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Autore: Naima Dahmer    19/05/2013    6 recensioni
{Post-Civil War}
Le orecchie ti fischiano, un suono ridondante nel cranio, così fastidioso che prenderesti a testate qualsiasi cosa pur di farlo smettere. L’auto fila liscia e tu ti allontani da quel corpo freddo e privo di vita, come il tuo, a cui probabilmente vorresti ricongiungerti.
Qualcuno farebbe una statua di voi due insieme? Qualcuno ti lascerebbe riposare accanto al corpo di Steve Rogers?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Without you I'm nothing'
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Morte di un eroe







Come quando le temperature cambiano improvvisamente, l’attimo prima il sole caldo si irradia con i suoi riflessi e ti scalda la pelle, il secondo dopo un vento gelido ti colpisce in volto come mille lame acuminate e senti il corpo indolenzito e bruciante.
 
La mano che avevi stretto un tempo era stata bollente, viva, delicata e amorevole. Forti le sue dita, familiari come la carezza di una madre e sensuali come il tocco di un amante.
 
Dì  dunque, puoi vedere nella luce del primo mattino
quel che, fieri, salutammo all’ultimo bagliore del crepuscolo

le cui larghe strisce e stelle lucenti, nel pericolo della battaglia
fluttuavano valorosamente sui bastioni che osservavamo?

 
Una bambina canta una nenia dolorosa che non sembra più un inno, ma una marcia funebre piena di dolore e bagnata di lacrime. Il cielo si è oscurato, le temperature sono calate e la notte è diventata fredda, lame taglienti che nel buio vengono a svegliarti dai sogni di un passato che non sarebbe mai più tornato.
 
E la bambina continua a cantare, i capelli d’oro stretti un paio di trecce, in contrasto con l’abitino nero che la sua mamma gli ha cucito su misura per l’evento. Forse  ricorderai per sempre il volto di quella ragazzina, roseo e vitale, in tutto quel grigio senza ritorno.
 
E il rosseggiar dei razzi, e le bombe che scoppiavano in aria
mostrarono, nella notte, che la nostra bandiera era ancora là.
Di’ dunque, lo stendardo lucente di stelle sventola ancora
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi?

 
Una bandiera a stelle e strisce ricopre la bara rigida come il cadavere che custodisce gelosamente. La nenia echeggia nell’aria e i colori, il rosso e il blu, sembrano perdere di saturazione e consistenza.
 
Le nuvole, un tuono, un lampo, il buio di giorno e la morte nel cuore.
 
La bile in bocca, i pugni stretti ai fianchi ed il petto ridotto ad un puntaspilli. Ma la bambina canta, canta per la Sentinella della Libertà, canta per un uomo i cui colori non sbiadiranno tra le pagine del tempo.
 
Una mano sulla spalla cerca di renderti conforto e gli occhi chiari della donna che ti amava e ha continuato a farlo, nonostante tutto,  cercano i tuoi per trasmetterti un po’ di calore. Perché sì, probabilmente sembri più morto del cadavere che giace inerme in quella bara di legno.
 
E’ lo stendardo lucente di stelle! Ch’esso sventoli a lungo
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi.

 
Non riesci a muoverti, in quei giorni ti sei trascinato, senza vita, come un automa. Devi andare all’obitorio, devi andare al funerale, le persone si aspettano di vederti.
 
Le persone si aspettano sempre delle cose, tutto gli è  dovuto, perché tu non sei esattamente umano quanto loro, ma solo un omino di latta dedito ad un bene più grande.
 
L’umanità tutta piange la morte di un eroe, si china e ringrazia, poi prega un Dio che non esiste e ti porge le condoglianze.
 
Tu non hai versato una lacrima e hai sputato bile e vomitato dolore, ma niente gocce salate a bagnarti le guancie e a darti un po’ di sollievo. Come se un po’ d’acqua potesse lavare via un’angoscia così profonda e ridarti vita.
 
Il loro sangue ha cancellato anche il puzzo dei loro sporchi passi.
Nessun rifugio potrebbe salvare il mercenario e lo schiavo
dal terrore della fuga o dalla cupezza della tomba:
E lo stendardo lucente di stelle sventola trionfante
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi.

 
La gente si accalca per uscire dal luogo di morte bagnato di lacrime e annaffiato di membra. Qualcuno, sempre lei, ti stringe la spalla più forte e tu sei costretto ad incrociare i suoi occhi e a leggervi dentro tristezza.
 
«Dobbiamo andare via, stanno andando via tutti.» Sussurra con poca voce, la sua chioma rossiccia spenta come il cielo, aloni grigi sotto gli occhi che neanche il correttore è riuscito a nascondere.
 
Non ti sei nemmeno accorto che la bara è stata sepolta a tre metri di profondità e che ognuno ha preso il proprio pugno di terra e l’ha gettato sulla bandiera; i vermi la mangeranno e non ne resterà nulla, forse solo uno straccio lacero e corroso dal ciclo della vita.
 
Tu non ti sei mosso, però, non hai ascoltato il sermone né hai preso il tuo pugno di terra. Se lo avessi preso, magari, saresti stato tentato di ingoiarlo insieme alla bile.
 
D’un tratto il cimitero è vuoto, solo poche persone, la bambina non canta più ed è sparita insieme a sua madre. Niente più trecce bionde e gote rosse.
 
Così fai come ti è stato detto, ti volti e incontri gli sguardi dei tuoi amici, non riconoscendoli. Ti chiedi perché tutti indossino i loro ridicoli costumi, come se quella fosse una festa in maschera. Ti chiedi perché Nick Fury adesso sembra più cupo del solito nel suo cappotto di pelle.
 
Cosa è successo a tutti? Dov’è Iron Man? Perché non è presente al funerale?
 
Lì c’è un uomo di colore vestito di rosso, in maschera, che ti guarda con apprensione e si avvicina, poggiandoti una mano sulla spalla dove prima c’era quella di Virginia Potts. La stringe e tu ti chiedi perché tutti ti stringano lì, in quel punto, e perché da qualche parte è scritto che quel gesto sia di conforto.
 
Poi ti sovviene il nome di quell’uomo e ti senti un po’ in colpa, perché è impossibile che tu l’abbia dimenticato.
 
Falconè l’eroe, Sam Wilson è la persona dietro la maschera. Ha gli occhi rossi e gonfi e lo invidi perché ha pianto e tu non lo hai fatto.
 
Il suo amico è sotto tre metri di terra e lui piange, come dovrebbe succedere, come è giusto che sia. Provi pena per te, perché non riesci a fare la cosa giusta nemmeno in casi come quello. L’eroe in quella bara ti avrebbe preso a schiaffi e ti avrebbe ordinato di reagire.
 
Adesso quali ordini devi seguire non lo sai neppure tu e aspetti che qualcuno, chiunque, ti dica di muoverti, di camminare, di salire in macchina, di provare a mangiare, di smetterla di bere e di metterti a letto.
 
Un altro uomo si avvicina, è tutto vestito di nero e ti guarda come ti guardano tutti gli altri. Stringe qualcosa al petto ed è così abbagliante che per un minuto ti senti accecato.
 
Viene vicino e ti porge lo scudo di vibranio, lo scudo dell’eroe a stelle e strisce. Brilla, i colori sono accesi, e per un secondo ti pare di scorgere un raggio di sole in tutto quel grigiume.
 
«Pensavamo ti facesse piacere tenerlo.» Ti dice T’Challa, accennando un sorriso che tu trovi terribilmente distorto.
 
Ti chiedi perché la gente lo faccia, perché la gente sente il bisogno di sorridere dopo i funerali e di piangere durante. Non ti piacciono le convenzioni sociali.
 
Pepper prende lo scudo al tuo posto. Se qualcuno ti avesse ordinato di prenderlo, forse lo avresti preso, ma ormai non riesci più ad agire liberamente, non riesci a fare cose se non ti vengono chieste.
 
«Grazie.» Sussurra la donna, al tuo posto, e sorride come T’Challa. E’ brutta in quel momento e ti viene un groppo in gola nel pensarlo, perché non ti è mai neanche lontanamente capitato di trovarla orrenda. La sua faccia è distorta e contorta, adesso.
 
La bambina non c’è e nessuno canta, qualcuno dovrebbe farlo, qualcuno dovrebbe continuare ad intonare l’inno americano. Tu non conosci bene le parole, non ti è mai realmente interessato saperle, e ricordi come l’eroe nella bara ti abbia più volte spronato ad impararlo.
 
E ancora un altro uomo si avvicina, vestito di nero con un teschio al centro del petto, bianco in contrasto. Sai chi è quell’uomo e ti chiedi perché sia venuto al funerale dell’eroe a stelle e strisce.
 
Ma invece sai perché tutti hanno motivo di esserci, Steve Rogers ha salvato la vita di molte persone e in modi differenti.
 
L’emblema della speranza.
 
Frank Castle è l’uomo dietro la maschera del Punitore, guarda la tomba su cui verrà eretta una grande statua con le fattezze del Primo Vendicatore e china il capo in segno di rispetto.
 
Prima che possa rivolgerti la parola, però, Virginia con la sua chioma spenta ti stringe il braccio e ti trascina via, fuori da quel luogo di morte, come se una volta uscito dal cimitero riprendessi colore e vita.
 
Tutti sanno che la morte te la porti nel cuore, però.
 
Falcone Black Panter ti salutano con poca voce, ma tu non ricambi perché hai paura che aprendo la bocca non riusciresti a trattenere il conato di bile e vomito che sta risalendo lungo il tuo esofago.
 
Logan si avvicina e ti dice di farti forza, il suo sorriso sembra più sincero di quello degli altri, lui era con te nell’obitorio e ti ha tenuto la testa mentre vomitavi in un cestino di fortuna - come un bambino a cui hanno ucciso la mamma.
 
Vicino a lui, c’è Charles Xavier sulla sua sedia a rotelle che annuisce e ti guarda con i suoi occhi incredibilmente blu, come se il grigiore non si fosse ancora abbattuto su di lui.
 
Poi, in un quadretto distorto e surreale, noti l’uomo con la testa coperta da un elmetto e se non fossi così distrutto dentro avresti fatto una battuta di spirito su quella situazione assurda.
 
Erik Lehnsherr sembra una macchietta in mezzo a loro due, come se non avesse motivo di essere presente. Non ti guarda negli occhi e non dice una parola, perché forse non ha realmente nulla da dire, a differenza di Reed Richards che invece sembra più loquace del solito.
 
«Riportatelo a casa.» Dice rivolto a Pepper, come se tu non fossi presente, neanche ti guarda e dal suo tono di voce capisci che è straziato dalla tua vista. Forse è anche quello essere amici, ma tu non lo sai, non sei mai stato un ottimo amico, né un ottimo amante.
 
Quindi qualcuno ti conduce all’auto, attraverso quel pittoresco quadro di superumani e mutanti, di eroi e di serpi, di divinità e di nullità.
 
C’è Thor con Jane Foster e ci sono anche Clint Barton e Natasha Romanoff, ti salutano con poca voce e ti guardano entrare in macchina come se fossi anche tu un cadavere avvolto in una bandiera a stelle e strisce.
 
Falconfa un cenno con il capo e si allontana con passo strascicato, avvicinandosi a Peter Parker che noti solo in quel momento e che è forse uno dei pochi a non nascondersi dietro una maschera al funerale di Capitan America.
 
Senti la paura e l’ansia avvolgerti le membra e sei consapevole che quella sensazione non andrà mai via e che probabilmente la tua vita non ha più significante né significati. Sei un fantasma che si trascina nell’ombra di un futuro buio e spento come il sole di questa giornata nuvolosa.
 
L’estate non arriverà mai più a scaldarti le ossa e la primavera non busserà alle tue porte. Non fa male, ti dici, e poi il petto ti gronda sangue dall’interno e chiudi gli occhi sperando di non sentire più il tuo cuore battere.
 
Le orecchie ti fischiano, un suono ridondante nel cranio, così fastidioso che prenderesti a testate qualsiasi cosa pur di farlo smettere. L’auto fila liscia e tu ti allontani da quel corpo freddo e privo di vita, come il tuo, a cui probabilmente vorresti ricongiungerti.
 
Qualcuno farebbe una statua di voi due insieme? Qualcuno ti lascerebbe riposare accanto al corpo di Steve Rogers?
 
«Andrà tutto bene.» E’ la nenia della donna che ti è accanto e tu ti chiedi quanto possa essere profonda quella bugia, come proiettili scava nella carne e la nausea ritorna a tormentarti, la bocca ancora piena di bile e la consapevolezza che non ascolterai più una verità.
 
Preferiresti che qualcuno ti sbattesse la realtà in faccia per quella che è. Steve Rogers è un cadavere e tu con lui, le cose non miglioreranno e il tuo cuore gronderà sangue e la tua bocca vomiterà bile finché ancora camminerai sulle tue gambe e respirerai in un riflesso incondizionato.
 
Lo scudo di vibranio ha il suo posto nella limousine, come se stesse occupando lo spazio vuoto lasciato sul sedile. Hai qualcosa in tasca, qualcosa che volevi lasciar cadere in quel buco profondo tre metri, insieme ad una manciata di terra.
 
Nessuno ti ha detto di farlo e tu non lo hai fatto. Forse, se qualcuno te lo avesse chiesto, avresti messo la mano in tasca e avresti lasciato cadere le figurine in quel pozzo oscuro.
 
Sei così patetico che ti sei lasciato vestire dal tuo amministratore delegato, come un neonato. Ti sei pisciato addosso quella notte, qualcuno ha cambiato le lenzuola e ti ha buttato sotto la doccia per ripulirti, poi ti ha rimesso a letto.
 
Lo avrebbe fatto Steve, se fosse stato presente, ma era nell’obitorio a godere di un sonno senza sogni.
 
Sei quasi arrabbiato con lui, perché ti ha lasciato solo e distrutto ed è morto senza il tuo consenso, senza chiedere. Se n’è andato e basta e tu vorresti sputargli in faccia tutta la bile che hai accumulato e che ti pizzica la lingua come lisciva.
 
Nessuno ti aveva detto che sarebbe stato facile, né che Steve sarebbe vissuto in eterno, nonostante il futuro non sembrasse così buio come adesso.
Nessuno ti aveva detto che si può morire di dolore e che l’amore può essere uno stiletto piantato nel cuore.
 
Continui a trascinarti dietro te stesso, mentre Pepper ti tiene sottobraccio e non sai nemmeno quanto tempo hai trascorso in auto e come siete arrivati alla Torre dei Vendicatori. Alzi lo sguardo e lontano vedi ergersi fiero il Baxter Building e ti chiedi se anche Johnny e Sue erano presenti al funerale, perché non li hai notati.
 
L’unica cosa che ti resta fare è seguire il tuo amministratore delegato e lasciarti trasportare come un pacco postale. Ti senti così piccolo e inutile, così penoso e pietoso, tanto che la cosa potrebbe farti rimettere l’anima da un momento all’altro.
 
Steve ti avrebbe tenuto la testa ed insultato per il tuo poco buon senso e perché non puoi ridurti in simile stato, sei un uomo importante e devi aver cura della tua persona. Poi si sarebbe pentito di averti trattato male e ti avrebbe chiesto scusa e accarezzato il viso, ricordandoti quanto tu sia una splendida persona.
 
Poi ti avrebbe baciato le labbra sussurrandoti parole d’amore e tu lo avresti preso in giro, perché trovi disgustose quelle inutili effusioni, roba da donne, parole che non avrebbero mai lasciato le tue labbra.
 
Ti senti un imbecille per non essere mai riuscito a dire due fottute parole, tanto che una volta hai dovuto scriverglielo su un post-it attaccato al frigorifero, con l’aiuto di ferro vecchio.
 
Lo avevi fatto perché sapevi che la cosa gli avrebbe fatto piacere e per giustificare il tuo corpo fetido d’alcool qualche ora dopo.
 
Glielo hai scritto su un post-it e al solo pensiero il tuo stomaco si contrae in uno spasmo doloroso. Ti irrigidisci e ti chini, vomitando sulle Loubutin del tuo amministratore delegato acido e pezzi di cibo liquefatto, cibo che non ricordi di aver mangiato, cibo di cinque giorni vecchio.
 
«Oh, Tony.» Sussurra lei affranta, aiutandoti a tirarti su e pulendoti le labbra ed il pizzetto con un fazzoletto immacolato. I suoi occhi sono vitrei e il suo viso non è mai stato più orribile.
 
Le hai vomitato sulle scarpe, forse dovresti comprargliene un paio nuove. Lo hai fatto altre volte, ma adesso ti senti pietoso.
 
“Proteggimi da quello che voglio, perché voglio morire“ è questo che dicono i tuoi occhi, ma lei non recepisce, perché non è Steve, nessuno recepisce i tuoi sguardi come Steve e allora ti chiedi perché esisti se ti manca l’altra metà della mela.
 
In un flash vedi lui stringerti tra le braccia e chiederti di non fare sciocchezze, perché non vivrebbe se tu morissi o se ti capitasse qualcosa. Dovresti ridere, perché a te non è mai passata per la testa una cosa del genere, pensavi che fosse immortale e che sarebbe sopravvissuto a te.
 
Invece tu, come un genitore troppo anziano, sei sopravvissuto a lui. Ti senti improvvisamente così vecchio e morente che vuoi andartene e basta, addormentarti e non risvegliarti mai più, perché il mondo senza Capitan America è un luogo triste e buio, un tempio di desolazione.
 
Hai rischiato di morire così tante volte che non pensavi sarebbe morto lui per primo.
 
Di sera, poi, dopo la tempesta ti crogiolavi tra le sue braccia e facevate l’amore nel modo migliore che conoscevi, rude e passionale, e vi chiamavate per nome.
 
Lui gemeva e si vergognava, le sue gote erano così rosse, il sangue pompava nelle sue vene in modo costante. Tu ridevi e ti prendevi gioco di lui, perché non poteva essere un omone grande e grosso e vergognarsi per un po’ di sesso.
 
E poi quando tu lo penetravi, lui era morbido e caldo più di una donna e sprizzava sensualità da tutti i pori, con il volto rosso e le labbra martoriate dai tuoi morsi. Poi lui penetrava te e gemeva che eri caldo come l’inferno, e ti chiedi cosa direbbe adesso. Ti senti come un pezzo di ghiaccio.
 
Pepper ti fa sedere sul tuo letto, quel letto che condividevi con lui, e ti sfila gli abiti sporchi di bile e cibo liquefatto di cinque giorni vecchio, lo manderà in lavanderia, dice, è un Armani e a te piacciono gli Armani, ne hai un sacco, anche a Steve piacevano, gliene hai regalati un paio e gli stavano d’incanto.
 
Dovevi sposarlo, se potessi tornare indietro glielo chiederesti nel modo più sdolcinato e romantico che ti riesce, lo vedresti arrossire e ridere.
 
La sua risata che non ricordi più, già non ricordi più, tutto quello che è successo sembra così lontano che hai terrore sparisca.
 
Ti aggrappi ai ricordi come se fossero l’aria che respiri e crolli sul letto, mente il tuo amministratore delegato ti sfila i pantaloni e le scarpe.
 
Cosa ne sarà delle sue Loubutin, ti chiedi, forse dovresti comprargliene un paio davvero, forse dovresti comprargli tutta la collezione autunno-inverno per riscattare il tuo debito.
 
L’hai lasciata per un uomo e lei è ancora qui a curarti le ferite come una brava crocerossina.
 
«Riposa un po’, al tuo risveglio troverai pronta la cena.» Ti dice, forse vuole chinarsi a baciarti la fronte, ma tu non ne sei sicuro, non la guardi, guardi il soffitto e chiudi gli occhi con la consapevolezza che sarebbe bello, molto bello, non riaprirli più.
 
O magari aprirli e accorgerti che non è successo nulla, risvegliarti accanto a Steve ancora dormiente ed accarezzare il suo corpo caldo e tonico, guardarlo con ammirazione ed infastidirlo così da farlo svegliare.
 
Fareste l’amore, poi, come sempre, e la tua vita ritornerebbe quella di un tempo.
 
Sì, sarebbe bello.
 
 
 
 
Note dell’autrice:Ciclo mestruale, allarme ciclo mestruale!
Non so perché, i primi giorni di ciclo scrivo sempre delle cose amare e terribilmente angoscianti. Insomma, in questi giorni mi sento un po’ come questo Tony, di merda, e quindi ho scritto questa cosa di getto ed ho anche paura a rileggerla.
Voglio condividerla con voi perché non so davvero cosa fare, al momento, e perché non lo so, forse mi piace mostrare il mio settimanale umore miserabile.
Insomma, non so se vi possa piacere, spero di sì. Grazie mille per aver letto! <3
 
 
 
E adesso, passiamo alla breve spiegazione.
Non so quante di voi abbiano letto Civil War o Capitan America: morte di un eroe, ma è a questi due fumetti che mi sono ispirata per scrivere questa cosa.
Ovviamente ho cambiato molte cose a livello di trama e vicende, perché io Capitan America: morte di un eroe non ho ancora avuto il coraggio di leggerlo, per ovvi motivi. Sono talmente emotiva ed innamorata del personaggio (lo amo più o meno quanto amo Deadpool) che non me la sono sentita di sfogliarlo per bene, ci ho solo dato un’occhiata di sfuggita, un giorno, in fumetteria, e povera me se troverò la forza di leggerlo per davvero. So che è solo un fumetto e che volente o nolente Capitan America riciccia fuori, tant’è che mi sono ripromessa di leggere Capitan America: Rinato, è solo che non ce la faccio comunque, mi sale un angoscia terribile.
Sto divagando e ne sono consapevole.
In ogni caso, questo è il modo in cui - secondo il mio distorto e perverso punto di vista – Tony potrebbe affrontare il lutto, ovviamente un Tony innamorato e in una relazione con il Capitano, sia ben chiaro.
Non ho fatto grossi riferimenti a Civil War, a parte buttare in mezzo il Punitore, T’Challa ed altra gente. La storia è post-Civil War, quando il Capitano viene ucciso da un cecchino – e non aggiungo altro, non voglio fare spoiler a chi non ha letto.
Insomma, spero di non aver fatto strafalcioni e di non avervi fatto storcere il naso per aver scritto qualcosa di ignobile ispirandomi a dei veri e propri capolavori.
Con questo vi lascio.
Alla prossima! 
   
 
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