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Autore: emss    21/05/2013    2 recensioni
ATTENZIONE: FEMSLASH, SE NON VI PIACE ARRANGIATEVI.
A Daphne non piace la sua vita. Ma si sa, chi troppo vuole nulla ottiene. E, purtroppo, la richiesta di uno scambio di identità rientra in quel “troppo”. [...] Luna Lovegood, Ravenclaw, è una delle poche cose che Daphne non cambierebbe mai della sua vita.
[Daphne/Luna] [Accenni Draco/Harry-Neville/Blaise] [Per Laura. Happy bday ♥]
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Harry Potter, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo, Contesto generale/vago
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Solo poche parole, davvero. Mi hanno intimato gentilmente richiesto questa oneshot mesi e mesi fa. E' il mio regalo di compleanno per una delle persone più fantastiche che io abbia mai conosciuto. Buon compleanno Laura! Ti voglio bene ♥
Il pairing è assurdo. Le coppie di sfondo anche (okay, forse Drarry no, ma vi sfido a shippare Blaville come lo shippo io, tsk.). Ma l'ho scritta col cuore, e spero di non aver fatto un disastro.
emss .




State of Grace
Per Laura. Happy birthday ♥

 
 
I’m walking fast through the traffic lights,
busy streets and busy lives
and all we know, it’s touch and go.
 
 
Daphne Greengrass non crede nel destino. Non accetta che qualcosa o qualcuno abbia già scritto un insieme di eventi inevitabili e magari catastrofici che lei deve solo limitarsi a vivere. A Daphne piace essere a capo di quello che succede perché, da buona Purosangue Slytherin, e sempre stata abituata in questo modo. Daphne ha sempre deciso tutto da sola nella sua vita, dai vestiti alle tende della sua camera, dalla divisa di Hogwarts alle amicizie di cui circondarsi.
 Per questo ora cammina due passi avanti ai suoi genitori – lo ha deciso nell’istante in cui sono usciti di casa – con le cuffie nelle orecchie,  le mani affondate nelle tasche del giubbino di jeans leggero e poca, pochissima voglia di essere squadrata male da tutti per via della sua famiglia. Perché infondo lei non ha mai firmato per nascere in una delle famiglie più legate alla Casa Verde-Argento, grazie di niente e arrivederci. A Daphne non piace la sua vita. Ma si sa, chi troppo vuole nulla ottiene. E, purtroppo, la richiesta di uno scambio di identità rientra in quel “troppo”.
 
Diagon Alley non le è mai sembrata più affollata. I bambini corrono avanti e indietro dalla via principale e i genitori li guardano sorridendo, seduti all’ombra degli ombrelloni colorati della Gelateria Fortebraccio. Daphne li guarda mentre osservano con occhi sgranati il nuovissimo modello di Nimbus che è esposto in vetrina e lo indicano, appoggiando sul vetro le loro piccola dita sporche di cioccolato. Il commesso li osserva con aria preoccupata mentre presenta, alle persone all’interno del negozio, un nuovo tipo di kit per la manutenzione del manico di scopa.
L’onda di persone si sposta verso la Gringott per poi tornare indietro e fermarsi dove necessario. Il Ghirigoro, come al solito, è così frequentato che la fila di maghi e streghe arriva fuori dall’ingresso. A Daphne viene quasi da vomitare al pensiero.
Al Serragli Stregato ci sono solo undicenni ansiosi di scegliere un animale che li accompagnerà per tanto tempo ad Hogwarts, accompagnati da genitori altrettanto preoccupati dalla sorte che potrebbero avere quelle povere bestioline, a causa dei loro figli.
Daphne vede, con la coda dell’occhio, sua sorella che guarda speranzosa verso Madama McClan. Sente anche sua madre che, come se avesse letto nel pensiero della sua figlia minore, dice: “Astoria, cara, quel posto sarà l’ultimo in cui entreremo, lo sai bene. C’è strana gente lì, vedi?”
In quel momento, allora, Daphne si volta, per dispetto a sua madre, e la vede: dalla vetrina può guardarla mentre muove lentamente le braccia sopra la testa, un sorriso tranquillo sul volto, e fa una giravolta davanti allo specchio. I capelli biondi le cadono come una cascata d’argento, tanto sono chiari, sulle spalle e sembra che ogni volta che li scuota non ricadano mai nello stesso modo. Il padre, biondo come lei, la osserva soddisfatto nel suo vestito color verde pisello e lucida piano il suo amuleto contro i Nargilli.
Luna Lovegood, Ravenclaw, una delle poche cose che Daphne non cambierebbe mai della sua vita.
 
 
 


 
We are alone with our changing minds
We fall in love ’til it hurts or bleeds or fades in time
 



Daphne se la ricorda bene, la prima volta che ha visto Luna. Era solo una bambina, ma non potrebbe mai dimenticare gli occhi azzurri che la scrutarono quel giorno.
Un giorno d’autunno la tata di Daphne l’aveva accompagnata a fare una piccola gita per la Londra Babbana, solo loro due e un cestino per i pic-nic. Louise, francese di origini, l’aveva presa per mano e accompagnata, un po’ a piedi un po’ a spalle, fino a Primrose Hill, dove si erano sedute su una tovaglia a quadretti rosa e bianchi.
Jolie, ho portato della cioccolata per la merenda, ma devi promettermi di non dirlo alla mamma!” aveva detto gioiosa la donna, accarezzando piano la testa mora della bambina. Daphne, che di sua madre non voleva vedere nemmeno l’ombra, non aveva avuto particolari problemi a promettere di mantenere il segreto.
Il pomeriggio, tra cioccolata e gesti gentili, era passato in fretta e le due si erano ritrovate presto a giocare con la palla arancione (magica, s’intende, poteva volare per parecchi metri in aria di una normale)  su un prato da cui si vedeva benissimo il tramonto su Londra. Daphne, così rapita dal paesaggio, non si era accorta del pallone che aveva cominciato a rotolare verso gli alberi e il torrente vicino. Con un “vado io!” urlato, aveva rincorso la palla per una discesa fatta di rami, terra e fiori bianchi e si era ritrovata vicino al torrente. Su un grosso masso, le manine nelle tasche del cappottino rosso, stava una bambina biondissima, in piedi mentre osservava lo scorrere dell’acqua, concentratissima. Daphne ricorda, ancora oggi, di aver fissato quella ragazzina così eterea per quelle che erano sembrate ore, ma probabilmente erano stati pochi minuti.
Proprio mentre si allontanava, aveva calpestato un rametto che, con un sonoro crack, si era spezzato sotto la sua scarpetta verniciata. La bambina si era voltata allora e, alla vista di Daphne, si era aperta in un enorme – troppo grande per il suo viso minuto – sorriso e con un piccolo balzo era scesa dal sasso.
“Chi sei?” aveva chiesto, sbattendo una sola volta le lunghe ciglia chiare.
“Daphne Greengrass. Tu chi sei?” aveva risposto, posando la palla tra i piedi e allungando la mano, educatamente.
“Luna Lovegood” e, ignorano il gesto formale, aveva allungato le braccia e l’aveva accolta in un abbraccio leggerissimo, tanto da sembrare quasi uno sfioramento di corpi. Quando la bambina si era allontanata, Daphne aveva sentito un’ondata di freddo invaderla, come se il solo distacco le avesse gelato il sangue nelle vene. Da quel giorno, Daphne aveva sempre avuto freddo.
 
 
 
 
Inutile dire che quell’incontro non si è mai risolto in nulla. Altrimenti ora, osservando Luna dal vetro del negozio, non avrebbe esitazione ad entrare e abbracciarla di nuovo. Daphne non le aveva più parlato da quel famoso incontro. L’aveva vista, durante il suo secondo anno ad Hogwarts, mentre veniva smistata nei Corvonero e l’aveva sfiorata nei corridoi, un po’ per caso un po’ per pura fortuna. Faceva, e fa,  male, non c’è nulla da negare. Così male, non potersi avvicinare a lei per via della divisione in Case (e probabilmente perché Luna nemmeno si ricorda di lei), che a volte Daphne si ritrova nella sua stanza a cercare il respiro tra le lacrime,
Pianti per un sentimento mai sbocciato, consumato dal tempo e dalle chiacchiere. Daphne ha freddo anche ora.
 
 
 
 
And I never saw you coming
And I’ll never be the same

You come around and the armor falls
Pierce the room like a cannon ball

 
 
Tutte le cose che odia, Daphne riesce a cambiarle. Tutte, tranne i suoi amici. E’ convinta di odiarli, infondo sono tutti stupidi palloni gonfiati, ma se le chiedessero di separarsi da loro, non accetterebbe mai.
Per questo ora, all’intervallo tra Erbologia e Trasfigurazione, cammina lentamente attraverso il cortile di Hogwarts con un braccio di Draco Malfoy intorno alle spalle, Blaise Zabini dall’altro lato, accanto a lei,  le occhiate gelose di Pansy Parkinson e i respiri pesanti di Tiger e Goyle dietro di lei. Non che gli ultimi tre siano suoi amici, sia chiaro.
“Daph, prima o poi riuscirai a spiegarmi perché non dai una possibilità a nessuna delle ragazze che ti hanno chiesto di andare al ballo. Voglio dire, okay che sei più bella di chiunque, lo sappiamo, grazie mille, ma alcune non erano niente male!” dice Draco, attorcigliando una ciocca mora di capelli attorno all’indice della mano a penzoloni sulla spalla dell’amica.
“Se sono così belle, occupatene tu, Malfoy” risponde lei a tono, alzando gli occhi al cielo e tentando invano di scostarsi dalla sua presa ferrea.
“Lo sai che non apprezzo e, comunque, vengono da te, per Merlino! Blaise, dille qualcosa” piagnucola lui, seppellendo il viso nell’incavo del collo di Daphne.
Blaise, con tutta la calma del mondo (cosa che Daphne odia), si sistema la camicia e “Draco, saranno cazzi suoi” risponde con la sua voce profonda. Draco grugnisce esasperato e “davvero utile, grazie” lo canzona. L’unica risposta che ottiene è un’alzata di spalle. Forse Daphne non lo odia così tanto.
 
 
 
Trasfigurazione fa schifo. E’ un susseguirsi di regole e “complimenti, Granger!” e “Malfoy, ti conviene non decapitare il topo, non te ne darò un altro!”. E’ come se Daphne, e il resto della classe, fosse invisibile. E sì, Daphne potrà anche odiare tutti, ma è una Slytherin, e le piace mettersi in mostra. Forse è per questo che tutta la scuola sa del suo orientamento sessuale, oppure del fatto che lei è riuscita a far piangere Draco Malfoy, una sera, mettendo del colorante blu nel suo shampoo costoso. Lei e Blaise sono sempre compagni di banco, perché ha solo due amici, e uno è decisamente un pessimo vicino. Lei e Blaise si intendono senza parlare. Lei e Blaise contro il mondo (con la gentile collaborazione di Draco Malfoy, che però a volte fa parte della massa da combattere).
Alla fine della lezione Daphne è stremata e non vede l’ora di rifugiarsi nella sua fantastica camera divisa con quattro altre ochette inutili. Una volta ha chiesto a Draco se potesse dormire sempre da loro; inutile dire che Nott, il compagno di stanza dei suoi due migliori amici, sia scappato dalla stanza perché, cazzo, la ragazza più bella del loro anno era lì, con un paio di pantaloncini e una canottiera. Draco non ha mai riso così tanto.
Con questi stupidi, inutili pensieri, Daphne non si accorge della mano che la afferra e la trascina velocemente nel bagno delle ragazze fuori uso. Non si accorge di niente finché non la sente, la domanda chiara e spiazzante: “Vuoi venire al ballo con me?!”
Tutto quello che Daphne riesce a vedere sono occhi azzurri, sgranati, pieni di aspettativa, una crocchia disordinata di capelli biondissimi e il sorriso gentile che la fa sentire al sicuro. Daphne, forse, sente un po’ meno freddo ora.
 



 
Now all we know is don’t let go
We are in love just you and me
Up in your room and our slates are clean
Just twin fire signs, four blue eyes

 
 
“Aspetta, fammi capire. Lei te lo ha chiesto? Lei, Daph? E tu hai accettato?”
“Ma di cosa ti lamenti? Non eri tu quello che giusto ieri mi ha detto di non rifiutare chiunque?”
Daphne e Draco stanno seduti sul letto del ragazzo, le lenzuola di seta verde che sfiorano le gambe nude della ragazza gentilmente. Dopo che Luna le ha chiesto – o meglio, ha quasi deciso per lei – di andare al ballo insieme, Daphne è riuscita a balbettare un poco udibile e precipitarsi fuori dalla classe di corsa, prendendo Draco per il mantello e interrompendo i suoi approcci subdoli con un rosso di Hufflepuff che le pare si chiami Ed, o Ted. Sono corsi in camera di lui senza degnare nessuno di un singolo sguardo.
“Ti ho detto di accettare l’invito di qualcuno, ma era sottointeso che dovesse essere qualcuno di sanità mentale media-alta, Morgana! La Lovegood, Daph? Ancora?”
La verità è che Draco lo sa di quanto Daphne sia sempre stata attratta da Luna, ma si diverte sempre a prenderla in giro e ricordarle che la sua cotta storica ha qualche rotella fuori posto.
Smettila Malfoy, Luna è anche più intelligente e intuitiva di te. E poi, sai, lei è bionda naturale.”
“Vaffanculo Greengrass.”
“Dopo di te, luce dei miei occhi.”
Gli occhi argentati di Draco trovano quelli blu oceano di Daphne e pochi secondi dopo stanno già ridendo, lui che le circonda la vita con le braccia e le fa perdere l’equilibrio, trascinandola verso di lui e ritrovandosela sul petto, i respiri un po’ accelerati perché loro non sono dei veri fans dello sport e sono quasi sicuri che questo sia il più grande sforzo che Draco abbia mai fatto.
A pochi centimetri dalla sua bocca, il ragazzo sussurra: “Vuoi andarci davvero?” come se non fosse certo di aver capito bene. Daphne, lasciandogli un veloce e quasi invisibile bacio sulle labbra sottili, “sì, lo sai” risponde. E a Draco non serve altro per capire tutto quello che succede nella testa dell’amica.
 
 
 
 
“Faccio schifo.”
“Sei bellissima.”
“Non le piacerò per nulla e scapperà e tanti saluti alla mia occasione di essere ricordata da lei.”
“Sei bellissima, smettila di rompermi i coglioni adesso. E andiamo, Daph, è tardi! E devo incontrare il mio appuntamento per stasera.”
Daphne, che sta dando un’ultima passata di mascara, si volta di scatto, facendo ondeggiare i capelli bruni e “e chi sarebbe il fortunato che riuscirà a vedere qualcosa di più che le tue braccia?”
Draco le fa la linguaccia e “tu hai la tua, io ho sempre avuto il mio, giusto?”. Lei sa a cosa si sta riferendo, ovviamente.
“Non ci credo. Gliel’hai chiesto? Ma non era etero? Aspetta, vuol dire che non sta con quella mucca coi capelli rossi? No way.”
“Veramente, è stato lui ad insistere. Hai visto quanto ci assomigliamo?” dice Draco sorridendo – sorride, non ghigna, sta arrivando l’Apocalisse – e si sistema la cravatta verde sulla camicia.
Daphne ha fatto i boccoli per l’occasione e ha un vestito argentato, con il corpetto stretto che poi cade in una gonna morbida, che scende fino alle caviglie. Dire che è in ansia sarebbe un eufemismo: Daphne ne è sicura, le verrà un attacco cardiaco ancor prima di vedere Luna.
“Andiamo, succhiacazzi” dice affettuosamente, prendendo Draco sottobraccio e guadagnandosi una gomitata accompagnata da un sussurrato “senti chi parla”.
Quando arrivano nell’atrio fuori dalla Sala Grande, da cui proviene una musica leggera da orchestra, ad attenderli al limite delle scale ci sono due persone: una ha lunghi, lunghissimi capelli biondi - Daphne potrebbe tranquillamente perdersi tutta la sera ad osservarli – e porta un abito di un verde chiaro delicato, di quelle tinte pastello che danno una sensazione di effimero, passeggero; l’altra è un ragazzo più alto di lei, smoking nero e papillon rosso fiammante; quando si gira, Daphne incontra un paio di occhi verdi, profondi, in cui brilla una luce divertita e in qualche modo, felice.
“Ciao Sfregiato” lo saluta Draco, sporgendosi per baciarlo sulla guancia. Lui, in tutta risposta, arrossisce un poco e “stupido furetto” borbotta. Poi allunga una mano e “potrei avere il mio cavaliere, miss Greengrass?” dice, e sorride così spontaneamente che Daphne vorrebbe tirargli le guance. Ma si trattiene. “Oddio prenditelo, è stato una checca da stamattina alle sette e mezza. Malfoy è tutto tuo, Potter. Trattalo bene, è delicato e si sa che tu sei come un elefante in una cristalliera.”
Harry risponde qualcosa ma Daphne non lo sta ascoltando. Luna è lì, davanti a lei, e dio, non ha mai visto niente di più bello.
“Ciao Luna” sussurra estasiata. Lei, il sorriso tranquillo, le prende la mano e “Daph” dice a mo’ di saluto. Daphne sta praticamente volando, ne è sicura.
 
 
 
 
Mentre tutti sono sulla pista da ballo a scatenarsi – okay, magari quasi tutti, perché Daphne è quasi sicura che quelli fermi al centro della pista che si baciano siano Neville Paciock e Blaise Zabini – lei e Luna sono sedute su un divanetto bianco in pelle, e parlano da ore. Osservano, commentano, si conoscono.
“Mi ricordo di te, sai?” le dice Luna mentre gioca distrattamente con una ciocca dei capelli bruni dell’altra ragazza. Daphne spalanca gli occhi e “come?” chiede.
“Mi ricordo di quando ci siamo incontrate, da bambine. E’ per questo che ti ho chiesto di venire insieme qui. Pensavo… pensavo che ti sarebbe piaciuto. Qualcuno mi ha detto che avevi rifiutato tutti ma non ero sicura, e volevo fare una buona impressione e…” Luna sta cominciando a perdersi, così Daphne appoggia una mano su quella pallida e piccola di lei e “va tutto bene” la rassicura, “sono qui con te no? E, per la cronaca, anche io.”
“Cosa?” chiede la Ravenclaw, sbattendo le lunghissime – infinite, direbbe Daphne – ciglia, confusa.
“Mi ricordo di te.”
Daphne ne è sicura, non ha mai visto un sorriso più luminoso di quello di Luna. Il freddo sta sparendo.
 
 
 
 
 
This is a state of grace
This is the worth while fight
Love is a ruthless game
Unless you play it good and right
These are the hands of fate
You’re my Achilles heel
This is the golden age of something good
And right and real
 


Sono passati quattro mesi dal ballo, e l’anno sta finendo. I G.U.F.O. sono finiti, gli studenti si rilassano. Luna e Daphne si parlano ogni giorno.
Daphne le racconta di HarryeDraco, che ormai sono una cosa sola, e guai a chi li separa; le chiede di Neville e Blaise, e Luna le racconta che si vedono in segreto. Le giornate passano tranquille e Daphne non indossa più maglioni di lana a maggio. Ci sono anche i lati brutti, è ovvio. Quasi tutta Slytherin fa sorrisini sinceri davanti a loro, ma si sa che parlano alle spalle di Draco, Daphne e Blaise praticamente sempre: è come i tre pilastri siano crollati tutti insieme. Al trio d’argento – è stato Harry a inventare il nome, suscitando un verso sprezzante da Draco, che ha commentato con un “quindi ci paragoni a te e quei due sfigati che ti porti appresso?” – non importa nulla. Sono felici.
I Ravenclaw sono sempre pronti a dargli man forte, e anche qualche Gryffindor sta mettendo da parte i pregiudizi. Divertente come l’amore riesca a stabilire una pace segreta e mai detta ad alta voce tra nemici storici e giurati.
 
La prima volta che si baciano, è Luna a fare il grande passo. Sono sedute sotto una quercia, nel parco di Hogwarts, e stanno parlando delle loro vacanze. Luna andrà in Italia, perché suo padre crede che in Toscana siano state rilevate tracce di incroci improbabili tra un Ricciocorno Schiattoso e un fagiano da allevamento. Daphne, invece, verrà sicuramente trascinata dalla sua famiglia nel Cheshire, per visitare i loro parenti lontani – che grazie a dio deve vedere solo una volta – e dovrà interagire con tutti i suoi stupidi, riccioluti cugini che pensano di poter imporsi in qualsiasi situazione su di lei. Falliranno, ovviamente.
“C’è Harriet, mia cugina di secondo grado, che è forse l’unica simpatica. Vuole cantare, ma non ha capito che è stonata e comunque…” ed è lì che Luna interrompe il suo racconto. Semplicemente, si sporge e appoggia le labbra delicate a quelle di Daphne e indugia. La Slytherin resta immobile, all’inizio, troppo scioccata per fare qualsiasi cosa, ma poi risponde al bacio.
Quando si separano, l’azzurro ghiaccio incontra l’oceano, e si guardano per quelle che sembrano ore, parlando con gli occhi, la luce che brilla e le iridi piene di vita e di domande.
Ma in tutto questo freddo, Daphne sta bruciando. 
   
 
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