Film > Thor
Ricorda la storia  |      
Autore: _Eleuthera_    15/05/2013    13 recensioni
Loki nutre una passione selvaggia per le cose che non potrà mai avere.
[Loki/Sigyn] [Post Avengers]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTA BENE!  Questa storia non è in alcun modo collegata a "Hymeneal", la mia long fiction che tratta il medesimo paring. Il personaggio di Sigyn in questa storia è un nuovo personaggio che non ha nulla a che vedere con la sua omonima in "Hymeneal".





THE NEVER FORGOTTEN STORY

 
These violent delights have violent ends
And in their triumph die (...)

 
 
 
Quella notte Loki sogna di cadere dal ponte color dell’arcobaleno. È un incubo ricorrente, ma questo, quando sogna, non lo sa. Quando sogna pensa che sia reale. Sente il peso dell’universo trascinarlo via dalla mano di qualcuno – ma chi? A volte, nel sogno, l’individuo non ha viso. Oppure ne ha molti. Nel sogno, Loki sa che è Thor.
C’è anche Odino, e Loki sa che sta precipitando per colpa sua. Solo che quando cade sente la propria voce esplodere in un grido, e allora si accorge che non è vero, non sta succedendo realmente, perché lui, quando è caduto, non ha affatto gridato. È scivolato nell’abisso in silenzio. Questo se lo ricorda bene.
E quindi si sveglia.
Quando si sveglia non sa mai se provare sollievo oppure sconforto. Loki non ama svegliarsi, perché non ama la realtà che lo circonda.
Oggi però è diverso. La sua cella è buia e profonda come sempre, e le pareti di pietra non sono mai state meno fredde, però oggi è un giorno completamente diverso da tutti gli altri, e quando Loki si mette a sedere e scuote via i rimasugli dell’incubo, in quel momento ricorda.
Sgrana gli occhi perché quasi non crede a sé stesso. Sono poche le cose che ancora lo stupiscono, e il tempo è fra queste - il modo in cui anche l’eternità, ad un certo punto, finisce.

La prigionia eterna di Loki ha fine in un mattino dorato come qualunque altro mattino di Asgard. Il Padre degli Dei lo ha condannato alla reclusione per i terribili crimini che ha compiuto su questo mondo e su un altro, quello degli umani, un mondo che lui ricorda con un risentimento stridente. Lo ha imprigionato nelle viscere della terra, privato dei poteri, senza compagnia. Loki non ha potuto fare altro che attendere la fine, inghiottendo la rabbia e sognando incubi.
Ora la fine è arrivata e Loki lascia la propria prigione domandandosi quanto tempo sia effettivamente passato e se la cosa abbia poi importanza. Attraversa i corridoi del palazzo finché non comincia a chiedersi se non sia trascorsa davvero l’eternità, quella grossa, quella con la “e” maiuscola, e lui non sia rimasto completamente solo. La corte di Asgard è deserta e mentre calpesta i pavimenti levigati lui non si sente più un principe, ma piuttosto un ladro che cammina furtivo mentre tutti dormono.
Poi all’improvviso se li trova davanti: Thor, sua madre, suo padre. Sono nella sala del trono e sono tutti contenti. Loki si sente come se fosse piombato ad una festa a cui non era stato invitato. Stringe le labbra e fa per andarsene, ma loro lo trattengono. Lo stavano aspettando, dicono. Lui non ci crede, ma non ha voglia di ribattere. Resta in silenzio.
«E’ passato molto tempo, ci sei mancato», dice sua madre.
Loki spalanca la bocca, colmo di indignazione. «Parlate come se fossi stato lontano per i miei interessi. Ero prigioniero!»
«Nemmeno i re possono sottrarsi alla legge», replica Odino. Loki vorrebbe colpirlo con le proprie mani e ricordargli che la sua legge non ha il minimo valore per lui. Non è suo figlio e nemmeno un suo suddito. Resiste alla tentazione e rimane zitto, e gli sembra che tutti siano un po’ delusi, che si aspettassero di sentire quelle parole che lui ha inghiottito.
Poi si riprendono e iniziano a dirgli tante belle cose. Gli dicono che sarà tutto com’è sempre stato, e le loro parole sembrano una condanna. Nel tempo che ha passato in prigione i ricordi non sono affatto sbiaditi, sono diventati vividi ed enormi e pesanti come montagne. Ogni piccola ferita è un solco nel cuore, e lui le ricorda tutte.
«Mai nulla sarà come prima», dice alla fine. Sono le uniche parole che riesce a dire, ma bastano perché i suoi genitori e suo fratello assumano l’espressione contrita che ricorda di aver visto sui loro volti quando è stato ricondotto ad Asgard in catene.
Sua madre gli si fa vicino. Lui si irrigidisce. Non potrebbe allontanarla nemmeno volendolo.
«Sei stanco e addolorato, figlio mio. Riposati. Le cose si aggiusteranno».
Quando può lasciare la sala del trono, Loki è addirittura contento. È contento anche se adesso si rende conto che c’è della gente che cammina lungo i corridoi e che lo guarda proprio come se fosse un ladro nel bel mezzo della notte, in casa loro. È contento perché nelle sue stanze è solo, c’è silenzio e lui può raccontarsi quello che vuole. Può anche raccontarsi che sì, le cose si aggiusteranno. Potrebbe addirittura crederci.
 
Loki non è impazzito in prigione, per niente. Non era pazzo nemmeno prima, del resto, sebbene la maggior parte degli Aesir la pensi diversamente. È stata la rabbia a fargli fare quello che ha fatto e ne è perfettamente consapevole, ma è sempre stato lucido in ogni istante. C’è stato un momento in cui aveva voluto perdere la ragione, perché la follia modella la realtà come una pallina d’argilla tra pollice e indice. Con suo grande disappunto, non è mai riuscito a diventare pazzo.
Così adesso passa le sue giornate perfettamente consapevole del tempo e della prigionia che non è finita affatto. Allontana Thor. Non vuole vedere né Frigga né Odino. Ricambia le occhiate di chiunque con sguardi che sono fulmini e acciaio. Che pensino pure che sono pazzo, dice. Che pensino a quale piano maligno stia volgendo ogni mia forza, che pensino alla crudeltà di cui sarò capace.
Loki non sta pianificando niente, nessuna vendetta o malvagità. È stanco e furente. Ed è solo. Ma questo mi piace, si ricorda. Mi piace essere solo. Non voglio un trono, o una famiglia, o il potere. Questo va benissimo.

E va tutto bene finché Loki non si ricorda dell’eternità.
A quel punto pensa alla sua solitudine e agli sguardi pieni di odio feroce e di paura che lui non ha chiesto ma che riceve in ogni momento. Si accorge che c’è qualcosa che gli manca. Che si sente intorpidito come se fosse rimasto seduto troppo a lungo. Che essere stanco non gli piace.
Si accorge che c’è qualcosa che gli fa male, in quegli angoli dentro la coscienza dove non guarda volentieri. Pensa che farà male per sempre e decide che così non può essere, che deve cambiare qualcosa.
C’è un’irrequietezza nell’aria, la sensazione della tempesta che arriva. Si domanda se sia l’unico a sentirla.
 
Il giorno dopo Loki conosce Sigyn.
Non è del tutto corretto dire che la conosce, perché non si scambiano neanche una parola, e lei nemmeno lo vede. Lei è in giardino e lui la scorge dalla finestra. La guarda senza nemmeno l’intento di guardarla, ma è ormai tardi quando si accorge di essersi soffermato troppo a lungo sulla sua immagine. Succede esattamente come nelle storie, le prime storie. Mentre Loki guarda Sigyn, dentro di lui ha già deciso che sarà sua. Non c’è nient'altro nel suo cuore. Nel petto gli arde un misto di terrore e desiderio. Non colma il vuoto, ma riscalda.
È solo in un secondo momento che Loki si accorge che Sigyn non è sola. L’uomo accanto a lei è alto e robusto come un guerriero e gli ricorda Thor. La mano di Sigyn scompare nella sua.
Il giorno seguente Loki ha la brillante idea di farsi trovare in giardino proprio nel momento in cui Sigyn e il suo accompagnatore percorrono il sentiero. Da quella distanza ravvicinata Loki può vedere il sole tempestare di luce i capelli di Sigyn, ma può anche scorgere ogni istante dei baci che l’altro uomo le imprime sulle labbra.
Non lo aveva previsto. Adesso la cosa che gli arde nel petto brucia ancora di più, lo consuma come farebbe un fuoco vero, ma in fondo è una bella sensazione. Loki nutre una passione selvaggia per le cose che non potrà mai avere.
 
Sono tutti sorpresi quando Loki si presenta al banchetto, perché nessuno lo ha visto prendere parte a qualunque festeggiamento nell’ultima porzione di eternità che riescono a ricordare. A differenza loro, Loki ricorda ogni cosa e sa che le proprie azioni hanno sempre avuto un motivo preciso. In quel momento, il motivo è Sigyn.
Sigyn balla. Tutti ballano e ridono. Sigyn ride. Smette di ridere non appena si rende conto di ballare con Loki.
«Sei splendida», le dice Loki, ma lei ha lasciato la presa.
«So chi sei», risponde. «Non desidero danzare con te».
Basterebbe un incantesimo e sarebbe sua. Era a questo che Loki aveva pensato in principio, perché il corteggiamento e le sue variabili non erano mai stati nel suo interesse. Ma quell’ondata d’odio lo coglie alla sprovvista e per un istante vacilla. Più tardi, durante la notte insonne, avrebbe contato una cicatrice in più.
«Se sai chi sono, sai anche che mi devi portare il dovuto rispetto», replica, freddo.
Sigyn impallidisce, ma risponde alle sue parole. «Mio signore, ho sentito molte cose su di te. I racconti sono i più spaventosi che abbia mai ascoltato. Lasciami andare».
Loki vorrebbe quasi lasciarla andare per davvero. Invece, l’afferra per il polso. «Cosa dicono questi racconti?»
Sigyn distoglie lo sguardo. Quello che ha visto negli occhi di Loki si riflette sul suo volto. Trema quasi di paura, e Loki si sentirebbe un mostro, se non fosse così arrabbiato.
«Dicono che sei un assassino», risponde Sigyn. «E che hai perduto il senno».
«Stanotte hai accettato di danzare con molti cavalieri, salvo me», replica Loki a bruciapelo per non sentire più le cose orribili che Sigyn ha da dire. Esibisce tutte le parole che ha per lavare via quello che ha ascoltato dalle labbra di lei. «Se credi a ciò che ti hanno raccontato, dovrai riconoscere che respingere la mia offerta non è stata proprio la cosa migliore da fare».
«Mio signore, ricorderai che per tutta la sera ho danzato con un solo cavaliere: Theoric. Il mio promesso sposo».
A quel punto Loki la lascia andare. Si volta, torna nelle sue stanze, si siede sul letto e aspetta di accorgersi di aver smarrito il fuoco che gli ardeva nel ventre. Invece scopre che è ancora lì. La vuole ancora più di prima, con la differenza che adesso la rabbia ha preso corpo dentro di lui, così violenta e feroce da chiedersi se abbia davvero a che fare solamente con il rifiuto di quella sera.
Oh, non ha importanza. Alla rabbia lui non sa resistere. E poi c’è anche questo problema, e cioè che lui non impara mai dai propri errori. Ricorda tutto, ma non nel modo giusto. Adesso quello che ricorda è il dolore di un’intera eternità, e quello che fa lo fa in risposta. Sigyn pagherà, e sarà sua. Come si sente vivo, adesso. Vivo, e per niente stanco.
 
(Anche Loki pagherà, come sempre. Questa è una cosa che non ricorda mai.)
 
In realtà Theoric non assomiglia così tanto a Thor, ma per Loki sono proprio come due gocce d’acqua. Theoric è alto e biondo, ma suoi occhi sono verdi. Meglio, pensa Loki. Sarà più facile.
Non fa mai veramente freddo o caldo su Asgard, ma quella notte soffia un vento gelido. Ghiacciato sarebbe la parola giusta, ma non c’è ghiaccio su Asgard. Ci sono delle leggende, però – perché anche gli dèi hanno le proprie – che narrano di come il vento freddo porti con sé gli spiriti e i fantasmi. Tutti, proprio tutti, conoscono queste leggende, e sui bastioni di Asgard le guardie salutano quel vento gelido con circospezione. Le leggende, si sa, hanno sempre un fondo di verità. Questo lo sa anche Loki, e nel buio sorride.
Poco lontano dalla città, un drappello di guerrieri è in ricognizione. La valle è stretta e silenziosa. Il gruppo marcia con disciplina, gli elmi e le armature neri alla luce della notte. Theoric scherza sottovoce con gli altri soldati, poi di colpo ammutolisce.
Quando si rende conto di essere finito in un’imboscata, è già stato scaraventato contro le rocce del versante della montagna. Il suo udito è un rombo indistinto che offusca le grida dei compagni d’arme. Ad un tratto le grida cessano, e Theoric sa che sono tutti morti. Si issa malamente sulle ginocchia, stordito, e Loki esce dal suo nascondiglio celando qualcosa in una mano. È l’arma con cui lo finirà.
Theoric strizza gli occhi tentando di mettere a fuoco. «Chi sei?», esclama.
«Colui che ha ordinato la tua morte», risponde Loki.
Theoric cerca di mettersi in piedi, senza riuscirci. Emette quello che potrebbe essere un grido di rabbia, o di paura. Alza la testa, quando il Dio degli Inganni si fa più vicino, e nei suoi occhi sgranati Loki vede soltanto l’arroganza del guerriero. Non riesce proprio a vedere quello che non vuole vedere, non riesce a vedere il rimpianto dell’uomo che muore prima di aver vissuto, e nemmeno una scintilla del dolore che gli vela le pupille.
Vede lo sconcerto, però, ed è una grande soddisfazione.
«Non è possibile», mormora Theoric di fronte alla perfetta immagine di sé stesso. Loki veste bene i panni del valoroso guerriero promesso alla bella Sigyn. Li indossa con la sfrontatezza della vittoria. C’è solo una cosa che non riesce a indossare.
Quelli non sono i miei occhi, pensa Theoric.
Poi lo stiletto gli trapassa il cuore.
 
Loki si allontana nella notte avvolto nelle sembianze di Theoric. Le leggende raccontano che il vento freddo trascini con sé i fantasmi, e le leggende hanno sempre un fondo di verità.
 
Al sorgere del sole Loki varca i cancelli di Asgard, e per la prima volta nessuno lo guarda come lui è abituato ad essere guardato. Alle guardie racconta gli avvenimenti di quella notte con la stessa rapida nonchalance con cui sbrigherebbe una burocrazia inevitabile. Già pregusta il momento in cui Sigyn correrà verso di lui, chiedendogli come sta. Il loro primo incontro è stato aspro e tagliente, il secondo sarà molto più dolce.
Ma quando Sigyn oltrepassa la soglia Loki legge la preoccupazione sulla sua fronte aggrottata, e nient’altro. Non c’è traccia della smania con cui una donna innamorata riabbraccia il suo uomo strappato alla morte. A dire il vero nemmeno lo abbraccia. Gli prende le mani, e solo perché di meno non può fare.
«Quando ho saputo della strage mi si è gelato il sangue nelle vene», dice Sigyn, «ma saperti vivo mi riempie di gioia».
Sono parole gentili, ma vuote. Loki conosce bene l’arte dell’inganno e Sigyn ne fa un uso innocente, ma questo non basta per mascherare quello che per lui è palese. Gli occhi di lei erano splendenti di angoscia quando si era rifiutata di ballare. Adesso sono opachi e spenti. Loki avverte una fitta di delusione che gli ricorda spaventosamente quand’era bambino.
«Avevo ottime ragioni per fare ritorno sano e salvo», risponde con la voce di Theoric e con quelle che pensa che siano le parole di uno come lui. Si china per baciare Sigyn e sente le labbra di lei schiudersi senza spontaneità. Adesso la delusione gli serra la gola. In fondo al petto, la rabbia ha già ripreso a mormorare il suo calore.
Ma non è quello il calore che Loki vorrebbe sentire. Pensa distrattamente che il freddo che sente sulla pelle è colpa della notte, del vento gelido, ma non è così. Ha qualcosa a che fare con gli occhi senza luce di Sigyn e con la morsa di delusione che tanto gli ricorda quand’era bambino.
Nei suoi inganni c’è sempre qualcosa che gli sfugge. Non importa quanta solerzia dedichi allo scopo, qualcosa di inatteso rovescia sempre le carte in tavola.
Sigyn non ama Theoric, non lo ha mai amato; e la vendetta di Loki non sembra neanche più una vendetta.
 
Quella notte Loki contempla il bivio che gli si presenta davanti.
Può inscenare la morte di Theoric, una morte definitiva, questa volta. D’altronde fingere di morire è certamente più facile che fingere di vivere. A quel punto sarebbe relativamente semplice ottenere la mano di Sigyn, senza l’ostacolo di Theoric.
Oppure può proseguire la recita, sposare Sigyn sotto le sembianze di Theoric, e soltanto dopo rivelare la menzogna e mostrare a tutti quale sia il prezzo da pagare per essersi opposti al Dio degli Inganni.
La scelta non è immediata. Eppure, quando nel bel mezzo della notte Loki decide che cosa fare, sente come se non avesse mai avuto davvero la possibilità di scegliere.
 
A questo punto il racconto non può proseguire senza volgere un breve sguardo a Sigyn.
Nel regno di Vanaheim, il reame dov’è nata, è una delle tante figlie della dea Freya. Su Asgard, è la promessa sposa di un valente guerriero. Definirla in base a chi è per gli altri sembra essere un’abitudine.
Ma Sigyn, Sigyn e basta, è una dea che non ha ancora visto abbastanza eternità per sapere che rifiutare Loki può provocare terribili conseguenze, ma che ne ha vista a sufficienza per sapere che dovrà sposare Theoric anche se non lo ama.
Ciò nonostante, Sigyn non è di carattere ombroso. È generosa e intelligente. Soltanto, aspetta sorprese che non arrivano.
 
A volte, quando cammina per i corridoi del palazzo, Loki dimentica di indossare le sembianze di Theoric e non capisce perché gli sguardi che lo sfiorano siano così privi di freddezza. Poi ricorda di non essere veramente sé stesso, e una minuscola scintilla di delusione brilla e si spegne in fondo alla sua testa.
Ma il vero oggetto del suo interesse e della sua preoccupazione non sono gli sguardi flaccidi dei cortigiani, niente più che solide ombre tra le pareti del palazzo. È Sigyn il suo enigma, un mistero al quale Loki si applica con tutte le sue forze. Lui prova a cambiare le cose. Ci prova così tanto che la rabbia diventa dolore e lui inizia a meditare una vendetta dentro alla vendetta, ed è un pensiero terrificante come un sogno dentro a un sogno.

Ma le cose, naturalmente, cambiano; e come è giusto che sia, cambiano quando Loki non prova a cambiarle.
 
Le cose cambiano durante una notte insopportabilmente perfetta. Le stelle brillano, l'idromele è dolce, tutti ridono e sono felici. Avvolto nella figura di Theoric, Loki vuole scappare da tutto questo il prima possibile. Sigyn è tranquilla al suo fianco, ma lui non ne può più di capire che cosa sia lei, o che cosa sia per lei l'uomo di cui lui indossa le spoglie. Non gli piace essere un guerriero dai capelli biondi, non gli piace il modo in cui Sigyn si irrigidisce quando lui la sfiora. E quei banchetti non gli piacciono, non gli sono mai piaciuti.
Si chiede perché deve stare lì se stare lì non gli piace, e per una volta se lo chiede con una sincerità disarmante, se lo chiede senza avere paura di sentire la risposta. Guarda i compagni d'arme di Theoric accanto a lui, guarda Sigyn la cui bellezza è irritante e dolorosa, e se ne va.
Volta le spalle alla nobile combriccola e va via senza dire una sola parola, e soprattutto senza voltarsi dietro, senza nemmeno la tentazione di guardarsi oltre le spalle per vedere l'espressione confusa degli altri. Della loro espressione non gliene potrebbe importare di meno. Qualunque cosa pensino, a Loki non importa: è avvolto nelle sembianze di un altro, ed è della stranezza di Theoric che si parlerà, non di quella di Loki. Quella fuga se la può concedere. Anzi, se l'è guadagnata.
Percorre spedito la grande sala e i suoi occhi fuggono gli sguardi della folla come se fossero il pericolo più grande; esce dalla porta, raggiunge un terrazzo di marmo e aspetta che il silenzio della notte porti il silenzio anche dentro di lui. Aspetta, ma nell'oscurità la rabbia brucia come il più lucente degli astri, e non c'è cosa che non illumini. Loki si appoggia alla balaustra e si stringe la testa fra le mani, e desidera disperatamente non sentire più nulla, o almeno diventare pazzo, e sentire le cose in un altro modo.
«Perché te ne sei andato?»
Loki riconosce immediatamente la voce ma non si volta subito, perché la sorpresa è grande, enorme, e per un istante gli toglie il fiato. La voce è quella di Sigyn, e finalmente c'è silenzio nella testa di Loki, ma è il silenzio di una notte in cui ogni stella si è spenta all'improvviso.
Loki si volta lentamente, confuso. «Cosa?», mormora, più che altro a sé stesso.
Sigyn non batte ciglio, e ripete. «Perché sei andato via?»
Loki non riesce a distogliere gli occhi da lei e sa benissimo di correre il rischio di sembrare davvero spaventoso, di far trasparire un po' troppo il proprio sguardo sotto quello di Theoric, ma sta pensando, sta pensando furiosamente, si sta chiedendo perché Sigyn gli fa quella domanda, perché lo ha seguito. Non vuole credere che sia preoccupata per lui. C'è troppa rabbia nel suo cuore e troppa paura di illudersi, perciò Loki decide che Sigyn è curiosa e infastidita. E anche se aveva programmato di odiarla, quello che sente alla fine è solo dolore.
Non sa come risponderebbe Theoric a quella domanda, però sa come risponderebbe lui. Così, Loki risponde.
«Sono andato via perché non c'è una cosa che io riesca a sopportare di questa maledetta notte. Non amo l'ebbrezza né i festeggiamenti, e men che meno amo sprecare le mie parole».
Ed è troppo tardi quando si accorge che Theoric è del tutto scomparso sotto quelle frasi potenti. Ancora un filo di sembianza cela il suo aspetto, ma la rabbia nella sua voce è la rabbia di Loki. Sigyn non ha ancora detto niente, lo fissa assorta, in silenzio, mentre i pensieri di Loki fanno un rumore terrificante nella sua testa.
«Ti capisco», dice piano Sigyn dopo qualche istante, e sembra che lo stia studiando con lo sguardo, quasi incredula. «Perché nemmeno a me piacciono queste cose».
Loki corruga la fronte, aspetta di sentire qualcos'altro, ma Sigyn non aggiunge nulla. Si avvicina alla balaustra e condivide il suo silenzio. E adesso sì, c'è silenzio veramente. La notte non parla, forse ascolta. Loki si ripete le parole di Sigyn nella testa e ha l'impressione che siano molto più importanti di quello che sembra, poi Sigyn si volta verso di lui e gli sorride come non ha mai fatto; e per un istante Loki non sente nemmeno più dolore.
Non è del tutto sicuro di cosa sia successo quella notte, ma è successo qualcosa.
 
Sigyn sta cambiando, poco a poco, delicatamente; e anche se all'inizio il cambiamento è così sottile da notarsi a malapena, Loki se ne accorge all'istante, perché adesso Sigyn quando gli parla lo guarda negli occhi.
Loki sa che tutto ha avuto inizio quella notte in cui lui ha lasciato il banchetto. Il travestimento non è caduto, ma lui non si è comportato come avrebbe fatto Theoric. Ha agito d'impulso, con una rabbia che non poteva che appartenere a sé stesso, e nella sua testa quel momento è come un incubo, un istante in cui il travestimento è caduto eccome, in cui ha lasciato che Sigyn vedesse chi era nascosto sotto le sembianze del guerriero. Ma Loki non sa cosa Sigyn abbia visto, o cosa non abbia visto. La sola cosa che sa è che giorno dopo giorno Sigyn lo cerca sempre di più, cerca le sue parole e gli offre la sua compagnia.
Loki non capisce che cosa voglia.
Il tempo passa, non nel modo leggero del tempo felice ma in quello fremente e pesante dei misteri, finché un giorno, dopo qualche ora insieme, Sigyn dice a Loki una cosa, e lui capisce.
«Mi ero sbagliata su di te, Theoric».
E Loki ha già capito tutto, ma lo stesso aggrotta la fronte e chiede: «In che senso?»
«Credevo fossi diverso», risponde Sigyn abbassando lo sguardo, perché in quel momento è difficilissimo guardare Loki negli occhi, lì dove il travestimento non gli è mai riuscito e dove le iridi sono rimaste le stesse di prima. Lui continua a fissarla, e per la prima volta è incapace di trovare la battuta con cui risponderle.
Sigyn ha ragione. Theoric è diverso. Theoric è un uomo che è morto e che non è mai tornato, ma adesso Loki sa che Theoric è morto quella notte del banchetto, perché è stato allora che lui ha smesso di fingere. In una manciata di secondi ripercorre ogni incontro con Sigyn dopo quella notte e si rende conto che Theoric non c'entra più niente. Sigyn pensa che sia diverso perché è Loki la persona con cui parla, e il tempo si dilata e Loki resta lì con questa consapevolezza atroce di essersi svelato senza accorgersene, nascosto dietro al volto di un altro. Sigyn alza di nuovo gli occhi su di lui e gli sorride, e Loki pensa che l'inganno è ancora peggiore di quanto avesse potuto pensare, sia per lei che per lui.
 
Quella notte Loki vaga per la sua stanza in preda alla rabbia, chiedendosi come abbia potuto non accorgersi di aver smesso di fingere. Forse non è una cosa che è successa all'improvviso, è stata progressiva così come i gesti di Sigyn si facevano sempre più dolci, ma Loki non se lo perdona lo stesso.  Impreca a denti stretti e il dolore che gli invade il petto non ha nome. Sono tante cose quelle che gli bruciano dentro, ma ce n'è una, soprattutto, una che più che bruciare illumina, ed è quella di cui Loki ha più paura. Da qualche parte dentro di lui c'è un timido brivido di adrenalina che gli suggerisce che ciò che sta succedendo ha qualcosa di incredibile, che ha gli stessi colori dei sogni e proprio per questo è difficile crederci. Sembra impossibile che Sigyn abbia messo da parte ogni freddezza nel momento in cui Loki ha cessato di comportarsi come Theoric, ma è proprio quello che sta succedendo, è l'ironia spiazzante delle cose che accadono senza che nessuno abbia osato sperarci.
Per un attimo, la vendetta non sembra più nemmeno un incubo.
Poi, nella semi oscurità della stanza e della notte, Loki intravede il proprio riflesso nello specchio appeso alla parete e qualunque luce ci fosse dentro di lui torna ad essere fiamme e magma. I suoi inganni sono veramente splendidi, sono ingranaggi scolpiti minuziosamente, ma la vera opera d'arte è l'inganno che lui tende dietro all'inganno, sempre, senza rendersene conto o fare nulla per evitarlo. Sono le sue illusioni, le cose in cui crede senza poterci credere. E' il fatto che Sigyn ama la compagnia del Dio degli Inganni e il viso di Theoric, e non lo amerà quando mostrerà il suo aspetto, non lo amerà mai quando saprà chi è per davvero.
Doveva essere la sua vendetta. Dovevano essere gli altri a provare dolore, e Loki si chiede perché sia lui a stare così male.
 
Ma le illusioni sono così dolci e se Loki riesce a scordarsi di avere il volto di un altro uomo, allora per quell'istante, per quel frammento doloroso, riesce quasi a credere che Sigyn stia baciando proprio lui.
E dentro a questo inganno c'è un mondo intero che sta stretto nelle parole, perché un mondo del genere lo devi vivere, lo devi patire e affrontare e scoprire pezzo per pezzo. Non ci sono scorciatoie né formule, ci sono piccoli tasselli che si compongono giorno per giorno, con pazienza e con paura.
Loki non fa nulla. Potrebbe svelare l'inganno subito, oppure potrebbe restare Theoric per sempre, o il più a lungo possibile. Va fatta una scelta, ma bisogna esserne capaci, e le scelte di Loki lo conducono sempre dalla parte opposta a dove vorrebbe. Quindi, resta fermo, e se durante le notti insonni cerca di riaggiustare gli ingranaggi di un inganno che ha preso a girare in modo del tutto imprevedibile, alla luce del sole vive la sua bugia con dedizione infinita.
Sigyn gli regala la sua compagnia e i suoi pensieri e Loki ricambia con le parole, che ha sempre saputo intrecciare bene, ma i propri pensieri li tiene per sé. Sono pensieri terribili. Sono mostri, come lui, e gli fanno paura proprio come i draghi delle leggende lo spaventavano quand'era bambino.
 
E poi, come in ogni storia che si rispetti, c'è l'imprevisto.
Mancano dieci giorni al matrimonio, e Loki ancora non ha fatto una scelta. In più, domani sarà il suo compleanno. Per mesi è scivolato da una sembianza all'altra con astuzia, senza che nessuno sospettasse alcunché, ma ora dovrà svestire i panni di Theoric per un'intera serata. Non può fare altrimenti e quindi modella un'altra piccola bugia e fa in modo che a Theoric sia destinata una missione fittizia: starà lontano qualche giorno, compresa quella sera. È un inganno semplice ma efficace e Loki è quasi tranquillo quando saluta Sigyn con un bacio e si prepara a fingere la partenza. Poi però si accorge che Sigyn sta tremando.
«Cosa succede?», le domanda.
Lei sorride, ma si vede che è agitata. «Stasera ci saranno i festeggiamenti per il compleanno del principe Loki. Ho paura di lui. Quando mi chiese di ballare ed io rifiutai, mi aggredì con rabbia spaventosa».
Loki non batte ciglio, ma dentro di lui qualcosa si incrina. «Il principe Loki non ti farà del male», dice, e non sa bene se lo stia dicendo a lei o a sé stesso.
«Come puoi esserne sicuro?», chiede Sigyn stringendosi a lui. Loki scoppierebbe a ridere, se non fosse tutto così terrificante.
«Il principe Loki ha commesso azioni discutibili in passato, ma non sfogherà certo la sua rabbia su una fanciulla indifesa», risponde. Non gli sembra nemmeno di parlare di sé stesso. «La meschinità che gli viene attribuita non è che una calunnia».
Sigyn non sembra del tutto convinta, ma lo stesso gli sorride e gli dice che lo aspetterà. Loki ricorda il primo bacio senza emozione che aveva ricevuto da lei e pensa a quanto tutto sia diverso e a come sia bella questa giovane donna e a come sia ingenua.
Ripensa alle cose che le ha appena detto. Solo adesso si rende conto che sono bugie.
 
Il banchetto è qualcosa di insopportabile, e Sigyn è lontana in un angolo della grande sala, e a Loki sembra stranissimo non essere accanto a lei, e pure questo è insopportabile. Questa sera i pensieri sono più feroci del solito e Loki vuole una risposta. In fondo potrebbe essere una bella risposta. La situazione è così assurda che una bella risposta non sarebbe nemmeno troppo bizzarra.
È il suo compleanno ma, naturalmente, nessuno bada a lui, e il brusio della folla copre la voce nella sua testa che gli dice di fermarsi finché può. Tuttavia, quando si avvicina a Sigyn e le parla, ciascuna delle proprie parole gli rimbomba addosso come l'eco in una caverna. «Una volta rifiutasti di danzare con me e io ti risposi bruscamente. Permettimi di rimediare».
Le porge la mano. Sigyn lo guarda ad occhi sbarrati, impietrita. Non lo guarda così, di solito. Questa sarebbe già una risposta, ma Loki non la vuole sentire. Poi Sigyn stringe le labbra, annuisce debolmente, e allunga la mano.
Ballano. Loki sente ogni istante scivolargli addosso come lava, scruta il volto di lei, ma Sigyn non lo guarda. «Guardami», dice allora Loki. Dovrebbe essere un invito, ma Sigyn alza la testa come se avesse ricevuto un ordine.
Loki pensa che la bacerà. È un impulso,ancor prima di essere pensiero. La bacerà e lei amerà lui.
Si sporge in avanti, quasi la sfiora. Poi si irrigidisce, le lascia le mani. Resta immobile per un istante, e infine va via.
Non vuole sapere.
 
E alla fine Loki maledice tutto e tutti. Non c'è nulla che deve capire, sa già tutto quello che deve sapere, la sua vendetta è quasi compiuta ed è forse il miglior inganno che abbia mai architettato.
Non gli importa di quello che sente. Aveva deciso di vendicarsi e si vendicherà. Manca poco, presto sarà tutto finito. Non vuole più sentire niente, ed è certo che sarà così quando la sua vendetta sarà compiuta. Non sentirà più niente.
 
Sigyn è rimasta turbata dall'episodio avvenuto la sera del compleanno di Loki, ma non ne parla con Theoric. Quando il suo promesso sposo fa ritorno, Sigyn gli getta le braccia al collo e lo bacia a lungo. Loki si chiede come faccia a non riconoscere i suoi occhi.
Gli ultimi giorni passano faticosamente. Loki sente che l'illusione si sta sgretolando, non tanto esteriormente, piuttosto dentro di lui. È lui che non riesce più a crederci. Tenta di lasciarsi divorare dalla propria vendetta, ma la ferocia non lo colma come vorrebbe. Vive ciascuno di quei giorni con la consapevolezza di qualcosa che sta finendo e che non tornerà mai più.

E ad un tratto tutto finisce, di colpo, nel modo spietato che ha il tempo di finire.
Il giorno del matrimonio Loki si sveglia all'alba e si prepara meccanicamente. Indossa le sembianze di Theoric e si guarda allo specchio. Sorride, e si odia. I suoi occhi splendono disperati in un volto che non è il suo.
Ma non perde tanto tempo con lo specchio. Gli specchi, se vogliono, non si limitano a riflettere. Quello che Loki vede nell'immagine che gli restituisce il vetro lucido è molto più di quanto vorrebbe vedere in quel momento. Si volta ed esce dalla porta.
Ci sono corridoi e persone e occhi che fra poche ore non saranno più gli stessi. Un giorno di festa diventerà un giorno di lutto e Asgard sarà scossa dalle fondamenta, crollerà umiliata davanti a lui. Loki afferra questo pensiero e crea immagini nella mente, modellando il proprio immediato futuro, finché la lama di un sorriso non si tende sul suo volto.
Ha ormai colmato tutte le distanze ed è pronto ad entrare nella grande sala quando finalmente pensa a quello che succederà dopo, oltre la vendetta. C'è un motivo se non ci ha mai pensato fino a quel momento. Se ci avesse pensato, forse non avrebbe mai fatto nulla, ed è per questo che è rimasto ancorato al presente. Il caos ha una disciplina. Loki ha fallito così tante volte, ma ha imparato. Crede di aver imparato.
I morsi della rabbia assomigliano ai morsi della fame, pensa Loki, e ricorda il vuoto completo della sua vita dopo la prigionia. E' strano, ma adesso, sul punto di prendere Sigyn come sua sposa, un attimo prima che l'inganno si frantumi, non sente nessuna rabbia.
Sigyn è vestita di bianco e di argento ed è bellissima. Loki le è accanto, le prende le mani e finge che lei stia sorridendo ai suoi occhi, che sono proprio suoi e non di Theoric. E in fondo è proprio così, soltanto che lei non lo sa.
È Odino a celebrare la cerimonia, e parla e parla, e Loki avverte il tremito incontrollabile di chi non può scendere dal palcoscenico, e si chiede che cosa siano i morsi che gli divorano lo stomaco, perché non è rabbia, di questo ne è sicuro. Sigyn è così felice, glielo si può leggere sul viso. Loki ha già pronto un pensiero terrificante solo per sé stesso, ma si impone di aspettare ancora un attimo prima di lasciarsi inghiottire. Ancora per poco, solo per un istante, vuole credere che sia vero. Se si concentra per bene, può quasi riuscirci. Quasi...
Ma sa benissimo che non lo è e sa benissimo anche cosa significhi quel morso che gli serra il ventre. Nel momento in cui si sporge per baciare Sigyn sulle labbra, Loki già non sorride più. L'inganno è già finito, e quando l'incantesimo si spezza e il travestimento svanisce gli sembra di essere stato costretto da qualcuno a rivelare sé stesso, anche se non è così, è una sua scelta, o così crede.
Prima arriva il boato della follia, un sospiro mozzato. Loki spalanca gli occhi e guarda Sigyn sollevare le palpebre con un istante di ritardo, ancora felice, così felice. Il momento in cui la sua espressione si trasforma non vale mille degli incubi di Loki, e Loki vorrebbe dire o fare qualcosa, ma non lo fa. Rimane immobile, glaciale, nelle vesti del Dio degli Inganni. Sigyn si copre la bocca con le mani, forse grida, e Loki non fa niente. Guarda Sigyn e resta in silenzio e un pensiero terrificante gli devasta il cuore, ed il pensiero è: sono un mostro.
 
 
 
E adesso?
 
 
 
Nell'ennesima notte senza sonno, Loki ripensa a quello che è seguito. Ricorda una grande confusione e la cosa impressionante è che se la ricorda in ogni dettaglio, un quadro di precisione dove ogni cosa è al proprio posto. Mentre la corte è esplosa in un coro di grida e sussurri, le guardie sono accorse immediatamente, ma non l'hanno toccato nemmeno con un dito. Frigga si è lanciata verso Sigyn e Thor è piombato su di lui, esigendo spiegazioni. Odino, unico perno immobile nel chiarore della sala d'oro, non ha mosso un muscolo. L'ha guardato, però, la delusione impressa in ogni ruga. Loki ha sorriso, per abitudine.
E poi sono successe molte cose. Lo hanno condotto via, lo hanno rimesso in catene, ma per meno di una giornata. Tutti gli hanno parlato, hanno voluto sapere e hanno voluto capire, suo fratello, sua madre e suo padre, ma non ha più visto Sigyn, sebbene gli abbiano detto che fu lei a chiedere che non fosse messo ai ceppi. Perché lo abbia fatto, resta un mistero. È sempre stata un mistero, Sigyn. Così pensa Loki, senza sapere di essere lui il vero mistero.
E poi gli vengono a dire che una punizione ci sarà, perché un crimine così perverso necessita provvedimenti. Loki se la ride e forse da qualche parte dentro di sé è perfettamente consapevole che il suo destino è una corsa circolare, che alla punizione seguirà un'altra vendetta per la quale sarà punito ancora, per sempre. È un equilibrio crudele, e quasi rassicurante.
Così, mentre aspetta il verdetto, Loki ripensa al suo ultimo misfatto, alla storia incredibile che ha vissuto. Sì, è stata un'avventura che solo lui avrebbe potuto vivere, e quando scopre un sussurro furibondo in fondo alla testa pensa che sia il solito eco di rabbia. Non lo sfiora il pensiero che quell'amarezza sottile possa essere nostalgia di un tempo che non tornerà più o di un'illusione che, anche solo per poco, lo ha reso felice.
Però quel nodo resta lì nella gola, finché Loki non si innervosisce davvero e non maledice il proprio destino che lo porta sempre a lottare per cose che non avrà mai, e a lottare nel modo sbagliato, nel modo in cui non si può vincere.

Questo pensa. Poi la porta della stanza si apre in silenzio, ed entra Sigyn.
 
Sigyn resta immobile per un attimo, poi muove qualche passo nella stanza, con la delicatezza di chi calpesta un deserto. Il primo pensiero di Loki è un impulso, quello di sorriderle; ma poi ricorda di non essere più Theoric, e il sorriso sparisce. «Sei venuta ad esigere la tua vendetta?», chiede.
Sigyn lo guarda, ma non risponde. Loki sospira. «O forse sei in cerca di una bontà sopita. Non è quello che troverai. Non ho nascosto nessuna nobile azione dietro ai miei delitti. Ho fatto esattamente quello che volevo fare».
«Non è per questo che sono qui», lo interrompe Sigyn. Lo interrompe davvero, tronca le sue parole con la propria voce, e Loki trasale, perché le parole sono importanti per lui, non si toccano.
Sigyn prende tempo, prende un respiro, alza la testa e dice una cosa terribile. «Se quella notte avessi accettato di danzare con te, tutto questo sarebbe comunque accaduto?»
Loki sa cosa deve risponderle. Le deve dire di no, che quel rifiuto ha condannato Theoric a morire e sé stessa ad una sorte forse peggiore; e glielo dovrebbe dire con un gran sorriso. E' quello che ci si aspetta da lui.
«Non farti domande come questa», dice, invece, piano. «Domande come queste non hanno risposta che non sia dolore».
Sigyn schiude le labbra, sorpresa. Abbassa gli occhi e Loki scruta il suo volto con estrema attenzione, cercando di rubarne il segreto. Ma Sigyn non vuole avere segreti, è evidente. È questo il motivo per cui è qui.
«Non ero innamorata di Theoric quando mi promisero a lui. Era un soldato, ma non fu mai in grado di vincere il mio cuore. Rimasi sorpresa una notte, quando si allontanò da uno dei suoi banchetti e mi rispose con parole mai usate fino a quel momento. Scoprii di amarlo poche settimane prima delle nozze, dopo aver scoperto molto altro su di lui. Era una persona totalmente differente da ciò che avevo creduto. Anche i suoi occhi mi sembravano diversi da prima».
Loki distoglie lo sguardo.
Sigyn fa una pausa, poi prosegue. È brava a non permettere alla propria voce di incrinarsi, ma Loki avverte comunque un tremito che prima non c'era.
«Non mi sembrava diverso. Era diverso. Era te».
Loki si sente in dovere di dire qualcosa ma tutte le cose da dire gli piombano addosso come un temporale improvviso, e lui per un istante tentenna, e riflette. Cerca lo sguardo di Sigyn e la fissa con gli occhi che non ha mai celato. Lei stringe le labbra, ma non riesce a trattenere le parole.
«Voglio sapere quale fu l'inganno», dice. «Tutte le cose che dicesti quando non fingesti più di essere Theoric. Voglio sapere quali erano bugie».
«Nessuna lo era», risponde immediatamente Loki, perché le risposte giuste, quelle vere, non si fanno aspettare mai.
«Una volta dicesti che Loki non mi avrebbe mai fatto del male», replica Sigyn e stavolta la voce le si incrina davvero. «Solo ora capisco. Fu un'ironia crudele che non potevo cogliere».
«No. Non fu di te che mi presi gioco con quelle parole». Loki ricorda benissimo quel momento. Ha i colori troppo forti dei brutti ricordi.
«Di chi, allora?»
«Me stesso».
Ora Sigyn potrebbe scoppiare a piangere, o andarsene, ma invece rimane. Forse, pensa Loki, lo ha capito, che le cose sono andate proprio così.
Per lungo tempo, Sigyn non dice nulla.
«Uccidesti Theoric», sussurra poi. «Non provi nessun rammarico?»
«Mi rammarico di averti causato dolore».
«Sapevi che me ne avresti causato».
Non ho saputo fare altrimenti, pensa Loki. Ma Sigyn lo guarda e non lo lascia pensare. Così, dice: «Perdonami».
Sigyn sostiene lo sguardo per qualche secondo, poi abbassa gli occhi ed emette un sospiro che è solo un tremito. «La persona che mi è stata accanto nelle ultime settimane. Io non so chi è».
Come sempre quando le parole sono giuste, Loki sa subito che cosa rispondere. «Ero io».
 
Sigyn non si lascia baciare, ma gli permette di abbracciarla, di sfiorarle la schiena con le dita. Loki chiede, potrai mai...? E Sigyn risponde che non lo sa. Forse, col tempo. E di tempo gli dèi ne hanno molto. A Loki il tempo non è mai parso abbastanza, eppure adesso gli sembra che ce ne sia infinitamente troppo.
Questa è l'attesa più difficile di tutte e lui se la vive fino in fondo, istante per istante, senza sconti, mentre il suo caotico destino lo conduce verso inganni e penitenze e altri inganni. È che Loki non pensa davvero che le cose cambieranno, e alla fine forse lo sa anche che la ragione di tutta quella rabbia incontenibile è il fatto che il suo ruolo nell'universo è questo, e che niente varrà l'attesa. Loki non pensa che le cose cambieranno davvero, per lui.
Loki crede di sapere tante cose, e di certo ne sa molte. Ma non tutte.
Così, quando un'eternità più tardi si trova a pagare l'ennesimo inganno, legato alla nuda roccia e con il sibilo del serpente nelle orecchie, Sigyn si fa avanti e resta al suo fianco. Si scambiano uno sguardo e Loki capisce, ed è così scosso da sentirsi il cuore fracassare il petto, ma non lo dà a vedere. E anche se Sigyn non può salvarlo sempre, perché la ciotola con cui raccoglie il veleno del serpente si riempie in fretta e mentre la svuota le stille zampillano dalle fauci giù sul viso di Loki, anche se non si dicono niente durante il supplizio, anche se stanno vicini e basta, Loki sa che quella tortura non ha più il significato che credeva. Ne ha uno tutto nuovo. Per la prima volta, non è da solo nel suo supplizio. Mai, prima, lo avrebbe creduto possibile.
Questo spera di non dimenticarselo mai.
 
Questa è la storia che cantiamo nelle nostre notti di ghiaccio e di sole, quando c'è troppa luce per dormire. Non so chi fu il primo a raccontarla, né chi sarà l'ultimo, e se ci sarà. Queste storie hanno un loro modo di sopravvivere a chi le racconta, e forse un giorno sarò io ad ascoltarla per bocca di qualcun'altro, e magari sarà diversa, sarà mutata; ma non fuggirà mai dalla memoria.
Questa storia noi non la dimentichiamo mai.
Ne tesseremo i ricami all'infinito, nella nostra terra senza notte.

--















--
Per una volta finisco di scrivere e pubblico una storia la cui stesura è stata pensata con un certo criterio, e covata nella mia testa per un po' prima di essere scritta. Mi ci sono voluti alcuni mesi per disintossicarmi dall'overdose di Loki/Sigyn dopo la conclusione di Hymeneal, e ci sono voluti altri mesi ancora per scrivere questa one-shot, esclusivamente in treno, e interrompendomi a metà per scrivere una storia che mi si è presentata tra capo e collo all'improvviso e che si chiama Silvertongue (e che trovate tra le mie fan fiction in questa sezione). Sono successe tantissime cose nei tre mesi e mezzo in cui ho scritto questa cosa e il bello è che io le vedo tutte riflesse lì, alcune in modo più evidente e altre meno. Insomma, di Loki e Sigyn volevo parlare ancora, e in modo diverso. Questa volta ho scelto di restare il più possibile fedele alla mitologia originale, su cui ho modellato la trama della storia, pur aggiungendo qualcosa che il mito non racconta (ad esempio, se Sigyn fosse innamorata o meno di Theoric, o di Loki, non lo sappiamo).
Ora credo di non avere più nulla da dire su di loro, ma è stato proprio bello scriverne ancora.

Qualche nota:
- la citazione iniziale proviene dall'atto II.VI di Romeo e Giulietta di W. Shakespeare ("Queste gioie violente hanno conclusioni violenti, e muoiono nel proprio trionfo").
- la cornice della "storia attorno al fuoco", il solito tema che mi piace tanto, dovrebbe far riferimento all'Islanda e a tutti quei luoghi dove questa leggenda potrebbe esser stata raccontata, e dove in determinati periodi dell'anno il sole non tramonta mai e la notte non è veramente notte.

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno segnalato Hymeneal e White Blank Page per le storie scelte. You did it! La categoria delle scelte non è certo garanzia di alta qualità, ma sono comunque contenta e soprattutto vi sono grata!

Spero che questa storia vi sia piaciuta! Mi farebbe piacere sapere che ne pensate e vi ringrazio in anticipo per ogni commento, like, eccetera.
Se volete seguirmi, aggiungetemi a facebook (
https://www.facebook.com/eleuthera.efp)

Un abbraccio!
Eleu
   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: _Eleuthera_