Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
Ma sono di proprietà della Marvel ©
.: Your
Face, It Haunts My Dreams :.
«Ho lasciato qui il mio blocco da
disegno?»
«A quanto sembra»
«Lo porto via con me, d’accordo?»
«D’accordo»
Il liquore è amaro sulle labbra.
Forse non dovrebbe bere, non con gli
occhi che bruciano, non con le lacrime conficcate tra le palpebre. Ordini del
medico, sapete. Bhè, non proprio del medico. Diciamo più di Pepper. E di Happy.
E Peter. E Miss Marvel. E Falcon. E Pym. E…E dannazione, hanno preso tutti una
laurea in psicologia senza dirgli niente? Dio, è irritante.
Il fatto che abbiano preso tutti una
laurea, eh, non la questione dell’alcool. Ascoltare li ha ascoltati, ma non ha
mai promesso di dar loro retta. O se lo ha fatto non lo ricorda, quindi è lo
stesso.
Anche perché non è la prima cosa che
gli capita di dimenticare da un paio di giorni a quella parte.
Ha dimenticato com’era ascoltare New York New York la mattina a
colazione, ad esempio, il caffè che sfrigola e borbotta in una moka vecchio
stile. Ha dimenticato cosa voglia dire guardare Grey’s Anatomy appollaiato sul
divano senza dover litigare per il possesso del telecomando o il perché Il Grande Gatsby sia un romanzo tanto
splendido e bello e Tony, dovresti
proprio leggerlo, sono sicuro che ti piacerebbe.
Ha iniziato a dimenticare anche
quella voce dentro la testa, la cadenza del Lower East Side che ne accarezza dolcemente
le sillabe e il sorriso accennato nello sguardo divertito.
Non gli sembra normale dimenticare
una voce dopo appena un paio di giorni, poi gli viene il dubbio che quel
fantomatico “paio di giorni” possa risalire ad una settimana quanto a due mesi
prima e la situazione, allora, si fa un pochino più chiara.
E, Cristo Santo, vorrebbe piantarsi un coltello nello stomaco e girare
la lama e sentire le viscere arroventarsi attorno alla punta bollente solo per verificare
di essere abbastanza vivo da uccidersi una volta per tutte.
«Se ho
preso tutto, allora posso anche andare»
Ma deve
mandare avanti lo S.H.I.E.L.D., ogni tanto salvare il mondo, fingere sempre che vada tutto bene. Che non ci
sia un bicchiere di liquore tra le proprie dita o le occhiaie a macchiare le
orbite già violacee, strisce rossastre sulle guance dove ha affondato le unghie
durante una sbronza più cupa delle prime e meno devastante delle seguenti.
Non è
difficile, o almeno, non lo è fino a quando non si ferma ad assaporare il pianto
della pioggia e si lascia scivolare addosso l’odore dell’asfalto bagnato,
mentre dietro le palpebre sbocciano freddi i costoni frastagliati dell’Artico e
un coro di spuma bianca si schiude a rivelare il volto segaligno di Namor.
Se non
sfoglia vecchi schizzi di grafite, la memoria non colora d’azzurro il ricordo
di un’occhiata. Se non affonda la testa nel cuscino, le narici non pizzicano di
un profumo tanto lontano da dare la nausea.
Se non si
perde in sogni vuoti come le lenzuola che lo stringono e lo richiudono e lo
soffocano, se non chiama, prega, spera un passato che non può cambiare, un’esplosione
che non può evitare, uno sparo che non può fermare, un corpo che non può più
scaldare, un corpo freddo, labbra livide, Dio,
il sangue che macchia le mani e imbratta l’anima già corrotta, un’anima che
forse, forse, quel corpo, quelle labbra, quel sangue cercavano di risanare e ci
stavano riuscendo---Il liquore è ancora amaro sulle labbra.
L’orizzonte
una lontana striscia d’arancio. Gli occhi come vetro scuro.
Va tutto
bene.
Solo, non
deve pensare.
Potrebbe
urlare, è vero. Ma non c’è più nessuno ad accogliere le sue grida.
Potrebbe
persino piangere, ma le dita che per anni hanno cancellato le sue lacrime sono
rigide e riposano intrecciate entro una bara di ghiaccio.
«Ho
dimenticato altro?»
Va tutto
bene.
Solo, non
deve ricordare.
Finché il
giorno illumina Manhattan, può illudersi di poter sopravvivere: ci penseranno
la notte ed un abbraccio fantasma a strappargli il cuore dal petto, un sussurro
di fiato ad affondare denti fetidi e marci di colpa dentro le vene, una carezza
putrida ad avvelenargli il sangue.
Il liquore
è sempre amaro sulle labbra.
La voce un’eco
appena percettibile.
«Sì, Cap.
Hai dimenticato me»
Note
Poi uno ascolta “My Immortal”, la
ricollega a “Civil War” e "Fallen Son" e questo è il risultato.
SPARATEMI