Il professor Rüf si svegliò di soprassalto e si guardò intorno smarrito.
Un istante dopo si accasciò sulla poltrona con un sospiro. Si era addormentato ancora una volta davanti al camino correggendo i compiti. Stava iniziando a diventare vecchio per lavorare, forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di andare in pensione.
Lui, in pensione. Sorrise al solo pensiero.
Con un gesto distratto della bacchetta fece per togliere il piccolo rivolo di bava che era caduto sull’ultima pergamena e controllò che i rotoli dei compiti dei ragazzi della prima ora fossero nell’elegante borsa di cuoio appartenuta a suo padre. Da generazioni i temi di Storia della Magia, di anno in anno, passavano da quella borsa, taluni sostenevano che fossero stati i fondatori stessi a regalarla ad un Rüf suo avo, tanti secoli prima. C’era anche chi parlava di una sorta di maledizione sulla cattedra, divenuta ormai ereditaria. Tutte sciocchezze, ovviamente. Presto sarebbe stato evidente: lui era l’ultimo Rüf ed era vecchio e stanco, nessun discendente avrebbe preso il suo posto.
Tuttavia non erano questi i pensieri del vecchio professore, quella mattina. Aveva sognato qualcosa, qualcosa che doveva averlo veramente sconvolto. Eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare altro che una luce bianca, accecante, e la sensazione di avere ancora qualcosa da fare. Ma cosa? continuava a chiedersi, Cosa doveva fare di tanto importante?
L’insolita ansia che lo pervadeva doveva essere particolarmente evidente, perché un paio di Grifondoro ritardatari lo guardarono perplessi, entrando in aula. Lui, solitamente così pacato e puntuale.
- I vostri compiti. – annunciò, entrando. – Cinque minuti per rivedere gli errori e chiedere spiegazioni.
Un brusio riempì l’aula. Seccato, il professore si guardò intorno.
- Beh, nessuna doman…
Ma la voce gli morì in gola. Non c’era nessuna pergamena sui tavoli. Aveva forse lasciato tutto in Sala insegnanti? Ma no, ma no, era sicuro di aver visto i rotoli nella borsa, almeno quelli dei Tassorosso c’erano.
Imbarazzato e perplesso sbirciò nella vecchia borsa. Quel che vide lo lasciò, se possibile, ancora più perplesso.
- Ehm… professore… – accennò una ragazza di Grifondoro, una delle sue studentesse migliori, in effetti.
I rotoli erano tutti lì, nella borsa.
- Professore, non vorrei essere scortese, ma…
Il professore si avvicinò cauto alla borsa, bacchetta alla mano.
- Relascio. – sussurrò.
I rotoli non si mossero. Nemmeno un sussulto. Non ci poteva credere.
- Ma che cosa sta facendo? – chiese sottovoce una giovane Tassorosso alla sua compagna.
Rüf la ignorò.
- Professore… – lo chiamò un ragazzo dal fondo dell’aula.
- Forse dovremmo…dirglielo? – mormorò qualcuno.
- Dite che lui non sa di essere mor…? – bisbigliò pallido un Tassorosso.
- E sta' zitto!
La ragazza di Grifondoro che aveva parlato per prima si alzò e si avvicinò cautamente al professore.
- Professor Rüf? – chiamò gentilmente.
Lui non sembrò sentirla.
- Relasciorelasciorelasciorelascio… – sussurrava battendo delicatamente la bacchetta sulle pergamene.
L’intera classe rimase in silenzio qualche istante, osservando attoniti il pallido fluttuare del professore. Poi…
- Accio compito. – sussurrò una ragazza della prima fila.
Gli studenti si guardarono.
- Accio compito. – mormorarono uno dopo l’altro.