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Autore: _zia cla_    19/05/2013    3 recensioni
Anni '30. Broadway.
dal testo:
14 Gennaio 1947 Westerville, Tenuta Smythe
Carissimo,
è stato un piacere ricevere la tua lettera.
Devo dire che il tuo desiderio di conoscere la mia storia mi stupisce e, in un certo senso, mi onora. Hai ragione, la mia vita è stata …interessante.
Ho sempre amato immaginarla come un musical! Sicuramente c’è stata molta musica…
E come tutti i migliori musical, questa storia parla d’amore.
Hai mai conosciuto l’amore, quello vero?
Io l’ho fatto. E non parlo dell’amore da romanzo rosa, dove tutto finisce bene, dove tutto è fin troppo facile.
No, nulla è mai stato semplice…per noi.

AU nata durante l'ascolto della discografia di Cole Porter e dalla mia immagine mentale di Sebastian Smythe in doppiopetto.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo XII
 
 





Erano passati ormai giorni dalla prima dello spettacolo. Tutti i giornali di New York ne parlavano, apostrofando ‘Midnight’ come uno dei più grandi capolavori di Broadway degli ultimi dieci anni. I più grandi critici ne avevano firmato le recensioni, spendendo parole estasiate sull’originalità e complessità del libretto, così diverso e inusuale dai precedenti di Smythe, sul virtuosismo delle musiche e sugli interpreti di grande spessore e pregio. Le parole più ammirate erano rivolte però, naturalmente, al giovane protagonista. Era stato l’elemento distintivo dell’intera opera. I critici più maligni lo ritenevano addirittura l’unica ragione di riuscita dello spettacolo, gli altri lo definivano la punta di diamante, colui senza il quale la messa in scena non sarebbe risultata altrettanto convincente.
Dopo cinque sere di repliche, i giornali continuavano ancora a parlarne e il teatro a fare tutto esaurito, tanto che, la produzione aveva dovuto inserirlo in cartellone per un’altra settimana.
C’era addirittura gente che tornava a vederlo tutte le sere, affermando di assistere ogni volta ad uno spettacolo diverso; Blaine Anderson era capace di donare sfumature sempre differenti al suo personaggio, era capace di donargli mille anime diverse ma tutte ugualmente caratterizzanti. In pochi giorni era già diventato una stella, uno di quei personaggi che è sulla bocca di tutti, e non per parlarne male, ma per divulgarne lo splendore.
 
Sebastian non poteva esserne più soddisfatto. Perché ogni volta che si nominava il nome di Blaine, veniva immediatamente affiancato a quello di Sebastian Smythe, suo scopritore.
Il suo nome stava nuovamente acquisendo valore, gli ingaggi per nuovi libretti piovevano già da tutte le parti;  le repliche di‘Midnight’ non erano ancora terminate che aveva già firmato contratti con due teatri prestigiosi.
Inoltre possedeva la più bella e talentuosa voce sulla piazza.
Mancava solo un tassello al completamento del suo personale puzzle.
 
‘’Mi stai chiedendo di emularti?!’’
Adam Crawford, seduto sul divano del salotto di casa Smythe, posò la sua tazza di tè sul piccolo tavolino di fronte a sé. Rivolse uno sguardo incerto a Sebastian che al contrario lo osservava con ostentata sicurezza e un ghigno sulle labbra.
‘’Beh, potresti avere la mia fortuna.’’
‘’O fallire miseramente.’’
‘’Non vedo perché, hai potuto appurare anche tu di che stoffa è fatto. Si è presentato al provino, vero?’’
‘’Sì, e ammetto che ha un’ottima preparazione, talento da vendere, una raffinata eleganza e bellezza ma…’’
‘’Fammi indovinare: è un dilettante.’’ Affermò Sebastian con un sorriso sornione. Adam asserì con un gesto del capo, lasciandosi andare contro lo schienale.
Sebastian lo fissò per un attimo e, alzandosi dalla poltrona sulla quale era seduto, gli rivolse un’alzata di spalle.
‘’Non mi preoccuperei, sono i più flessibili.’’
Adam roteò gli occhi, seguendo il suo ospite in corridoio.
‘’Farò finta di non aver colto il terribile doppio senso.’’
‘’Oh, non sforzarti troppo.’’ Scoppiarono entrambi a ridere, poi Sebastian aprì la porta d’ingresso e gli tese la mano. ‘’Promettimi solo che ci penserai.’’
Il coreografo gliela strinse con decisione, rivolgendogli un sorriso affabile.
‘’Ricordami perché dovrei farlo.’’
‘’Perché mi devi un favore.’’
‘’Quale?’’
L’autore alzò lo sguardo al cielo, come se stesse riflettendo.
‘’Ho tenuto Evelyne lontana dal balletto.’’
‘’Questa è,’’ gli puntò un dito contro Adam, scuotendo la testa. ‘’questa è perfida, davvero perfida. Come fa a sopportarti la piccola Eve io lo ignoro.’’
‘’Non ha molta scelta.’’ Affermò Sebastian con un mezzo sorriso.
Lo guardò scendere la piccola scalinata che conduceva al marciapiede.
‘’Pensaci, sul serio!’’ gli gridò dietro. Adam agitò una mano a mezz’aria, mentre si allontanava dalla dimora.
 
Si chiuse la porta alle spalle, sorridendo fra sé e sé. Conosceva troppo bene Adam Crawford, sapeva che si sarebbe rivelata una buona risorsa.
Da quando l’aveva conosciuto, non gli era mai andato molto a genio: lo riteneva un individuo troppo affabile e con un' irritante propensione verso la generosità immotivata. Non aveva neanche mai capito per quale motivo Evelyne avesse una devozione così grande per lui. Forse perché era stato qualcosa di più simile ad un amico che avesse mai avuto, anche se per un breve periodo della sua fanciullezza. Sicuro non per il suo incredibile carisma.
Mentre raggiungeva nuovamente il salotto e si accomodava sulla sua poltrona, pensò alla sua fortuna. Quella volta, l’irritante generosità di Adam Crawford avrebbe giocato a suo favore, sarebbe stato il suo tassello mancante.
 
‘’Cos’hai da sogghignare in quel modo?’’
La voce di Evelyne lo ridestò dai suoi ragionamenti. Sebastian sollevò lo sguardo per incontrare quello incuriosito di sua moglie.
‘’Ad Adam.’’
‘’Non pensavo fosse il tuo tipo.’’ Scherzò la donna, poi gettò il cappotto sul sofà e si liberò dei guanti.
‘’Non ti ho sentita rientrare.’’
Evelyne sorrise e gli si sedette in grembo. ‘’Questo perché sei troppo preso dai tuoi pensieri per accorgerti di questa povera donna che muore per te!’’ assunse un’espressione melodrammatica alla quale Sebastian rispose con un’alzata di sopracciglio, del tutto sarcastica.
‘’A parte gli scherzi, di cosa avete parlato di così importante?’’
‘’Affari.’’ Disse in tono annoiato, l’uomo.
Evelyne sospirò pesantemente e alzò gli occhi al cielo.
‘’Immagino che lo saprò a tempo debito.’’
Sebastian le rivolse un ghigno e le prese il mento tra le dita. ‘’Non è necessario che tu lo sappia.’’
Evelyne si incupì leggermente a quella risposta e sgusciò via dalla presa di Sebastian.
‘’Sono stata da Quinn, ci ha invitati a cena stasera.’’
Se c’era una cosa che aveva imparato dalla vita con Sebastian, era il modo repentino di cambiare discorso al momento giusto, evitando di esplodere e cominciare una discussione che non riteneva di aver nessun diritto di metter su.
‘’Stasera non posso, ma tu vai pure.’’
Evelyne scrutò il viso del marito, i suoi lineamenti si erano leggermente induriti, nonostante il fallimentare tentativo di fingere tranquillità.
‘’Ci vai anche stasera.’’ Affermò la donna con tono perentorio.
‘’Devo preservare i miei investimenti.’’
La donna rise sarcastica. ‘’Ti prego Sebastian, non serve.’’
Sebastian alzò gli occhi su Evelyne che si era avvicinata di nuovo, le rivolse uno sguardo confuso, non capendo a cosa si stesse riferendo.
‘’Non mentirmi.’’ Il tono della donna era dolce, quasi supplichevole.
‘’Cosa stai dicendo?’’
‘’Non mi hai mai mentito Sebastian. Tra noi non c’è mai stato bisogno di nascondersi nulla… Da quanto tempo non parliamo sinceramente noi due?’’
‘’E-ev…’’
‘’Da troppo, te lo dico io. Sai, inizialmente non capivo neanche il perché; pensavo che si fosse incrinato qualcosa tra noi, che non mi ritenessi più all’altezza dei tuoi pensieri. Poi ho capito: il problema non siamo noi. Non posso pretendere che tu sia sincero con me se non lo sei neanche con te stesso.’’  
‘’Non so cosa tu stia insinuando.’’ Disse duro Sebastian, sviando lo sguardo.
‘’Lo sai! Solo che non te ne rendi conto, o forse hai solo troppa paura per ammetterlo a te stesso.’’
‘’Non sai di cosa parli, Ev.’’
‘’Oh, credimi. Lo so perfettamente.’’ Gli rivolse un sorriso amaro, ritraendo le lacrime che le pizzicavano gli occhi. ‘’Voglio farti una domanda: ci vai tutte le sere, perché?’’
‘’Te l’ho detto.’’
‘’D’accordo. Se non vuoi farlo tu, lo farò io.’’ si avvicinò decisa al marito e lo costrinse a sedersi, poi gli prese il viso tra le mani e fissò gli occhi nei suoi.
‘’Vuoi sapere perché?! L’unico motivo per cui ti rechi lì tutte le sere, è perché ormai non puoi farne più a meno.’’
 
 
 

*

 
 
 
Sebastian arrivò in teatro che lo spettacolo era già cominciato. Raggiunse il suo personale palchetto di seconda fila, affacciato direttamente sul proscenio. Solitamente, quello era un posto che non veniva occupato da nessuno: c’era un’angolazione troppo laterale che non permetteva la completa visuale di tutto il palcoscenico. A Sebastian però non interessava affatto avere una totale vista sull’opera. L’unica cosa che gli premeva, tutte le sere, era di essere accarezzato completamente, in pieno viso, dalla calda e rassicurante voce di Blaine, di poter osservare da vicino ogni suo lineamento, ogni espressione, di poter ammirare i suoi occhi brillare sotto la luce dei fari.
Ci andava tutte le sere, da due settimane.
Inizialmente pensò che fosse spinto solo dalla premura di tenere d’occhio la sua piccola fortuna, di accertarsi che non facesse passi falsi. Quando aveva appurato che Blaine stesse facendo il suo dovere egregiamente, però, si era reso conto che la sua era diventata un’abitudine. Una sera era rimasto a casa, ma nelle orecchie aveva costantemente la sua voce, davanti agli occhi il suo viso. Era quasi un’ossessione. No, era diverso. Sentiva che stargli lontano era quasi ingiusto, una violenza verso sé stesso.
Così era ritornato tutte le sere. Si nascondeva nel buio e osservava. Godeva di quei suoni, perché la voce di Blaine era come un bacio a fior di labbra, un respiro sulla pelle: ti sfiorava, ti lasciava assaggiare una porzione di paradiso, facendoti desiderare qualcosa di più …
-Non puoi farne a meno.-
Evelyne glielo aveva sibilato in faccia, l’aveva costretto ad ascoltare una verità che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di affrontare. In realtà, la parte razionale del suo cervello stava ancora cercando di scacciarla, di reprimerla.
Alzò lo sguardo sul palcoscenico, Blaine era sul proscenio e stava ricevendo gli applausi finali. Lo guardò sorridere al pubblico, felice, e non poté fare a meno di essere orgoglioso di lui. Blaine meritava tutto quello: la devozione del pubblico, il successo.
No, non poteva più mentire a sé stesso. Qualcosa stava cambiando in lui ed era qualcosa che faceva paura, ma dalla quale non stava riuscendo più a fuggire.
 
 
 
 

*

 
 
 
Blaine finì di sistemare accuratamente la giacca del suo costume di scena sulla stampella e lo appese all’appendiabiti sul muro; sorrise al ricordo del rimprovero di Tina, la costumista, che l’aveva accusato, una di quelle sere, di aver lasciato le parti del suo costume sparse per tutto il camerino, costringendola a stirarglielo nuovamente per evitare che andasse in scena nelle sembianze di un accattone.
Sistemò il suo ripiano, cercando di fare spazio tra tutti i mazzi di fiori, che continuava ancora a ricevere, e il suo set del trucco. Poi si diede uno sguardo veloce allo specchio, per controllare si fosse ripulito a dovere. Voltò il viso a destra e a manca; inclinando il mento, vide che una piccolissima traccia di cerone era sfuggita al suo sguardo. Si portò una mano alla mascella e cominciò a sfregare con il pollice.
Ad un tratto quel gesto gli riportò alla mente un’immagine risalente a due settimane prima: in quello stesso camerino ma una mano diversa, due labbra che gli accarezzavano la curva del collo.
Sospirò pesantemente e abbassò di scatto la mano, come se si fosse scottato con quel ricordo. Chiuse gli occhi, maledicendosi. Le sensazioni provate quella sera erano ancora vivide sulla sua pelle e Blaine si odiava per l’inebriante sensazione che tornava a sentire ogni volta. Dopo quello che gli aveva costretto a fare all’After Party, firmare quel contratto che lo legava a lui, avrebbe dovuto odiarlo con tutto il cuore.
Poggiò i palmi sul tavolo, lasciando la testa a ciondoloni tra le spalle.
D’un tratto, il sentore di una piccola superficie ruvida sotto le dita, diversa da quella liscia del tavolo, attirò la sua attenzione. Si raddrizzò e prese il piccolo pezzo di carta, sollevandolo. Era un biglietto da visita.
- H. Clarington -
Blaine ci mise qualche secondo a focalizzare il volto legato a quel nome, poi inarcò un sopracciglio quando si ricordò del giornalista che quel pomeriggio si era presentato alla porta del suo camerino; gli aveva chiesto informazioni su Sebastian Smythe che non avevano nulla a che vedere con la sua professione artistica.
Un ghigno gli si formò sul viso quando si ricordò dell’espressione di quel Clarington quando si era ritrovato Puckerman alle spalle che lo intimava ad andarsene con un solo sguardo e un martello tra le mani.
Rigirò il pezzo di carta tra le dita. No, non avrebbe mai potuto. Strappò il biglietto e ne gettò via i brandelli.
Non si sarebbe liberato di Smythe rovinandolo.
In realtà, non era neanche più tanto sicuro di volersene liberare davvero.
 
Quando era uscito da quella specie di sala conferenze, dopo che Smythe gli aveva intimato di sottoscrivere il contratto che lo legava indissolubilmente a lui, Blaine era andato dritto da Kurt e l’aveva avvisato che sarebbero tornati a casa, di prendere il suo cappotto e di prepararsi. All’inizio non si era neanche accorto che il ragazzo stesse ancora parlando con quel Crawford. Quando Kurt glielo fece notare con tono di rimprovero, ribadendogli che se voleva poteva avviarsi e l’avrebbe raggiunto più tardi, si era scusato e si era allontanato in silenzio. Era uscito su uno dei balconi per cercare di calmarsi. Non che fosse davvero arrabbiato, non quanto si sarebbe aspettato per lo meno e non con Smythe. Quello che aveva provato era ben diverso, era delusione e rammarico.
Smythe si era scoperto interessato solo al lato proficuo di Blaine. Non che non lo sapesse, anzi. Sapeva bene, da tempo ormai, che lo voleva solo per il suo talento o al massimo per il suo corpo, ma averne la certezza assoluta l’aveva comunque gettato nello sconforto. E il fatto che la questione gli interessasse così tanto lo turbava ancora di più.
‘’E’ una serata un po’ fredda per uscire a prendere una boccata d’aria.’’
Blaine si era voltato a quella voce e si era ritrovato la sagoma di Artie Abrams che lo guardava nella penombra.
‘’Mr. Abrams.’’
‘’Ho paura di essere l’unico a non averti fatto i complimenti per stasera.’’ Disse il regista, avvicinandosi.
‘’Non è necessario.’’ Aveva sorriso imbarazzato, l’attore.
‘’Forse. Dato che volevo sostituirti però, credo che siano d’obbligo.’’
Blaine si era morso il labbro e aveva annuito. ‘’Grazie.’’
‘’Dovremmo ringraziare entrambi Sebastian, piuttosto.’’ Ammise con una smorfia Abrams, lanciando uno sguardo di sbieco a Blaine.
‘’Già, Smythe. Beh, penso di averlo ringraziato abbastanza.’’ Disse quasi brusco il moro.
‘’Cosa ha fatto?’’ il sorriso divertito che si delineò sulle labbra del regista fece intuire a Blaine che poteva parlare liberamente. Dopotutto Abrams conosceva Smythe da molto tempo, sapeva bene quanto potesse essere stronzo a volte. Sospirò, pronto a vuotare il sacco.
‘’Sono di sua proprietà ormai. Un contratto mi lega a lui per tutto il tempo che vorrà.’’
‘’Capisco.’’
‘’Davvero?’’
Artie fece qualche passo avanti per poggiarsi alla balaustra. ‘’Sì. Mossa intelligente.’’
‘’Astuta e subdola vorrà dire.’’ Aveva esclamato stranito Blaine.
‘’No, volevo dire proprio intelligente. Ti sta proteggendo.’’
‘’Da chi? Non voglio sembrare superbo ma ho avuto la sensazione di essere piaciuto a molti autori e registi. Il lavoro non mi sarebbe mancato e…’’
‘’Non proteggerti da un eventuale fallimento, ma da te stesso. Sei un bravissimo attore Blaine ma sei come un agnello in un branco di lupi in questo momento. Sei ancora inesperto e vuole preservarti. In questo istante sei una stella splendente pronto a diventare una super nova, ma se non verrai ammirata come si deve ti spegnerai in breve tempo.’’
Blaine si sentì colpito da quelle parole, che lo lasciarono interdetto ma non del tutto persuaso. I comportamenti dell’autore erano stati troppo discordanti e ambigui da convincerlo che tutto ciò che aveva fatto fosse stato compiuto solo ed esclusivamente per lui.
 
Così, per tutta la durata delle repliche, Blaine aveva deciso di evitare l’argomento. Aveva paura che affrontare la verità su Smythe potesse soltanto distrarlo in quel momento così delicato per la sua carriera, o semplicemente confonderlo più di quanto già non fosse.
Aveva accuratamente evitato il suo sguardo quando lo scorgeva, con la coda dell’occhio, tutte le sere sul suo palco di seconda fila mentre lo osservava. Nonostante il suo corpo fremesse ogni minuto per incontrare i suoi occhi.
Per quanto potessero essere molesti, ringraziava sempre il cielo per la costante presenza di giornalisti e fotografi fuori dal teatro; li tenevano entrambi occupati, in modo che Blaine potesse defilarsi senza essere intercettato dall’autore.
Si stava comportando come un bambino fifone, ne era consapevole, dopotutto avrebbe dovuto incontrarlo un giorno o l’altro, ma scappare era l’unica cosa che potesse fare in quel momento.
Voleva evitare un probabile confronto che avrebbe fatto luce in quel caos che era diventata la sua vita.
Prima di quel giorno, il giorno in cui aveva incontrato Sebastian Smythe, la vita di Blaine era stata scandita da certezze: la certezza nel suo talento, la sua ambizione, il suo onore, la sua fedeltà a Kurt e la certezza di amarlo per sempre.
Dopo quel giorno, tutto era stato messo in discussione, buttato in un calderone e fatto esplodere, mescolato e reso un indistinto caos. Smythe era stato l’elemento chimico che aveva sconvolto il suo mondo.
E Blaine ne era spaventato, soprattutto perché era una sensazione totalizzante. La sua vita non era mai stata monotona, aveva avuto la sua buona dose di avventure, ma Sebastian Smythe riusciva a tendergli qualcosa dentro, come una corda di violino, che quando riusciva a sfiorare adeguatamente, poteva fargli scaturire sensazioni impetuose e complesse come musica. Ma ne aveva paura. Se avesse esplorato in quello sconvolgimento, cosa sarebbe potuto succedere?  Aveva paura che lasciando andare le sue certezze, le avrebbe perse per sempre senza la possibilità di tornare indietro a riprendersele.
 
 
 

 

*

 
 
 

Blaine rientrò a casa a testa bassa quella sera, chiudendosi la porta alle spalle con innaturale lentezza. Si obbligò a respirare profondamente un paio di volte, cercando di scrollarsi di dosso quell’opprimente sensazione che gli pesava sullo stomaco.
 
Per Blaine, tornare a casa dopo le lezioni o le prove era sempre stato il momento migliore della giornata; si chiudeva la porta alle spalle e con un sorriso chiamava Kurt per farsi stringere in un abbraccio, per parlare o semplicemente per baciarsi e fare l’amore tutta la notte. Era una sua certezza poter contare in quelle quattro mura e in chi ci abitava.
Ormai era già da tempo che le cose non andavano più così.
Blaine era impegnato con la sua ascesa a Broadway e Kurt era troppo preso dalle lezioni e dalla sua carriera che non si decideva a decollare. Blaine poteva leggere nei suoi occhi anche una sorta di rancore nei suoi confronti, che cercava di celare inutilmente, perché aveva avuto fortuna, perché, a differenza sua, stava ottenendo tutto quello che aveva sempre desiderato.
Blaine trovava l’intera situazione terribilmente opprimente.
 
Mosse qualche passo nel piccolo ingresso, svestendosi svogliatamente, trascinando i movimenti come se fosse stato immerso in una vasca d’acqua.
Si era appena sfilato il cappotto che una voce lo ridestò da quell’insano torpore.
‘’Sei tornato. Hai fatto più tardi stasera?!’’
Blaine alzò lo sguardo verso Kurt, sperando sempre che i suoi occhi azzurri l’avrebbero guarito all’istante. Rabbrividì quando non ebbe l’effetto sperato. I suoi occhi miele lo trapassarono come se il ragazzo di fronte a sé fosse stato di vetro. Cercò di auto convincersi che non fosse vero, che Kurt fosse l’unica cosa concreta che avesse mai avuto, che era solo un brutto momento per loro e che sarebbe passato. Accennò un sorriso poco convinto, più per dissimulare quel brivido di inquietudine che l’aveva colpito.
‘’Mi hanno trattenuto in teatro dopo lo spettacolo.’’
‘’Come mai?’’
Blaine aprì la bocca per rispondere, non sapendo in realtà cosa dire. Non voleva più continuare con le bugie.
‘’Beh, non importa.’’
Blaine lo guardò stranito. Era la prima volta che non cercava in tutti i modi di estorcergli una spiegazione, inoltre era stranamente teso, come se stesse cercando in tutti i modi di trattenersi dal dire qualcosa.
‘’O-ok… Kurt, tutto bene? Devi dirmi qualcosa?’’
‘’Mi hanno preso.’’ Lo disse tutto d’un fiato. Un colpo solo, come un cerotto. Sortendo il medesimo effetto shoccato da parte di Blaine.
‘’Cos-?!’’
‘’Stamattina, ho ricevuto personalmente la conferma da parte di Adam Crawford che sono entrato a far parte della sua compagnia come ballerino di fila.’’ Gli occhi di Kurt erano lucidi, il suo corpo era attraversato da brividi di eccitazione. Era felice. Non riusciva a restare fermo, tanto da non accorgersi che Blaine era rimasto immobile nella medesima posizione di quando era entrato.
‘’Come è possibile? Pensavo non tenesse in considerazione ballerini principianti.’’
‘’A quanto pare non mi reputa tale.’’
Blaine non riusciva a crederci, Kurt era riuscito ad avere inspiegabilmente una fantastica opportunità di lavoro.
‘’Oppure ha altri fini.’’ Disse serio.
‘’Blaine, ma che dici?’’
‘’Quello che ho detto. Mi sembra strano che uno dei più grandi coreografi al mondo abbia deciso di scegliere per la sua tournée uno sconosciuto senza avere altre mire.’’
‘’Mi sembra che a te sia capitata la stessa cosa.’’
‘’Per me è diverso.’’ sbuffò Blaine, aggrottando le sopracciglia e sfilandosi la sciarpa dal collo.
‘’Ah, è così. Per te è diverso perché tu sei l’unico ad avere talento tra noi due, vero?’’
‘’Non volevo dire questo. Sai quanto ammiri il tuo talento: sono il tuo primo fan da sempre. Voglio solo farti capire che in questo mondo nessuno fa niente per niente. Soprattutto personalità come Crawford. Ho visto come ti guardava all' after party, come ti parlava. Probabilmente adesso ti sta offrendo una grande possibilità per la tua carriera. Sembra onesto, gentile, professionale. Quando però la tua di professionalità non gli basterà più? O peggio, quando pretenderà tutto da te?! Sarai disposto a darglielo?’’
Kurt lo guardò per un lungo istante, inespressivo.
‘’Stiamo ancora parlando di me, Blaine?!’’
Il moro si pietrificò sul posto, aprì la bocca per dire qualcosa ma ne uscì solo un flebile sibilo.
‘’Pensavi non me ne fossi accorto?! Le sue attenzioni nei tuoi confronti, il modo in cui cerchi di difenderlo ogni volta che il suo nome capita in una delle nostre discussioni. Sai, quando hai firmato l’accordo in cui diventavi di sua proprietà, non riuscivo a capire per quale motivo avessi ceduto così facilmente; il Blaine che conoscevo io non si sarebbe mai piegato ad un ricatto, avrebbe trovato una soluzione diversa. Poi, pian piano i pezzi del puzzle hanno cominciato ad incastonarsi a dovere, ed ho capito. L’hai fatto perché in realtà non volevi perderlo.’’
Kurt pronunciò quelle ultime frasi con voce spezzata, a Blaine sembrò che stesse per accartocciarsi in sé stesso da un momento all’altro. Si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani.
‘’No. No, non è così. L’ho fatto per poter continuare a rimanerti accanto, per non essere costretto a lasciarti ogni volta che il lavoro mi avrebbe portato fuori. L’ho fatto per noi.’’ per quanto potessero risultare in parte vere, quelle scuse mancavano di convinzione. Blaine se ne accorse dal suo stesso tono di voce, e così anche Kurt.
‘’Vorrei tanto crederti, Blaine.’’ Gli occhi di Kurt si riempirono di lacrime e le sue mani andarono a stringere i polsi del moro, accanto al suo viso. D’un tratto alzò lo sguardo per incontrare il volto di Blaine.‘’Vieni con me.’’
‘’Cosa?!’’ chiese confuso il moro, incerto su quello che avesse udito.
‘’Vieni con me in tournèe. Andiamocene da questo posto, insieme.’’ Scandì con più decisione il ballerino, sollevando completamente il viso e guardandolo negli occhi.
‘’Com- , mi stai chiedendo di abbandonare tutto e venire con te?! Non puoi essere serio.’’
Kurt non rispose, ma dal modo in cui il suo sguardo vacillò, Blaine capì che voleva esattamente quello che affermava.
‘’E-e non pensi alla mia di carriera?! Cosa dovrei fare mentre tu ti esibisci in tutti i teatri d’Europa, aspettarti in hotel come una tua puttana?’’
‘’Non essere volgare ora.’’
‘’E’ quello che mi stai chiedendo di fare.’’ ribadì adirato. Si staccò bruscamente dall’altro e andò in cucina. Aveva bisogno di bere qualcosa. Solo quando arrivò al mobile della credenza si rese conto che non possedevano nessun liquore di contrabbando. Batté una mano contro la superficie di legno, con forza.
‘’Blaine… Non posso costringerti a venire con me, tu però non chiedermi di rinunciare a questa grande possibilità.’’
Blaine continuò a non voltarsi, respirava profondamente, tentando di riordinare le idee.
‘’E’ più importante di noi due?’’
‘’perché, per te non è così?’’
Blaine finalmente si voltò, si passò una mano sul viso stravolto e si lasciò andare ad un pesante sospiro.
‘’E’ finita dunque.’’
Kurt gli rivolse un sorriso triste, trattenendo le lacrime che però gli stavano riempiendo gli occhi.
‘’Io penso che fosse finita già da tempo, dovevamo solo rendercene conto.’’
‘’Così … è tutto finito. Tutto quello che abbiamo condiviso, gli anni insieme, tutto.’’
‘’Blaine, sei stato il mio primo amore, così come io sono stato il tuo. Ma non posso pretendere che questo duri per sempre, non quando non sono più io il centro del tuo mondo.’’
‘’Kurt.’’ ringhiò ‘’Sebastian non significa niente per me.’’
‘’Sebas-?!’’ a quel punto nulla poté contenere le lacrime di Kurt, che si lasciò andare ad una risata amara. ‘’Blaine, almeno ora, cerca di essere sincero con te stesso e con me. Me lo devi.’’
‘’Sincero?!‘’ chiese flebilmente.
‘’Fa chiarezza dentro di te e ammetti finalmente ciò che provi realmente. Confessa a te stesso che …’’ Kurt esitò, sentendosi mancare l’aria nei polmoni.
‘’Cosa?!’’ sbottò Blaine.
''... Che ti stai innamorando di lui.''










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Angolo di _zia cla_
 


Non ho idea di come fare ammenda per il tremendo ritardo. Non lo so proprio.  Inutile promettervi che aggiornerò presto il cap. 13 perché so che non sarà così; vorrei dedicarmi alla SBW ora (sì, sogna ragazza sogna).
Mi limiterò a chiedere il vostro perdono e a ringraziarvi per la vostra immensa pazienza. J
Allora, capitolo denso di emotività e pippe mentali, con un finale un po’ così. Sì, perché se avete capito un minimo come sono fatta, sapete che sarei capacissima di andare avanti altri 12 capitoli con le loro fisime e le loro insicurezze, senza arrivare ad una svolta definitiva. LOL
Però un passo avanti l’abbiamo fatto: finalmente Kurt si è tolto dai coglioni!
All’inizio la mia idea era di farli rompere a seguito di una litigata pazzesca, dove si urlavano di tutto e si rinfacciavano ogni cosa. Successivamente ho pensato che la cosa non avesse senso, così ho finito per piangere sulla tastiera mentre scrivevo.

Fatemi sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto o se vi ha fatto schifo, io accetto ogni tipo di commento! ;)
Grazie ancora fantastiche persone! Un abbraccio immenso a tutti e una vagonata di cookies! ;)
 

  
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