Pensava che dopo la morte le acque si
sarebbero acquietate, e tutto sarebbe
tornato al regolare respiro.
Invece no.
Sentiva che dopo Lei c’era qualcosa di
peggio. C’erano piedi e gambe che
calciavano quel corpo lacerato a brandelli,
che ferivano e aprivano nuovi tagli non
ancora chiusi e vi buttavano sale sopra;
e lei guardò quel corpo,
e non poté fare
a meno di pensare che non ci sarebbe
mai stata umiliazione più grande di quella:
di vedere il guscio che aveva contenuto
tutto quello che
un tempo le era sembrato
bello, ora martoriato e mangiato dai topi
che arrivavano ovunque, da ogni direzione
che poteva scorgere e immaginare.
Che quello che aveva così tanto amato
non solo
l’avesse portata alla morte ma
che stesse disturbando anche il poco che
aveva risparmiato. E l’odio,
non forte
abbastanza da additare la causa, si ritorceva
alla fonte, dilaniando il nulla e il tutto in un
forte vento.
Nero, come la discordia.
Bianco, come l’eccessiva fiducia.
Rosso, come la morte.
Giallo, come la pazzia.
E dopo arrivò la sabbia che le coprì gli occhi e,
con un respiro di sollievo,
non vide più niente.
Note dell’autore:Terzo mardröm, il più visivo. Questo incubo è dilaniante dal punto di vista fisico, si distacca dagli altri forse per questo motivo.
Nulla in più da aggiungere. Solamente, curatevi dopo un dolore, dopo una fine, dopo una notte, o Det är inte viktigt sarà per voi.
--Flick