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Autore: Shannonwriter    16/05/2013    7 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Alice, Alice, indossa quel cappello,
Alice, Alice, un salto nel ruscello,
Alice, Alice, il mondo là è più bello...”

La cantilena era fastidiosa e Alice dovette resistere all'impulso di tapparsi le orecchie. Ma Hartley non voleva smetterla, era a un passo dal mettersi a saltellare lì sul prato, tra margheritine e ciclamini. Alice incrociò le braccia davanti al petto cercando di sfoderare un'espressione niente affatto impressionata, ma era difficile se lui continuava a stonare una filastrocca così imbecille.

“Hai finito?” gli chiese annoiata facendo di tutto per contrastare il sorriso che le stava fiorendo sulle labbra.

Hartley si fermò di colpo sul posto come uno che sta giocando a un due tre stella. “Non ti piace la canzone che ho scritto per te?” chiese sorpreso.

Alice scrollò le spalle.

“Potresti accompagnarla col tuo pianoforte” suggerì Hartley ammiccando.

Alice alzò gli occhi al cielo. “Grande idea” commentò per niente entusiasta. Le stava solo ricordando perché si trovavano lì; sua madre aveva prenotato quella location sconvolgentemente costosa negli Hamptons solo per far vedere ai suoi amici del country club quanto era brava la sua bambina appena accettata alla Juilliard. In altre parole voleva vantarsene.

“Allora accetta la mia filastrocca come umile regalo per festeggiare la lettera di ammissione alla prestigiosissima Julia's.”

“Juilliard” lo corresse lei soffocando una risatina.

Hartley alzò le mani come a difendersi. “Scusi madam!”

E stavolta Alice rise davvero. Era venuto lì per lei, o meglio si era intrufolato lì per lei dato che non era stato invitato. Sua madre non approvava l'amicizia con Hartley, non viveva in un appartamento di lusso dell'Upper East Side e questo lo rendeva al pari di uno dei loro camerieri. Ma ad Alice non era mai importato niente dello status sociale delle persone. Uno poteva anche avere il portafoglio pieno di soldi ma un cuore vuoto d'amore. Quel pomeriggio di primavera Hartley si era presentato vestito nella maniera più elegante che poteva, un bel cambiamento rispetto al suo solito stile t-shirt e jeans; indossava dei pantaloni grigi, una camicia bianca e un gilet dello stesso colore dei pantaloni. Maniche tirate su a metà braccio, scarpe da tennis a scacchi nere e bianche e il tocco finale: il cappello. Un cilindro per essere precisi, non esattamente nuovo perché si vedeva che aveva delle scuciture in alto ma aveva un che di fico. La carta da gioco appuntata su di esso lo rendeva totalmente eccentrico e Alice poteva solo immaginare quanto sarebbe apparso palesemente fuori posto tra gli altri partecipanti alla festa. Tuttavia Hartley era l'unica persona presente che veramente significasse qualcosa per lei; il suo essere spontaneo, buffo e controcorrente erano le qualità che l'avevano fatta diventare sua amica, del ragazzo con i grandi occhi verdi e i capelli nocciola perennemente arruffati.

“Alice?” la richiamò lui alla realtà schioccando le dita davanti al suo naso. “Sei su questo pianeta?”

Alice sbatté le palpebre. “Si, cosa?”

Hartley sorrise divertito “Persa nei tuoi pensieri un'altra volta?”

Alice cercò di non arrossire. “Stavamo dicendo?”

“Stavamo dicendo che ti ho scritto una canzone magica e tu dovresti proprio ringraziarmi” disse fiero di sé.

“Che era magica non era stato detto” puntualizzò Alice sollevando un sopracciglio. Non l'avrebbe nemmeno definita una canzone in realtà.

“Beh lo è. La accetti come regalo oppure no?” chiese Hartley mettendosi le mani in tasca e dondolando sul posto.

“Ok, se insisti. La tua canzone è meravigliosa, grazie. La accetto con piacere” disse lei in tono formale facendo un piccolo inchino. La gonna larga del suo vestito blu ondeggiava ad ogni suo movimento.

Hartley sghignazzò soddisfatto. “E del mio cappello che ne dici?”

Alice affilò lo sguardo. “Cosa? Indossi un cappello? Non l'avevo proprio notato! Sarà perché è così discreto” lo prese in giro.

Hartley se lo sfilò con un rapido gesto e lo porse a Alice che rimase in attesa. “Ora ne uscirà un coniglietto?” chiese.

“è tuo” disse Hartley “puoi usarlo per fare quello che vuoi, ti porterà dove vuoi” spiegò serio come Alice non lo vedeva quasi mai. Sembrava che davvero ci credesse. Lei rimase scettica comunque. ”Hai bevuto prima di venire qui? Dici cose più assurde del solito”.

Hartley si sciolse un po'. “No, l'alcol mai prima delle 9 di sera. Me l'ha dato un tizio” rispose sbrigativo.

“Quale tizio?” chiese Alice sospettosa. Hartley passava un sacco di tempo in giro per i sobborghi di New York e a volte si chiedeva che genere di gente frequentasse quando non erano insieme. Era un bravo ragazzo ma lei si preoccupava lo stesso; e se si fosse ficcato in qualche brutto guaio un giorno o l'altro?

Hartley si rigirò il cilindro tra le mani. “Non ha importanza chi me l'ha dato. È magico e a te serve magia” disse a voce un po' più bassa tenendo gli occhi sul cappello.

Alice iniziò a sentirsi strana, in che direzione stava andando quella conversazione e perché il suo amico era così serio? “Ah si? E perché ne avrei bisogno?” chiese cercando di suonare disinvolta, spostandosi una ciocca dei capelli biondo miele dietro l'orecchio.

Hartley riportò il suo sguardo su di lei per un istante, poi lo spostò subito in alto, nel blu del cielo. “perché ultimamente riuscire a farti sorridere è diventato un bel po' difficile” rispose facendo calare il silenzio tra di loro.

Finalmente la guardò negli occhi aspettando una risposta. Era capitato un altro paio di volte che Alice e Hartley si trovassero in situazioni di impasse come quella e lei non sapeva mai cosa doveva aspettarsi che succedesse dopo. Cioè, ci aveva pensato ma...se Hartley non fosse stato sulla sua stessa lunghezza d'onda? E se fosse stato un terribile sbaglio? L'avrebbe perso come amico e non poteva permetterselo. Troppi se e troppi ma, meglio andare sul sicuro. Alice tossicchiò rovinando il momento, guardando altrove. “Forse dovresti solo rinfrescare il tuo repertorio di battute” disse in tono ironico. Questo bastò a Hartley per farlo tornare alla solita modalità scanzonata. “Prendilo e basta, ok? Io andrò a sentire qualche serata di cabaret e tu ti infili questo” propose porgendole di nuovo il cappello.

Proprio non voleva lasciar perdere e allora fu Alice ad arrendersi. Prese in mano il cilindro e lo osservò meglio da vicino. Non ci vedeva niente di magico. “Dovrei indossarlo adesso?” chiese incerta. Un gazebo pieno di gente a qualche metro oltre i cespugli e la disapprovazione sul volto di sua madre erano un motivo sufficiente per nascondere il cappello lì da qualche parte e venirlo a riprendere dopo con calma ma non voleva nemmeno offendere Hartley.

Il ragazzo scrollò le spalle. “Come ho detto puoi farci quello che vuoi. Ma sarebbe esilarante vedere la faccia di tua madre se entri con quello in testa” disse Hartley con un sorrisetto diabolico.

Alice scoppiò a ridere perché era esattamente quello a cui aveva pensato lei. Hartley rise con lei, contento di essere riuscito ad allentare la tensione.

“ALICE MARY ABRHAMS!” tuonò una voce femminile non molto lontano da loro, al di là dei cespugli.

Alice smise all'istante di ridere e rimase pietrificata. Fine del momento di calma. Hartley sbirciò tra le foglie. “La strega cattiva ti cerca, principessa” disse.

Questo Alice l'aveva già capito. Tornò a sentirsi agitata come prima che Hartley si facesse vedere e si accovacciò sul prato temendo che sua madre potesse vederla anche nascosta dai cespugli. Hartley si accorse del suo timore e si abbassò accanto a lei. “Hey, è tutto a posto” le disse posandole una mano sulla spalla.

“No, non lo è” rispose Alice con lo sguardo fisso per terra.

“Andrai alla grande, Alice. Li stenderai tutti” la rassicurò.

La ragazza scuoté la testa vigorosamente. “Non sto parlando di quello. Cioè, si anche ma...”

Hartley si accigliò. “Che cosa c'è allora?”

“Non voglio andare alla Juilliard” sbottò Alice tutto d'un fiato. Dopo essersi resa conto di averlo detto a voce alta desiderò di potersi rimangiare le parole. Non aveva programmato di comunicare a nessuno i suoi dubbi.

Allo stesso tempo Hartley non aveva in programma di sentire quella rivelazione. Rimase in silenzio per qualche secondo e poi strinse la presa sulla spalla di Alice. “Allora non andarci” disse come se nulla fosse.

Alice alzò la testa e incontrò il suo viso, a pochi centimetri dal suo. “Fai tutto facile tu” ribatté provando a ignorare quella pericolosa vicinanza.

“Si, spesso è facile decidere. Segui il tuo cuore e farai sempre la cosa giusta” disse Hartley con un'alzata di spalle.

Alice sbuffò. L'aveva già sentita quella frase e dentro di sé sapeva che non era sbagliata ma sapeva anche che spesso si applicava meglio nella finzione, nelle favole ad esempio. Il mondo reale rendeva tutto tremendamente complicato.

Hartley prese la mano di Alice e la fece alzare. “Pronta? Mi ero preparato ad assistere a un concerto ma se i piani sono cambiati possiamo-”

“ALICE!!” urlò di nuovo la madre di Alice. Doveva essere davvero infuriata.

Alice serrò gli occhi e prese un respiro profondo, sentì Hartley strizzarle la mano. Aprì gli occhi, trovò il sorriso incoraggiante del suo amico. Poteva farcela.

Alice fece un cenno di assenso con la testa. Lasciò a malincuore la mano di Hartley e spuntò dalla siepe con lui al fianco dirigendosi a grandi passi verso il gazebo dove la signora Abrhams aspettava con le mani sui fianchi.

“è un peccato che non possiamo svignarcela. Avresti potuto concedermi una sessione privata” le sussurrò Hartley all'orecchio.

Alice si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati. Che cosa? Una sessione privata? Che voleva dire esattamente? Hartley si infilò le mani in tasca e sorrise della sua reazione. Alice non disse niente ma all'ultimo momento si ricordò di avere ancora in mano il cappello e a giudicare dalla sua espressione anche sua madre si era accorta di quell'accessorio bizzarro. Ora era chiaro che non poteva metterselo. Lo passò a Hartley. “Tienilo tu ok? Torno a prenderlo più tardi” promise.

Hartley sospirò e se lo rimise in testa.


Note: ok, un paio di precisazioni: 1. è la mia prima storia originale!! Non avrei mai creduto di pubblicarne una perché tutte le volte che mi viene un'ideona finisco per abbandonarla dopo un pò ma questa volta sembra che sia sulla strada giusta quindi ho deciso di condividerla col mondo. Ecco, per questo motivo sono un bel pò ansiosa perchè temo che comunque non la legga nessuno o che non piaccia...2. ma nel caso in cui invece la steste leggendo, spero che questa sia la sezione giusta dove pubblicarla visto che ora la procedura di pubblicazione è cambiata. Cioè, la storia è decisamente originale, è solo che ci sono dei riferimenti al mondo di Alice in Wonderland. La categoria "favola" mi pareva appropriata. Detto ciò...mh, credo non ci sia altro. Una recensione piccola piccola significherebbe tanto e mi convincerebbe a pubblicare il resto e a continuare a scrivere. Alla prossima! xD

   
 
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