Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: _Hermy_    16/05/2013    2 recensioni
Parigi. L'amore fraterno di due gemelli con in comune ben poco. Una madre strega che vive come una babbana; un padre di cui non sanno nulla. Eppure, un caso del destino li porterà in Scozia, nella scuola di Magia più famosa della Gran Bretagna. E lì sveleranno le bugie a cui non hanno mai creduto e si affezioneranno ad un uomo a cui tanto somigliano...
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Da VI libro alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo 1 - Pilot.





Un ciuffo biondo gli cadde davanti agli occhi; il ragazzo provò a sistemarlo dietro l’orecchio con una mano, ma quello, impertinente, tornò al suo solito posto. Sua sorella aveva ragione a dirgli di tagliarsi quei maledetti capelli. Brian Nathan Watson, con un sonoro sbuffo, accartocciò l’ennesimo foglio di pergamena che aveva davanti, spedendolo nel cestino.
10 punti per il canestro.
Ritinse la piuma nella boccetta d’inchiostro e ricominciò il tema di Pozioni daccapo. Era un’autentica seccatura, soprattutto sapendo che, nella stanza accanto alla sua, c’era un altro compito già fatto e ben scritto, che giaceva abbandonato su una scrivania da ben due mesi: sembrava quasi che la sua cara sorellina lo facesse apposta a fargli venire certe tentazioni… Ma naturalmente il suo orgoglio era troppo grande per abbassarsi a chiedere aiuto; inoltre, se l’avesse fatto, avrebbe dovuto far copiare alla grande bip i compiti di tutte le altre materie.
Maledetto Orgoglio: ci avrebbe ucciso tutti…
Una goccia nera cadde sui suoi jeans chiari, sporcandoli. Un borbottio rabbioso gli affiorò alle labbra e, al limite della pazienza, chiuse di scatto il libro, avvitò la boccetta d’inchiostro e si alzò per prendere un paio di pantaloncini puliti dall’armadio.
Con i jeans in mano, uscì dalla stanza, sbattendosi alle spalle la porta in legno chiaro. Se ne pentì subito dopo: sua sorella era in casa, consapevole del fatto che lui stesse cercando di studiare, e che il rumore della porta non era dovuto alla fretta, ma alla frustrazione; immaginò il ghigno soddisfatto che avrebbe incurvato le sue labbra e il lampo di godimento che le avrebbe attraversato gli occhi, sostituendo per un istante quella maschera di gelo e indifferenza che si portava sempre dietro.
Arrivato nel bagno di servizio, usato più che altro come lavanderia, posò i suoi jeans sulla lavatrice, con la macchia d’inchiostro bene in vista, e prese detersivo e candeggina, pronto ad un bel servizio fai-da-te.
Un ricordo improvviso lo fece scendere di sotto, attraversando le scale in legno pregiato, oltrepassando il loro grande salotto e arrivando fino in cucina, dove aprì il frigo e versò un bicchiere di latte; lo portò di sopra e, con un batuffolo di ovatta, cominciò a bagnare un po’ la macchia. Dopodiché mise in jeans in lavatrice insieme ad altri panni sporchi, scelse il programma con temperatura annessa e, prima di chiudere lo sportello, si tolse la maglietta e mise anche quella a lavare, avviando la macchina babbana.
Oltre ad essere l’uomo di casa, si stava trasformando anche in una perfetta casalinga: se non le faceva lui certe cose, sua madre e sua sorella preferivano buttare la roba sporca e comprarne direttamente dell’altra. E poi si sarebbero trovati tutti a vivere sotto i ponti.
Il caso volle che in quel momento suonassero alla porta.
E fu più Fortuna che Caso per la povera Julie Aurore Perez, che si vide aprire la porta da un Dio Greco in costume e quasi svenì per terra: quel suo sguardo da Playboy nei suoi occhi marroni, in contrasto con la pelle chiara del viso e coi i suoi capelli biondo platino, quel suo fisico muscoloso, grazie agli allenamenti di Quidditch, erano capaci di far cadere chiunque ai suoi piedi (i più bei piedi che la fauna femminile di Beauxbatons avesse mai visto…)
- Ciao, Juls -
Quel nomignolo, pronunciato da quella voce profonda e mascolina, suonava come il nome di una dea…
Brian nel frattempo era sinceramente indeciso sul da farsi: forse avrebbe dovuto mettersi dietro di lei, pronto a sorreggerla non appena fosse caduta; però poi la poverina si sarebbe trovata a meno di 10cm dal suo viso e sicuramente si sarebbe fatta venire una specie di infarto.
Era già successo e NON era un bello spettacolo…
- Dominique è di sopra – le disse, sperando di farla rinsavire.
Ma nemmeno il nome della sua migliore amica parve farla tornare dal mondo dei sogni, in cui lui era il Dio dell’Amore e della Bellezza e lei una delle sue ancelle, votata ad amarlo e servirlo.
Con un’immensa voglia di portarsi le mani in faccia, al colmo della disperazione per quell’immagine che era costretto a vedere ogni qual volta che Julie passava a trovarli, quasi si nascose dietro la porta con il pretesto di farla passare e lei, non avendolo più nel suo campo visivo, parve riscuotersi e, arrossendo fino alla punta dei capelli, entrò in casa e si diresse verso le scale.
Chiusa la porta, Brian sospirò: era carina Julie, con i suoi capelli biondi corti quasi a caschetto e i suoi occhi nocciola, che ispiravano una purezza che lui sapeva essere solo un’illusione; era intelligente, furba e quasi più caparbia di sua sorella: aveva un carattere forte, anche se caratterizzato da un’insicurezza di fondo, dovuta al suo vivere all’ombra di Dominique e non sentirsi mai abbastanza… Però le voleva bene.
Peccato per il piccolo difetto che fosse completamente innamorata di lui…
Il ragazzo, da perfetto gentiluomo, la seguì su per le scale, accompagnandola alla porta di legno bianco appena a sinistra del corridoio: molti (sua madre, suo zio, i suoi amici) credevano che il colore di quella porta rappresentasse l’esatto opposto della sua proprietaria; secondo lui, invece, era assolutamente azzeccato. Quel tipo di legno, bianco e candido, veniva dalle regioni innevate dell’Alaska, caratterizzata da neve e gelo; lo stesso gelo che aleggiava negli occhi grigi di Dominique Priscilla Watson, quando, dopo un lieve bussare, aprì la porta, squadrandoli con aria contrariata.
- Che fai qui Julie?? -
Il tono era seccato e infastidito; Brian non si stupì che la voce della bionda fosse così bassa quando parlò.
- Devo darvi una notizia della massima importanza…- spiegò, non osando guardarla negli occhi.
Nessuno aveva mai avuto il coraggio di sfidare quegli occhi: tempesta e ghiaccio, freddo e gelo, una corazza impossibile da distruggere, un muro invalicabile.
Erano poche le persone con cui Dominique si apriva. E comunque non lo faceva mai completamente.
Alzando gli occhi al cielo, dato il comportamento sempre più piegato di Julie, la ragazza aprì di più la porta facendoli entrare: indossava una semplice canotta bianca che le evidenziava i fianchi snelli; aveva un corpo sottile, ma delle gambe lunghe e slanciate. Non dimostrava la sua età.
Si distese sul letto, chiudendo di scatto il suo Lapmagic.
- Allora??- chiese, guardando Julie con aria indifferente.
- Al reparto di mio padre al Ministero era giunta una voce dal Dipartimento per gli Uffici Esteri che sono riusciti a confermare solo stamattina – cominciò la ragazza, evitando di guardare Brian – A quanto pare il Ministero della Magia di Parigi, con quello di Londra e di Sofia, hanno da poco concluso gli accordi per uno degli eventi più importanti per quanto riguarda la Cooperazione Magica Internazionale: il Torneo Tremaghi -
Brian pensò che se c’era una cosa che Julie riusciva a fare benissimo, anche non sembrava, era parlare in pubblico: sapeva come suscitare la curiosità di chi ascoltava, con pause ad effetto e toni importanti. Gli dispiaceva solo che sua sorella non le desse alcuna soddisfazione: se non fosse stato che lui e Domi si dicevano qualunque cosa, avrebbe creduto che lei sapesse già tutto.
- Praticamente si tratta di una competizione tra le Scuole di Magia più importanti d’Europa: Beauxbatons, Hogwarts e Durmstrang. Per ogni scuola verrà scelto un Campione da un giudice imparziale, che dovrà gareggiare in 3 prove e provare a vincere la Coppa Tremaghi -
- Un giudice imparziale??- chiese curioso Brian.
- Già…- rispose la ragazza – Nessuno sa di chi si tratta. Solo i presidi e il Direttore del Dipartimento Internazionale della Magia sanno chi è; sai, vogliono cercare di evitare il più possibile la “fuga di notizie”- il tono di voce era leggermente sarcastico – Comunque, dicono che sia impossibile corromperlo…Ah, e solo i maggiorenni potranno provare a partecipare: questioni di sicurezza a quanto pare…-
- Quando comincerà il Torneo??- la interruppe Dominique.
- I campioni verranno scelti come da tradizione la sera del 31 ottobre, ad Halloween -
Domi, impercettibilmente, parve rilassarsi.
- Meno male che compiamo 17anni questo settembre…- disse Brian, dando voce, e lo sapeva bene, ai pensieri di sua sorella, che però non si scompose.
- Credo che partiremo per Hogwarts intorno al…-
- Per Hogwarts?-
Ora la voce di Domi aveva un tono strano, che andava dall’incredulo al preoccupato…
- Oh, sì, è lì che si terrà il Torneo -
Julie parve quasi scusarsi, accorgendosi solo in quel momento di non averlo detto prima.
L’espressione di Domi tornò indecifrabile, mentre Brian si irrigidì; Julie però parve non notarlo.
- È stato organizzato in onore di Cedric Diggory, il ragazzo che è morto l’ultima volta…- la bionda si morse un labbro, preoccupata – Voi credete che sia pericoloso?-
Entrambi i fratelli non risposero: il silenzio venne interrotto dal suono di un paio di chiavi nella toppa, la porta di casa che si apriva e una voce gentile di donna urlare “Sono a casa!”
Brian scattò dalla sedia e si precipitò giù dalle scale; Julie fece per seguirlo, ma Dominique le bloccò un braccio.
- Non una parola di tutto questo con mia madre -
Julie capì, dal tono che non ammetteva repliche e dallo sguardo dell’amica, che ricordava le tempeste di neve in pieno inverno, che era una minaccia.
E lei non aveva intenzione di mettersi nei guai.
Isobel Watson, occhi marroni, capelli ricci e castani, corpo da donna, non era quel tipo di persona che spiccava in mezzo alla gente: non era brutta, ma niente del suo aspetto esteriore portava gli uomini a guardarla. Era l’emblema della mamma perfetta: una semplice maglietta a mezze maniche, una felpa, un paio di jeans e delle finte scarpe da ginnastica con la zeppa: non portava magliette scollate, né minigonne o “stivali assassini”; niente alcol o fumo. Un bicchiere di vino raramente a cena, un completo nero con il pantalone per le cene e i pranzi di lavoro e un vestito sobrio e elegante per le feste a cui veniva invitata di rado. Mai una botta di vita; l’unico uomo che riusciva a portarla fuori, dopo ore di convincimento anche da parte di Brian, era il loro zio.
Pacata, gentile, servizievole; fin troppo controllata per una che aveva partorito due gemelli a 18anni…
Una sera d’estate, Dominique tredicenne aveva visto sua madre indossare una camicia più stretta del solito, evitando di chiudere tutti i bottoni; l’aveva vista indossare una gonna nera e i decolleté che metteva per le grandi occasioni; si era anche fregata la sua borsa Valentino e, per una volta, Domi non aveva detto niente; la scusa ufficiale era stata una cena di lavoro, ma la ragazza aveva capito che, in realtà, sua madre aveva il suo primo appuntamento da quando erano nati.
Si era chiesta, solo per un attimo, se mentre loro erano a scuola, lei non facesse baldoria.
Subito aveva scacciato via quel pensiero: non aveva mai avuto un’aria completamente felice, si portava addosso quella nuvola di tristezza che cercava di nascondere con i suoi sorrisi o con la rabbia che sfogava quando litigava con Dominique.
La ragazza quella sera l’aveva aspettata alzata, girovagando nella sua camera, ma, quando aveva sentito il rumore della porta, guardando l’orologio si era accorta che era presto. Troppo presto…
Aveva sentito i passi stanchi di sua madre su per le scale e poi sulla mochette in corridoio: aprendo piano la porta, era sgusciata fuori fino alla sua camera. L’aveva sentita singhiozzare.
Era rimasta lì ferma ad ascoltare, senza riuscire a muovere un muscolo, fino a quando Isobel non si era addormentata. La mattina dopo, l’allegria di sua madre era solo una maschera, aiutata dal trucco per nascondere le occhiaie.
Degna attrice, abituata alla menzogna.
- Mi aiutereste nella spesa??-
La voce di sua madre la riportò alla realtà. Julie e Brian subito andarono ad aiutarla con le buste per la spesa: Dominique, invece, si sedette al tavolo della cucina a guardarli sfacchinare.
Nessuno, nemmeno il più bravo osservatore, avrebbe detto che sua madre fosse una strega: aveva una cartoleria babbana, si vestiva come un babbano e Domi non l’aveva mai vista usare la magia; in effetti, sapeva che lei aveva dei poteri magici solo perché possedeva una bacchetta, che portava sempre con sé, come se si aspettasse in ogni momento che potesse succedere qualcosa. Inoltre, la loro cantina era stata trasformata nello studio magico più all’avanguardia che lei e suo fratello avessero mai visto: ingredienti per pozioni, vecchie ricerche, libri, milioni e milioni di libri magici su qualunque argomento. Lei e suo fratello studiavano sempre lì e a entrambi era capitato molte volte di prendere dalla dispensa di sua madre gli ingredienti per le loro pozioni.
Eppure Isobel Watson, per quanto sembrasse avere una vastissima cultura in tutte le discipline magiche, non toccava la sua bacchetta da 17 anni.
E anche se Domi passava l’inverno a Beauxbatons, lo percepiva dal modo in cui sua madre guardava quel sottile pezzo di legno: tristezza, nostalgia, bisogno…La magia le mancava più di ogni altra cosa.
Era come se avesse annullato una parte di se stessa.
- Grazie Dominique per averci aiutati- le disse, sarcastica.
- Prego -
Isobel alzò gli occhi al cielo, chiedendosi da chi avesse preso. Ma, prima di potersi facilmente rispondere e risvegliare ricordi soppressi, un grosso gufo grigio entrò planando dalla finestra aperta e andò a poggiarsi sul tavolo della cucina.
- Devono essere le lettere da Beauxbatons! – esclamò Julie.
Brian prese del cibo per uccelli e lo lanciò al gufo; poi prese le due lettere.
- Mmm…le solite cose – disse, leggendo – Libri, ingredienti…ah, e c’è scritto anche “abito da cerimonia”, che diavolo vuol dire??-
Gli occhi di Isobel si spalancarono e prese di scatto la lettera dalle mani di Brian, leggendo inorridita.
Si girò verso Domi con uno sguardo di fuoco; la ragazza si mise sulla difensiva, pronta a vincere un altro dei suoi litigi con la madre.
- Che c’è??- chiese, facendo finta di niente.
- Tu sai che significa??-
- Bè…- cominciò – credo che abbia a che fare con il Torneo Tremaghi a cui parteciperà la scuola quest’anno -
Julie si sentì quegli occhi grigi addosso che la invitavano a parlare.
- Sì, l’abito servirà per il Ballo del Ceppo, un evento mondano che si svolgerà la sera della Vigilia di Natale – spiegò la bionda – Sa, signora Watson, il Torneo Tremaghi è una grande competiz…-
- So cos’è!- la interruppe Isobel.
Julie abbassò lo sguardo e, mormorando che era meglio andare, uscì dalla cucina; Brian sentì il rumore della porta d’ingresso sbattere.
- Voi due non parteciperete!!-
- Cosa?!?-
Isobel aveva rotto quel silenzio carico di tensione; eppure quasi saltò all’urlo arrabbiato di Dominique, che, in piedi di fronte alla madre, aveva una tempesta negli occhi.
- È troppo pericoloso!!- spiegò – Non potete rischiare tanto, nessuno di voi due!!-
- Mamma, ci saranno tutti i sistemi di sicurezza più all’avanguardia…- si intromise Brian, cercando di calmarla.
- Ah davvero?? Anche l’ultima volta l’avevano detto, eppure un ragazzo è morto!!-
Isobel respirava forte, cercando di recuperare la sua solita calma: non poteva svelarsi così…
- Proprio per questo – continuò Brian – Ora sarà…-
- Dove si svolgerà il Torneo??-
Quella domanda le uscì prima che potesse fermarsi; e la risposta che ne derivò fu come un sasso dritto nello stomaco, una consapevolezza che si cerca di arginare, pregando sia solo uno stupido presagio, che poi però si rivela la dura realtà…
- Hogwarts -
Fu Dominique a rispondere, lo sguardo dardeggiante.
- E tu non puoi fare niente per fermarci -
Isobel vide quel ghigno familiare dipingersi sulle labbra di sua figlia e un lampo di pura soddisfazione attraversarle gli occhi. E fu, come sempre, il guardare quel volto tanto familiare e tanto sconosciuto al tempo stesso, che la fece sentire priva di forze; abbassò il volto, sfinita.
Brian trascinò sua sorella di sopra, ma Dominique, invece di andare in camera sua, seguì il fratello e si sedette sul letto, pieno di riviste di Quidditch.
- Sai che la Collado Magic School non è lontana da Hogwarts??- chiese, sfogliandone una.
- Dominique…-
- Non dire Dominique con quel tono -
Brian sbuffò.
- Hai già provato a contattarli e senza risultati. Non lasceremo la scuola per sentire un altro “No” -
- Una cosa è per lettera, una è da vicino. E poi, non potranno mai resistere a due poveri orfani alla ricerca delle loro origini-
Ora lo guardava, di nuovo ghignando.
- Domi, per favore!! Possiamo evitare di programmare di metterci nei guai prima ancora che la scuola sia cominciata??-
Domi sorrise, soddisfatta; si alzò e, baciando suo fratello su una guancia, se ne andò in camera sua.
Dopo 17 anni, finalmente aveva la possibilità di rintracciare suo padre.
Lo avrebbe trovato.
Anche a costo della vita.














*Viviamo tutti all’oscuro di qualcosa che ci riguarda*
[Chiara Gamberale]














La grande tavolata era per lo più vuota: la donna sedeva a capotavola; mangiava, da sola.
Erano ormai anni che quella casa era vuota; vuota e silenziosa. L’unico rumore era provocato dagli elfi in cucina, che le stavano servendo la cena.
La donna sospirò: anche se non gliel’avrebbe mai detto, adorava quando suo figlio passava qualche giorno con lei. Certo, era una presenza silenziosa, a volte anche scorbutica, ma la faceva sentire di più a casa
Si alzò, un bicchiere di Firewhisky in mano, e arrivò fino al grande specchio sopra il camino: Era ancora bella si ritrovò a pensare, anche se gli anni erano passati anche per lei. Solo gli occhi testimoniavano la stanchezza e la fatica di una vita passata a difendere le cose che più le stavano a cuore, agendo sempre nell’ombra.
Un piccolo vibrare le fece tirare fuori il cellulare dalla tasca: odiava i “messaggini”.
Guardando quelle parole il suo volto non mutò: bevve solo un lento sorso dal suo bicchiere. Tornò a sedersi, riprendendo a mangiare.
Ah, sarebbero stati tempi duri quelli.
Lei lo sapeva. Non aveva bisogno di quella frase.
”Abbiamo un problema”
”Che novità” fu la sagace e sarcastica risposta.
La donna immaginò la sua faccia quando la avrebbe letta. E anche le imprecazioni che ne sarebbero derivate.
Bevve un altro sorso.
Un ghigno soddisfatto le si dipinse sul volto.
Rettifico: adorava i messaggini.




  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Hermy_