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Autore: RomanticaLuna    16/05/2013    3 recensioni
Sulle note della canzone "Principessa" di Marco Masini, nasce e muore una storia d'amore dolce e romantica in mezzo all'odio ed alla carneficina che avviene nell'arena dei 74°Hunger Games.
In parte alla storia degli "Innamorati sventurati" un'altra coppia è in gioco e lotta per rimanere unita, per tenere saldo quel sentimento così puro e raro nel Distretto 2.
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Principessa
 
Clove, dove vai?” urlo mentre vedo la mia compagna di classe correre come un razzo fuori da casa sua, il viso rigato dalle lacrime ed i capelli scompigliati.
“Fatti i cazzi tuoi!” mi grida, sconvolta ed aggressiva.
Mi avvicino alla finestra di casa sua, giusto in tempo per vedere suo padre rivestirsi e grattarsi la barba, con un’espressione soddisfatta sul viso. L’ha fatto di nuovo. Mi si stringe il cuore pensando a Clove, non se lo merita. Da quando la madre è morta è in balia di un uomo senza cuore che non sa cosa sia l’amore paterno e che gode del corpo della propria figlia senza preoccuparsi dei suoi sentimenti.
Camminando per strada mi scontro nel suo piede. Si è nascosta dietro a dei bidoni dell’immondizia, il viso nascosto nelle ginocchia, i lividi delle violenze ben visibili sulla sua pelle chiara.
“Clove, tutto bene?” chiedo con il tono più gentile che riesco ad avere. Il Distretto 2 ti forma nel carattere, ma non ti insegna la pietà verso il prossimo o come aiutare un amico in difficoltà.
“Cato, ma che cosa vuoi da me? Non ti avevo detto di farti i cazzi tuoi?” mi urla con quanto fiato ha in corpo.
Le prendo le mani, le stringo tra le mie e le alzo il viso. Non è una bellezza, ma è pur sempre una  mia amica e mi da fastidio vederla star male.
“Voglio aiutarti. Parla con me, ti sentirai meglio!” le dico piano, cercando di ottenere la sua fiducia.
Lei mi guarda, silenziosa ed immobile, i suoi occhi scuri riflettono la sua anima distrutta, i capelli appiccicati sulle guance rosse.

 
Tu zitta fra le lacrime,
ha fatto tutto lui.
Ubriaco come al solito,

padrone più che mai.

 
“Prova ad immaginare? Sei il migliore della classe, testiamo la tua intelligenza!” urla disgustata dalla mia presenza. So che vorrebbe restare sola, ma qualcosa mi trattiene al fianco di questa ragazzina, sento che ha bisogno di me.
“Lo sai che non è colpa tua. È lui quello sbagliato, non tu!” bisbiglio.
“Ma cosa vuoi saperne tu? Tu con la tua famiglia perfetta, una mamma che ti vuole bene ed un padre orgoglioso di te. Cosa vuoi saperne di come stiamo noi poveri abitanti del borgo, appartenenti alle famiglie più povere?” esclama con cattiveria. Non l’avevo mai vista così. A scuola è sempre stata silenziosa, buona e gentile con ogni persona che le si avvicinava.

 
Un padre senza l’anima,
che mangia un po’ di sé,
ha crocifisso l’angelo che

c’era dentro te.
 
“Infatti, non posso immaginarmi cosa stai provando. Per questo ti chiedo di parlarmi” le dico dolcemente. Perché sto facendo questo per lei? Io, Cato, il più bel giovane del distretto, ambito e circondato da tutte le ragazze più affascinanti, il più forte e più propenso a partecipare ai prossimi Hunger Games?
“Perché lo fai?” mi chiede, il suo tono di voce si è addolcito.
“Non lo so. Credo di volerti aiutare, mi fai pena” dico schietto. Forse troppo schietto, perché vedo le sue mani allontanarmi. “Scusa. Non sono abituato a queste cose…. Alla gentilezza”
“Si vede, tranquillo” dice asciugandosi gli occhi con un lembo della larga gonna che indossa. Vedo le sue gambe magre e livide, mi sale l’impulso di uccidere l’uomo che l’ha fatta soffrire così, non so nemmeno perché.

 
E ti asciughi i tuoi occhi alla sottana,
dolce figlia di un figlio di puttana.

 
Mi viene l’istinto di stringerla a me. Lei, così fragile e desiderosa di protezione, quella mia compagna di classe che non è mai stata al centro dell’attenzione di nessuno, che si è sempre arrangiata con le sue uniche forze ed ha sopportato tutto senza mai lamentarsi.
“Che fai?” mi chiede slacciandosi dal mio abbraccio. Le sue guance sono diventate rosso fuoco, i suoi occhi brillano, ma non vogliono incrociare i miei.
“Scusa, istinto” bisbiglio, senza l’imbarazzo che si è impossessato di lei. La guardo estasiato. Non è brutta, ha il suo fascino. Decine di lentiggini scure sono perfettamente disegnate sulle sue guance, gli occhi scuri sembrano il cielo notturno, i suoi capelli castani sono legati in una coda alta e molto elegante e le sue labbra sono rosse e fresche come le rose. Ho l’istinto di baciarle, di sentire il loro contatto, ma mi trattengo. Non voglio spaventarla ulteriormente.
Si alza, la gonna le ricade fino alle ginocchia, una maglia larga le copre le bruciature sulle braccia e un dolce sorriso cerca di nascondere la paura e la tristezza che prova la sua anima.
“Grazie” mi dice con un sorriso “Non ho mai avuto un…amico”
“Non c’è di che. Vuoi che ti riaccompagni a casa? O vuoi dormire a casa mia per stasera.” Propongo da vero galantuomo. “Giuro che non ti toccherò neanche con un dito” aggiungo, vedendo la sua espressione stupita e malfidata.
“Devo andare a casa a cambiarmi. Non posso certo presentarmi così alla Mietitura” dice lei. Cavolo, la Mietitura. E chi ci pensava più oramai?
“Beh, allora ci vediamo dopo, Clove” dico mentre le bacio la mano con un perfetto inchino da gentleman. Le nostre strade si dividono.

 
***
 
In piazza i miei occhi la cercano, non so quale sia il suo potere, ma quella ragazzina insignificante mi ha affascinato. La vedo: sta affrettando il passo verso un gruppo di ragazze elegantemente vestite. Indossa un abito blu, aderente ed elegante, in grado di farla sembrare più grande dei suoi 17 anni. I capelli castani ricadono in grossi boccoli fino al seno poco formato, dei piccoli diamanti le cingono il collo.
Non so perché, ma nello stesso istante in cui l’ho vista un sorriso ebete mi si è stampato sul viso.
Vedo le luci rosse delle telecamere che sono puntate su di noi, dobbiamo fare bella figura essendo uno dei distretti Favoriti.
I nomi delle ragazze vengono estratti per primi, nessuna di loro si offre come volontaria, nonostante il costante allenamento di tutti questi anni di scuola.
Mi sento svenire quando chiamano il nome di Clove: la guardo salire i gradini fiera ed altezzosa, a testa alta e sicura di sé. I suoi occhi brillano, il suo sorriso è di pura felicità. Credo che lei preferisca entrare in un’arena a combattere fino alla morte piuttosto che rimanere in casa con quell’uomo.
Arriva il turno di noi maschi ma, prima che il foglietto venga estratto dalla boccia di vetro, alzo la mano come volontario. D’altronde, è questo che tutti si aspettavano da me. I miei genitori, le ragazze che mi accerchiavano a scuola, i miei amici che ora mi stringono la mano, dandomi calorose pacche sulla spalla. Una stretta di mano, gli applausi del pubblico e poi rimaniamo soli, io e Clove.
La prendo per mano mentre ci dirigiamo verso l’enorme villa del sindaco, mio padre, e l’accompagno verso quella che sarà la sua stanza.
“Qui sarai al sicuro, lontana dalle mani di tuo padre” le sussurro dalla porta.
“Grazie” dice rivolgendomi uno sguardo strano, un insieme di dolcezza, paura, tristezza e felicità.
“Lo sai che mi sono offerto per te?” esclamo con dolcezza ed in modo malizioso.
“Perché?” chiede sorpresa.
“Perché tu sei la mia principessa” sussurro. Lei mi si è avvicinata, sento le sue mani sul mio petto che strisciano verso il collo, dove si incrociano. Mi bacia. Un bacio intenso, attraverso il quale riesce ad esprimere tutti i suoi sentimenti e la sua gratitudine.
“Ce ne andiamo di qua, noi due insieme” le dico scostandole una ciocca dal viso.
Sento passi pensanti sulle scale, un Pacificatore annuncia che ci sono visite.
“E’ mio padre” esclama lei, un misto di angoscia e paura sul suo volto.
“Resto con te?” domando tenendola per mano. Scuote la testa ed io lascio la stanza.
Attraverso la parete sottile sento lievi urli soffocati, colpi secchi e prediche. Voglio intervenire, ma il Pacificatore armato non mi permette di entrare.

 
Vieni principessa ti porto via con me,
ci sarà in questo mondo di merda,
una rosa rossa da cogliere per te.

 
Quando suo padre esce, io posso entrare. Clove è aggrappata ad un cuscino, trema come una foglia e resta rintanata in un angolino del letto. Mi avvicino a lei e lei si perde tra le mie braccia, affonda il viso nel mio petto e piange. Lacrime calde che, copiose, dai suoi occhi si asciugano sulla mia camicia.

Vieni principessa ti porto via di qua,
questo mondo di fame e violenze finirà.

 
***
 
Siamo i Favoriti nell’arena degli Hunger Games, abbiamo le armi, il cibo ed i nostri nemici sono in netta minoranza. Gli “Innamorati Sventurati” ci hanno fregati per bene, ma presto li distruggeremo.
Sento un urlo ed il mio cuore affonda, la bocca dello stomaco si stringe.
Corro verso la Cornucopia, ora libera sia dai sacchi delle medicine che dagli altri tributi, già scappati ognuno per la propria strada. Mi guardo in giro, non capisco cosa sia successo, e poi lo vedo. Il corpo di Clove, squarciato all’altezza del cuore, i suoi occhi scuri riflettono il cielo, i suoi capelli sono imbevuti di sangue. Piango per la mia amica morta, la mia alleata, la ragazza che mi ha fatto provare dei sentimenti veri per la prima volta. Le chiudo gli occhi dolcemente, le do l’ultimo bacio prima di scusarmi perché non sono stato in grado di proteggerla, per averla lasciata morire. Devo allontanarmi, l’hovercraft è sopra le nostre teste, pronto a portarla via da me.

 
***
 
Siamo rimasti in tre: gli “Innamorati Sventurati” ed io. Ho la situazione dalla mia parte, non ho niente da perdere al contrario di loro. Ma li ho sottovalutati, non ho pensato al sentimento forte che li unisce, uguale a quello che univa me e Clove. Vengo spinto e scivolo dalla Cornucopia, fino a cadere in mezzo agli ibridi che mi dilaniano, mi macerano e mi provocano un dolore immenso. Una freccia pone fine alla mia vita, gli ibridi non esistono più, niente esiste più.
Vengo trasportato in un posto pieno di luce, Clove mi aspetta a braccia conserte, vestita con un abitino succinto e bianco, i capelli sciolti e la pelle bianca, senza lividi o cicatrici. Sorride dolcemente, felice, completa. Ci dirigiamo insieme verso la fine del lungo corridoio che si staglia davanti a noi, mano nella mano, i cuori liberi e colmi di gioia.

 
Vieni principessa
ti porto via con me,
fra le stelle di un altro pianeta.
Dove non c’è il grasso e maledetto re,
che ti ha dato e ti ha preso la vita che c’è in te.
Dove il male non ti guarda e non ti tocca,
e il sorriso vola ancora al nido della tua bocca.

 
***

(Marco Masini – Principessa)
  
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