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Autore: Crysalis    07/12/2007    4 recensioni
È la fine. La fine di tutto. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato: l’avevo temuto e atteso con estrema impazienza. È tutto finito: Voldemort, il Signore Oscuro, il Padrone, è morto, distrutto da un ragazzino che aveva sacrificato più della sua vita per salvare il mondo: aveva sacrificato i suoi amici.
Una piccola fanfiction su Piton. Mia prima fanfiction, non siate troppo pesante nei giudizi^^
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È la fine. La fine di tutto. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato: l’avevo temuto e atteso con estrema impazienza. È tutto finito: Voldemort, il Signore Oscuro, il Padrone, è morto, distrutto da un ragazzino che aveva sacrificato più della sua vita per salvare il mondo: aveva sacrificato i suoi amici. Oh, il giovane Potter è ancora vivo. Ma gli Dei solo sanno quanto desidera essere morto in quel momento, seppellito con i suoi compagni. È seduto su un seggio vicino al giudice in quella sala austera e severa, fredda e crudele che, anni prima, aveva scorto nel pensatoio di Silente. Lo osservo con un misto di denigrazione, ammirazione e invidia nello sguardo, quello sguardo che non ha mai saputo decifrare. È la fine, lo sapevo. E finalmente è l’ora in cui vengo giudicato per le mie azioni, i miei peccati. Non sfuggirò alla punizione che, in questi anni, è mutata: non più il bacio dei dissennatori che, da quando si erano alleati all’Oscuro, erano stati cacciati dalla comunità magica. No. La semplice e pietosa morte era la punizione che veniva donata ai detenuti, ora. Tanto meglio. Meglio morire e abbandonare quell’esistenza, penso, che vivere col ricordo delle mie azioni.
Non odio quei giudici alti e severi che mi giudicano guardandomi con odio, prendendosi il diritto, nelle loro infime menti, di giudicarmi e condannarmi; non le odio per questo, è un diritto che gli ho dato io comportandomi come mi sono comportato. No, non li odio, né loro né Potter, non li disprezzo. Forse sono un po’ triste. Ho sperato e creduto, fino alla fine, che avrebbero creduto. Sì, in fin dei conti sono stato troppo accanto a Silente, e la sua ottusa e ingenua speranza mi ha un po’ contagiato. Ma non hanno capito.
E sono seduto, ora, su questa sedia con catene, costretto ad osservare negli occhi l’uomo che mi condannerà. Ma Potter non è felice come avrei creduto. Cosa affligge i tuoi giovano verdi occhi, ragazzo? A me non m’inganni. Dopotutto, non hai mai imparato a chiudere la tua mente. E leggo i tuoi pensieri nei tuoi occhi, quegli occhi che gli stolti dicono somigliare tanto a quelli di tua madre: ma non è vero. Hanno lo stesso colore, la stessa forma; ma la luce che li anima è diversa. La sua era in qualche modo più intensa, più accesa: una luce verde che brillava negli occhi. La tua è più cupa, offuscata da un dolore che alla tua età non dovresti conoscere. Sono occhi saggi, occhi che soffrono, e da loro ora capisco che tu stai soffrendo.
Perché soffri, Potter? Soffri per me? Hai forse capito? Sì, ho sempre saputo che sei un ragazzo intelligente, dopotutto. Come lo erano tuo padre e tua madre, in fin dei conti. Solo gli Dei sanno quanto ho pianto per le loro morti, nel buio della mia stanza… ma dovevo farlo, mi capisci, Potter? Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto perché dovevo. Silente mi ha istruito attentamente. L’ho odiato per tutti questi anni, l’ho odiato immensamente e profondamente per quello che mi ha costretto a fare. A tradire i tuoi genitori, a darli al Signore Oscuro. Ma non capisci, Potter? È lui, alla fine, il loro assassino. Perché è stato ragazzo e uomo, e ora è il vecchio che conosce la vita e dispensa la morte. Se lui non mi avesse costretto a rivelare all’Oscuro della Profezia, a condurlo verso i tuoi genitori, a marchiarti così indelebilmente… non ci sarebbe più stato nessun mondo, nessuna vita. Poiché una Profezia si avvera solo se qualcuno fa sì che essa sia vera. Se il Signore Oscuro non ti avesse attaccato, quel giorno di diciotto anni fa, non ti avesse trasmesso quella parte dei suoi poteri e donato quel destino che ti hanno concesso di essere il ragazzo forte che sei, Potter, Harry, non saresti vissuto ancora molto. L’Oscuro avrebbe acquisito ancora più potere; avrebbe ucciso ancora e ancora e ancora, e sia Silente che i tuoi genitori, che l’intero Ordine della Fenice sarebbe morto sotto di lui. E non ci saresti stato tu, ragazzo, pronto e forte, arrabbiato al punto giusto per ucciderlo. Hai dato molto per questo, Potter, più della tua vita: hai dato la tua anima. E ora il ministero si gode il suo piccolo grande eroe, e non noti la crudeltà di tutto questo, Potter? Perché non sei Harry Potter, sei il Prescelto, il Bambino-Che-è-Sopravvissutro, non sei un uomo ma un emblema, e tutti i tuoi sacrifici sono per questo… quest’emblema, questo simbolo corrotto di luce che ha dentro di se un gran dolore atroce… vorrei abbracciarti, ragazzo, perché sei ancora un bambino, ma queste catene me lo impediscono e io posso solo fissarti, sperando che almeno tu, tra tutti, almeno tu possa capirmi, possa comprendere il mio grande dono… perché anche io ho donato la mia anima per questo simbolo e questa salvezza apparente… e forse ho donato molto di più, della mia anima.
Negli anni successivi alla caduta, cercai di sopportare il peso terribile che avevo sulla coscienza: è per il bene del mondo, mi ripetevo, non devo sentirmi in colpa, ho seguito gli ordini di Silente… poi sei arrivato tu. Infelice, con quegli occhi verdi come un’accusa e una somiglianza atroce con James, e ogni volta che ti guardavo vedevo tua madre morta, con gli occhi vuoti e spalancati, tuo padre accasciato, con i capelli più spettinati che mai. E credimi, Potter, è difficile vivere ogni giorno con quello sguardo pieno d’odio e di rancore nei miei confronti, e tu non lo sapevi, ma io sì, che quell’odio, quel disprezzo, erano più che giustificati.
Passarono gli anni, e so di essermi reso insopportabile. Un po’ perché, per quanto volessi, non riuscivo a sopportare la tua presenza accusatoria, un po’ perché me l’aveva ordinato Silente. Non so il perché, non ho mai chiesto perché, nemmeno quando mi ordinò di consegnare Lily e James al Signore Oscuro lo chiesi. Solo all’ultimo, atroce, disperato ordine chiesi perché… invano. Non ottenni risposta, ma solo una supplica.
E sai qual’è stato il suo ultimo ordine? Mi chiese di ucciderlo. Così tu avresti ottenuto il rancore figlio dell’amore necessario per affrontare con coraggio, o meglio con odio, un odio incosciente, l’Oscuro. E io non sarei dovuto morire. Giurai. Prima a Narcissa, poi a lui. Giurai d’ucciderlo. E lo feci. Oh, gli Dei mi perdonino, lo feci. Lo uccisi e lo odiai mentre lo uccidevo, lo odiai perché mi condannava alla vita, ad un’esistenza con il costante rimorso, lo odiai perché aveva in mente solo il suo piano perfetto e non gli interessava quante vite e anime sacrificava… si è preso prima le vite di James e Lily, e la mia anima già infranta. La tua giovane anima, e poi le vite di Sirius, della Granger e dei Weasley, di Paciock e di Lovegod. E anche la sua vita, ha anche dato la sua stessa vita al suo folle progetto.
Lo odiai e lo amai al tempo stesso… Quale grande odio nutre nei confronti dell’Oscuro!, pensai odiandolo. Poi lo guardai mentre s’accasciava e cadeva oltre la torre. Quale grande amore nutre nei confronti del mondo!, mi corressi, mentre un’amara tristezza mi pervadeva e mi rendevo conto che, dopotutto, avevo amato quel vecchio
Poi tu, come da piano, hai sconfitto l’Oscuro. Non so se gioire o imprecare per la riuscita del piano di Silente. Una parte di me, lo ammetto, la parte più oscura aveva sperato e creduto che tutto fallisse, che il vecchio si fosse sbagliato. La mia piccola vendetta per quel saggio che distrusse la mia esistenza e m’implorò d’ucciderlo.

Ma adesso è finita, dopotutto. Finalmente, è finita. Il giudice ha detto il suo giudizio, l’assemblea ha votato all’unanimità, solo una mano non si è levata crudele, la tua. Ti guardo ancora negli occhi. Alcuni si alzano mentre entrano due Auror nella sala. Mi costringono ad alzarmi, a voltarmi. Li guardo un attimo negli occhi: uno è Alastor Moody. Mi guardia con odio e disprezzo: non ha mai creduto nella mia “conversione”, come tutti, dopotutto. L’altra e Tonks. La piccola Tonks, che infine si è sposata con Remus. Per una volta, ha l’espressione seria e i capelli sono neri, serici e severi. Mi fissa senza espressione mentre mi punta la bacchetta addosso. Mi volto ancora un attimo, prima che pronuncino l’incantesimo letale, mi volto per guardarti negli occhi. Occhi verdi che non sono più occhi d’accusa, ma gli occhi di chi ha capito. Chi ha capito e sa che è meglio che io muoia, ora, consapevole del suo perdono, piuttosto che vivere nel rimorso di una coscienza infranta. Una lacrima brilla nei tuoi occhi, riga il volto così simile a quello di tuo padre. Non ti ho mai detto perché lo odiavo…
Io,in realtà, non lo odiavo, no. Lo invidiavo. Lo ammiravo. E mi chiedevo perché un Grifondoro dovesse avere la mia ammirazione. Per questo lo odiavo, se di odio si tratta. E amavo, in qualche modo, tua madre: ma non lo capii e non lo confessai mai, neppure a me stesso.
E allo stesso modo odiavo e ammiravo te, Potter.
Gli Auror mi puntano le bacchette addosso. Non li guardo. Guardo ancora te. La mia bocca sillaba due parole, tu annuisci. Gli Auror pronunciano l’incantesimo. Tutto si ferma, tutto crolla. Cado. Cado nella voragine dell’oscurità che mi avvolge, nella dolcezza dell’oblio. L’ultima cosa che vedo sono i tuoi occhi piangenti. Le ultime parole che sento, sono le mie parole non pronunciate ad alta voce, ma urlate in silenzio nella mia anima lacerata.
Perdonami… Harry…
  
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