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Autore: Love Bites    17/05/2013    7 recensioni
«Che ne dici di farlo ingelosire un altro po’?», chiese.
Subito dopo si piegò su di me e iniziò a mordicchiarmi leggermente il collo, provocandomi dei brividi lungo la schiena.
Ma tutto ciò a cui riuscivo a pensare, oltre agli occhi azzurri di Louis puntati proprio su di noi, erano le grandi mani di Harry sul mio corpo.
Ne sentivo il calore attraverso il leggero tessuto in cotone che mi avvolgeva come una seconda pelle.
«Harry – sospirai, con il viso affondato nella sua spalla destra – sei osceno».
Rise. Una risata profonda, roca. Altri brividi si aggiunsero a quelli provocati dai suoi morsi.
«Osceno? Sei tu quella che sta mugolando», ribatté.
«Io non...». 
Mugolo, avrei voluto dire, ma all'ennesimo attacco dei suoi denti mi resi conto che sarebbe stata una bugia.
Serrai le labbra con forza, evitando che un altro gemito le abbandonasse.
«E' colpa tua...», sibilai.
«Vero - confermò soddisfatto - E qualcosa mi dice che Louis non apprezza».
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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1. Thanks God




Maggio.
L’ho sempre considerato come il mese più brutto dell’anno, come i trentun giorni più massacranti di sempre.
In questo periodo, infatti, non hai neanche il tempo di renderti conto che la famosa tortura chiamata scuola sta per avere fine, che l’incubo delle interrogazioni a tappeto si fa strada nella tua mente come un letale cobra pronto a stritolarti tra le sue spire, fino a privarti completamente dell’ossigeno e a farti stramazzare al suolo ancor prima di poter pronunciare la parola “estate”.
Vorresti disperatamente premere il tasto avanti veloce e salvarti la pelle prima che sia troppo tardi, ma indovina un po’?
Esatto, non puoi.
Così ti limiti ad costringere il tuo povero corpo, o meglio l’ammasso di ossa, muscoli e sangue che dovrebbe essere un corpo, a tirare avanti a forza di caffè e vitamine, dicendoti che sì, ce la puoi fare.
Più o meno quello che stavo facendo io quando quel venerdì mattina varcai la soglia dell'istituto in cui frequentavo il terzo anno di College.
Come sempre attraversai il corridoio principale strascicando i piedi sul pavimento in linoleum beige, con le cuffie calcate nelle orecchie e la borsa a tracolla che mi costringeva a tenere la schiena leggermente piegata verso destra per evitare di perdere l’equilibrio.
Alzai lo sguardo solo quando l’eco della voce di Bekah mi giunse chiaro anche attraverso le note di In bloom dei Nirvana.
La mia amica mi venne in contro, muovendosi tanto in fretta da permettere all’aria di scompigliarle i lunghi capelli color grano.
Sul suo viso, quasi a ricordarmi con insolenza che io non avrei mai avuto dei denti così bianchi, faceva bella mostra di sé un sorrisone da copertina.
Non mi diede neanche il tempo di mormorare un ciao.
«Indovina un po’? Non ci crederai mai!», disse, quasi mettendosi a saltellare sul posto.
Alzai un sopracciglio, incuriosita da tanto entusiasmo.
«Cosa?», chiesi.
«Chiudono la scuola per una settimana. Una settimana! Mio Dio, non mi sembra vero! Non vedo l’ora che…».
«Hey, hey, hey – feci, alzando una mano come a mimarle uno stop – perché? E’ successo qualcosa?».
Rebekah annuì, senza però perdere l’aria sognante di chi sta già progettando chissàche.
«A quanto pare non sono stati fatti dei lavori per mettere a norma l’edificio e visto che il preside non ha intenzione di pagare una multa…».
Non la lasciai finir di parlare.
Entrai in classe e, dopo aver raggiunto il mio banco, lasciai cadere la borsa a terra. Alcuni dei miei compagni di classe mi salutarono fugacemente, per poi tornare a parlottare fra loro.
Con nonchalance mi stiracchiai la schiena e le braccia.
«Dov’è Zayn?», chiesi a Bex quando mi raggiunse.
Lei alzò le spalle e si sedette di fianco a me. Lo fece con meno grazia del solito, segno che anche il suo corpo stava iniziando a risentire delle infinite sveglie alle sei del mattino e delle lunghe ore di studio al pomeriggio.
E meno male, dissi tra me e me. Incominciavo a pensare che non fossi umana.
«Può darsi che arrivi da un momento all’altro come che non si presenti affatto…».
«Chi è che non si deve presentare?».
Al suono di quella voce entrambe ci girammo verso la porta verde scuro, ancora spalancata.
Zayn fece il suo ingresso nell’aula sotto gli occhi di tutte le ragazze presenti.  Era sempre così.
Neanche se ne andasse in giro spargendo banconote da cento sterline. 
«Buongiorno signore», ci salutò, ignorando completamente tutti gli altri.
«Heylà, straniero», lo apostrofai, mentre lui si chinava su Bekah per baciarla dolcemente sulle labbra.
«Pensavo davvero che non saresti venuto», mugolò lei, quando si staccarono.
«Ormai dovresti sapere che non faccio mai quello che ti aspetti», ribatté il ragazzo.
Mi intenerii appena, nel vederli sorridersi a vicenda. Ormai stavano insieme da quasi otto mesi e più il tempo passava, più mi meravigliavo di quanto le cose tra loro andassero di bene in meglio.
Erano proprio una bella coppia, considerato che erano l’una il contrario dell’altro.
La prima cosa si notava, infatti, era il netto contrasto tra i capelli biondi di Rebekah e la chioma corvina di Zayn.
«Prima che Miss Ommioddio-la-sai-l’ultima attacchi a parlare, mi prendo la libertà di chiederti se…».
Zayn mi bloccò a metà frase. «Harry aveva un compito di trigonometria stamattina. Ha detto che lui e Lou ci aspettano in mensa all’ora di pranzo».
«Ah, bene», commentai, ringraziandolo con lo sguardo.
Bex mi tirò una gomitata.
«Quando la smetterai di negare che sei completamente ossessionata da quei due?».
Alzai le spalle e sfoderai la mia miglior espressione strafottente.
«Mai. E sai perché? Perché…».
«Non sono ossessionata da nessuno», ribatterono in coro i miei due amici.
Alzai un braccio e puntai un indice verso la coppia, accompagnando il tutto con un occhiolino.
«Proprio così», assentii soddisfatta.



 
Dio benedica la pausa pranzo, mormorai tra me e me, quattro ore più tardi.
Mi alzai dal mio posto ancora leggermente rimbambita, un po’ per il non aver dormito a sufficienza la notte prima, un po’ a causa della sfilza di esercizi che il prof di francese ci aveva appioppato per tenerci occupati mentre lui finiva di correggere dei compiti.
Mi trascinai fino all’uscita dell’aula, portando con me solo il portafoglio e il cellulare.
«Su con la vita!», esclamò Zayn poco dopo, quando ormai mi ero spostata in corridoio.
Rebekah, al suo fianco, si stava legando i capelli in una coda di cavallo piuttosto alta.
«Non vedo l’ora di andarmene a casa», ribattei, in un lamento strascicato.
«Pensa positivo, Sam. Non metteremo più piede in questo posto per i prossimi sette giorni…».
«E c’è la possibilità che i lavori si dilunghino oltre il tempo stabilito», aggiunse Bekah, appoggiando con entusiasmo il tentativo del suo ragazzo di sollevarmi il morale.
Ispirai a fondo, mentre tutti e tre scendevamo l’ultima rampa di scale che ci avrebbe condotti al piano terra.
«Fatto sta che ci attendono ancora quattro ore di massacro, due delle quali occupate da interrogazioni a tappeto per cui non mi sono affatto preparata».
La mia amica alzò gli occhi al cielo. «Devo forse ricordarti che, al contrario della sottoscritta, puoi ancora giustificarti sia di latino che di matematica?». 
Quella rivelazione mi giunse inaspettata, talmente inaspettata e ben gradita che per poco non mi diedi una manata in fronte. Come potevo essere stata così sbadata?
«Oh, merda, hai ragione», dissi, varcando la soglia della grande sala da pranzo.
La risposta di Bekah mi arrivò un po’ confusa per via del pesante chiacchiericcio che ci circondava.
Attorno a noi, divisi in gruppi ben distinti, almeno una cinquantina di studenti stavano iniziando a divorare il cibo nei loro vassoi.
In mezzo a quel casino, chissà come, Zayn riuscì ad individuare Harry e Louis molto prima di me.
I due erano seduti ad un tavolo abbastanza isolato dagli altri, in un angolo in fondo alla stanza.
«Harry ha la faccia di uno a cui hanno appena diagnosticato un cancro», sentenziai io, mentre Zayn e Bekah mi seguivano attraverso la mensa.
«Lo bocceranno se gli è andata male anche questa verifica», rispose Bekah, scuotendo la testa.
Sospirai, assentendo silenziosamente. Tutti noi sapevamo che era fottutamente a rischio…e solo perché non voleva rassegnarsi a prendere ripetizioni di matematica.
Che poi, visto che la odiava così tanto, perché aveva scelto così tanti corsi che la prevedevano?
I miei pensieri vennero interrotti dalla voce squillante di Lou.
«Chi si vede! Io e Hazza, qui, incominciavamo a pensare che aveste organizzato un’orgia senza dircelo».
Harry incurvò leggermente un angolo delle labbra, mantenendo però lo sguardo fisso sul piatto di pizza che aveva davanti.
«Ti hanno lasciato prendere da mangiare anche per noi?», esclamò sorpresa Bex, ignorando la battutaccia di Lou.
Quello annuì soddisfatto, per poi sedersi e farci cenno di seguirlo.
Io mi accomodai vicino a lui e a Harry, che nel frattempo mi aveva lanciato un’occhiatina interessata. Che mi si fosse sbavato l’eyeliner?
«Per dolce c’era solo del budino di riso, ma…».
«Te lo sei mangiato tu – dissi, alzando gli occhi al cielo – come sempre».
Lou infilò una mano tra i miei capelli castani, scompigliandoli in modo osceno.
«Lo faccio anche per te, sai? I dolci fanno ingrassare. E noi non vogliamo che il tuo didietro diventi come quello di un ippopotamo…vero, Hazza?».
Quello raddrizzò la schiena e scosse la testa con un’aria esasperata.
«No, Louis. Non vogliamo», disse poi.
«Ma che premurosi», ribattei, fingendomi lusingata. In realtà non gradivo affatto quando si scherzava sul mio didietro. Lo odiavo già abbastanza di mio.
In silenzio avvicinai il mio vassoio e afferrai la pizza, dandole subito dei piccoli morsi.
Zayn seguì il mio esempio e così Bekah. Ma il silenzio tra noi non durò neanche dieci minuti.
«Avete sentito la novità?», domandò la mia amica, quando io ero a malapena arrivata a smangiucchiare metà del mio pasto.
Harry annuì e finalmente sorrise.
«Non vedo l’ora che sia domani. Questo posto mi ha davvero rotto», disse, bloccando allo stesso tempo un attacco di Louis alla sua pizza ormai congelata.
Ridacchiai di gusto quando quello si beccò un sonoro schiaffo sulla nuca.
«A proposito – intervenne per la prima volta Zayn – io e Bekah avevamo pensato che potremmo andare tutti insieme a Brighton…».
«Io ci sto!», esclamò Lou, ancor prima che io metabolizzassi la cosa.
«Se i miei non decidono di mettermi in punizione a vita…ci sto anch’io», gli fece eco il riccio.
Il suo ritrovato entusiasmo mi rallegrò a tal punto che, senza neanche pensare hai pro e ai contro, annuii anch’io, consenziente.
«Per me è okay».
Zayn mi fece l’occhiolino, beccandosi una gomitata dalla sua ragazza.
«Allora siamo d’accordo».
«Siamo d’accordo».
«Sarà una bella gita», sentenziò Louis, felice.



 
Dio grazie!
Quel pensiero si materializzò nella mia mente nel momento esatto in cui feci il primo passo fuori da scuola. Era finita.
Finalmente, indiscutibilmente, finita.
Sorrisi e chiusi gli occhi quando i pochi raggi di sole che erano riusciti a sfuggire alle nuvole mi sfiorarono il viso e l’aria fresca mi scompigliò i capelli.
Certo, me ne andavo da lì con una mole di compiti abnorme, ma ero libera.
Libera come il vento. Libera di…
Qualcosa mi investì in pieno, facendomi barcollare in avanti.
«Porca miseria, Sam – mi rimproverò una voce che avrei riconosciuto tra mille – che cazzo fai?».
Harry si passò una mano nei capelli castani, scostandoli dal viso e mettendo in mostra un paio di occhi verdi e stanchi. Rimasi a guardarlo solo per un secondo, affascinata dall’aria vagamente minacciosa che aveva assunto.
«Scusa – ribattei, facendo un passo indietro – ma tu dovresti imparare a guadare dove stai andando».
Il ragazzo mi lanciò un’altra occhiataccia, per poi scuotere la testa.
«Dove sono Rebekah e Zayn?», chiese poco dopo, cambiando del tutto argomento.
Alzai le spalle e, con un piccolo salto, superai l’unico gradino davanti l’ingresso dell’istituto.
«Sono scappati via non appena è suonata la campanella. Louis?».
Harry si lasciò sfuggire una piccola smorfia.
«E’ andato da Eleanor. A quanto pare avevano bisogno di parlare».
«Mmmh», mormorai.
Stavo già per voltarmi e andare via, quando lui pronunciò il mio nome con un tono roco che mi fece venire le farfalle nello stomaco.
«Vorrei che tornassimo amici…», mormorò, fissandomi negli occhi.
«Noi…noi siamo amici, Harry».
Scosse la testa, tornando serio.
«Intendo migliori amici. Come qualche anno fa, ricordi?».
Sì, ricordo, pensai, con una nota di malinconia.
Subito dopo, però, aggrottai le sopracciglia, assumendo un’espressione molto simile alla sua.
«Ho già un migliore amico, e quella persona è Lou».
Il ragazzo serrò la mascella, indispettito dalla mia risposta brusca.
«Bugiarda», disse, e un attimo dopo mi oltrepassò, lasciandomi sola davanti alla scuola ormai deserta.
 
La pioggia mi aveva inzuppato i vestiti e le scarpe.
Sentivo la stoffa della mia maglietta completamente appiccicata al corpo, come una specie di seconda pelle.
Avevo freddo. 
«Cosa ti ho fatto di male per meritarmi questo?!», urlai, incurante dei capelli che, grondanti d’acqua, mi sferzavano il viso per colpa del vento.
Harry continuò a fissarmi da sotto il portico di casa sua, apparentemente senza pietà nei confronti della ragazzina che un tempo aveva considerato come la sua migliore amica.
I suoi occhi erano scuri come il cielo plumbeo sulla mia testa.
«Vattene a casa, Sam. Io non ti voglio qui», rispose ad un tratto, con cattiveria inaudita.
«Perché? Perché mi tratti così?», insistetti, sentendo le lacrime pronte a sfuggire ai miei occhi.
«Sei solo una bambina».
Quelle parole mi rimasero impresse nella mente per tutti gli anni che seguirono.
 
 


*Spazio autrice*


Buonasera a tutte :) Come ho già detto nell'introduzione della storia è la prima volta che pubblico in questa sezione, anche perché ho iniziato ad ascoltare qualche canzone degli One Direction solo da una settimana (su consiglio di un'amica, oltretutto). Per ora non voglio anticipare niente della trama, anche perché, seppur avendo già tutto in testa, questo è solo un capitolo-esperimento. Se non piacerà a nessuno lo cancellerò e amen.
Quindi boh...se vi piace lasciatemi un commentino :)
Un abbraccio,
Alice.
   
 
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