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Autore: SylviaGreen    21/05/2013    1 recensioni
Come al solito, la mia immaginazione mi ispira e mi dice: "bene, Silvia, hai visto il film Pirati dei Caraibi. E se ci fossi anche tu, lì in mezzo? Se fossi un'amica di Elizabeth che viene rapita dalla Perla Nera insieme a lei e ad un'altra menosetta che odi?"
Questo è un tentativo di trascrivere questa idea. Buona lettura!
Storia bloccata.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Weatherby Swann, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 



Erano ormai molti giorni che erano in viaggio per recarsi in Giamaica.
Tutto era cominciato quando suo padre era stato nominato governatore della colonia britannica di Port Royal. A soli dodici anni, Elizabeth aveva dovuto abbandonare i suoi amici in Inghilterra per partire per un paese molto lontano, quasi sconosciuto alla maggior parte degli inglesini, dove sicuramente nessuno di loro avrebbe potuto scriverle.
Nessuno tranne loro, ovviamente. Le sue amiche più fidate, Ashley e Sylvia, sempre in combutta fra loro e con un unico desiderio comune: la sua felicità e la sua compagnia. Figurati se loro l'avrebbero abbandonata. Probabilmente si sarebbero tagliate una mano ciascuna piuttosto che lasciarla da sola in un paese lontano, ed Elizabeth, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era felice di quella loro dedizione. Con chi avrebbe potuto parlare, da sola in Giamaica? Con lo specchio, forse?
Già si stava annoiando a morte, lì da sola sul ponte, mentre le sue due amiche si riposavano. Avevano lavorato tutto il giorno precedente, divertendosi a timonare la nave - beh, solo Sylvia, in verità: Ashley era troppo impegnata a sistemarsi il vestito per la ventesima volta, cosa che Sylvia non aveva potuto fare a meno di criticare aspramente - e ora, secondo Elizabeth, si stavano godendo il meritato riposo.
In ogni caso, l'idea di essere quasi da sola, senza punti di riferimento, in una reggia isolata, sfarzosa e chiusa, la terrorizzava abbastanza. Ma lei era una ragazza forte e coraggiosa e sapeva lanciarsi alle spalle i dispiaceri; figurarsi se avesse potuto dire di no a suo padre.
Un sorriso le affiorò sulle labbra: Weatherby Swann, governatore. Sarebbe stato un onore per la sua famiglia, e per un attimo Elizabeth si perse a pensare su cosa avrebbe potuto dire sua madre della notizia … sua madre, Ashlee Campbell Swann, morta in mare quando lei era così piccola da non riuscire neanche a ricordare le sue ultime urla … ed era stato il mare a sottrargliela, magari, per quel che ne sapeva lei, anche quella distesa su cui ora stavano navigando, immersi in una nebbia fitta e umida.
Per sfida, Elizabeth si affacciò più che poteva al ponte della HMS Dauntless, cercando di estorcere alla nebbia qualche dettaglio e nel contempo controllando di non essere osservata dal tenente. Dalla morte di sua madre, suo padre aveva sviluppato una sorta di iper protezione nei suoi confronti. Per non parlare poi di quando era per mare; non era un caso se la Dauntless fosse una delle più belle navi della flotta britannica, e neanche che fossero accompagnati nientemeno che dal tenente Norrington, uno degli ufficiali più fidati del re e caro amico di suo padre - ovviamente: chiunque si fosse offerto disponibile a proteggerla sarebbe diventato suo amico; perfino un pirata, probabilmente, sarebbe entrato nelle sue grazie …
Pirata. Quella parola l'aveva sempre affascinata, così come l'uomo e il tenore di vita che vi si celavano dietro. Bastava un gruppo di loro a menare per il naso il controllo britannico, ed Elizabeth era affascinata da quella mancanza di vincoli. Navigare per mare quanto voleva, sottrarsi dallo sguardo di tutti, fare quello che le pareva quando le pareva …
Elizabeth sorrise beffarda, e incominciò a canticchiare:«Questa è la vita dei pirati … che amano l'avventura … noi siamo pirati e ci piace perché … la vita è fatta per noi … yo-ho yo-ho, la spada, il corpo, il mare … i veri amici di noi pirati… che…».
Improvvisamente sussultò e si interruppe. Una mano pesante e callosa le si era appena poggiata sulla spalla. Se suo padre l'avesse sentita cantare una canzone come quella ...
Elizabeth si voltò, temendo il peggio.
Un uomo dal viso abbronzato e rugoso e dai capelli e barba nera le si parò davanti.
No, era solo Mr. Gibbs. Un altro che Norrington aveva frettolosamente arruolato sulla Dauntless su ordine del governatore, soltanto per scortarla fino in Giamaica. L'ennesimo disposto a proteggerla pur di guadagnare un po' di denaro. Gibbs era l'unico uomo di mare che Elizabeth approvava sul serio - oltre, ovviamente, a Norrington - nella scorta che suo padre aveva assoldato, perché sembrava veramente l'unico tra loro che se ne intendesse di venti e correnti: la sua conoscenza del mare era almeno dieci leghe avanti a tutti gli altri. Era schietto e sincero con tutti quelli con cui poteva confidarsi, e adorava raccontarle storie, secondo lui vere, di pirati.
«Zitta, piccola», gli sibilò lui tra i denti, ed Elizabeth sentì un alitaccio di rum sfiorarle il collo. «Orde di pirati solcano queste acque e non vorrete tirarceli addosso, vero?».
Elizabeth fece un sorrisetto e stava per rispondere, ma un'altra voce, sopraggiunta alle sue spalle, non le lasciò il tempo. «Signor Gibbs, basta così!», lo sgridò. Era Norrington, la parrucca bianca che minacciava di volare via e un'espressione severa dipinta su un giovane viso pallido. Elisabeth sapeva che Norrington aveva preso Gibbs in antipatia sin dalla prima volta in cui si erano visti, e ancora lui non era al corrente dell'ampia conoscenza di Gibbs di navi con teschio, maledizioni, rum e via discorrendo. Elizabeth aveva preferito non illuminare Norrington, per timore che il tenente cacciasse definitivamente Gibbs dalla nave; e l'ultima cosa che Elizabeth voleva, a parte separarsi dalle sue amiche e da suo padre, era che lui e le sue storie venissero buttati in mare.
«Cantava una canzone sui pirati!», si difese Gibbs, guardandolo molto storto. «Porta male cantare dei pirati, impegolati come siamo in questa nebbia innaturale; parola mia».
Norrington lo guardava come di solito si guarda un rifiuto puzzolente. «Ne terrò debito conto», rispose, con tutta l'aria di volerselo dimenticare il prima possibile. «Andate pure».
Il che si traduceva come levati dalle scatole, e Gibbs lo capì dall'occhiata in tralice che Norrington gli lanciò. Ubbidì di malavoglia, borbottando un «Sì, tenente» che non indicava obbedienza neanche ad un sordo, e si voltò verso il mare. Poi, stappando una bottiglietta di rum e bevendone un goccio, rimuginò: «Porta male anche avere una donna a bordo, sia pure in miniatura».
Elizabeth, che lo aveva sentito, sapeva e sopportava di malavoglia quella sua avversione nei confronti delle donne sulla nave, e aveva ritenuto saggio non dirgli che a bordo, in realtà, ne erano presenti altre due. Nonostante questo piccolo disaccordo, però, non approvava il modo scontroso di Norrington nel rivolgersi a lui, come se fosse più un peso che un grosso aiuto - chissà dove sarebbero stati, a quell'ora, senza di lui - e così esclamò: «Io credo che conoscere un pirata sarebbe emozionante».
L'ufficiale la guardò stancamente e fece un sorrisetto poco accondiscendente. «Ricredetevi, Miss Swann. Vili e dissolute creature, tutti loro. Verrà il giorno in cui ogni uomo che naviga sotto una bandiera pirata o è stato marchiato come tale avrà ciò che merita: poca corda e caduta sorda», e la guardò affettuosamente, come se facesse loro un bel regalo.
Elizabeth rispose al sorriso ma non aveva afferrato il concetto, così si voltò verso Gibbs in cerca di spiegazioni. Quello fece finta di strangolarsi con una cima, e lei istintivamente si ritrasse per l'orrore. Quella volta aveva capito cosa intendeva Norrington e fu lei a guardarlo come se venisse da un altro pianeta. Come osava? Come pretendeva di giudicarli?
«Tenente Norrington», intervenne una voce severa alle loro spalle, «apprezzo il vostro fervore, ma ho un po' timore degli effetti che potrebbe avere su mia figlia questo argomento».
Ti pareva. Il governatore non poteva permettere a sua figlia di ascoltare argomenti troppo delicati, per paura … di che? Che le venissero strane idee? Ormai era diventato quasi paranoico.
«Le mie scuse, governatore Swann», si scusò subito Norrington, chinando il capo, e si allontanò. Elizabeth, mentre si voltava verso suo padre, scorse Gibbs, al sicuro da sguardi indiscreti, che faceva il verso al tenente con la lingua di fuori e una smorfia di disgusto.
«Invece io lo trovo affascinante», sottolineò lei a suo padre, fissandolo con aria di sfida.
«Sì, è proprio questo il mio timore», ribatté lui severo con un fantasma di sorriso, e si allontanò dal ponte.
Elizabeth, invece, si rivolse di nuovo al mare, guardandolo come se fosse lui la colpa di tutto. Già, era colpa sua se suo padre era così paranoico, così restrittivo … lei voleva solo guardare, scoprire, imparare … era piccola, in fondo, e ne aveva tutto il diritto …
Per esempio voleva scoprire che cosa ci facesse quell'ombrello lì in mezzo al mare.
Affascinata, ne seguì il movimento placido sulle onde e si spostò dal ponte per poterlo tenere d'occhio, osservandolo mentre si strusciava contro le onde che si infrangevano sullo scafo.
Ma in fondo non è neanche così importante, pensò poi, è solo uno stupido ombrello.
Poi alzò di nuovo lo sguardo, sperando che succedesse qualcosa che ravvivasse la sua traversata. Era da ore che non faceva altro che guardare il mare, e guardare, e guardare, e guardare …
… e improvvisamente il suo desiderio si avverò. Ma non nel modo che si aspettava.
Un ragazzo, disteso su una tavola di legno mezza rotta, galleggiava alla deriva verso di lei.
Un ragazzo forse morto.
«Guardate!», gridò subito, con la voce più alta che poteva. «C'è un ragazzo! C'è un ragazzo nell'acqua!».
Suo padre alla notizia rimase terrorizzato, fissandola come se avesse appena annunciato che aveva la parrucca verde; Norrington, invece, fu più pronto, e corse immediatamente ad affacciarsi per controllare.
Non ho le allucinazioni, pensò ribelle Elizabeth, potresti anche fidarti.
Infatti i suoi occhi aveva ragione. «Uomo in mare!», urlò a sua volta Norrington. «Uomo in mare! Una cima, un rampino! Issatelo a bordo, presto!». In men che non si dica, la nave si era riempita di marinai vocianti, che prima sembravano invisibili, che urlavano ordini e vagavano alla ricerca di una cima, sbattendo i pesanti stivali sul ponte. Quando un marinaio alla fine prese l'iniziativa e si affrettò a calarsi in acqua per prendere il ragazzo, Sylvia e Ashley si erano già svegliate per il trambusto ed erano entrambe corse subito da Elizabeth.
«Ely, che succede? Ti è caduto un vestito in mare?», domandò Ashley.«Era quello bello, rosa con le perline? Non lo ritroverai più in Giamaica, te lo dico io»
«No, Ash, tranquilla», rispose lei scuotendo la testa, perché la perdita di quel vestito avrebbe fatto più male alla sua amica che a lei, «ho visto un ragazzo».
«Chi è?», scattò subito lei. «E' carino? È nobile? È un nobile inglese, vero?».
Prima che Elizabeth potesse rispondere, Sylvia intervenne, guardando storta Ashley: «Dove l'hai visto? Sulla nave? C'è un altro ragazzo sulla nave? Gibbs non sarà molto contento».
Elizabeth scosse di nuovo la testa. «Lo stanno issando a bordo ora».
«Oddio, poveretto!», piagnucolò Ashley. «Io credo che morirei se gettassero me in acque come quelle. Figurati un gentiluomo inglese!».
Sylvia si sporse per osservare i movimenti dell'equipaggio, con una smorfia molto disgustata sul volto alle parole di Ashley. «Ecco, ce l'hanno fatta!», esclamò poi, e la smorfia sparì. «Andiamo a vedere come sta!».
«Ma così conciate?», domandò Ashley stupefatta, cercando di sistemarsi i capelli spettinati alla bell'e meglio. «Non dovremmo presentarci davanti ad un gentiluomo inglese spettinate, ne va del vostro onore, voi che dite?».
«Ma non è un gentiluomo inglese, Ashley!», protestò Elizabeth con un sorriso divertito, intuendo dallo sguardo omicida di Sylvia che lei stava per tirarle addosso qualcosa di molto pesante. «Non sappiamo neanche se è vivo o morto!». Dette quelle parole, le superò per andare ad accertarsene, e le sue due amiche, dimenticati i diverbi per qualche attimo, la seguirono a ruota.
Il ragazzo era stato portato a bordo da un marinaio, e la sua tavolaccia di legno era stata trasportata sul ponte da due mozzi probabilmente non molto allenati, visto il loro ansimare. Attorno al corpo forse morente, si era raccolto un piccolo gruppo di marinai che lo osservavano ansiosi, sperando che tra loro ci fosse qualcuno che potesse illuminarli sulla salute del ragazzo - non è che molti sapessero qualcosa di medicina, del resto. Tra di loro, Elizabeth distinse chiaramente la voce di Norrington che diceva: «Ancora respira».
Sollevata, stava per correre in suo soccorso quando un'esclamazione stupefatta la fece voltare di scatto. «Maria madre di Dio!».
Era Gibbs che, in piedi sul bordo del ponte, issato su una cima per vederci meglio, stava fissando con occhi sgranati il mare davanti a sé. Era raro che Gibbs invocasse qualsiasi persona che riguardasse l'ambito religioso, ed Elizabeth si voltò, come metà dell'equipaggio.
Davanti a loro c'era la scena più devastata che avesse mai visto.
Era una nave; o meglio, quello che avrebbe potuto assomigliare ad una nave con un po' di fantasia, dato che era così in fiamme che sembrava un pezzo di legno lanciato su un camino. Intorno si poteva distinguere un cerchio composto da tutto ciò che rimaneva della cambusa, punteggiato qua e là da pezzi di legno. Elizabeth non riuscì a immaginarsi niente di più devastante che poteva capitare ad una nave. Era quasi impossibile che quel ragazzo ne fosse uscito vivo.
«Sarà sopravvissuto qualcuno?», si chiese Ashley, sinceramente preoccupata. Il che era una gran novità, pensò Elizabeth, dato che per una volta non le interessano i vestiti che sono andati persi.
«Ma certo, il ragazzo», rispose Sylvia seccata, che continuava a gettargli occhiate di sfuggita.
«A parte lui, intendevo», ribatté Ashley, guardandola storto.
«Ne dubito», intervenne Elizabeth, decisa a troncare un'altra discussione. «E' già tanto se è sopravvissuto lui. Sempre che non muoia prima di arrivare a Port Royal, anche se non dovrebbe mancare molto».
«Com'è accaduto?», si chiese un marinaio sul ponte di fianco a loro, fissando il disastro come loro, e le ragazze smisero di battibeccare e si misero ad ascoltare. Elizabeth lo ringraziò mentalmente.
«Forse il deposito munizioni», ipotizzò Norrington. «I vascelli mercantili viaggiano molto armati».
Gibbs lo guardò come se non potesse immaginarsi di sentire una risposta più stupida. «Con quale risultato?», sbottò. «Lo pensano tutti, io ho il coraggio di dirlo: pirati».
Che ironia, pensò Elizabeth, che abbiano risposto così in fretta all'offesa di Norrington.
«Hmpf», tentò di ridacchiare suo padre, «nulla lo dimostra; forse è stato un incidente». Poi guardò Norrington con un'aria spaventata.
Lui comprese al volo. «Svegliate subito il capitano!», gridò. «Alla cappa! Vele all'imbando! Calate le scialuppe! Dobbiamo andare a controllare i resti della nave!», e si affrettò ad allontanarsi verso la prua della nave.
«Calate le scialuppe!», gridò a sua volta un mozzo di fianco a lui in un impeto di comando.
«Calate le scialuppe», disse il labiale di Gibbs con una smorfia. «Qui sarà meglio per Norrington che se ne fugga via, mica andare a controllare o cercare navi; altrimenti sta' a vedere che mi trovo il vecchio Sparrow … ci starebbe proprio la sua faccia di fianco a Norrington … ho proprio voglia di rivederlo», sussurrò poi all'albero maestro.
«Elizabeth!», gridò il governatore Swann, seguendo Norrington, «Sylvia! Ashley! Il ragazzo! Starà a voi stargli vicino, okay? Ve ne volete occupare?».
Tutte e tre annuirono decise e si avvicinarono al suo corpo. Era ancora disteso con gli occhi chiusi, e nessuna delle tre sapeva se avrebbe potuto svegliarsi; nessuna delle tre, del resto, aveva il coraggio di mettersi vicino a lui quel tanto che bastava per controllare.
Fu Elizabeth la prima a provarci. Con mano tremante, si accinse a sistemargli il ciuffo dalla fronte …
Un nemico! Un nemico! Difendi, difendi, difendi!
Will reagì d'impulso, nonostante gli costasse molto sforzo, e tirò uno schiaffo a quella che doveva per forza essere un'arma nemica, poi spalancò gli occhi, pronto a combattere. O almeno, così pensava.
E si trovò di fronte alla ragazza più carina che avesse mai visto. Aveva lunghi boccoli di un biondo scuro e un viso paffutello con piccole labbra carnose e rosate. Non sorrideva, ma non sembrava essersela presa molto per la sua reazione. «Non è niente», gli disse per tranquillizzarlo. «Il mio nome è Elizabeth Swann».
Incominciò ad ansimare. Dove sono? Avrebbe voluto chiedere. Con chi sono? Chi sei tu? Sei un pirata? Dov'è mia madre? Come sta mio padre? Hai notizie di mio padre? Che nave è questa? In che paese mi trovo? Ma con quel bel viso di fronte, sentiva che avrebbe potuto essere dovunque e in fondo non gliene sarebbe importato granché. Doveva solo risponderle. Solo risponderle. Con una certa fatica, balbettò: «W-Will Turner».
Elizabeth sorrise, e lui si sentì sciogliere dentro. O forse era il cuore che cedeva, non ne era sicuro. Però lei era così bella quando sorrideva. «Veglierò su di te, Will», promise, e gli posò una mano sul cuore.
Era una promessa così rassicurante … così bella … così tranquilla … lo avrebbe fatto, già, lo avrebbe fatto … lui sarebbe tornato … ma ora era stanco … poteva anche … riposare … ma la nave … sua madre … suo padre
Aveva perso di nuovo i sensi. Prima che Ashley andasse in escandescenze - perché quella ragazza scoppiava sempre? Non era una donna, era una bomba! - Elizabeth si affrettò a sussurrarle nell'orecchio, per non disturbare il ragazzo, il suo nome e la sua salute. Sylvia, invece, che non aveva tempo di occuparsi di tranquillizzare quella stupidina, allungò il braccio fino al collo del ragazzo, dove aveva notato una collana. Notando che quella volta lui non aveva reagito e che il suo braccio era ancora integro, la prese ed estrasse un ciondolo d'oro fuori dalla camicia a brandelli, staccando la collanina di corda dal suo collo.
Era un ciondolo molto strano, che non aveva mai visto. Era formato da tre cerchi concentrici, due dei quali erano decorati dalle molte punte di quella che sembrava una stella che partiva dalla parte centrale, e da alcuni strani simboli. Ma era la figura che sarebbe dovuta trovarsi al posto della stella che la sorprese: era un inconfondibile teschio, le orbite allungate incavate, due fessure per narici e tutta la dentatura in risalto.
Questa è roba per Elizabeth, decise all'istante.
«L'hai mai visto?», le chiese e, come aveva previsto, quella reagì all'istante, stringendolo in mano e stritolando quella di Sylvia, che era rimasta in mezzo. «E' un … pirata!», esclamò, più forte di quanto consentisse la prudenza.
Sylvia non perse tempo e si ficcò velocemente la collana in tasca, slegandola dalla presa di Elizabeth. Aveva appena finito che la voce severa di Norrington sopraggiunse alle loro spalle. Era tornato dall'esplorazione della nave, e sembrava veramente seccato di non aver scoperto niente. «Vi ha detto qualcosa?».
Tutte e tre le ragazze si voltarono. Spiando le espressioni delle altre, Sylvia notò che Ashley aveva un'espressione che avrebbe voluto essere innocente, ma si vedeva lontano un miglio che era una finzione - quella ragazza ci porterà allo sbando, davvero - mentre Elizabeth era lo specchio dell'indifferenza. Pareva che non fosse successo niente. Sylvia sperava di avere la sua stessa espressione, ma fortunatamente Norrington non guardò né lei né Ashley. Lui fissava Elizabeth.
«Il suo nome è Will Turner», rispose lei, ricambiando lo sguardo duro e impassibile. «Non ho scoperto altro».
Norrington annuì. Non che si aspettasse altro. «Sottocoperta», ordinò stancamente ai marinai che erano venuti con lui, e poi li seguì nelle cabine. Aveva proprio bisogno di una bella dormita.
Dopo essersi assicurata che non le potesse più sentire, Sylvia si diresse con Elizabeth e Ashley a poppa. Aveva restituito a Elizabeth il ciondolo e lei lo stava ancora guardando, affascinata, mentre Ashley era semplicemente infuriata.
«Come ci è finito in mano ad un gentiluomo inglese uno sporco ciondolo pirata!», sbottò, e a nulla servirono le gomitate che Sylvia cercò di mollarle perché stesse zitta - stupida oca, pensò. «Che grave mancanza di rispetto! Che insubordinazione da parte dei suoi servi! Che orribile imprudenza!».
«Sss», tentò di sussurrarle Elizabeth. «Noi non dovremmo sapere …».
«Qualcuno ha detto pirata?», sussurrò una voce beffarda alle loro spalle. «Insieme a inglese? Parola mia, dovreste controllarvi! Proprio voi, signorina Elizabeth, figlia del governatore!».
Gibbs era soddisfatto. Le aveva prese in contropiede e ora le loro bocche erano tanto perfettamente ovali dallo stupore che avrebbero potuto diventare degli stampi, proprio come si era aspettato. Sorrise ai loro visini spaventati e innocenti. «Tranquilla, non lo dirò mica a Signorino Poca-Corda Norrington. L'ultima cosa che ha bisogno per diventare commodoro è una folla di ragazzine adoranti, e che mi caschi una bottiglia di rum in testa adesso se sarò io a permetterlo!». Poi strizzò loro l'occhio. «Allora? Che avete scoperto?».
Sentì un «Ashley, idiota, la prossima volta che urli la bottiglia in testa te la becchi tu», e sorrise. Quella ragazza, chiunque fosse stata, sarebbe stata una brava pirata.
Elizabeth lo guardò negli occhi, impassibile. Era sempre così, quella ragazza: guardava negli occhi sicura, come se non avesse mai niente da nascondere, e ben pochi non si ingannavano. Non aveva paura di nessuno, lei. Non si bagnava le mutandine per un tenente troppo scontroso, lei, mica come quell'insieme di mostri marini estinti che era la ciurma della Dauntless. Ah, se Jack fosse stato lì … probabilmente avrebbe rivoltato la faccia a tutti loro e poi le avrebbe arruolate tutte e tre. O magari via quella con la fissa del vestito. «Niente di interessante, Gibbs», rispose Elizabeth seria.
Lui sorrise. «Dite quello che vi pare», e bevve un goccio di rum, «ma se la memoria non mi inganna, quello lì è un ciondolo di pirati. E non mi pare che voi ce l'abbiate da sempre, eh, Elizabeth? E a proposito, cosa ci fanno tutte queste donne a bordo?». Quasi si vergognava ad averlo detto, dato che solo due secondi prima aveva pensato che invece nella sua ciurma avrebbero fatto la sua figura.
«Se la memoria non la inganna?», ribatté seria lei, ignorando l'allusione alle donne.«Come fa lei a ricordare cos'è questo ciondolo?».
Ah-ha, piccola furbetta! «Voi avete i vostri segreti e io ho i miei, piccola», disse lui tranquillamente, anche se non era più così sicuro della sua piccola innocenza. «Credevo che le mie storie vi bastassero. E comunque …». Si interruppe all'improvviso, strizzò due volte gli occhi per assicurarsi di aver visto bene e fissò di nuovo l'orizzonte con uno scintillio negli occhi. « … per la miseria, avevo ragione!».
La Perla Nera, diamine, è la Perla Nera!
Jack è vicino! Jack sta tornando, e gliela farà vedere, a quel Norrington!
Elizabeth seguì lo sguardo di Gibbs e rimase sconcertata.
Era un'enorme nave nera, con le vele rovinate che svolazzavano al vento e una bandiera anch'essa nera sull'albero maestro.
Ah, no, non era proprio nero … c'era del bianco, là …
C'era un teschiobianco, là!
Era una nave pirata!
Quanto avrebbe desiderato conoscerne uno …
No, no, altrimenti povera la sua famiglia …
Però … almeno un pirata … in pace, di nascosto …
Will …
Elizabeth chiuse gli occhi, sperando che la nave sparisse.




*Angolino Autrice*
Beh, eccomi qui. Inizio l'ennesima storia che probabilmente non continuerò o per mancanza di lettori o perché non ho nuove idee. Comunque questa idea non mi sembrava molto malvagia, e diciamo che mentre scrivevo questo prologo mi sono venute in mente cinque o sei idee nuove da aggiungere, così possiamo dire che questa storia si farà da sola.
Lo so, era pessima come battuta, ma sono scazzata oggi. Forse perché sono irrimediabilmente single da quindici anni e ho bisogno di un fidanzato. O almeno di una bella pomiciata tra una lezione e l'altra. Una delle due. Peccato che quello che mi interessa è un puttaniere che se ne fa un sacco, e quindi quello che non capisco è: perché io no?
Datemi un paio di tette grandi. Oppure tre tette piccole montabili.
Vediamo come va questo prologo. Baci e abbracci a tutti tranne a me. Ciao.
   
 
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