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Autore: Martowl    16/05/2013    1 recensioni
Lux ha diciotto anni ed ha un tatuaggio che dice 'Per ostium intrant.'
Quella frase la ripete fin dall'infanzia, la sogna e la vede. Così come un paio di occhi viola.
Quando poco tempo prima dei suoi diciotto anni, i suoi genitori scoprono il fatidico tatuaggio, succede il finimondo.
Lux è stata adottata, una notte, quando una strega dagli occhi viola si presentò alla porta con un piccolo fagotto.
E poi c'è il viaggio, alla scoperta della verità.
Tra stregoni, nel Regno di Ostrub, e università, nel nostro Mondo, Lux sconfiggerà mostri ed esami.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per ostium intrant.

Prologo.

 

 

                Betato da Flamel





Correva il tanto atteso diciotto maggio.

Erano mesi che organizzava, nei minimi dettagli, quella giornata.

C’era la partenza in treno di mattino presto da Brighton per arrivare ad un’ora accettabile per Mae.

Mae era la ragione della sua sveglia, della puzza che aveva sopportato nei vagoni, della musica ascoltata a ripetizione.

Mae era bella, capelli castani lisci, due occhi vispi verdi, delle labbra piccole e un viso ricoperto di efelidi. Un corpo fine e delicato.
Mae era il contrario di lei.

 Lunghi capelli rossi tendenti al boccolo, un paio di occhi ghiaccio, la pelle diafana e labbra carnose. Il suo corpo non era fine, men che meno delicato. Curve ovunque, dove poteva benissimo evitare di averne.

Lei è Lux, come la sua bisnonna e, per quanto le è stato concesso sapere, era anche il nome di qualche parente ormai defunto.  

Primo anno di Università a Yale, lontana dalla famiglia. Un banchiere e un’avvocatessa che l’avevano cresciuta a suon di economia e di giustizia. Lux sin da piccola sognava la fuga, la sognava sotto forma di una casa magica, di un paio di occhi viola e una formula magica.

Ma non ne parlava mai con nessuno. Scriveva pagina e pagine su quegli occhi, disegnava ogni angolo di quella casa. A diciassette anni, di nascosto, si era tatuata ‘Per ostium intrant’ sull’avambraccio.

Per un anno era riuscito a nasconderlo dai genitori, fino a quando un giorno la madre non era entrata in camera sua mentre Lux si stava svestendo. Appena notata la scritta, Lux notò il volto della donna sbiancare. Corse le scale, la donna, alla ricerca del marito.

Lux ascoltò i sussurri provenire dal piano inferiore, sentì le lacrime della madre e l’apprensione del padre. Nel giro di qualche minuto entrambi fecero il loro ingresso nella camera della ragazza.

«Nel giro di qualche giorno sarai maggiorenne, sarai responsabile di te stessa» iniziò suo padre.

«Yale ti ha accettato e te ne andrai» continuò la madre.

«È ora che tu conosca tutta la verità».

«Mettiti comoda, cara».

I suoi genitori completavano le frasi a vicenda, era una cosa che Lux mal sopportava.

«Di cosa dovete parlarmi?» chiese incuriosita.

Il discorso durò un’ora o più, in cui Lux rimase zitta, la madre pianse e il padre raccontò per filo e per segno l’accaduto.

Non era figlia loro, non dalla nascita. Lux apparteneva al Regno di Ostrub.

In un luogo lontano e protetto, streghe e Re vivevano indisturbati. Lux era la figlia non riconosciuta del Principe. Una sera, alla porta, era venuta una donna dagli occhi viola e si era presentata come madrina di quel bebè. I suoi genitori desideravano tanto una bambina e, seppur inizialmente diffidenti, riuscirono a crederci e a prendere con sé quel fardello. L’unica richiesta era quella di nascondere a Lux la verità, almeno fino alla maggiore età.

Ora Lux stava per compiere diciotto anni e la scoperta di quel tatuaggio aveva fatto scoppiare la madre.

Troppe bugie per tutta la vita.

 

I freni stridevano, le persone si alzavano, raccoglievano i bagagli e si indirizzavano verso la porta.

Tempo qualche secondo e avrebbe rivisto Mae, dopo tanti mesi.

 

«Lux!».

Prima arrivò il profumo, poi la persona.

Sapeva di ciclamino, rosso per l’esattezza, il suo preferito.

Due iridi verdi che coloravano tutto.

Riprese a respirare, dopo tempo.

«Mae!».

Era un incontro di braccia, sorrisi e anime.

«Mi sei mancata!» si dissero all’unisono, per poi scoppiare a ridere.

 

Ecco perché tornava ad essere libera, perché Mae era una sorella, per lei.

In città non aveva raccontato a nessuno quella scoperta, non se la sentiva.

Si era sentita turbata, usata e anche sbagliata.

Era pronta per uno psicologo, a detta dei suoi.

«Salve mi chiamo Lux, almeno credo. È così che mi hanno sempre chiamato i miei genitori, cioè quelli adottivi. Ma non cerchi documenti, è stata una strega a portarmi da loro, in una notte di quasi diciotto anni fa. La strega? Non so chi sia, signore. Sono figlia del Principe del Regno di Ostrub, presente? No, certo che no, lei è un comune mortale, signore».

Era pronta per un Centro per psicopatici, a detta sua.

Lux non si era accettata subito, erano passati mesi prima che cominciasse a crederci.

Aveva passato notti insonne, che si alternavano ad altre piene di incubi, occhi viola e portali.

Poi però aveva visto una donna, aveva gli occhi azzurri e i capelli color mogano. Era bella, bella da far male.

Vide, al suo seguito, una bambina, rossa come lei, con le sue stesse iridi ghiaccio. Si allungò, per raggiungere la madre. Lux sentì solo una parola urlata, prima di svegliarsi.

«Mamma!» disse la piccola.

Quella bimba -lei a quattro anni, ebbe modo di scoprire da una foto- si aggiunse ai suoi sogni, ogni notte compieva un passo in più.

La sera che riuscì a raggiungere la madre, la sera che venne presa in braccia e abbracciata, capì che tutto quello era vero.

L’indomani chiamò Mae, alla ricerca di conforto. Se possibile, la ragazza ci mise più tempo della diretta interessata ad accettare tutto.

«Devo metabolizzare, Lux».

L’unico problema fu che ci mise all’incirca tre mesi per metabolizzare, giorno più giorno meno.

Lux compì i tanto attesi diciotto anni e, dopo la chiamata di Mae, dopo la riconciliazione, decise di partire e andare da lei.

In quei mesi però, aveva fatto ricerche, sia da sola sia aiutata.

La madre le aveva fatto recapitare una lettera il giorno del suo compleanno.

 

Cara Lux,

se stai leggendo questa lettera, vuol dire che hai compiuto diciotto anni

e che i tuoi genitori non sono riusciti a nasconderti la verità.

Non so come tu l’abbia presa,

non so quanto tempo tu abbia dovuto impegnare per metabolizzare la notizia.

 

Penso che i tuoi genitori ti abbiano detto la tua storia, a grandi linee.

Lasciami spiegare, dettagliatamente, la scelta dei tuoi veri genitori.

Erien è il nome di tuo padre, il Principe.

Ringil, la Principessa, è tua madre.

Era tempo di guerra, quando nascesti tu.

Si erano sposati da circa sessanta giorni, proprio per farti nascere dopo il matrimonio.

Per quanto si possa credere il contrario, il nostro Regno non è tanto diverso dal tuo mondo.

Era una notte stellata, quando tua madre ti diede alla luce.

Ricordo le fate intorno alla casa, per proteggerti.

Ricordo i soldati in guerra, dei quali molti ne dimenticammo sulla terra nemica.

Ricordo le strazianti urla della Principessa, gli occhi pieni d’amore e preoccupati del Principe.

Ricordo la Regina che guardava la scena dalla stanza accanto,

stringendo le mani del Re.

Tutti ti stavano aspettando, Lux.

Eri la luce che mancava a quella terra.

Ma la guerra, il buio, rischiava di spegnerti.

Sei stata con noi una settimana, sei stata accudita e amata.

Poi c’è stata la dura scelta: meritavi di vivere bene.

Ti ho portato, personalmente, alla casa dei tuoi genitori adottivi.

Abbiamo parlato, discusso e ragionato. Abbiamo creato delle regole per proteggerti.

Se sei arrivata a leggere questa lettera, vuol dire che il tempo è passato e tu sei cresciuta.

Se sei interessata a conoscere anche questa parte della tua vita, torna a Ostrub.

Non dico per sempre, ma per qualche giorno.

Tutti saremo a tua disposizione, più nulla ti sarà nascosto.

Ogni giorno, dal giorno del tuo compleanno, un magone ti attenderà.

C’è una grossa biblioteca, all’interno di Denver. All’entrata secondaria ci sarà un uomo che ti aspetterà.

Sarà lui a venirti incontro, ti riconoscerà, stai tranquilla.

Sei diventata grande, sei una donna e la scelta, d’ora in poi, sarà solo tua.

 

Agatha.

 

Aveva letto quella lettera fino allo sfinimento e aveva imparato a memoria ogni singola parola.

Ci aveva pensato e ripensato, aveva pure fatto una lista di pro e contro.

Tempo due giorni e partì, alla scoperta di quel mondo.

Appena arrivata a Denver pensò a Mae, ma non poteva ancora chiamarla.

Prese la strada per la biblioteca e andò alla seconda entrata, come richiesto.

Era gremita di persone. Chi parlava, chi fumava, chi si rilassava. Nessuno di sospetto agli occhi di Lux.

Fece in tempo a controllare nuovamente che un ragazzo, poco più grande di lei, si presentò al suo fianco.

«Tu sei Lux» disse con voce profonda, molto roca.

La ragazza annuì, presa in contropiede.

Si aspettava un uomo vecchio e barbuto, non un ragazzo alto, con capelli biondi e gli occhi azzurri.

«Ti ho aspettato per due mesi. Al Regno parlano molto di te».

«Davvero?» d’un tratto riprese l’uso della voce, incuriosita.

«Sei un argomento molto discusso. Per i primi anni molti uomini del popolo si tennero alla larga dalla tua famiglia poiché non appoggiavano la scelta presa dai tuoi genitori».

«In questi anni è cambiato qualcosa?» chiese pensierosa.

«Assolutamente sì. Sono saliti al trono dopo la morte dei tuoi nonni. Tutti dovettero augurar loro lunga vita. Ora le cose sono cambiate e, grazie al cielo, sanno governare. Ciò ha portato il popolo a riavvicinarsi alla Famiglia Reale».

Durante la loro conversazione, i due ragazzi si erano allontanati ed erano arrivati a una casa diroccata.

Piante rampicanti riempivano la parete nord, un vecchio balcone cedeva visibilmente e una finestra era rimasta aperta, facendo entrare tanta sporcizia.

Aveva qualcosa di speciale, secondo Lux.

Rimase a fissarla fino a quando il ragazzo non le toccò una spalla per ridestarla.

Spostò l’attenzione a lui. Si rese conto di non conoscerlo.

«Tu chi sei?» chiese.

La guardò con sguardo confuso, come se avesse davanti una persona malata di Alzheimer.

«Sono il secondo stregone della Famiglia Reale».

«Sei troppo giovane» disse, suonando quasi accusatoria.

Il ragazzo sorrise.

«Mio padre è il primo stregone e io, sangue del suo sangue, ho seguito le sue orme fin dall’inizio».

Lux lo guardò, cercando delle bugie.

Aveva perso la fiducia nelle persone. Chissà perché.

«Quanti anni hai?».

«Ventidue, fra poco.»

«Come ti chiami?».

Suonava come un interrogatorio, ma Lux non ci diede peso.

«Mi chiamo Ennòn» rispose il ragazzo, inchinandosi leggermente.

La ragazza lo guardò, mentre lui si spostava a destra e manca, sistemando il necessario.

Poi la guardò e le fece segno di raggiungerlo.

Le allungò la mano e attese. Lux era diffidente.

Lui si avvicinò e le sussurrò all’orecchio.

«Fidati, Lux».

Lei chiuse gli occhi, presa da quel breve tremito che la sfiorò.

Sentì l’aria, il sole, i profumi, i rumori.

Lì sentì per qualche secondo, poi il buio.

Attese impaurita, ancorata alla mano di Ennòn.

Aprì gli occhi e tutto prese colore.

Colline, fiumi, fiori di primavera, popolane e cavalieri.

Abitazioni diroccate, case di legno, rondini e colibrì.

Profumi, rumori, colori. Tutti diversi.

In fondo, proprio sulla cima della collina più alta, si innalzava un castello.

Non era lugubre, bensì vivo.

Una bandiera azzurra si muoveva lentamente. Al centro lampeggiava un fascio di luce chiara e, sulla cima, una stella.

Luce chiara. Lux.

 

Infine Ennòn parlò.

«Benvenuta a Ostrub, Principessa».

 

Momento mio!

Buonsalve, come va? 
Questa è la mia prima fantasy quindi, siate clementi!
In realtà avevo già scritto, ma quattro anni fa, ciò significa che era un abominio. 
Più di questa, sì!
Okay, questo è il prologo. (:
Avete consigli? 
Fatemi sapere, cari. 

Martowl.

   
 
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