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Autore: beljebers    22/05/2013    1 recensioni
Ciao a tutti, pubblico questa OneShot, perchè mi è venuta l'idea di una storia un pò strana e complicata.. NON ci sono scene di violenza, atti sessuali, volgarità neanche accennati quindi keep calm. c: Se leggete la storia lasciatemi una recensione, pensavo di scrivere ogni tanto qualche capitolo, ma solo se anche voi verrete a richiedermelo^^ Detto questo, vi invito a leggerla e recensirla c: Baci, Giulia.
Il vento soffiava molto forte, mi strinsi di più i pugni nelle tasche. Avanzai verso la macchina e mi aspettai a riincontrare il mio incubo..
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avanzai lentamente verso l’auto di mio padre, erano le 21.10 del 3 novembre, il 4 sarebbe stato il mio compleanno ma dubito che questo possa suscitare in qualcuno qualche interesse. Tirava molto vento a Trieste, e il cielo era nuvoloso. Strinsi di più i pugni dentro il mio giubbotto e affondai le labbra nella sciarpa di lana che portavo, ispirando profondamente per creare un po’ di calore tra sciarpa e labbra. Mio padre suonò il clacson, affrettai il passo, non volevo farlo arrabbiare. Non volevo procurargli più rabbia di quanta già non ne provasse per me. Lui mi odiava, continuava a ripetermi che ero uno sbaglio, una delusione, un errore da non ripetere. Non ditemi che ‘in fondo’ mi vuole bene, le menzogne a me non vengono raccontate.

Aprii la portiera della macchina e mi affrettai a sedermi e chiudere la porta, senza degnare mio padre mi uno sguardo iniziai a fissare davanti a me. Questo è ciò che succedeva da sempre, da quando ha iniziato a non pagarmi da mangiare e l’unico lusso di cui potevo godere era un tetto e un passaggio per tornare a casa da lavoro. Esatto, lavoro. Ho 17 anni e mezzo, lavoro in un bar al centro, non pagano molto ma mi basta. Dire che la mia vita fa schifo è dire decisamente poco.

“Crystayle, lui è il signor Bieber”, mi disse freddamente mio padre. Poi mise in moto.

Solo con quella frase notai che non eravamo soli, nei posti dietro c’era un ragazzo sui 21 anni, molto carino devo dire. Aveva degli occhi color miele, dei capelli biondo scuro che aveva sistemato in un ciuffo, il viso aveva lineamenti ben delineati e aveva due labbra stupende. Lui alzò lo sguardo e incontrò il mio attraverso lo specchietto retrovisore. Mi sorrise.

Non ricambiai il sorriso, sebbene quel ragazzo avesse un’aria dolce e innocua, a me metteva paura. Non aveva senso che si trovasse qui con mio padre, e mi fosse venuta a prendere al lavoro.

Il viaggio fu silenzioso, mio padre stringeva forte il volante e azzardava occhiate di disgusto verso di me, il ragazzo, Justin, continuava a scrutarmi con i suoi occhi mielati e ogni tanto azzardava qualche sorriso debole. La strada a un certo punto cambiò, invece che dirigersi verso casa mio padre imboccò una stradina di ghiaia, che portava a un grosso cancello. Il ragazzo alzò una mano e aprì il cancello con un telecomando, evidentemente eravamo a casa sua.

Aveva una casa bianca, molto grande, più che casa era una villa.

All’ingresso c’era un porticato con una porta d’ingresso verde e c’erano tante finestre grandi perfettamente pulite con delle tende bianche e gli scuri verdi come la porta.

Sembrava una di quelle ville, quelle che si vedono solo nei film.

Mio padre parcheggiò la macchina e scese, seguito dal ragazzo. Si avviarono verso il bagagliaio e tirarono fuori due, forse tre, borsoni enormi.

Allora mio padre arrivò alla mia porta, la aprì e mi fece uscire dall’auto tirandomi per un braccio.

Odiavo quei suoi modi di fare così arroganti, sobbalzai al suo tocco e lui strinse di più la presa del suo polso.

“Da adesso stai qui”, mi disse.

Il ragazzo sorrise, mio padre girò i tacchi, chiuse la portiera, entrò in macchina e se ne andò.

Io restai a guardarmi intorno, non ci credevo. Mi ha abbandonata.

Il ragazzo prese i borsoni, mi avvicinai a lui e gli offrii la mano. Erano evidentemente pesanti e magari se ero gentile fin dal primo giorno sarebbe stato gentile anche lui.

 

Andrò verso la porta e tirò fuori dalle tasche in mazzo di chiavi enorme. Con una chiave dorata aprí la porta, cercai di curiosare, lui Si girò e con un gesto mi invitò ad entrare. Io avanzai cercando di fare la sostenuta, Ma quando fui vicina a lui, lui mise una mano nella mia schiena e mi spinse dentro, non con forza.

"Questa è casa mia, ora te la mostro", mi disse.

Iniziò a camminare per la stanza con me che lo seguivo come un cagnolino.

Mi mostrò la cucina, era splendida.

A destra c'era un piano-bar in marmo bianco, uno splendido piano cottura sempre nello stile del piano-bar e tutto ciò che deve avere una cucina. Deve avere la donna delle pulizie perchè quella cucina brillava.

Poi mi portò nel salotto, al centro c'era un tavolino tutto in vetro su cui era poggiato il giornale, poi un divano bianco a lato fatto a U, strapieno di cuscini delle tonalità del beige, una televisione enorme e a lato una specie di mesola, fatta a chiocciola sui cui erano disposti i cd. Il bello di quel salotto stava, a mio parere, nel tappeto. Era nero e a prima vista sembrava una di quelli morbidissimi, anzi lo era.

Poi mi portò al piano di sopra, tralasciando la visita a due porte vicino alle scale. Evitai di fare domande.
Il bagno di sopra era fantastico, era fatto in legno e aveva una vasca, sauna e doccia con le luci e radio. Wow. E c'erano mensole in vetro ovunque, tutte occupate tranne tre. Forse quelle sarebbero state le mie..

Mi portò nelle stanze, erano uguali, avevano un armadio che doveva essere una cabina-armadio bianco e lucido, il letto era matrimoniale ma sembrava piú grande del normale e sulla destra c'era una scrivania con tv e computer e una sedia strana fatta di fili intrecciati. Il lampadario era molto bello, argentato fatto di fili.

"Ti piace?", mi chiese lui finito il giro.

"Si la casa è molto bella", lo rassicurai.

Poggiò le valigie a terra e andrò verso l'armadio aprendolo.

"Sistema le tue cose e poi raggiungimi", mi sorrise e se ne andò.

 

Sistemai in fretta le mie cose, avevo tante domande da rivolgere a quel ragazzo. La prima era piú un'affermazione che mi metteva paura. Mio papà mi aveva venduto?!

Che coglione. Ovviamente volevo sapere cosa ha avuto in cambio.

Mi cambiai indossando dei pantaloni della tuta e una canotta bianca, poi misi le ciabatte e scesi.
Era nel divano a bere una birra, letteralmente disteso. Appena mi vide mi fece cenno con la mano di sedermi affianco a lui. Io obbedí e mi distesi nel letto.

"Immagino che avrai qualche domanda..", mi disse.

"Mi leggi nel pensiero?", chiesi sorridendo.

"No, anche se sarebbe bello. Chiedi pure", mi incoraggiò a continuare.

"Perchè sono qui?", chiesi, senza fiato.

"Ti ho comprato, tuo padre aveva un conto in sospeso con me. Allora un giorno mi ha parlato di te e mi ha detto che.. beh voleva abbandonarti", disse. Mi poggiò una mano sulla guancia e iniziò a.. quello che sembrava consolarmi. Io? Io iniziai a piangere. Mio padre voleva abbandonarmi, sapevo che non mi voleva bene ma non cosí tanto.

"Ehy, tranquilla.. ora ci sono io per te..", e Si chinò per baciarmi la fronte. Che caro ragazzo. Io annuii con il capo.

"Comunque, sappi che non mi piacciono le donne indifese quindi ho deciso di saldare il patto con te", fermò la mano Sulla mia guancia e mi guardò. Aspettava una risposta.

"Non so se ringraziarti o, spaventarmi o scoppiare a piangere. Per ora grazie", gli dissi.

"Tranquilla, qui con me sei al sicuro", mi disse "ma dobbiamo mettere delle regole: intanto puoi stare solo nelle stanze della casa che ti ho mostrato, secondo sono un ragazzo che ci tiene all'ordine e pulizia e mi dedico ai lavori domestici una volta a settimana, da adesso potresti aiutarmi anche tu a farli.. per la cucina da adesso te ne occupi tu, io mangio surgelati o compro in ristoranti, fast food.. la mia non è una dieta corretta, sta a te correggerla. Dietro casa c'è una piccola casetta di legno che uso come palestra, se vuoi usarla okay ma è la mia seconda vita quindi non distruggerla. Poi, se hai bisogno di qualcosa vieni da me e non uscire da casa senza di me. Se esci con me stai vicino a me e devi obbedirmi, questione di seria sicurezza. Di notte stai in camera tua, altrimenti dormi con me, a te la scelta", e sorrise maliziosamente.. stasera avrei pianto, era sicuro. Al solo pensiero scese un'altra lacrima.

"Magari oggi stai con me, okay?", mi chiese molto dolcemente.

Io feci Si con il capo.

"Per ora non ho altre regole. Cosa vuoi fare? In televisione non c'è niente, già ti avviso", e sorrise.

"Io, dovrei lavarmi", dissi.

"Giusto, il bagno sai dovè, fai quello che devi fare poi raggiungimi in camera", feci Si con il capo e andai verso il bagno.

 

Finita la doccia, mi cambiai e feci come mi aveva detto lui e andai in camera sua. Era già disteso nel letto, aveva dei pantaloncini corti rossi e una maglietta bianca, era coperto leggermente dal piumone e aveva gli occhi chiusi.

Mi avvicinai al letto e tirai su di me le coperte. Mi girai dalla parte opposta e cercai di addormentarmi e trattenere le lacrime che stavano già cercando di uscire.

Sentii un braccio far peso sui miei fianchi, era Justin ovviamente.

Mi tirò a sè e mi strinse di piú, facendo aderire i nostri due corpi.

Ero preoccupata, io non avevo esperienza in quanto ragazzi e se qualcuno mi abbracciava sapevo solo accettare l'abbraccio, ma ovviamente non erano manjfestazioni d'affetto che ricevevo spesso.

Justin affondò le labbra nei miei capelli e ispirò soffiandomi aria calda nel collo, provocandomi i brividi.

"Crystyne, la tua non è stata una bella vita eh?", mi chiese.

"No, in effetti no", risposi.

"Voglio cercare di farti provare tutte le emozioni che hai perso, tutti i viaggi che dovevi fare, tutti gli errori e le belle esperienze. Tra una settimana andiamo al mare, okay? E poi in montagna..", lo interruppi nei suoi sogni. Io sapevo già cos'erano mare e montagna. Poi comunque, mia nonna mi aveva portato una volta.

"Io so cosa sono mare e montagna..", dissi.

"Non importa, ti farò vedere comunque cosa sono. Allora, ti va di rivivere l'infanzia che ti sei persa?", mi chiese.

"E se provassi a vivere direttamente l'adolescenza?", chiesi.

"Allora in quel caso, passiamo a un'altro tipo di divertimento", sorrise.

Mi gjrò verso di lui e mi guardó negli occhi, sorrise e avvicinò le testa alla mia.

Unendo le nostre labbra in quello che avevo sentito chiamare come un 'bacio'.





 

                              THE END.





Ciao a tutti, mi chiamo Giulia e questa è una mia nuovissima OneShot, la storia me la sono sognata xD e ho deciso di trascriverla, ora come ora non ho molta intenzione di renderla ff, sopratutto perchè ho altre storie a cui stare dietro c; anche se 'in love' è quasi finita ^^ ovviamente adesso vi chiedo gentilmente se potete passare a recensire e leggere le altre storie, ci tengo tanto *W*
mmmm spero vi piaccia questa storia, e mi piacerebbe TANTO ricevere una recensione ^^ no, più di una ;D quindi boh, vi lascio il mio indirizzo twittah http://twitter.com/xehyjuss , se mi seguite ricambio il follow, e boh.. recensite recensite recensite recensitee c; baci, Giulia

  
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