Fanfic su artisti musicali > The Doors
Ricorda la storia  |      
Autore: TheDreamcatcher    21/05/2013    7 recensioni
- Jim… mi sei mancato.
- Anche tu mi sei mancato, Ray. Tanto.
Jim si alzò e senza esitare un solo momento lo abbracciò, proprio come un ragazzino abbraccia il fratello più grande tornato da un lungo viaggio.
- Benvenuto in paradiso, amico mio.
Un tributo alla vita e alla morte. Un tributo a Jim e Ray. Un tributo all'amicizia, al coraggio, e anche al dolore e alla morte.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dall’alto, Jim osservava quanto succedeva sulla Terra. Come al solito il suo primo sguardo lo rivolse al suo più caro amico, Ray. Guardava sempre tutti i membri di quel gruppo meraviglioso chiamato “The Doors”, che in realtà non era solamente una band: era un misto di poesia, sound psichedelici, talento e innovazione. Era tutto ciò che si può definire “grandioso”.
Quella mattina, però, c’era qualcosa di strano negli occhi del suo amico; una sofferenza repressa, che si trascinava da lungo tempo, questa volta più decisa del solito a distruggerlo.
Jim sentiva ciò che stava per accadere.
Ricordava ancora il momento in cui se n’era andato: era lì, disteso nella vasca da bagno di casa sua; la testa gli girava, i muscoli erano fin troppo rilassati, il cuore era sempre più lento e stanco di ogni battito. “Chiuderò gli occhi un momento”, pensò,” un momento solo. Capita a tutti di bere un po’ troppo”.
Poi, quella strana sensazione di distaccarsi dal suo corpo: e finalmente lo aveva sentito, aveva capito cosa volesse dire stare tra la vita e la morte, aprire le porte della percezione, sentire tutto e niente.
Una volta riaperti gli occhi, Parigi l’aveva vista solo dall’alto, così come il mondo in cui viveva.
Ray stava morendo. Ogni minuto che passava l’angoscia cresceva e dilaniava l’animo di Jim.
Ricordava il periodo dei Doors, quando suonavano ancora per locali e non erano così famosi, quando il rosso né del vino né dei capelli di Pamela lo confondevano. Quando scriveva poesie piene di speranza e di fantasia, sogni, coraggio, amore e anche ingiustizia e morte, quando lo stesso uomo che adesso giaceva in un letto morente rimaneva a bocca aperta leggendo quei versi in cui Jim riversava sempre un po’ di se stesso.
Ricordò poi le numerose crisi: quei giorni orribili in cui litigava con Pam, beveva e si distruggeva lentamente. Ray era stato uno dei pochi a cercare sempre di aiutarlo. Gli era stato vicino, lo aveva consolato e dato anche le giuste batoste. Era come un fratello maggiore per lui: e nonostante questo non lo aveva sempre rispettato come avrebbe dovuto. Un senso di rimorso si impossessò di lui.
La distanza, dopo la morte di Jim, aveva fatto soffrire entrambi. Ray però si era risollevato: non aveva sprecato quel grande talento che aveva e godeva a pieno della sua vita, nonostante il cancro che cercava di strappargli tutto ciò che possedeva e nonostante avesse voluto guardare il faccia il suo amico e dire “guarda, Jim, ho combattuto e ho vinto. Ce l’ho fatta”.
Mentre il respiro di Ray si faceva sempre più pesante e le contrazioni dei muscoli indicavano la sua agonia, Jim non smetteva di guardarlo, pienamente cosciente che finalmente lo avrebbe rivisto lì, accanto a lui.
Non riuscì a trattenere una lacrima.
Quella lacrima era per tutto ciò che Ray era costretto ad abbandonare, per la loro amicizia finita troppo presto. Quella era la lacrima di un adolescente mai cresciuto del tutto, sempre alla ricerca del nuovo, sempre incosciente e troppo sicuro di sé. Un ragazzo che non sarebbe mai diventato un uomo.
In fondo, che cosa vuol dire “uomo”? Significa forse sposarsi, avere dei figli e un lavoro “serio”?
No. Essere uomo non vuol dire questo. Essere uomo significa saper affrontare la vita con tutta la forza. Significa saper accettare le gioie e le delusioni, i piaceri e i doveri, i cambiamenti e anche la morte.
Ray adesso rantolava, stanco, oppresso. Jim trattenne il fiato. Gli sembrò quasi di rivivere il momento di strana fibrillazione, mentre la sua anima abbandonava per sempre la vita terrena. Gli sembrava di morire una seconda volta, insieme al suo amico.
Alla fine Ray chiuse gli occhi. Sembrava avesse perso la sua lunga e dura battaglia; ma Jim sapeva che invece aveva vinto.
Aveva vinto da uomo.
Continuò a guardare quel corpo senza vita, che al contrario del suo era invecchiato e si era trascinato fino alla morte nonostante la stanchezza. Sentì un’altra lacrima cercare di fuggire dai suoi occhi blu, intensi e malinconici, per sentire il calore delle guance.
Una mano gli toccò la spalla.
Era un tocco familiare. Si girò. La mano che lo aveva toccato era grande, sicuramente di un uomo giovane, ma non era rozza, anzi: aveva quel modo composto e controllato di muoversi che possono avere solamente le mani dei musicisti. La mano apparteneva ad una figura alta, slanciata, con una faccia un po’ squadrata, le basette spesse e folte, i capelli nuovamente scuri, gli occhi seminascosti da un paio di occhiali.
Si guardarono per qualche secondo, in silenzio. Negli occhi di ciascuno dei due si leggeva angoscia, felicità, una soffocata richiesta di perdono e l’incredulità di potersi vedere di nuovo. Si leggeva un’amicizia che nonostante tutto era destinata a vivere.
-   Jim… mi sei mancato.
-  Anche tu mi sei mancato, Ray. Tanto.
Jim si alzò e senza esitare un solo momento lo abbracciò, proprio come un ragazzino abbraccia il fratello più grande tornato da un lungo viaggio.
-  Benvenuto in paradiso, amico mio.
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Doors / Vai alla pagina dell'autore: TheDreamcatcher