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Autore: Shin83    17/05/2013    6 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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I don't want you tonight,
You weren't there

 

“Che cosa avresti fatto?” chiese incredulo Bucky a Steve, mentre erano seduti al loro solito tavolo del pub del campus assieme a Peggy, che tanto incredula non era , ma che per fortuna non commentò. In effetti quello che aveva appena finito di dire il suo fidanzato non faceva altro che confermare le teorie del loro ultimo litigio.
“Ho invitato Stark alla festa di sabato, non so cosa ci sia di difficile da capire in questa frase,” rispose Steve con una leggera irritazione nella voce.
“Ma sei impazzito?” continuò l’amico, bevendo un sorso di birra nel tentativo di calmarsi.
“Tanto si sarebbe sicuramente imbucato come al suo solito, cosa cambia?”
“Cambia che non abbiamo scuse per buttarlo fuori, se il qui presente lo autorizza a venire!” Esclamò Bucky, facendo un gesto teatrale con le braccia.
“La stai facendo troppo lunga, Bucky, poi magari neanche ci viene.”
“O peggio: si porta dietro quell’altro sfigato di Banner,” concluse l’amico, ignorando il suo tentativo di alleggerire la situazione.
“Ok, ora basta voi due, mi avete stufata.” Esordì Peggy. “Ormai Steve ha fatto il danno, saranno cavoli suoi se SfiggyStark e il suo socio si presenteranno alla festa. Ora piantatela e parliamo d’altro.”
I due ragazzi si lanciarono ancora qualche occhiata di sbieco e poi cambiarono discorso parlando delle ultime partite di campionato.
Peggy, invece, si allontanò poco dopo, a causa di una telefonata.
 
I giorni seguenti filarono via lisci, ogni pomeriggio si vedeva con Tony alla solita aula studio; il ragazzo era bravo a spiegare le cose, gli sembrava meno arrabbiato del primo giorno, anche se stava sempre sulle sue. Non gli sarebbe dispiaciuto conoscerlo meglio, era davvero uno in gamba, e certamente non sfigato come tutti sostenevano. Si ritrovò a pensare che era addirittura una persona interessante.
Il venerdì prima della festa, quando si salutarono dopo aver finito di studiare, Steve azzardò: “Allora ci vediamo domani sera?”
Tony alzò lo sguardo verso di lui e, nonostante tutto, ancora perplesso per l’invito, rispose: “Credo di sì.”
“Bene, a domani, allora.”
“Ciao.” E, borsa in spalla, Tony se ne andò.
Steve finì di sistemare la sua roba nello zaino, contrò l’ora sul suo Blackberry. Era ancora abbastanza presto per prepararsi per la partita e non aveva voglia di vedere né Peggy né gli altri in quel momento, quindi decise di andarsene in camera sua, magari a sistemare i suoi album e a disegnare un po’. Si avviò quindi verso il blocco B, che era interamente composto da stanze singole, occupate per la stragrande maggioranza dagli studenti dell’ultimo anno, ed era diviso in due edifici, ordinati in base al numero. Lui stava nella 15B, al piano terra dell’ala “dispari”.
Stava percorrendo il vialetto che costeggiava il dormitorio un po’ sovrappensiero quando finì per sbattere addosso a qualcuno.
“Ma guarda un po’ dove cammini!” lo rimproverò l’altra persona, che intanto si era piegata a raccogliere la borsa caduta a causa dell’impatto.
“Scu- Tony?” biascicò Steve, che a tutto pensava, tranne di trovare il ragazzo davanti all’ingresso del suo dormitorio. “Che ci fai qui?” continuò.
“Potrei farti la stessa domanda… Comunque, ci vivo?” gli rispose lui con una punta di sarcasmo.
“E da quanto?”
“Direi dall’anno scorso, ad occhio e croce. Ma scusa, cosa te ne importa?”
“Bè, anch’io alloggio qui, alla 15. Com’è che non ci siamo mai visti?” rispose sempre più sbalordito Steve.
“Forse perché sto nell’edificio “pari”, non frequentiamo gli stessi  giri e abbiamo orari completamente diversi, Micheal Jordan?”
“Ehm sì, può darsi.” Rispose imbarazzato.
“Scusami, ma ora ho da fare.” Tagliò corto Tony allontanandosi a passo svelto senza troppe cerimonie.
Steve rimase fermo lì per qualche minuto, inebetito, con una strana sensazione nel petto. Sembrava quasi contento di aver fatto quella scoperta, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo.
Con una scrollata di spalle e si incamminò verso camera sua. Entrando, ripose con cura il giubbotto sull’appendiabiti attaccato alla porta e appoggiò lo zaino sulla sedia della scrivania.
La sua stanza era perfettamente in ordine: letto rifatto, libri sistemati con metodo sugli scaffali, qualche trofeo qui e là, scrivania immacolata.
Dopo essersi tolto le scarpe e cambiato di vestiti, svuotò lo zaino e lo appoggiò ai piedi della scrivania. Aprì il cassetto chiuso a chiave e tirò fuori uno dei suoi blocchi da disegno.
Guardò il foglio bianco per un po’, quando iniziò a tratteggiare con la matita, ne venne fuori una figura minuta, occhiali da vista rettangolari sulla testa, barbetta, capelli spettinati: Tony. Era seduto ad un tavolo e si teneva la testa con una mano e aveva dei libri davanti a sé.
Era raro che disegnasse senza prendere spunto da cioè che vedeva: amava ritrarre ciò che gli capitava sotto gli occhi, catturandone l’essenza.
In quel momento, stava tracciando d’istinto, lo schizzo era come se fosse venuto fuori dalla matita da solo: non stava pensando, non stava analizzando, era solo e semplicemente Steve. Niente io, solo es. Niente convenzioni, niente apparenze, solo lui e il foglio.
Cosa sto facendo? Si disse d’un tratto il ragazzo, come se si stesse svegliando da un torpore, si era reso conto solo in quel momento cos’aveva disegnato: aveva realizzato una volta finito chi fosse quella figura, la guardò e gli piaceva, perché? Stava per appallottolare il foglio e buttarlo via, ma si fermò immediatamente: lo guardò bene un’altra volta e lo sistemò in fondo al cassetto.
Si prese la testa tra le mani quasi spaventato, quella situazione stava diventando più grande di lui.
In fondo, erano solo tre giorni che aveva a che fare direttamente con Stark.
E se avesse avuto ragione Peggy?
 

***


“Steve, aiutami con queste casse di birra, per favore.”
Era quasi tutto pronto per la festa alla sede della confraternita: la musica c’era, l’alcol quasi, mancavano solo le ragazze (e alcuni ragazzi…) che comunque sarebbero arrivate da lì a poco.
In cuor suo, Steve voleva incrociare Tony, anche se, viste le premesse del suo migliore amico, in un certo senso sperava che gli desse buca.
Finite di sistemare le casse di alcolici con Bucky, il ragazzo se ne andò in cucina per cercare qualcosa da sgranocchiare, prima che la ressa si facesse insostenibile, vista la quantità di persone che continuava ad arrivare. Trovò una mela rossa nel cestino della frutta e iniziò ad addentarla appoggiato ad un mobile.
“Ciao,” Una voce femminile lo salutò.
“Peggy,” Rispose lui con cortesia, notando la ragazza entrare nel vano e sistemarsi vicino a lui.
I due si guardarono alcuni istanti senza dirsi nulla, Steve finì la sua mela e gettò il torsolo nel cestino.
“Io e te dobbiamo parlare,” Disse Peggy rompendo il silenzio tra loro, mentre i rumori della festa si facevano sempre più forti.
“Di cosa?” chiese il ragazzo.
“Dobbiamo finire il discorso dell’altro giorno,” continuò calma lei.
“Ancora? No, non mi pare ci sia altro da aggiungere,” Steve rispose frettoloso, sentendo l’agitazione affiorare.
“Steve.”
“E poi non mi sembra questo il posto e il momento di tirar fuori certi argomenti,” mormorò chiudendo la conversazione e lasciandola sola.
Si diresse verso la più grande delle sale comuni, la musica ormai era arrivata ai decibel più alti e si iniziava a far fatica a camminare per la quantità di gente: riconobbe un paio di cheerleader che stavano ridacchiando con alcuni dei suoi compagni di squadra, erano anche arrivate le amiche di Peggy, che si stavano già dando da fare ballando; per la prima volta dopo quattro anni, quella confusione lo irritava. Si avvicinò al tavolo per prendere una bottiglia di birra e si guardò attorno, per controllare se fosse arrivato Tony.
Andò nel panico quando vide che Bucky l’aveva trovato prima di lui, era felice di vederlo lì ma allo stesso tempo era terrorizzato da quello che sarebbe potuto uscire dalla bocca dell’amico. Gli sarebbe piaciuto poter parlare un po’ con lui, cercare di andare al di là delle leggi di fisica e tutta quella noia che dovevano studiare tutti i giorni. Magari, riuscendo a scambiarci due parole, poteva iniziare a capire cosa gli stesse succedendo.
Si avvicinò curioso a Bucky e Tony, fermi in piedi nel corridoio che separava la stanza principale dall’ingresso, notando tutto a un tratto perfino la presenza del migliore amico del suo insegnante privato, quel Bruce Banner di cui aveva già sentito parlare.
“Oh, ecco il nostro Capitano!” urlò Bucky, già visibilmente alticcio mettendogli un braccio sulla spalla. “Stavo salutando il tuo invitato SfiggyStark e il suo più uno.” Continuò ridacchiando. “Caspita, credo sia un vero record, quattro anni da imbucato e a pochi mesi dalla fine, finalmente un invito. Ti sta andando bene a dare ripetizioni!” scoppiò a ridere.
Tony rimase immobile e in silenzio, con l’espressione neutra, a fissare Steve, sperando in una sua reazione, ma lui era altrettanto immobile e silenzioso.
“Dai, andiamo a far ubriacare qualche cheerleader, Sfiggy, magari tu e il dottorino finalmente potrete approfittarne,” Insistette Bucky, spostando il braccio dalle spalle di Steve per andare ad appoggiarlo su quelle di Tony.
“Non mi toccare!” gli disse rabbiosamente il ragazzo, scansandosi.
 “Ehi, calma amico. Voglio farti divertire…” continuò Bucky ridendo.
 “E chi ti dice che mi voglia fare una cheerleader per divertirmi, Barnes?”
“Ah, già, mi dimenticavo che le ragazze sono una seconda scelta per te, Sfiggy. Bè, mi dispiace, ma i miei compagni di squadra non sono disponibili.”
A quella frase Steve ebbe un sussulto, e Tony se ne accorse.
“Non mi interessano neanche i tuoi compagni di squadra, se è per questo.”  Steve si sentì il sangue gelare nelle vene, a causa dello sguardo tagliente che gli rivolse l’altro ragazzo.
“Proprio di gusti difficili il ragazzino, eh, Steve” Continuò, senza smettere di ridere e dando una gomitata all’amico, con la speranza che gli desse supporto.
Steve, invece, sembrava una statua di cera, voleva spendere due parole per difendere Tony, ma era terrorizzato dalla prevedibile reazione del suo amico. Si sentiva divorare dai dubbi e dall’ansia.
“Sapete cosa vi dico? Era meglio venire da imbucato, almeno non avrei dovuto avere a che fare con due idioti come voi. Non ho bisogno delle vostre stupide chiacchiere, non vorrei mai che mi attaccaste il gene della scemenza. Andate a farvi fottere entrambi.” Commentò Tony con tono acido andandosene con Bruce alle calcagna.
Bucky scoppiò in una più fragorosa risata, rivolgendosi all’amico. “Visto? Abbiamo risolto il problema della pseudo checca e di Dottor House. Andiamo a divertirci.”
“Bucky, sei proprio uno stronzo,” furono le uniche parole che uscirono dalle labbra di Steve.
Era ancora nella stessa posizione, fermo a fissare la porta e con la bottiglia di birra in mano, non era riuscito a muovere un muscolo per cercare di evitare quella spiacevole conversazione e ne era affranto.
“Non dirmi che ti dispiace. Ah, no, è vero, scusa, non ti dispiace. Non mi pare tu abbia fatto niente per difenderlo!” Sghignazzò divertito, al che Steve spostò lo sguardo dalla porta all’amico, alzando un sopracciglio.
“Sai Bucky? A fanculo ti ci mando anche io!”
L’amico lo guardò perplesso per un secondo, ma scoppiò a ridere per l’ennesima volta e si allontanò verso un gruppetto di ragazze che li stava osservando.
Steve quindi si avviò verso il giardino sul retro, passando dalla cucina e afferrando un altro paio di bottiglie di birra che c’erano sul tavolo.
Si sedette su una panca, incurante del freddo pungente, e si mise a osservare le stelle in cielo.
E adesso? pensò, con gli occhi lucidi.
Cosa faccio? Devo parlare con qualcuno. Ma con chi?
L’unica persona con cui poteva farlo era Peggy.


 


Sì, ho pubblicato oggi anziché domani, come al solito, perché il capitolo è pronto e perché mi andava così (gne gne gne).

Stavolta ringrazio doppiamente la mia magnifica beta Marti che non solo è riuscita a darmi una mano a sistemare questo capitolo che non voleva venir fuori in nessun modo, ma l'ha fatto nonostante sia negli esami fino al collo. Non so come farei senza te, loviu <3

Grazie, ovviamente, a tutti coloro che passano da qui, mi lasciano due paroline e seguono la storia. :)

Alla prossima (che potrebbe essere sabato prossimo, ma non è detto).
  
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