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Autore: eleanor89    03/12/2007    12 recensioni
«La vita non è così male se la sai vivere.»
Lo sguardo di lei divenne sarcastico.
«O se sai sopravvivere. Dipende.»
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Kakashi Hatake
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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«Avete sentito? Orochimaru è morto!»

«Cosa?!»

«Pare che l’Uchiha l’abbia ucciso!»

«Non sei felice, Anko? La tua ossessione è finita!»

«… È appena cominciata...»

Bonds

-legami-

La notte a Konoha non le era mai parsa così buia.

Neanche nei momenti di maggiore sconforto, quando tutto sembrava inghiottito dall’ombra ai suoi occhi, si era sentita così dilaniata dentro.

Odio.

Quel maledetto ha meritato ogni sofferenza che gli è stata inflitta.

Mi ha fatto male, è giusto che non abbia concluso nulla anche se ci ha perso una vita dietro.

Delusione.

Dovevo ucciderlo io… ora cosa farò?

Quali meriti ho? Non ho potuto fare nulla…

Rabbia.

Come sempre sono stata esclusa.

Per volere degli altri o per volere mio, sempre, sempre, sempre…

Invidia.

Ora il moccioso ha trovato la sua strada, io no.

Perché devo restare indietro sempre e soltanto io?

Nausea.

È tutto finito ora.

E adesso cosa mi resta?

Confusione.

Volevo davvero che tutto questo finisse? Perché mi sento in questo modo ora?

Io mi ero ripromessa la tua morte, che importa chi te l’abbia data a questo punto?

Dolore.

Perché doveva finire così? Perché non potevi essere come tutti gli altri?

Perché mi hai fatto tutto questo?

Risentimento.

Il mio sensei… dovevi essere il mio sensei…

Non potevo costringerti, però tu… era quello il tuo ruolo!

Solitudine.

L’unica cosa certa è che sono tornata sola. Senza scopi, senza passato, senza futuro.

Sono l’unica bloccata al centro della clessidra.

Senso di colpa.

Non ho saputo fare niente per lui.

Non sono riuscita ad aiutarlo.

Avevo visto sin dal principio.

Eppure io non sono riuscita a fare niente.

Neppure le stelle riuscivano ad illuminarle gli occhi, apparentemente persi nella contemplazione della volta celeste, ma in realtà proiettati nel suo passato.

Sapeva cosa la aspettava quella notte.

«Non posso credere che quel ragazzo sia diventato tanto forte…» sussurrò Gai.

«Era un suo allievo, del resto.»

«Ti riferisci a me o a Orochimaru, Kurenai?»

«Sai bene che mi riferivo a te.»

Anko li guardò uno per uno.

A guardare le stelle cadenti come ogni anno vi erano loro quattro, Gai, Kurenai, Kakashi e lei. Quell’anno e negli anni a venire non ci sarebbe più stato il quinto.

Asuma, proprio come il suo sensei, era morto.

Un altro in meno. Una stella in più, si diceva a Konoha.

Lei non ci credeva, né voleva credere ad una vita dopo la morte. Era molto più consolante sapere che un giorno le sue sofferenze sarebbero finite eternamente.

«Beh, signori e signore, io penso tornerò a casa.» annunciò Kurenai.

«Allora ti accompagno!» le propose Gai con un gran sorriso.

«Penso che io resterò in giro ancora un po’, tu che fai?»

«Resta con me, questa notte»

Un sussurro appena udibile per entrambi, che fece sospettare ad Anko di aver soltanto pensato. Ma l’espressione sbigottita di Kakashi la fece ricredere.

«Non ti sto chiedendo di venire a letto con me, baka.» precisò, assottigliando lo sguardo con aria di rimprovero.

Salutarono gli altri con un cenno, mentre s’immergevano nella boscaglia. Kakashi non le chiese più nulla, aveva già letto la disperazione nel suo sguardo e aveva scelto di assecondarla per il momento.

«Dove vuoi andare?»

«A bere qualcosa?»

«Va bene.»

Era l’una di notte, e ancora bevevano senza parlare, entrambi terribilmente sobri. Anko si voltò a guardarlo, aprendo bocca per parlare, ma la richiuse subito.

«Vuoi tornare a casa?»

«No.»

«Dove vuoi andare?»

«A fare un giro?»

«Va bene.»

Erano le due di notte, e ancora camminavano senza parlare, entrambi amaramente preda di un chiasso assordante nelle loro menti. Lei pensava al maestro, lui all’allievo.

«Kakashi?»

«Mh?»

«Perché non mi chiedi nulla?»

«Non vuoi andare a dormire, vero?»

Anko lo guardò senza mostrare alcuna espressione.

«So cosa vuol dire avere paura di sognare.»

«Kakashi?»

«Mh?»
«Andiamo a trovare Asuma?»

«Va bene.»

Erano le tre di notte, quando Anko si mise a sedere su di un ramo, senza perdere d’occhio né la tomba dell’amico né la chioma argentata dell’altro che, in piedi, sembrava assorto in chissà quali ricordi.

«Per quanto tempo pensi di fuggire ancora?»

«Dammi tempo.»

«Non si sa mai quanto tempo ci resta. Lo sprecherai a correre via?»

«Non è consolante, lo sai?»

«È la vita.»

Lei distolse lo sguardo, portandolo sulla luna. Fece una smorfia di disappunto notando quanto sembrasse gialla e malata anch’essa, enorme sfera in quel cielo così scuro. Era raro che la luna apparisse così vicina, e ancor di più che avesse quell’aspetto malsano. Sembrava lì apposta per lei.

A ricordarle che la sua anima era del medesimo colore, probabilmente.

Il ramo su cui stava oscillò non appena un nuovo peso si aggiunse al suo, piegandolo appena verso il basso.

«Se si rompe, cadremo.»

«Se cadremo, ci rialzeremo.»

«Perché ho la sensazione di non parlare di questo stupido ramo?»

«…»

«Perché ogni volta che apro bocca con te finisco a parlare per metafore?»

«Perché se non le usassi saresti tanto schietta da farti male. In me vedi qualcuno che ha perso ciò che amava, proprio come te e ti viene spontaneo parlarmene. Solo che neanche tu riesci ancora ad accettare questa perdita, e scappi.»

«… Possiamo tornare alle metafore?»

«Non puoi evitare di salire sopra ogni ramo per timore di cadere. Se davvero cadrai, ti rialzerai.»

«Purtroppo non c’è più alcun terreno per fermarmi sotto di me. Se cadrò, continuerò a cadere.»

Kakashi si sporse verso di lei, afferrandola per le braccia e facendola alzare. Pareva quasi danzassero, due ombre nere a cancellare parte di quella luna infetta tenendosi l’una all’altra.

«Lascia che ti mostri una cosa.» sussurrò, spingendola poi verso il basso.

Per la sorpresa Anko non poté far altro che sentirsi cadere e osservare il terreno avvicinarsi a lei, trovandolo fin troppo lento per quanto questo fosse un pensiero spaventoso da parte sua; prima ancora che potesse utilizzare il proprio chakra per parare il colpo, un violento strattone la fermò a mezz’aria. Sollevò lo sguardo incontrando lo sguardo serio e sereno al tempo stesso di Kakashi, che la teneva stretta per un braccio.

«Sei caduta?»

La donna non rispose, continuando a fissare quell’unico occhio visibile nero come la pece.

Rabbrividì, pensando a quelli gialli del suo maestro, inquietantemente simili al colore della luna, e si chiese come mai avesse potuto avere dubbi sulla strada giusta da intraprendere.

Quegli occhi non erano umani, e lei doveva essere lieta che lui fosse morto.

Kakashi la tirò su con estrema facilità, tornando a farla sedere sul ramo.

«Quando sei legata ad una persona da un sentimento forte come l’odio o l’amore, in ogni caso perdi un po’ di te quando non c’è più.»

«Come puoi leggere così facilmente nella mia mente?»

«Ci sono solo già passato.»

«Mancano tre ore all’alba, almeno… se mi addormentassi ora però, so che al mio risveglio non sarei la stessa Anko di adesso. Non ho il coraggio di chiudere gli occhi, ho troppa paura di quello che vedrei.» confessò con un sospiro. Chiuse gli occhi, aspettandosi un rimprovero, ma non udendo nulla li socchiuse sollevando appena la testa, calata in segno di pentimento. Stava infrangendo troppe regole quella notte.

Kakashi fissava la luna a sua volta, assorto. Infine si spostò accanto a lei, lasciandola interdetta.

«So bene che hai specificato che non vuoi venire a letto con me, però penso ti farebbe bene dormire in compagnia almeno una volta nella vita.»

La donna ghignò sarcasticamente.

«Credi che non abbia mai fatto sesso con un uomo?»

«Credo che tu non abbia mai dormito con un uomo, è diverso.»

Anko rifletté su quelle parole, pensando a quante volte si era sentita sola tra le braccia di un uomo e alle notti in bianco passate dopo aver buttato via parte della sua anima con qualcuno che non amava o neppure conosceva.

«Chiudi gli occhi e lasciati sognare. Qualunque cosa vedrai, una volta sveglia saprai che è finita davvero. E se cadrai ti sosterrò io.»

«E se cadendo invece dovessi trascinarti con me?»

«Allora ci rialzeremmo insieme da terra, e torneremmo sul ramo.» spiegò paziente.

Ad Anko parve di risentire la voce di suo padre, che da bambina le spiegava che per qualsiasi cosa sarebbe potuta andare in camera loro la notte, senza vergogna.

Parole buttate al vento, poiché solo qualche anno dopo lei era la feccia della famiglia, e non si sarebbe potuta avvicinare neppure al loro quartiere senza sentirsi un’estranea.

Eppure stavolta sentiva che poteva fidarsi di nuovo; Kakashi, Kurenai, Gai e gli altri, erano tutte persone con cui aveva condiviso tutto, anche se non direttamente. Tutti loro avevano perso persone amate, tutti loro continuavano a stringere i denti e a vivere.

Per ogni legame perso, se ne creava uno nuovo.

Quella notte sentiva che aveva appena creato qualcosa con Kakashi, che le piacesse o meno.

Il principio di una nuova famiglia, né la prima né l’ultima che avrebbe avuto.

O forse, stavolta una che sarebbe durata per sempre.

Ma Anko non aveva mai visto il bicchiere mezzo pieno, si era sempre concentrata sul vuoto.

Stavolta però forse avrebbe potuto vederlo per intero.

«Secondo te è vero che le cose brutte che succedono servono a far brillare di più quelle belle?»

«Secondo te la luna domani non ti sembrerà straordinariamente bella, dopo quella di stasera?»

«Odio le persone che rispondono ad una domanda con un’altra domanda.»

Kakashi sorrise al sicuro dietro la sua maschera, ponendo un braccio sulle sue spalle e tirandola a se come avrebbe fatto con una bambina da rassicurare.

«Dormi.»

«Finalmente un’affermazione.»

Turbata si accorse che il cuore, che avrebbe dovuto batterle con forza nel petto per via dell’angoscia, continuava il suo battito regolare. E che i suoi occhi, che prima rifiutavano di chiudersi ma volevano inghiottire il mondo esterno dentro di lei per cancellare tutto ciò che aveva dentro, ora faticavano a restare aperti.

E davvero dormì.

Quando si svegliò, scaldata da un raggio del sole, era nella stessa posizione di poche ore prima. Sentì delle scie fredde scorrerle lungo le guance e le cancellò con una mano.

Guardò verso Kakashi, che ricambiò lo sguardo, già sveglio per via dei suoi lamenti. E perdendosi in quelle iridi nere l’incubo che l’aveva tormentata per notti e notti anni prima e che quella notte come temeva le si era ripresentato in tutta la sua realisticità, cominciò a sbiadire, non potendo reggere il confronto con la realtà.

«Hai ancora paura di cadere?»

«Chi, io? Dovessi cadere mille volte, mi rialzerei duemila!» esclamò lei, distogliendo lo sguardo. Il suo tono era ancora troppo amaro, poiché il suo incubo non era ancora del tutto sparito. Eppure quelle parole appena pronunciate cominciavano a convincere anche lei.

«Sorridi Anko.»

Si sorprese di quelle parole, sollevando appena gli angoli della bocca di riflesso.

«La vita non è così male se la sai vivere.»

Lo sguardo di lei divenne sarcastico.

«O se sai sopravvivere. Dipende.»

Di fronte a quell’onestà, scherzosa ma non troppo, si sentì svuotare di ogni malinconia, sorridendo apertamente.

«Tentiamo allora.» approvò, battendo le mani contro le gambe per terminare il discorso e saltando giù dall’albero prima che lo shinobi potesse reagire.

Colto da un presentimento portò una mano alla tasca del giubbotto, e confermò i propri sospetti: non aveva il portafogli con se.

«E grazie per la colazione che stai per offrirmi!» aggiunse infatti Anko, scoppiando a ridere.

«Certo, certo…» sbuffò Kakashi raggiungendola.

La donna guardò il sole appena sorto, e dall’altra parte la luna ormai sbiadita che accennava a sparire dietro ai monti. Non era più di quel colore sbagliato.

E ora aveva qualcos’altro da associare a quel giallo e a quelle notti, che non le avrebbero fatto più paura come prima.

Qualcosa che avrebbe brillato anche in assenza del sole e della luna.

Il rumore di passi strascicati e veloci alle sue spalle.

Un riflesso argenteo.

Qualche parola casuale, che poi casuale non era.

Un legame indissolubile

con chi aveva condiviso un po’ del suo dolore.

Smielata ed insensata, si.

Ma sono mezzo addormentata e non riesco a fare di meglio.

Ho drammatizzato un bel po’, doveva essere una “mia” storia del resto, però la frase "Sorridi, la vita non è così male se la sai vivere. O se sai sopravvivere. Dipende." l’ho presa da una persona meravigliosa che mi ha detto questa frase proprio ieri, e che mi ha colpita.

Dato che sono impedita e non so esprimere la mia riconoscenza a parole, ci ho scritto sopra questa roba.

Spero tu capisca che anche se qui la situazione era diversa, il valore di quelle parole e della tua compagnia sono reali ed enormi come quelli di cui parlo in questa fic, e che hanno risollevato il morale alla protagonista nonostante tutto proprio come alla sottoscritta.

Non è il meglio che posso fare, mi dispiace, sai anche tu in che condizioni psicofisiche sono (XD) però le intenzioni erano buone.

Renderò ogni favore a me fatto, signorsì!

(e ci sta bene un “Kerro!”)

   
 
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