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Autore: xnjallsavedme    17/05/2013    14 recensioni
"grazie per essere la persona più importante della mia esistenza" sussurrai vicino al suo orecchio "tu sei la parte migliore di me" rispose Niall stringendomi a se "mi hai salvata" dissi lasciando che le lacrime solcassero le mie guance.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Arrivai davanti casa, presi le chiavi dallo zaino e le inserii nella serratura. Era bloccata. 
“CHE CAZZO” dissi strattonando con forza la maniglia. 
“ehi che fai?? rischi di romperla” disse mia madre aprendo la porta 
“mamma è già rotta” dissi sbuffando. 
Entrai in casa lanciai lo zaino nell’ ingresso e andai in camera mia passando dalla cucina dove c’era mio padre che mangiava un panino. Monotona, si esatto la mia vita era monotona, la mia routine faceva schifo, era solo scuola, casa, studio e per lo più in questa città dove la cosa più eccitante che poteva accadere era un mercatino delle pulci della signora di fianco. Nessuno qui si rendeva conto di quanto deprimente fosse la mia vita come del resto quella di tutti in questa città. Era sempre nascosta da nuvole di pioggia e solo d’estate c’era il sole. Sulla carta geografica del nord dell'Inghilterra e del mondo non era nemmeno raffigurata da quanto fosse inutile. Io mi sentivo rinchiusa in questa società di illusi, che credevano che la vita fosse questa. Ma si sbagliavano. Mi mancavano ancora 2 anni prima di compierne 18 e di andarmene definitivamente da questo piccolo distretto inglese. La mia camera faceva schifo, non avevo mai invitato nessuno. Le tendine che una volta erano bianche adesso erano giallastre e filtravano quel poco di luce che entrava, il caos era inevitabile e i libri ricoprivano l’intera scrivania. Il disordine mi stava innervosendo e cosi decisi di andare fuori a sedermi sulla panchina. Uscii di casa e il vialetto era ancora bagnato dalla pioggia e facendo attenzione a non bagnarmi mi sedetti sulla panchina ormai consumata dal tempo. L’unica cosa buona che ci potesse essere in questa città era forse la tranquillità e l’odore di pioggia che c’era ogni giorno. Intorno a me c’erano solo pozzanghere e fango, da piccola pero mi piaceva entrarci dentro e lanciare i sassi facendo schizzare tutto. I ricordi mi facevano venire nostalgia dei vecchi tempi dove era tutto più semplice e ad un tratto mi innervosii e così per distrarmi andai nel retro. C’era ancora l’altalena rotta che usavo per le mie bambole ma ormai la plastica era scolorita e le corde erano consumate, non capivo perché i miei la tenessero ancora li. Sentii delle grida prevenire da casa cosi rientrai dentro e c’erano i miei genitori che litigavano. Se si fossero lasciati qualche tempo fa mi avrebbero fatto un piacere enorme. Entrai in camera e iniziai a studiare fino a che non mi addormentai completamente. Mi risvegliai la mattina seguente sul letto con una coperta che non mi copriva nemmeno i piedi. Sentii il mio stomaco borbottare cosi mi feci una doccia veloce e scesi a mangiare qualcosa. Non c’era nessuno in casa probabilmente avevano passato la notte fuori dopo la lite. E io da sola. Presi una mela perché la dispensa era vuota. Non si preoccupavano nemmeno di lasciarmi qualcosa da mangiare. Stronzi. L’autobus arrivo poco dopo, mi sedetti in ultima fila lasciando che i ceti sociali più alti della scuola si dessero alla pazza gioia per la partita di stasera. Appena scesi dall’ autobus inizio a piovigginare così corsi dentro cercando di schivare la folla riunita in gruppi all’ entrata. La scuola era illuminata da luci al neon che ogni tanto lampeggiavano oppure esplodevano, il cibo della mensa era preconfezionato e scongelato male quindi spesso crudo, per non parlare dei bagni, dove potevi ritenerti fortunata se trovavi un bagno con della carta. A parte questo era un liceo normale dove venivi calcolato solo se eri nella “compagnia” dei tifosi della squadra della scuola. Era una gabbia dove persone come me gridavano senza sosta per farsi sentire, ma era solo tempo sprecato quindi soffocavamo i nostri pensieri in silenzio e timidezza. Andai all’ armadietto e appena lo aprii dei ragazzi mi vennero addosso perché si rincorrevano e mi fecero cadere i libri con i quali iniziarono a giocare a calcetto. Ero per terra cercando di recuperare il maggior numero di fogli quando sentii la voce di un ragazzo diverso dai quei coglioni di prima che scapparono. Mi raccolse i libri e li lascio davanti a me, avevo la testa abbassata per la timidezza quindi non riuscii a vedere il suo viso 
“emm..gr…”dissi e senza che riuscire a finire la frase, grugnì “non ringraziarmi” e se ne andò senza aver avuto l’occasione di vederlo 
“NON MI HAI NEMMENO DATO L’ OPPORTUNITA' DI FARLO” gridai. 
Ero un idiota ero riuscita a parlare dopo che se ne era andato. Poi scomparve nella folla lasciandomi pensierosa.

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