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Autore: __Orange    17/05/2013    3 recensioni
-Su su, papy. Sai cosa dicevano i professori del miliardario Richard Branson, quello della Virgin Group, ai suoi genitori, quando era alle elementari?-
-No, Meg, non lo so. -
Io ripresi a parlare, sorridendo come un’imbecille, con gli occhi rivolti verso l’orizzonte -Dicevano: signori, vostro figlio da grande, o andrà in prigione, o diventerà un miliardario. -
Lui alzo, gli occhi al cielo, le mani in preghiera.
-Prepareremo i turni degli orari di visita, allora.-
Grazie della fiducia.
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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1. HAI QUALCOSA CONTRO I CAVALLI?
 
-..un’altra delle tue, come al solito!..-
Bla bla bla, ora dirà che sono la peggior figlia mai esistita sulla terra..
-..le tue sorelle non mi danno questi problemi!
Oh, beh certo, sono morte viventi praticamente.
-…hai una vaga idea…..ancora una volta..-
Ora ci sta la botta finale del tipo: non ho più fiducia in te!
-..come faccio ad avere ancora fiducia in te?
Eccola là! Cacchio, l’indovina dovevo andare a fare! Sto sprecando troppo tempo in questa scuola altro che! Potrei aggregarmi ad un circo! Sarebbe una figata, realmente. Poi magari incontrerei un trapezista, fuggiremmo insieme, ci sposeremo sospesi in aria e avremmo tanti bambini salterini con il mio dono della veggenza. Magari li iscriveremmo ad Hogwarts…
-Meg, mi stai ascoltando?
Oh cavolo ma aveva finito di parlare?
-Certo, riflettevo sul tuo discorso illuminante. Sei un uomo saggio, padre. – proclamai, battendogli la mano sulla spalla, come lo stessi investendo cavaliere della regina.
Mio padre sospirò, sconsolato.
-Senti, Megan, siccome sono un modello di padre come si deve..ehi non fare quella faccia!..te lo chiederò comunque: cos’è successo secondo la tua versione dei fatti?
- Beh, allora. Cominciamo col dire che ti è ormai già nota la mia ovvia intelligenza, bellezza, gusto nel vestire, perfezione, eleganza, educazione e acume..insomma, ho preso da te e..-
-Non ci provare..!
Tentativo fallito, mannaggia.
-Sì, vabbè. Allora, ero nella classe della signorina Stevenson e stavo disegnando dei cavalli sugli appunti di storia..-
-Dei cavalli?-
-Sì, dei cavalli. Hai qualcosa contro i cavalli? Li discrimini? Guarda che erano loro che trainavano le carrozze dove i tuoi antenati stavano comodamente seduti sai, attento a..-
-Megan!-
-Che?-
-Continua.-
-Ok,ok. Allora, disegnavo dei cavalli, dicevo, quando ho visto Hannah Brown prendere da sotto il banco un pezzo di pizza e mangiarlo.-
-Di pizza.-
-Sì, di pizza, hai qualcosa anche contro la pizza? –.  Che padre snaturato.
-Megan, perdo la pazienza, ti avverto.-
- Sì, ok. Allora, stava mangiando la sua pizza e io dovevo averne un pezzo, perché, sai, sono in fase di crescita, metti caso avessi un calo di zuccheri, cosa succederebbe? Tralasciando che nella pizza non ci sono zuccheri, diciamo solo che avevo voglia di pizza da morire, che dici papy? Però, sta di fatto che non è che potessi chiedergliela. Cioè è maleducazione, no?-
-Allora hai pensato bene di farti sbattere fuori per scappare e andare a prendertene un pezzo al bar?- tagliò corto lui, con un’espressione severa.
-Ma scusa non rovinare subito la fine! Era per spiegarti che c’era una logica dietro tutto questo, non crederai mica che la tua figlia preferita, frutto dei tuoi lombi, possa aver fatto una cosa senza una giusta motivazione?-
-..frutto dei tuoi lombi?- mi guardò mio padre sgranando gli occhi
-Embè? Ho visto “Mi presenti i tuoi?” ieri sera, faceva ridere. Preferisci dica frutto di un concepimento molto passionale in una serata d’estate nel boschetto vicino a casa…-
-No, ti prego- mi interruppe mio padre. –Tu questa la chiami “buona motivazione”?-
Lo guardai con uno sguardo eloquente. -Pensa se avessi rubato la pizza direttamente ad Hannah Brown. Quello sì sarebbe stato grave!-
Lui sbuffò, scuotendo la testa – Megan, non capisco come mai tu sia così intelligente, vada così bene a scuola da essere una delle prime dell’istituto e possa rischiare ogni anno la bocciatura per il comportamento...-
Mi avvicinai a lui, battendogli una mano sulla schiena, per confortarlo.
-Su su, papy. Sai cosa dicevano i professori del miliardario Richard Branson, quello della Virgin Group, ai suoi genitori, quando era alle elementari?-
-No, Meg, non lo so. -
Io ripresi a parlare, sorridendo come un’imbecille, con gli occhi rivolti verso l’orizzonte -Dicevano: signori, vostro figlio da grande, o andrà in prigione o diventerà un miliardario. -
Lui alzo, gli occhi al cielo, le mani in preghiera.
-Prepareremo i turni agli orari di visita, allora.-
Grazie della fiducia.
 
 
La musica a palla si diffondeva per tutta la casa, come al solito quando ero a casa da sola.
-Megan, gentilmente, potresti abbassare la musica? Sto studiando.-
Dicevo, potevo perfino mettermi a cantare nuda, quando ero a casa a sola.
-Maggie, dai, sono indietro con i compiti..-
Saltavo su tutti i letti della casa, quando ero a casa da sola.
-MEGAAAAAN?-
Ok, rettifico. SE fossi stata a casa da sola. Ma considerato il fatto che casa mia era peggio di un albergo per quante persone c’erano, potevo aspettare cent’anni. Perciò mi arrangiavo con la fantasia.
Abbassai la musica, sbuffando.
-HO FATTOOOOO! – urlai, attenta alla finezza, a mio solito.
-Mille grazie, Maggie.-
Mille grazie? Ma che cavolo diceva ancora “mille grazie”?
Solo mia sorella, probabilmente. Ma dire che ero la pecora nera della famiglia era dire poco.
Sebbene io e le mie quattro sorelle ci assomigliassimo molto dal punto di vista estetico ( capelli castani, occhi verdi, altezza media), lo stesso non si poteva dire del carattere.
A dirla tutta, loro quattro erano uguali perfino in quello, io probabilmente avevo ereditato i geni sbagliati di un orango o mi ero presa una malattia alla nascita, una cosa così.
 Le mie sorelle, Elisabeth, la più grande che studiava all’università lettere antiche (che per me assomigliavano alle rune di Harry Potter, più o meno), Caroline, che era all’ultimo anno del mio liceo e che aveva fatto domanda ad Oxford (mi venivano i brividi solo al pensiero di entrare dentro quel posto lugubre), Marta, più piccola di me di un anno, che restava chiusa in camera sua tutto il giorno per uscire solo per mangiare (ma neanche sempre) e Eveline, la piccola di casa, ancora alle elementari, ma che aveva già vinto dei premi scolastici che l’avrebbero mandata ad una scuola d’elite con una borsa di studio, erano sempre state le sorelle pacate, tranquille, educate e che non si erano mai messe nei guai.
Il mio disagio mentale, invece, si era manifestato già a due anni, quando al nido avevo lavato un bambino con un piatto di minestra perché mi aveva guardato male. In realtà avevo scoperto più tardi cosa fosse lo strabismo, ma ero veramente sicura, a suo tempo.
Mio padre era rimasto solo dopo che mamma se n’era andata col maestro di salsa, quando Eveline aveva appena due anni, e ci aveva abbandonate con una cartolina del tipo: “Non posso più vivere questa vita, sono giovane, non posso stare per sempre relegata in questa casa con cinque figlie e un marito assente.”
Peccato che il “marito assente” lavorasse tutti i giorni per pagare tutte le spese, mentre lei se ne scappava col ballerino sudamericano.
“Mamma” era un argomento tabù in casa mia, e la sua partenza aveva sicuramente gettato mio padre nello sconforto più totale, e la famiglia in generale nei problemi economici. Papà si era sempre rifiutato di farci trovare un lavoro che potesse aiutarci, prediligendo lo studio a tutto il resto, volendo assicurarci il massimo dalle nostre vite. Dire che ammiravo mio padre è scontato, dai, chi non ammirerebbe un uomo così?
Beh, tranne mia madre, s’intende.
Suonò il campanello di casa, ma io rimasi buttata sul letto a “riflettere”. Stavo prendendo sonno.
-Ehi, Rockerrolla.- esclamò il mio migliore amico con un’entrata ad effetto dentro camera mia, saltando letteralmente sopra il letto dove ero sdraiata, ergo, saltando sopra di me sdraiata sopra il mio letto.
-Louis, che problemi hai?- esclamai, soffocando quasi.
- Io sono quello coi problemi? Ho sentito che qualcuno è stato chiamato in presidenza anche oggi..- ridacchiò lui, mettendosi a sedere.
-Sì, beh- ripresi fiato io – Cose di poco conto, al solito.-
-E tuo padre stavolta come l’ha presa?-
-Discorsetto già preparato, cose già sentite..-
-Ma gli hai rifilato la scusa del miliardario?-
-Sì che l’ho fatto!-
-E lui non ha detto nulla? Ma dai, quella era una scusa assurda, l’ho perfino segnata per mia madre la prossima volta che mi beccheranno mentre scrivo sui muri della sala professori.- ribatté lui, incredulo che qualcuno non potesse cascare nella fantastica scusa “pensa positivo Pà, al massimo se non avrò una compagnia area potrai venirmi a trovare in prigione!”.
-E dire che i tuoi disegni sono così carini..soprattutto la mucca che si mangiava la biada nella stalla con sotto scritto: “ Professoressa Jordan”. Non capiscono proprio l’arte in questa scuola, te lo dico io.-
-Come sono d’accordo, Meg..- annuì lui, buttandosi di fianco a me sul letto.
Io e Louis eravamo diventati migliori amici alle elementari, trovandoci entrambi in punizione dietro la lavagna, mentre lui indossava il cappello a punta con scritto “asino”, e sorrideva in modo amabile e per niente imbarazzato, guardandomi con gli occhi fissi e sicuri di sé, come se non portasse un cappello che, in teoria, avrebbe dovuto farlo vergognare. Da lì diventammo amici.
Ok, non è stato l’incontro più romantico/dolcioso/strappalacrime di due bambini che si conoscono dall’infanzia e fanno castelli di sabbia insieme. Al massimo io e Louis i castelli li distruggevamo a calci, i castelli di sabbia.
E nemmeno di lui che mi difendeva contro il bullo della scuola. Ero io che menavo tutti, perciò..
-Liam?- gli chiesi io, sbadigliando e cercando il telecomando della vecchia tv scassata che ero riuscita a guadagnarmi in camera, grazie ad amabili parole rivolte a mio padre (“O mi dai quella televisione o giuro che non mangio più fino a quando morirò deperita, pelle e ossa, gli occhi incavati e le braccia rachitiche, e tutti daranno la colpa al padre snaturato che non riesce a dare da mangiare alle sue figlie!”).
-Studia.- rispose lui in tono annoiato.
C’era da aspettarselo. Come Liam fosse amico nostro dovevo ancora spiegarmelo, in effetti.
-Carly?- chiese lui, mentre mi rubava il telecomando per mettere sui cartoni.
-Ah, doveva andare a ad una riunione per quella cosa sugli ecologisti..-
-Ma quale, l’associazione quella per gli animali?-
-Ma quale il WWF?-
-Ma che ne so, lo sai che Carly tra poco avrà fatto parte di tutte le associazioni ambientaliste del pianeta.-
Carly. Ecco, lei qualcosa in comune con noi ce l’aveva. I problemi a livello celebrale, certamente, ma per lo più anche i problemi che aveva causato al preside Collins. Come per esempio liberare tutte le cavie dal laboratorio di scienze, o aver protestato per avere un menu vegetariano in mensa, o aver indetto uno sciopero incatenandosi ad un albero in giardino, perché era convinta che volessero tagliarlo, cosa non vera, ma a sentire lei: “meglio prevenire che curare”. Cose così, insomma.
-Novità?- chiesi io, rubandogli il telecomando per cercare qualcosa di più serio di Tom e Jerry. Una cosa tipo Una Mamma per Amica, ecco.
-Boh, sabato c’è una festa..-
-Sai la novità, sabato ci sono sempre feste-.
-Ma stavolta la organizza quello pakistano, sai..quello che ha un nome che sembra una marca di scarpe..-
-Sì ho capito, è quello figo che io e le ragazze spiamo sempre quando va a cambiarsi a ginnastica…-
Louis si volto verso di me, la faccia incredula.
-Ma non si può! Siete della maniache!-
-Sentimi cicciobello, è figo, che ci vuoi fare? Bisogni primari..-
-Ma le ragazze non dovrebbero fare queste cose!- riprese lui, scandalizzato.
-No Louis, le ragazze parlano solo di barbie principessa fatina e giocano a tombola ogni sabato sera..-
-Vuoi dire che anche le ragazze in gruppo parlano di sesso e cose così? Oddio, pensavo fossi solo tu il caso clinico.-
Sospirai, appuntandomi la stupidità mentale del mio migliore amico. Caso clinico. Io? Tsk.
-No, Louis, oggi hai scoperto una cosa nuova, che le ragazze parlano di cose come il sesso, pensano a fare sesso e, pensa un po’?, fanno pure sesso! Non credi che sia una scoperta da appuntare sul tuo diario personale questa?-
Lui aveva un’espressione mista tra l’incredulo e lo scandalizzato, la bocca aperta dalla sorpresa.
Guardalo qua, il ritratto dell’idiozia.
-MI sento violato, Meg.- sussurrò, con occhi vacui.
Violato, poverino. Si sente violato. Sospirai, sconfitta.
Non ce la poteva fare.
 
-Megan, ho sentito del richiamo del preside, è tutto a posto?- mi chiese Carly con voce squillante di prima mattina, davanti scuola.
-Ma cos’è, tutti sanno tutto di me qua dentro?- sbuffai io, “adagiata” sulla panca all’entrata.
-No, Lou l’ha scritto su facebook veramente..-
Che tu sia maledetto, Louis Tomlison.
-Niente di che, sai..- cominciai io, con noncuranza –ero in classe che disegnavo cavalli..-
-Disegnavi cosa?-
-Cavalli.-
-Disegnavi cavalli?-
Sbuffai –Sì, disegnavo cavalli, va bene? Ma vi sembra così strano? Avete tutti qualcosa contro i cavalli? I cavalli sono esseri viventi, lo sai Carly? Sono esseri viventi e tu difendi gli essere viventi. Ergo, tu difendi i cavalli, no? Quindi, sì. Io disegno cavalli.-
Carly mi guardava con il sopracciglio alzato. – Stai impazzendo?-
-No, è che mia sorella l’altra sera ha tirato fuori un my little pony e sinceramente mi ha fatto paura. Me li sono sognati quella notte..tutti sbrilluccicosi..con quel sorriso indemoniato..-
-..i my little pony.-
-Sì Carly, i my little pony. Sono cavalli, ma sono pony. -
-Ma cosa centrano i my little pony col fatto che hai avuto un richiamo?- mi chiese, giustamente confusa dal discorso “my little pony”.
Sbuffai ancora. Gesù, era mattina. Perché la gente pretendeva che rivolgessi loro la parola la mattina?
Senti che brutta parola poi. Mattina. E’ una cosa brutta, si sente dal suono.
-Te lo spiego dopo eh?- mi arresi, chiudendo gli occhi nella speranza che mi piombasse addosso un cuscino.
Purtroppo mi piombò addosso Louis.
-Oh, ma la tua è una mania!-
-Scusa Megan, ma è la tua ciccia che mia attira come una calamita!- si rialzò lui, giustificandosi.
Lo liquidai con un gesto stizzito.
-Oh, Liam! Chi si rifà vivo!-
-Avevo da studiare ieri, sai! TI ricordo che oggi io e te abbiamo compito di letteratura.-
-Ah sì? E su cosa?-
-Shakespeare.-
-Ah, vabbè, Shakespeare, sai che roba..-
-Come “sai che roba”?? Erano un sacco di pagine, come pensi di fare oggi al test?- chiese Liam, quasi offeso che avessi preso sottogamba la sua preziosa materia.
-Boh, ho letto qualcosa la settimana scorsa e poi ora se mi presti gli appunti do un’occhiata..- chiesi, speranzosa facendo gli occhi dolci.
-Megan- sbuffò –quando finirà questa storia del “chiediamo gli appunti a Liam?”-
-Quando tu ti troverai un’altra amica del cuore come me, bella, simpatica e che ti rimedia appuntamenti con le cheerleaders..- cercai di ammiccare, facendo l’occhiolino. Fallendo.
-Veramente a questi appuntamenti dovrei ancora prenderci parte, sai.-
-Dettagli, Liam, non fare sempre il preciso, su. Che sono bella e simpatica è vero, però, quindi sei in dovere.-
Lui alzò gli occhi al cielo, maledicendomi e porgendomi il malloppo di appunti di letteratura inglese. Liam era sempre stato troppo gentile, responsabile ed educato per essere amico mio, non finendo in punizione mai, se non una volta e pure per colpa mia, che l’avevo costretto a fare da palo mentre io scassinavo la macchinetta delle bibite.
-Voglio proprio vedere come fai, stavolta, Avery.-  mi avvertì, sicuro di sé e con un sorrisetto maligno.
Liam era giusto un po’ competitivo, quel poco che bastava che un giorno, alla partita annuale di calcio della scuola, aveva mandato un tizio in ospedale.
Perché lo aveva morso.
In quel momento avrei voluto abbracciarlo per quanto mi aveva fatto ridere.
 
 
-Non è possibile!- urlò Liam uscendo dalla classe della Becket.
-Cosa non è possibile?- si intromise Carly, che ci stava aspettando fuori appoggiata agli armadietti.
-Megan ha preso A al compito di letteratura! Non è possibile che a te vada così bene senza studiare e io ho preso un’ A- studiando tutto il pomeriggio!- ricominciò a urlare lui agitando le braccia come un pazzo.
-Eeeeh, mamma mia Liam calmati! Ho letto i tuoi appunti eh, non è che non ho fatto nulla!- ribattei io, fingendomi offesa nel profondo.
Lui ricominciò a sbraitare facendo girare metà corridoio, ma né io né Carly lo ascoltavamo più, prese dai nostri discorsi sicuramente più intelligenti dei suoi.
-Ma va? Georgina è tornata in città?-
-Te lo giuro, Serena credeva fosse Chuck!-
Insomma, le repliche di Gossip Girl erano di vitale importanza.
Ci avviammo verso la mensa con Liam dietro di noi che urlava a caso, girando su sé stesso.
Sembrava un cane con la rabbia.
-Hai finito, gattara pazza dei Simpsons?- mi informai
Liam grugnì qualcosa, andando a prendersi un vassoio con gli occhi verso il pavimento.
Uomo mestruato ore dieci.
-Cosa c’è di buono oggi, Jessica, luce dei miei occhi?- chiesi alla signora della mensa, una donna grassa e con un’orrenda verruca sul naso dalla quale tutti cercavano di togliere lo sguardo.
-Non sono la luce dei tuoi occhi, Avery- ribatté lei
Oh, andiamo, che ce l’avesse ancora per quella volta che avevo urlato a mensa che la sua verruca stava per esplodere come una bomba nucleare e mi ero rifugiata sotto il tavolo, mani sopra la testa, aspettando il “kabooom”?
-Certo, pasticcino. Cosa c’è allora?- chiesi, affamata e di cattivo umore per la storia del giorno prima col preside e mio padre.
-Pasticcio di carne, porridge, carne di cavallo, uova..-
-Cosa?- chiesi, sgranando gli occhi come un pazza.
-Cosa cosa?-
-Carne di cosa?-
-Carne di cavallo.- sbuffò di nuovo lei. Dovevo starle simpatica, è sicuro.
Cavallo? Cavallo veramente? Dio, quest’animale mi sta perseguitando.
-Non si uccidono i cavalli! Ma voi che cavolo avete contro i cavalli! Sono così carini, nitriscono, vanno al galoppo, hanno diversi colori! I my little pony dovreste uccidere! Sono orribili, ma li hai visti? Fate le bistecche con quelli la prossima volta!- sbraitai, facendo girare tutta la mensa.
 
 
-Punzione!- sbuffai, accartocciando il biglietto che mi era stato dato per recarmi all’aula, quel pomeriggio. –Neanche avessi detto qualcosa di sconvolgente.-
-Maggie, hai spaventato la signora della mensa!- mi ammonì Louis.
-Ma spaventare cosa? Lei mi spaventa le hai visto quella bolla sul naso? Io sono più carina di quella verruca!- inveii.
-Tu vedi di andare in punizione, ci vediamo dopo! Devi studiare?-
Alzai un sopracciglio –TI sembra la faccia di una che deve studiare?-
-No, in effetti mi sembra la faccia di una menomata.-
Ecco, appunto. L’amicizia, bella cosa.
Mi avviai trascinando i piedi verso l’aula della punizione, preparandomi alle tre ore più odiabili della mia vita.
- Avery! E’ da un po’ che non ci si vede, stavi rigando dritta, ultimamente!- mi sorrise il Signor Hernadez, il professore latinoamericano che ci doveva sorvegliare per quelle ora, con un gran sorriso.
Lui si che aveva capito della vita. Non faceva altro che venire a scuola, mangiare e lasciarci fare quello che ci pareva o al massimo si metteva a conversare con me della sua impossibilità a trovare una fidanzata, chiedendomi consigli.
-Lo so, José, in effetti sono stata calma troppo tempo..- sbadigliai io, consegnando il bigliettino accartocciato.
-Megan, in realtà io mi chiamo Fernando.-
Sì, vabbè, Fernando. José è più carino, in qualsiasi caso.
Mi avviai verso il mio solito banco, sistemandomi in modo da poter dormire indisturbata per un’oretta come minimo, l’ipod nelle orecchie.
Lo accesi, attaccando a palla una canzone dei Clash, chiudendo gli occhi.
-Ti piacciono i Clash?-
Qualche malaugurato aveva tolto la cuffietta destra dal mio orecchio, impedendomi di dormire.
Alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti un ragazzo alto e riccio, sorridente che si era seduto di fianco a me.
-No, li ascolto perché mi fanno schifo.- sibilai fissandolo con odio.
Mai svegliarmi. Mai.
-Anche a me piacciono.- sorrise lui, incurante delle ondate di odio che gli stavo lanciando addosso.
-Felice per te- grugnii, ributtandomi a dormire.
-Come ti chiami?- mi chiese sempre, sorridendo come un’ebete.
-Dì un po, hai una paresi?-
Lui continuò a sorridere indisturbato. Era pazzo.
-Megan. Mi chiamo Megan. Ma mi chiamano tutti Meg. NON chiamarmi Maggie, lo odio. Anzi, non chiamarmi proprio, ti ammazzerei.- precisai.
Lui sorrise, ops, pardon, continuò a sorridere e io mi chiesi seriamente come potesse tenere le mascelle così in tensione per così tanto tempo. Ammirevole.
-Io sono Harry. Harry Styles.-
-Ma quando?-
-Da quando sono nato.-
-No, ma quando te l’ho chiesto?- sbuffai.
Mi ricordai all’improvviso di una cosa. –Aspetta, hai detto che ti chiami Styles?-
-Sì, Styles.-
-Ma è il tuo vero cognome?-
-Certo!-
Credevo fosse un nome d’arte.
Chi cavolo fa Styles di cognome? Un amico di mio padre aveva un cane che si chiamava Styles, ma l’hanno investito.
A pensarci, il pelo del cane sembrava essere il colore dei capelli di Mr Simpatia, qui.
Poco male.



BANG!

No, così, è tanto per dire.
Non so in effetti perchè sto scrivendo una FF sui One Direction.
Non sono una directioner, lo metto in chiaro, e non perchè provo odio verso di loro o cose del genere.
 
Anzi, credo che chi li segua nel modo che fanno loro, sia veramente una persona che crede in queste persone e sulle loro capacità, e penso che il supporto dei fan sia la cosa più importante per un gruppo emergente.
Ascolto qualche loro canzone e mi diverto molto a leggere le loro FF perchè trovo che siano davvero dei ragazzi semplici e anche simpatici ;)

Sì, vabbè, intanto ciao.
Dovrei parlare della storia? Ma la sapete una cosa? Io odio lo spazio dell'autrice così lungo.
Allora, che la storia è un pò (molto) da dementi, anche perchè pensate, io mi diverto così, sono una malata.
Oh, allora, SI ho già altri due capitoli pronti.
NO,non ho idea di come finirla.
Ho il cane che vuole entrare in camera mia.
Ho un pupazzo a forma di apparato riproduttore maschile.

Beh.
Per chi vuoleaggiungere a dovecazzovipare /recensire/fare una cippa e chiudere questo scempio, io sono qua!
Un bacio ;)

ANNA

Bellalì!
  
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