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Autore: AlexJ_    19/05/2013    7 recensioni
se il destino quella sera non ci avesse fatti incontrare sarebbe ancora vivo.
Genere: Commedia, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Alcune volte desidero la morte più di qualunque altra cosa:
si tratta di istanti, forse i più belli della tua vita perché si arriva alla conclusione di ogni singola sofferenza. Poi arrivo sul punto di farlo, di suicidarmi, ma non ce la faccio: ho paura del dolore.

Quella sera fuori casa c’era un vento freddo, insopportabile; gli alberi si scuotevano provocando un suono strano, tipo l’ululato di un lupo. Chiusi la finestra e mi avvicinai, facendo piccoli passi silenziosi, allo specchio rettangolare della mia stanzetta. Mi guardai a lungo arrotolando i miei capelli biondo platino alle dita.
‘troppo magra’, pensai osservando le mie cosce troppo distaccate tra di loro. Poi avvicinai il mio volto allo specchio per osservare i miei occhi color ghiaccio, che non facevano passare nessuna emozione, perfetti.
Sospirai, mi chinai e allacciai i lacci delle mie converse gialle, poi mi rialzai e presi la mia felpa. Andai lentamente nella camera di mia madre per vedere ciò che stava facendo: stava dormendo. Formai un leggero sorriso con le mie labbra rosa ed andai alla porta, aprendola lentamente, provando a non fare rumore. Uscì fuori e chiusi la porta.
Infilai le mani nelle tasche dei miei jeans azzurro chiaro e, tenendo il mio volto chinato, feci qualche passo. Per terra c’erano delle foglie e calpestandole provocavo un leggero rumore, simile ad un ‘crick’. Questo suono, stranamente, mi rilassa da quando avevo ancora i denti da latte ed amavo la vita.
Il vento mi scompigliò i capelli e con una mano misi i ciuffi ribelli dietro le orecchie.
Una luce mi illuminò da dietro, facendo proiettare la mia ombra davanti a me. Mi voltai per un secondo, era una macchina, una ferrari bianca per la per la precisione.
Continuai a camminare a passo svelto, mentre sentivo la macchina rallentare.
-ehi piccola, dove stai andando?- chiese il ragazzo che era alla guida.
-Non ti importa.- dissi senza neanche voltarmi per guardarlo.
-vieni in macchina, su!
-No!
-Non mangio mica!-disse con un tono divertito.
Mi voltai per guardarlo. Il cielo scuro non mi permise di poterlo osservare bene, l’unica cosa che riuscì a vedere erano i suoi lineamenti del viso, bellissimi. Sorrise e mi fece l’occhiolino, picchiettando con la mano sul sedile.
Mi morsi per qualche istante le labbra, poi decisi di salire.
-Piacere, Justin.- disse allungando la sua mano verso di me.
-Eh.. Alex!- dissi afferrando la sua mano.
-Dove eri diretta?-chiese accelerando.
-Non lo so..
-Come no?
-Sono uscita solo per prendere un po’ d’aria, pensare..- dissi guardandomi le mani un po’ sudate.
-Pensare, bene.. Ti va di andare ad un bar?
-Oh, va bene!
Per il resto del tempo rimasi ferma, senza dire una parola a guardare le case ognuna diversa dall’altra dal finestrino. Ogni tanto mi voltavo verso Justin per guardarlo, ed ogni volta sentivo un brivido dentro.
Non appena arrivammo Justin scese dalla macchina e, gentilmente, aprì il mio sportello facendo un inchino.
Poggiò il suo braccio sulle mie spalle e mi tenne vicina a lui.
-Ti va un drink?- mi chiese sedendosi ad un sgabello al bancone.
-Si, grazie!
Justin ordinò due drink, mentre io lo fissavo.
-Allora, quanti anni hai?- mi chiese guardandomi dalla testa ai piedi.
-18 anni, li ho fatti la settimana scorsa. Te?
-19!- disse come se voleva vantarsene.
Prese i due bicchieri e me ne diede uno in mano. Poi iniziò a bere il contenuto tutto ad un fiato.
Ora, essendo illuminato, potevo vederlo meglio: occhi color nocciola, capelli color grano. Era così bello, ma non quei tipi belli che si vedono tutti i giorni, lui era, era bellissimo.
-Perché mi stai fissando così?- chiese ridendo.
-così come?
-sembri incantata, cioè, so di essere irresistibile, ma guardarmi così..- disse facendo il finto vanitoso.
-Non sei per niente irresistibile, ce ne sono di migliori!- dissi poggiando la mia testa sulla mano, tenendo il gomito sopra il bancone.
-Hai degli occhi bellissimi.- disse diventando di colpo serio.
-Oh.. Gr.
Non riuscì a completare la frase, che subito nel bar si scatenò l’inferno.
-Tutti fermi, questa è una rapina.- disse un signore con un passamontagna nero, con in mano una pistola.
Io e Justin ci buttammo subito per terra, tenendoci dalla mano.
-Tu, alzati.- mi disse uno di loro prendendomi da un braccio.- dammi tutto ciò che hai.
Mi tolsi subito il braccialetto d’oro che mi aveva regalato la mamma e la catenina d’oro bianco che mi aveva regalato mio padre poco prima che andasse in missione e non tornasse più.
-Fermi, non toccatela.- disse Justin staccando il braccio dell’uomo dal mio braccio.
-Piccolo stronzo, stai fermo.- disse l’uomo con aria minacciosa.
-Alex, non dargli niente.- disse Justin.
Lo guardai per un secondo, poi ci fu uno sparo, solo uno, secco.
Justin mi guardò per un ultimo istante, mentre dal suo petto usciva sangue. Poi non respirò più e cadde a terra, con la bocca spalancata e gli occhi aperti.
Gli uomini mascherati se ne andarono di corsa e intorno a noi si formò una folla, un cerchio.
-Justin, Justin.- sussurrai dando leggeri schiaffetti sulla sua spalla, però non ricevetti nessuna risposta.
Era morto.
In circa un’ora il bar venne sequestrato e Justin venne portato via. La polizia venne da me a farmi domande, io rispondevo con la voce tremante ad ogni singola domanda.
-Sai descriverci gli assassini?- chiese un poliziotto.
-No, portavano dei passamontagna e non so com’erano fatti..- risposi tenendo il volto chinato.
Dopo un po’ arrivo una donna dai capelli scuri, era una donna bellissima. Aveva gli occhi gonfi dalle lacrime, era la madre. Arrivò piangendo, urlando solo il nome ‘Justin’, poi decisi di avvicinarmi a lei.
-Signora, mi dispiace tantissimo.- dissi quasi vergognandomi.
-Lo so, dispiace anche a me.- disse continuando a piangere.
-Non conoscevo bene suo figlio, ma era veramente bravo. E’ morto per difendermi e io gliene sarò grata a vita.- dissi lasciando scendere una lacrima.
-era magnifico, era il mio tutto.- disse voltandosi e andandosene.

Okay, ho sempre desiderato la morte, si. Ma in quel momento non volevo morire, in quel momento ho veramente avere paura di chiuderla qui, ma non volevo.
Però ora il senso di colpa è troppo forte, non resisto.
Tornai a casa a piedi, anche se il bar era abbastanza distante da casa mia. Entrai in punta di piedi, facendo silenzio ed entrai in camera.
Sembrava che il sonno non volesse venire da me, forse aveva paura anche lui di stare con me.
Il giorno dopo mi svegliai con un urlo bello netto di mia madre, proveniente dalla cucina.
Scesi di corsa a vedere cos’era successo. Trovai il tavolo della cucina pieno di fogli di carta, montagne di fogli di carta.
-Alex, sei stata tu?- mi chiese mia madre con un tono arrabbiato.
-No, non sono stata io.
-Bene, pulisci ugualmente.- disse prendendosi il cappotto per andare a lavoro.
Annuì e presi una busta per la spazzatura. Presi un pugno di fogli in mano e il buttai, poco dopo notai che su ogni bigliettino c’era scritto in rosso: ‘sono qui’ .
 
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okay, questa è la mia prima ff e spero veramente che vi piaccia.
e' molto diversa dalle altre, è strana (?) lol

beh recensite, mi raccomando *^* ciao splendori c:
 
 
 
 
 
 
 
  
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