente da
quello che era stato il suo compagno ai portelloni aperti della palestra,
Gli sembrava di trovarsi in una sorta di limbo, un
luogo a metà tra la vita passata e quella futura, tra la memoria e l’oblio. La
cosa che faceva più male, che più lo rendeva inquieto era sapere che la stasi
era destinata a concludersi –E che, soprattutto, non ne avrebbe serbato alcun
ricordo.
Si aggrappò ad ogni singolo dettaglio dell’ambiente
circostante, da come la luce cadeva sui capelli biondi di Erre al modo in cui
teneva le dita intrecciate sulle ginocchia; s’impresse nella memoria il profilo
degli occhi, le ciglia che ombreggiavano gli zigomi alti ed il baluginio chiaro
dell’iride. Con lo sguardo disegnò mentalmente la linea del collo e la forma del
torace e delle spalle coperte dalla divisa nera d’ordinanza.
Non poteva fare a meno di notare come Erre fosse in
uno stacco continuo con lo sfondo, un tassello dai contorni volutamente
smussati destinato a non trovare mai un posto cui appartenere.
Un Agente che stava scrivendo qualcosa su di una
cartellina tenuta di traverso sul braccio alzò gli occhi, li vide, li riconobbe
e chinò il capo in segno saluto.
Sulle prime Kasamatsu aveva trovato tutta quella
deferenza nei propri confronti piuttosto inquietante: si sentiva a disagio nel
vedersi appellare e chiamare e salutare con affetto, ardore, ammirazione,
complicità da persone che s’imprimevano nella testa come ombrosi dejà-vu. Persone
che, soprattutto, aveva deluso permettendo ad Aomine di prendere lo Shīrudo.
-L’Agente Esseacca- Kise alzò una mano ed indicò con
gesto vago una capigliatura che spiccava tra le altre per l’intenso colore
verde –Dice che andrà bene. Lui le sa queste cose e all’Agenzia ci fidiamo,
anche se va in giro con un orsetto di peluche vestito da ninja-
Yukio fece una smorfia.
-Avresti dovuto dirmi tutto quando sei venuto la
prima volta-
-Mh. Non era proprio la prima volta, anche se non lo
puoi ricordare- Erre reclinò il capo all’indietro e dondolò i piedi –A mia
discolpa, avevo degli ordini da eseguire-
-Aomine..l’ex Agente Di ha detto stavi disubbidendo a quelli di Esse-
-Ma non ai tuoi-
Kasamatsu corrugò la fronte e si girò a guardare
l’altro negli occhi, trovandolo tanto vicino da sentirne il fiato sulle labbra.
Trattenne il fiato, gli occhi che, impazziti, schizzavano dalla bocca appena
incurvata del compagno al baluginio divertito dello sguardo, alla complicità,
all’effetto, al non-detto, a quel tutto
racchiuso ed espresso pienamente dalla distanza ravvicinata.
-…Lo Shīrudo- tentennò Yukio, deglutendo –Ora è in
mano a..-
Kise gettò la testa all’indietro e rise, rise tanto
forte e così di cuore che Kasamatsu ebbe l’impulso di tirargli un altro pugno
solo per sentirlo rantolare come giustizia voleva. Resistette alla tentazione e
si limitò a fissarlo contrito, le braccia incrociate al petto.
-Ah, non c’è da preoccuparsi per questo! Il mio senpai è sempre previdente!- chiocciò
Erre, infilandosi gli occhiali da sole.
Nel compiere quel gesto, le dita sollevarono una
ciocca di capelli biondi all’altezza della tempia: da lobo pendeva un orecchino
d’argento.
Yukio sgranò gli occhi.
Un bagliore
azzurro dal gioiello e poi solo il lampo del neuralizzatore.
***
Intervistatrice: Siamo arrivati
all’ultima domanda. Se dovesse dire qualcosa a chi ti ha ispirato per questo
libro, cosa sarebbe?
Kasamatsu:..Grazie.
***
Nuova ricerca nel
database.
Ricerca: Agente Ypsilon.
Ricerca in corso.
…
…
Ricerca completata.
Agente Ypsilon,
livello senior, classe uno. Riconoscimento di Agente Emerito per servizi resi
sul campo.
L’Agente Ypsilon ha
permesso la cattura dell’ex Agente Di, della sezione Kiseki no Sedai,
nell’ambito dell’operazione Kiseki no Shīrudo. L’Agente Ypsilon, creatore dello
Shīrudo, dopo il tradimento dell’ Agente Di si è volontariamente sottoposto alla
neuralizzazione per tenere nascosta l’ubicazione dello Scudo: ha però richiesto
che frammenti di memoria fossero lasciati nel suo inconscio di modo che, una
volta riemersi nella parte cosciente del cervello, potessero essere usati per
catturare l’ex Agente Di e l’entità aliena per cui quest’ultimo lavora.
Ha inoltre
provveduto a modificare di persona i propri ricordi per celare a chiunque quale
fosse il nascondiglio dello Shīrudo.
L’ubicazione dello stesso
è tutt’ora sconosciuta.
L’Agente Erre si stiracchia, emettendo un mugolio
soddisfatto.
Chiude il database e torna a seppellire la memoria
del proprio compagno dentro i circuiti del computer centrale dell’Agenzia;
inclina la testa di lato, portandosi una mano a sfiorare l’orecchino.
Sorride.
L’operazione è riuscita come tutti, e in particolare
l’Agente Ypsilon, si aspettavano andasse: Di ha portato all’uomo che parla col dialetto del Kansai
l’anello, convinto che dentro fosse impiantato il chip di attivazione dello Shīrudo. Oh, che il gingillo contenesse
tecnologia autorizzata MIB è vero, peccato che fosse un dispositivo di tracciamento: l’Agente Ypsilon non è mai
stato uno sprovveduto.
Una Stella sul
Petalo riposa
ancora aperto accanto al computer del database; Erre lo acchiappa e poi si
allontana con la sedia dalla scrivania, cominciando a dondolarsi all’indietro.
Sfoglia alcune pagine, sbuffa, torna all’indice, controlla i capitoli,
finalmente ritrova la parte del libro che preferisce. Si sistema meglio contro
lo schienale, ben sapendo che è solo questione di tempo prima che Esse venga a
ricordargli qualche improrogabile impegno, tipo andare a prendere Ti al Maji
Burger perché fuori diluvia e lui, come al solito, si è scordato l’ombrello.
Ma fino a quel momento può rimanere in panciolle e
perdersi tra le righe del romanzo, soffermandosi a contemplare a distanza
ricordi stampati su un foglio di carta giallognolo.
“Erre lo guarda e
gli occhi sembrano voler dire qualcosa, ma la voce..”
Le luci d’emergenza si accendono all’improvviso e
chiazzano l’ambiente di lampi azzurri e
rossi.
Attenzione.
Allarme. Invasione di Bogloditi in corso. Attenzione. Allarme. Tutti gli Agenti
MIB a rapporto. Attenzione. Allarme. Invasione di Bogloditi in corso.
Attenzione..
Ecco. Come non detto.
L’Agente Erre assottiglia le labbra. Si alza. Fa
spallucce.
Dura la vita del Men In Black, già. Mai un attimo di
respiro, ferie fuori discussione e vieni pure a scoprire che tra le grandi
verità della vita, l’Universo e tutto quanto c’è l’origine aliena di Hyde e
Gackt. Ah, e le canzoni degli Arc-En-Ciel sono trasmissioni meteo radio per la
Nebulosa della Ventresca, i loro abitanti amano
venire in vacanza ad Osaka.
Comunque..Bogloditi, eh? Ci penseranno gli Agenti di
Manhattan: dopo aver affrontato degli scarafaggi giganti un’invasione di
Bogloditi è roba da dilettanti.
I suoi servizi, inoltre, sono richiesti altrove: la
squadra di basket della Kaijō High sta
per disputare la finale della Winter Cup.
***
Erre lo guarda e gli occhi sembrano voler dire qualcosa,
ma la voce, quella non sembra intenzionata ad uscire. Agente lo fissa di
rimando, inarcando un sopracciglio: ora come ora vorrebbe solo dargli un pugno
dietro la nuca o un coppino ben assestato, non disdegna nemmeno l’idea di un
calcio alla base della schiena.
Hanno appena tentato di ridurli a meno di polvere e
l’unica cosa che Erre riesce a fare è fissarlo come un ebete! Se non avessero
condiviso missioni suicide, attacchi suicidi, appostamenti suicidi, insomma, se
non avessero condiviso un numero incalcolabile di operazioni che come unica
sicurezza avevano il loro suicidio più o meno volontario, l’Agente faticherebbe
a leggere negli occhi del compagno qualcosa che non sia semplice stupidità.
Ma, appunto, hanno troppi trascorsi per non sapere che
dietro lo sguardo ingannevole di Erre c’è molto di più di quanto egli stesso
voglia svelare. E’ il motivo per cui si fida incondizionatamente di lui,
nonostante una volta abbia quasi rischiato di farsi affogare per una contesa
con un Kappa. E ci sono stati i tiri
mancini perpetrati ai danni del Tanuki
di Ikebukuro, ora che ci pensa. E
solo perché la creatura gli aveva dato delle foglie secche abilmente camuffate
per giocare a Pachinko, ma guarda un
po’ te.
E la lista non finisce qui, ma l’Agente decide che, per
la salute di Erre, è meglio non andare avanti. Così si limita a guardare
l’altro di rimando, in attesa che dica qualcosa. Ma il tempo passa ed Erre
continua a fissarlo con occhi divertiti, forse anche imbarazzati, appena più bassi
rispetto alla complice sfrontatezza con cui è solito rivolgersi a lui.
“Dobbiamo nascondere lo Shīrudo” taglia corto l’Agente,
esasperato dal silenzio, e incrocia le braccia al petto; il compagno sogghigna,
affonda la mano nella tasca e ne estrae veloce qualcosa.
“Dici che questo potrebbe andare bene? In fondo, l’avevo
pensato proprio per te”
Erre apre le dita e lì, sul palmo, balugina un anello
d’argento.
Da “Una Stella sul Petalo”
Capitolo
XV – Lo Scudo e l’Anello, pag 140.
-E dell’anello che
ne farai una volta che ti sarai neuralizzato, senpai?-
-Lo terrò io, che
domande idiote-
-Ma lo Shīrudo..-
-Lo Shīrudo sarà al
sicuro. So già a chi affidarlo-
-A chi?-
Le dita scivolano a
disegnare l’arco dell’orecchio.
Scendono fino al
lobo, tirandolo in un muto,
a tratti persino
amorevole, rimprovero.
-Abbine cura, Erre.
Mi fido di te.
Note
Finali
Ammetto che scrivere questa storia è
stato un parto. All’inizio doveva essere una Long Fiction. Poi ho cambiato il
soggetto, passando dall’Universo MIB ad un altro. Poi sono tornata al MIB, ma
l’idea della trama era cambiata. Poi sono tornata a quella originaria e gira
che ti rigira da tre-quattro pagine di storia che erano siamo arrivate ad una
decina.
Vediamo. Note, note, note..Questa fan
fiction si ricollega per una citazione nella parte finale ad una precedente
one-shot KagaKuro già pubblicata in sezione, per quanto poi se ne discosti
tantissimo, sia per i personaggi, sia per l’approfondimento dell’organizzazione
stessa.
Ah, già. Ed è citato anche Imayoshi,
perché, insomma, ce lo vedo troppo come l’antagonista di turno, lui e quei suoi
occhiacci meravigliosi *A* Haruki Murakami è uno scrittore giapponese
spettacolare di cui sono profondamente e irrimediabilmente innamorata, se vi
capita qualcosa di suo fra le mani non esitate a leggere, non ve ne pentirete!
L’Agente Zeta è il gran capo
capoccione dell’Agenzia MIB: mi sono immaginata, come dire..delle sorte di
sottosezioni a livello Nazionale, dei distaccamenti che lavorano per la sezione
principale di Manhattan. Infatti, oltre a citare Zeta, Kise nell’ultima parte parla
anche degli Scarafaggioni del primo film dei Men In Black, e il terzo con
l’invasione di Bogloditi. Hyde, Gackt (*A*) e l’Arc-En-Ciel sono
cantanti/Gruppi giapponesi. La Nebulosa della Ventresca è..La causa
dell’infarto del miocardio di molti astrofisici. Scusate, signori ùù
Poi, vabbè. Mica potevano mancare le
divise, gli occhiali da sole e i neuralizzatori, no? XD
..L’idea di Kasamatsu scrittore non
mi si toglierà dalla testa tanto facilmente, ora come ora!
Giudizio di Rota-Senpai:
SECONDA CLASSIFICATA
*Autore Nemeryal
*Titolo Pictures of you
*Ortografia/Lessico e Stile Ho notato durante la lettura diversi errori,
legati per lo più alla punteggiatura: più volte, non hai rispettato gli spazi
in seguito ai segni di interpunzione, che fossero puntini di sospensione o
trattini per gli incisi, ed è stato un errore ripetuto. Inoltre, in alcuni
casi, ha messo non tre ma due puntini di sospensione, e anche questo è un
errore.
Era stato come svegliarsi da un lungo sonno. Prima il buio e poi, click,
qualcuno accende la luce e tu capisci all’improvviso che devi fare qualcosa,
anche se a quel qualcosa non ti sei mai dedicato, né pensavi ti sarebbe potuto
interessare. Non è un errore grammaticale ma vorrei segnalarti comunque la
“particolarità” di questa frase: nel resto del testo, l'oggetto di riferimento
è una generica terza persona impersonale, mentre in questa unica frase diventa
una seconda persona. Come ho detto, non è propriamente errore, ma è una
discordanza con il resto.
Per quanto riguarda lo stile, l'ho trovato appropriato alle situazioni da te
descritte, anche durante i cambi di scena effettuati. Per questo credo tu abbia
fatto davvero un buon lavoro.
*Caratterizzazione dei personaggi/IC Non ho niente da dire a riguardo,
perché ho trovato davvero tutti i tuoi personaggi ben caratterizzati. Spicca
Kasamatsu, com'è ovvio che sia, e di lui riesci a descriverne il carattere in
ogni situazione diversa pur mantenendolo coerente a se stesso e al personaggio
originario che è nell'opera di Fujimaki. Kise anche, mi è piaciuto molto, nel
suo rapportarsi un poco scherzoso e un poco serio al suo “senpai” - e il
mantenersi integro del loro rapporto è una delle cose che ho apprezzato davvero
di più.
Ovviamente, Aomine spicca molto di meno, rispetto agli altri due, ma solo in
virtù del suo ruolo di antagonista, e il fatto che tu abbia risaltato un lato
del suo carattere piuttosto che un'integrità più complessa è da ritenersi una
scelta valida proprio in virtù dell'economia di tutta quanta la storia.
*Trama/Coerenza Questo è uno spaccato anche breve, se così si può dire,
di quello che sarebbe un Universo davvero complesso e intricato. Eppure, in una
One Shot, hai saputo descrivere non dico nel dettaglio ma in maniera esaustiva
un Mondo Alternativo, con i particolari che servono e il grande Macro Sistema
che lo governa tutto. La coerenza viene portata avanti dall'inizio alla fine,
in un quadro che, completo, riesce a dare piena soddisfazione.
*Originalità Originale, davvero molto originale, perché non ti sei
limitata a descrivere un solo Mondo Alternativo, ma l'intrecciarsi di più
realtà, descritte brevemente ma con cura, senza contare che anche io mi sono
davvero innamorata dell'immagine di Kasamatsu scrittore. Brava!
*Impressione Generale Ho trovato a dir poco geniale l'intricarsi di così
tanti mondi e realtà, nella tua storia. Prima di tutto, non si apre proprio
come una AU, ma semplicemente come un What if un poco elaborato ma nulla più, con
Kasamatsu scrittore e Kise sperso chissà dove. Poi, pian piano, apri la
coscienza del lettore a quello che è davvero il “nuovo mondo”, anche se solo
per uno squarcio – lo squarcio che compete a Kasamatsu, il tuo protagonista,
che ovviamente vive a sua volta, proprio come il lettore, la realtà su piani
diversi. E qui sta il colpo di genio: la tua capacità di far immedesimare il
lettore in Kasamatsu Yukio e quindi farlo protagonista a propria volta di
questa storia fantascientifica.
Davvero i miei complimenti, mi ha fatto molto piacere leggere questa tua opera.