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Autore: blackmiranda    17/05/2013    3 recensioni
Momenti della vita di Megara nell'anno precedente al suo incontro con Hercules.
1 - Rotto. Era molto più facile stare fermi. Un pupazzo rotto non si può muovere.
2 - Ira. Viveva in uno spazio liminale in cui tutti i valori che aveva sempre conosciuto erano rovesciati, in cui il male era la cosa giusta da fare, e a volte, per quanto faticasse ad ammetterlo, era appagante.
3 - Decisioni. “Hai capito bene, uccellino. Immagina: invece di costringerti ad essere legata a me fino alla fine dei tuoi giorni, potrei essere generoso e decidere di togliere un po' di anni alla tua condanna.”
4 - Bambini. I bambini erano gli unici che non le riusciva di detestare.
5 - Intorpidito. Non poteva avere più di diciott'anni: un ragazzotto, di quelli cresciuti prima del tempo, con uno charme ancora tutto infantile.
Questa storia ha partecipato al Contest "242" indetto da Audrey_24th sul forum di EFP, classificandosi al quarto posto a parimerito.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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4. Bambini Nove mesi – Bambini



Megara camminava senza fretta per le affollate vie di Tebe, il volto parzialmente celato da un velo di seta color porpora.

Nei mesi precedenti aveva odiato andare al mercato. Ogni singola cosa di quel posto la feriva: i colori troppo vivaci, i suoni troppo taglienti, gli odori troppo penetranti.
Poi, qualcosa era cambiato. Lei era cambiata. Era diventata più forte, di questo era sicura: più indipendente, nonostante la schiavitù; più cinica. Aveva dovuto diventarlo, per sopravvivere. Non faticava più a rispondere ad Ade: aveva fatto del sarcasmo la sua arma più efficace.
La gente non provava nemmeno lontanamente ad infastidirla; era evidente che incuteva una sorta di timore nei loro cuori, e la cosa non le dispiaceva per nulla. Scivolava nella folla quasi fosse un fantasma, senza lasciare traccia del suo passaggio.
Aveva saputo che il bastardo si era trasferito a Sparta subito dopo averla scaricata. Amava credere che la ragione della sua fuga fosse stata la paura – paura di lei. Il pensiero le dipingeva un sorriso tirato sulle labbra scarlatte.
Si fermò di fronte ad una bancarella di stoffe pregiate. Il mercante le lanciò un'occhiata sospettosa da sotto le sopracciglia folte, ma non disse nulla.
Fece finta di non averlo visto. All'improvviso, due bambini vivaci le finirono addosso, troppo presi dalla foga dell'inseguimento per fare attenzione a dove mettevano i piedi.
Il mercante sussultò, uscì da dietro la bancarella e cacciò i ragazzini in malo modo. Megara osservò la scena in silenzio. I bambini si allontanarono correndo, girandosi a guardarla un paio di volte.
“Dannati ragazzini.” sentì borbottare l'uomo.
Lasciò la bancarella senza aver comprato nulla.
I bambini erano gli unici che non le riusciva di detestare. Aveva spesso sognato di diventare madre, un giorno, di formare una famiglia assieme all'uomo che amava. Aveva dato per scontato che avrebbe avuto una vita normale, che sarebbe stata una donna normale.
Un'altra speranza andata in frantumi, pensò con amarezza.
Si nascose nel velo che portava sul capo. Lei non era una donna normale e non lo sarebbe mai stata. Uno strumento di distruzione, ecco cos'era. Aveva persino smesso di pregare gli dèi da quando aveva iniziato a lavorare per Ade.
Si allontanò dal mercato e dalla città. Non era più quello, il suo mondo, né quella era più la sua gente. Si sentiva realmente più simile ad un fantasma che ad un essere umano.
La sua figura esile scomparve tra gli alberi della foresta, in quella penombra che aveva imparato a chiamare casa.        
   
 
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