Non ho mai tenuto un diario e non so neanche come si fa.

Poche parole violano la vergine carta di una piccola agendina dalla copertina nera. Con in mano ancora la stilografica nuova guardo l’inchiostro fissarsi sulle pagine bianche.
Scaravento al muro un ennesimo diario iniziato e mai concluso, lo mando in frantumi con la bacchetta e mi stendo sul letto. Il soffitto è così bianco che i miei pensieri prendono vita. Forse dovrei provare a disegnare, scrivere non mi riesce, mi si affollano le idee una sopra l’altra non lasciando spazio alle parole. I disegni sono chiari, semplici, leggibili, comprensibili. Frugo nella scrivania in cerca di un’ennesima agendina dalla copertina nera, la apro e riprendo in mano la stilografica. Un cerchio, delle onde. Le righe dell’agenda impediscono ai miei disegni una forma propria. Ostruiscono. Ostacolano. Ho bisogno un foglio bianco, come il soffitto. Bianco come ciò che più mi fa paura, bianco come tutto quello che da solo non so affrontare. Bianco come i pensieri nella notte nera. Notte nera che spaventa più del bianco, ma meno del rosso.  Una piccola fiamma rossa e anche questo libricino sparisce nel nulla.