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Autore: lafilledeEris    20/05/2013    1 recensioni
Cheerio!Rachel/ Nerd!Quinn
Non sparire.
Guardami.
Dammi una bella giornata di sole, anche se piove.
E Quinn lo fece. Le sorrise, ricambiando il saluto, per poi attraversare poco dopo.
“Berry!” la salutò l’altra, affiancandola.
E Rachel le sorrise, stringendo gli occhi e lasciando che le labbra si arricciassero all’insù.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, lo so. Ho roba da portare avanti e da finire, ma ormai quando un Faberry mi chiama, io rispondo. Mi piace un sacco il prompt di Robs, Proprio bello. Spero di avergli reso giustizia, come merita. Credo di averci preso gusto, ormai. Rimane ancora una coppia nuova per me, quindi ritengo questo ancora un esperimento. Eh, niente. Ho detto tutto.
Love ya, forever and ever.
P.s La prossima volta impeditemi di postare dopo una certa ora. Non ho più l’età.
 
 
 
 
 Promptato dalla Robs che come sempre ha idee geniali.
 Un negozio di dischi di fronte a un negozio di spartiti, pioggia, blu.
 
 

Siamo Musica
 

 

 
 Woke up this morning, feeling blue, 
Seen a good-lookin' girl, can I make love with you? 
Bob Dylan - Blood In My Eyes

 


Capitava spesso che Rachel si fermasse al negozio di spartiti, lungo la strada del ritorno per casa.  Quel giorno venne incentivata dalla pioggia insistente che l’aveva colta impreparata. Dannazione! Lei odiava la pioggia. La  metteva di cattivo umore, si sentiva la pelle appiccicosa a causa dell’umidità e le si gonfiavano i capelli. Era più tipo da giornata primaverile , con nuvole di panna e cielo terso. Le piaceva stare col naso all’insù  a guardare quegli elementi fatti di nulla spostarsi leggere. Ogni tanto si chiedeva come sarebbe potuta essere la sua vita da nuvola. Di sicuro, non avrebbe mai fatto piovere.
Quando entrò nel negozio si lisciò la gonna della divisa dei Cheerios e si sistemò la coda di cavallo come meglio poteva. Trovò ad accoglierla, come sempre, il signor Pandul, un uomo anglo – indiano basso e tarchiato la salutò cordiale, mentre si lisciava il panciotto di velluto bordeaux a coste.
“Cosa cerca questa volta, signorina Berry? Ormai ha comprato tutti gli spartiti della Streisand” sorrise cordiale.
Rachel si guardò attorno, incuriosita. Sapeva bene cosa cercare. Non lo aveva mai ascoltato, non credeva nemmeno potesse piacerle davvero ( pur non negasse la straordinaria bravura dell’artista), ma da un po’ di tempo a questa parte si era appassionata a Bob Dylan.
Era un cantante straordinario, i testi erano incredibili ed era quasi impossibile cantare come lui. Ma da qualche settimana a quella parte si era ritrovata spesso in camera sua, immersa nelle note di qualche vecchio vinile appartenuto ai suoi genitori. Chiudeva gli occhi e si lasciava trascinare dalla musica. Era la chitarra che Dylan suonava. Ed era anche la corda in metallo della vecchia Stratocaster.
Rachel in quel momento si sentiva musica.
“Cosa avete in negozio di Bob Dylan?” domandò curiosa, alzandosi sulla punte per raggiungere la zona alta dello scaffale dove erano stipati un centinaio di spartiti.
L’uomo le fece cenno di attendere, prima di sparire dietro la tenda grigia del retro bottega.
Tornò poco dopo e le porse degli spartiti talmente nuovi che davano fastidio agli occhi talmente erano bianchi.  Li avrebbe usati talmente tanto da farli ingiallire, consumandoli.
Era una pessima bugiarda. Lei non si era appassionata al cantante. La verità era che tutto questo era avvenuto dopo.
 Dopo aver sentito Quinn Fabray cantarne al Glee un pezzo, di cui non ricordava nemmeno il titolo.
Dopo aver scoperto che Bob Dylan era il cantante preferito di Quinn Fabray.
Dopo aver scoperto di avere una cotta incredibile per Quinn Fabray.
E se fosse stata davvero onesta avrebbe ammesso il vero motivo per cui ogni pomeriggio, alla stessa ora, salutava il signor Pandur, mentre pagava lo spartito e fuggiva, lasciando che la vecchia porta alle sue spalle si aprisse e si chiudesse ritmicamente finché non perdeva la forza della spinta.
Alle diciassette e quaranta, una chioma bionda faceva capolino dal negozio di dischi. Di fronte al negozio di spartiti.
Rachel rimase un attimo imbambolata. Continuava a piovere, ma lei un cielo terso lo aveva davanti anche in quel momento: erano gli occhi chiari di Quinn – d’un blu limpido, tendente all’azzurro- troppo nascosti dagli occhiali dalle spesse lenti da vista.
Rachel alzò il braccio, sperando che Quinn la notasse. La bionda era intenta a prendere la giacca a vento dalla grande borsa in pelle che portava a tracolla. Sembrava più piccola, come se potesse sparire inghiottita dentro quel grande accessorio.
Non sparire.
Guardami.
Dammi una bella giornata di sole, anche se piove.
E Quinn lo fece. Le sorrise, ricambiando il saluto, per poi attraversare poco dopo.
“Berry!” la salutò l’altra, affiancandola.
E Rachel le sorrise, stringendo gli occhi e lasciando che le labbra si arricciassero all’insù.
“Oddio, una perfettina come te che non porta l’ombrello?” rise la Fabray. Al che, la Berry fece spallucce.
“Ero di fretta, stamattina”.  Le guance presero a colorarsi leggermente di rosso.
“Aspetta” disse Quinn, levandosi l’ampio impermeabile “ Stringiti a me”.
Rachel sgranò gli occhi, stentando a credere se avesse capito bene o stesse fraintendendo.
“Passami un braccio intorno alla vita, possiamo starci in due qui sotto” spiegò l’altra, spronandola.
Appena le si strinse vicina, Rachel non potè non respirare il suo profumo. Non era nulla di troppo stucchevole o dolce. Sapeva di lillà, ecco. Era leggero e arrivava al naso senza colpire con  violenza le narici. Rachel volle respirare a pieni polmoni. Voleva respirare Quinn, fin ad averla dentro di sé, custodita gelosamente.
Forse pensando a lei avrebbe pensato ad un campo di lillà in fiore in una calda giornata di luglio, loro che potevano correre mano nella mano.
In quel campo non erano né cheer leader, né un cranio in qualsiasi materia scolastica. Indossavano dei leggeri abiti in cotone: il suo era bianco, quello di Quinn giallo paglierino. Era un colore che le donava, illuminandola e facendola ancora più bella.
Durante il tragitto non vi furono discorsi di nessun genere. A Rachel tutto quello bastava. Non le importava avere la divisa fradicia e appiccicata addosso, ma le dispiaceva di più che Quinn si stesse bagnando il cardigan blu – Dammi un pezzo di cielo- a rombi bianchi.
Ad un tratto la bionda starnutì.
“Mi spiace” sussurrò Rachel, torturando il bordo della maglia della divisa mentre non riusciva a guardarla negli occhi.
“E di che?” domandò l’altra, piegando la testa da un lato, mentre corrucciava le sopracciglia.
“Ti ammalerai per colpa mia” spiegò.
“Oh, andiamo!” esclamò l’altra “ con un bagno caldo passerà tutto”.
Nonostante quelle parole Rachel si sentì ancora in colpa. Ma seppe come sdebitarsi. Se lo sentiva che quello spartito le sarebbe tornato utile.
Tolse lo zaino dalle spalle, e prelevò i fogli dalla borsa, porgendoglieli.
“Ho visto al Glee che i tuoi sono un po’ rovinati e mi dispiace” spiegò Rachel.
In tutta quella situazione aveva abbandonato il rifugio sicuro datole dall’impermeabile e ora la guarda stupita. Poi le sorrise. A Rachel quel sorriso piaceva da morire.
Quinn scosse la testa in segno di dissenso, facendo sfuggire qualche ciocca bionda dalla prigionia della matita che teneva la chioma a mo’ di crocchia.
Rachel avrebbe voluto sistemarle dietro le orecchie quelle ciocche ribelli, ma frenò l’impulso, stringendo vigorosamente gli spartiti che ancora porgeva, non curandosi delle intemperie a cui li stava esponendo.
“Mi piacciono le cose vecchie” spiegò Quinn. “ E poi quegli spartiti erano dei miei genitori”.
“Oh” La Berry ritrasse i fogli, un po’ delusa, cercando però di nascondere il dispiacere. “ te li hanno regalati?” Cercò di sembrare interessata, ma in quel momento parve solo delusa.
“Li ho trovati fra le loro cose mentre facevo il trasloco dopo che sono morti”.
Ora Rachel si sentiva davvero in colpa.  Come poteva non sapere questo dettaglio della sua vita?
Forse, perché quella non è vita. È vivere anche se sei morto dentro.*
“Scusa, io non…”
Quinn bloccò il discorso sul nascere, ponendo una mano fra loro due.
“Ora devo andare” disse indietreggiando, con un sorriso – Dammi un po’ di blu – forzato sulle labbra “Ci  si vede al Glee Club, Rachel Berry”. Con un gesto della mano, si congedò.
Rachel aveva appena perso il suo cielo terso. Ma c’era sempre il giorno dopo.
Un altro spartito.
Un’altra canzone.
Un altro disco.
Avrebbe ringraziato a vita l’esperienza decennale di Bob Dylan.
 
 

*citazione da “Vivere” di Vasco.
   
 
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