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Autore: HoldFastFilm    15/05/2013    3 recensioni
"Se sei da solo, sei con te stesso.Questa è già un'arma".
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelido Lampo Grigio.

 

Un freddo strano.

Un freddo intenso.

Un freddo da gelare il respiro.

Sono fradicio, tremo violentemente.

Ho fango dappertutto, gli occhi si chiudono dalla stanchezza, la fame mi tortura con crampi allo stomaco.

Sento le mani gonfie, le labbra. Il naso non lo sento più, forse per fortuna, i corpi intorno a me molestano già abbastanza la mia vista.

Nonostante la situazione, non posso abbandonare il mio posto.

Sono qui dalla prima incursione di stamane, ore 06:00.

Ora è tardo pomeriggio, ma anche se volessi tornare al mio accampamento, dovrei alzarmi, sparare nel buio prima che l'altra sentinella, quella nemica a me opposta, il mio specchio, colpisca me.

Impossibile. Non mi manca il coraggio, mi manca energia, forza e... un ginocchio funzionante.

Continua a perdere sangue.

Un colpo di striscio me l'ha ridotto male, non sento troppo dolore. Il mio cervello è troppo occupato ad ascoltare la mia rabbia, la mia fatica, la mia paura.

Mi sono tolto la cintura e l'ho stretta poco al di sopra del ginocchio stesso, per limitare il più possibile l'emorragia.

Sono dietro a un carro. Un bestione divelto dalle bombe lungo il percorso.

A terra, tutt'intorno, i corpi dei due carristi e loro frammenti. Sparsi.

Il mio cane Hugo è stato ucciso poco più in là da me, travolto da una scarica di colpi senz'anima.

Non posso far altro che stare qui. Fermo. Il più immobile possibile.

Aspetto che “la morte volante” sopraggiunga e faccia campo aperto. A quel punto la seconda unità di fanteria procedendo verso le linee nemiche potrebbe notarmi e se non sarà già morto, trasportarmi alla base.

Ho ancora il fucile, ma non i colpi. Ho la baionetta innestata, ma non parte della lama.

Ho una 9 mm in mano, ma non più la sensibilità nelle dita.

Devo stare sveglio, devo provarci. Devo riuscirci.

Inizio a ripetermi come un matra la mia vita.

Durante i durissimi addestramenti l'ho imparato:

“Se sei da solo, sei con te stesso.

Questa è già un'arma.”.

Non bado al dolore, non posso permettermelo. Non bado alla fame, Lei è il mio unico alleato per rimanere sveglio. Non bado al fango, mi protegge dal freddo già acuto e penetrante.

Non bado alla mia vita. Parlo con la mia anima, mi cerco ma non mi trovo.

Non riesco a non socchiudere gli occhi di tanto in tanto, e l'unica immagine perpetua è quella di un cavallo nero che corre attraverso spighe di grano, senza meta e senza briglie.

Un cavallo nero.

Me lo sono tatuato su tutto il petto il cavallo nero.

È Geremia. Il mio Frisone nero. Mi aspetta a casa. Io devo tornare a casa.

Continui spari, raffiche di mitra mi tengono sveglio. Il brivido della paura è più intenso di una pallottola nello stomaco.

Al campo d'addestramento ho studiato tutto, appreso tutto, imparato tutto e superato tutto.

Qui però, non sai quando potrà finire la mia maledetta e reale “Hell Week” l'ultima del corso, passata la quale sei degno di essere uno di noi.

Non c'è scadenza, non c'è fine, non c'è addestratore, non c'è fischietto o strigliata di sergente di campo.

Sono da tanto tempo nella stessa situazione che non sento più la gamba destra.

Devo muovermi e fare qualcosa. Il carro, sebbene distrutto, è abbastanza ampio ancora da permettermi uno stiramento.

Provo ad allungare la gamba, ma senza l'aiuto delle mani non posso.

Crampo. Micidiale. Mi spezza il fiato.

Il dolore mi dà alla testa. È finita. Tra le brande della caserma abbiamo utilizzato droghe in attessa dell'assalto. Niente al confronto.

Una botta di adrenalina mi pervade la scatola cranica, e inizio ad essere meno lucido. Ho spento la luce. Sento tutto ovattato e vedo tutto peggio.

Inizio a vaneggiare, urlo, mi rendo conto di farlo, ma non posso smettere.

 

Mi è fatale, mi hanno localizzato.

Da dietro il carro, poco agili ed entrambi molto stanchi arrivano due soldati.

Non sono in grado di capire chi siano e di che nazione. So solo che non sono dei miei.

Parole confuse, rapide e gelide. Uno dei due abbozza qualche parola in inglese. Mentre sono in un coma più che mai vivido, lo sento dire: “ti aiuto”.

Uno dei due mi prende per le spalle, cerca di tirarmi su,ma sono troppo pesante e troppo infangato.

L'altro mi allunga le gambe, entrambe e il dolore provocato dal ginocchio malconcio mi riporta per una frazione di secondo alla realtà. Mi appoggiano al carro, prendono una borraccia e mi dissetano.

Queste poche gocce mi sembrano un mare. Queste poche gocce mi sembrano vita.

Tento di ringraziarli ma la mia vista si rabbuia nuovamente. Non vedo ancora distintamente ma percepisco.

Ho compreso. L'ho compreso come una nota stonata durante un concerto sublime.

Un dettaglio deludente ed estraniante, mentre la mente si prepara al bello.

Non più per un dolore, per la fame, per la stanchezza, per la paura o per la tristezza.

Mi pervade come un'onda anomala un sentimento senza fine. Una smorfia atroce mi si disegna bruscamente sul volto, una lacrima mi scende. È una, ma pesa e porta con sé troppi sentimenti per non essere ascoltata. Scende e scava. Candida, sul mio volto infangato, si fa strada con prepotenza e senza timore.

Arriva alla bocca. La lecco con avidità.

Salata e gonfia, mi entra in bocca. Salata e sporca mi riporta alla realtà, ultima gioia prima del retrogusto di morte e guerra.

Uno dei due mi guarda e mi chiude gli occhi.

Mi appoggia la canna sulla fronte.

 

È fredda.

È fredda da stranire.

Fredda da gelare il respiro.

E preme il grilletto.

 

Non tornerò Geremia.

   
 
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