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Autore: Fabio93    24/05/2013    4 recensioni
È tardi ed è buio. Marco cammina, diretto alla fermata dell'autobus che lo riporterà a casa; è convinto di avere la notte tutta per sé e il rumore dei suoi passi come unico compagno.
Ma non è così.
Fra le ombre del crepuscolo lo attende un incontro molto speciale.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUANDO CALANO le TENEBRE



Il silenzio che avvolgeva la sera era tanto assoluto da essere quasi palpabile; Marco vi si faceva strada con le mani in tasca e la testa leggera, offrendo il viso alla brezza debole, ma gelida

Davanti a lui poteva vedere le luci della città aggrapparsi alla notte; dietro di sé, il piccolo borgo dal quale era appena uscito dormiva, quasi indistinguibile dalle altre ombre che popolavano il crepuscolo.

Fino a poco prima c'era stata gente e chiasso e risa sguaiate; aveva bevuto un po' troppo alla festa ed aveva deciso di andarsene finchè le gambe lo reggevano ancora. L'odore dell'alcol mischiato a quello del fumo gli era rimasto appiccicato addosso, ma adesso il vento lieve lo faceva sentire fresco e pulito.

Alla sua sinistra i campi spogli erano scuri come l'inchiostro; fusi con l'orizzonte invisibile apparivano tanto ampi da potercisi perdere solo a guardarli.

Ad alcuni poteva sembrare inquietante, camminare soli a quell'ora senza anima viva nei dintorni, ma a lui piaceva avere la notte tutta per sé. Gli piaceva rompere quell'innaturale silenzio col rumore dei propri passi sull'asfalto, gli piaceva la luce asettica e stentata dei lampioni, piccole isole luminose in un placido mare di tenebra.

Il mondo, dopo il tramonto, sbiadiva nell'infinito, privo di limiti e di forma: bastava solo avere il coraggio di compiere qualche passo fatidico verso l'ignoto e chissà dove si sarebbe finiti, guidati dalla voce esile del vento. Fosse stato per lui avrebbe camminato ancora per ore, fino a perdersi, ma doveva tornare a casa, dopotutto. Anche perchè era vagamente conscio che il mal di testa crescente e il leggero senso di nausea che provava, presto sarebbero diventati insopportabili.

Poteva permettersi di fare tardi, però: domani non aveva nulla in particolare da fare.

Sarebbe arrivato alla fermata, avrebbe atteso che passasse il bus notturno e si sarebbe fatto portare via di lì attraverso strade accecate da fari e lampioni altissimi, ingombre di auto che giravano ad ogni ora senza arrivare da nessuna parte.

Anche se viverci aveva i suoi lati positivi, la città era per lui un luogo privo di fascino. Comunque, si sarebbe trasferito in un qualche paesino di campagna, prima o poi.

Quelli, però, erano piani per giorni futuri, ancora nascosti dietro l'orizzonte: nulla di tutto ciò sarebbe successo quella sera.

Era così perso nei suoi pensieri che si accorse in ritardo di essersi fermato.

Perchè?

La domanda fluttuò pigramente nella sua testa, mentre lui cercava di capire cosa non andasse: c'era qualcosa di diverso in quel panorama che ormai conosceva così bene. Poi capì, era abbastanza chiaro in effetti: qualcuno era già seduto sulla panchina di metallo della fermata del bus.

Un vago senso d'inquietudine gli accarezzò la nuca: l'ombra di uno sconosciuto in un posto isolato e in piena notte.

Tuttavia la cosa lo incuriosì: non aveva quasi mai incontrato qualcuno che prendesse l'autobus a quell'ora, come invece faceva spesso lui. Riprese a camminare, con la testa che gli galleggiava sulle spalle. Sapeva di non avere nulla da temere, in ogni caso.

Dopo qualche passo capì che era una ragazza quella seduta lì: la luce del display del suo smartphone ne illuminava debolmente il viso. Quando fu a pochi metri da lei, quella alzò gli occhi dal cellulare per posarli sui suoi. Di nuovo un leggero brivido: se l'era solo immaginata, quella scintilla rossa che le aveva illuminato lo sguardo?

Forse era stato il semplice riflesso del neon arancione dei pali della luce.

Marco si sedette affianco a lei, continuando ad osservarla di soppiatto: era nello stesso tempo desideroso di rivedere quella sfumatura rossa sul suo volto, ma anche spaventato all'idea di scorgerla. Era una cosa troppo strana.

Comunque era sicuro di non aver mai visto prima la ragazza, altrimenti se la sarebbe ricordata: era bella, dalle forme morbide e con capelli scuri che le scendevano sulla spalle sottili. Era vestita con un giubbottino di pelle e dei jeans attillati che mettevano in risalto le gambe lunghe e snelle.

Si accorse di avere le mani sudate. Era inquieto e vigile, attratto e nello stesso tempo quasi spaventato dalla sconosciuta, anche se non avrebbe saputo dire perchè.

Sentiva che c'era qualcosa di particolare in quell'incontro improbabile, ma non sapeva decidere se fosse un qualcosa di sbagliato o di assolutamente perfetto: d'altra parte aveva appena incontrato una ragazza bellissima in un posto che di norma frequentava solo lui, a quell'ora.

-Scusa, per caso hai da accendere?- la voce della misteriosa compagna lo colse di sorpresa.

-Come?-

Si girò verso di lei, che lo osservava con un lieve sorriso. Aveva parlato proprio a lui.

-Hai un accendino? Volevo fumare, ma il mio è scarico- la voce di lei era un po' impastata, forse Marco non era il solo ad aver alzato un po' il gomito.

-No, mi spiace, non fumo, anche se questa sera avrò respirato abbastanza nicotina da diventare dipendente!- scherzò lui, riuscendo a strapparle una breve risata anche le la battuta non era delle migliori.

Non si era sbagliato, comunque: i suoi occhi avevano davvero una lieve tinta vermiglia, come il luccichio di un fuoco quasi spento. Anche le sue labbra erano rosse, in contrasto col viso pallido: si chiese se, baciandola, avrebbe sentito il sapore del sangue.

Un alito di vento sussurrò alla notte, leggero, impalpabile, portando con sé l'odore della terra umida dei campi.

-Anche tu aspetti il bus?- le chiese, con voce un po' incerta.

Era una domanda banale, ma non riusciva a farsi venire in mente altro. Era stregato da quegli occhi rossi e dal quel sorriso appena accennato.

La ragazza annuì; si era avvicinata un po', o era una sua impressione?

Lo sguardo di lei, il silenzio della notte, il suo cuore che batteva sempre più forte. Stavano parlando, ma non sapeva nemmeno bene di cosa.

Gli sembrava un sogno: sentiva di essere ormai parte di una catena di eventi indissolubile. Con la testa che aveva iniziato a girargli, era più che mai certo che quell'incontro non fosse casuale.

Voleva chiederle il suo nome, era sicuro che ne avesse uno dal suono esotico, ma non voleva guastare l'atmosfera. Era così bello il pensiero di quell'incontro fra due sconosciuti nel cuore della notte: un'immagine poetica! Due ombre senza volto che si sfioravano, prima che l'alba arrivasse a spazzarle via.

-Torni a casa a baldoria finita?- le chiese ancora.

-Sì, mi sono divertita parecchio oggi- il suo sguardo languido gli accarezzò il viso.

Sì, si era fatta più vicina, ancora poco e si sarebbero sfiorati.

Marco immaginò il contatto con quella pelle candida e si sentì come sull'orlo di un abisso, in preda allo stesso miscuglio di bramosia e paura che si prova prima di tuffarsi da uno scoglio molto alto.

Stava per succedere qualcosa di grosso.

-Ma ho come l'impressione che il divertimento non sia finito...- aggiunse.

Si ritrovò a baciarla. Era stupito, elettrizzato, eccitato.

Le labbra di lei era come le aveva immaginate: calde e morbide, ma non sapevano affatto di sangue.

Le passò la mano fra i capelli, le accarezzò i fianchi e la schiena, assaporandone il bacio.

Era così che le cose dovevano andare, ora ne era certo: doveva incontrarla lì, su quella panchina solitaria, fra le ombre del crepuscolo.

Lei lo stava aspettando.

Quasi non credeva alla sua fortuna: non poteva permettersi di sprecarla. Si mise la mano in tasca e andò in cerca di quello che gli serviva, sperando di non averlo dimenticato a casa proprio quella volta.

Ma ovviamente aveva tutto con sé: dopotutto era un incontro predestinato, giusto?

Sentì l'eccitazione crescere nel momento stesso in cui chiuse la mano attorno all'impugnatura del coltello.

Con un gemito di piacere le aprì la pancia, dal basso verso l'alto, superando la resistenza del giubbotto con uno strattone rapido e violento.

Sul viso di lei si dipinse un'espressione di sciocca sorpresa, poi venne il dolore, che lo distorse e lo accartocciò come un foglio di carta. Con la mano che poco prima le accarezzava i capelli la trascinò giù distesa sulla panchina e le montò sopra, continuando a tagliare e a tagliare, affondandole la mano nel ventre caldo ed appiccicoso.

La ragazza fece per urlare, ma lui le tappò la bocca con la sua, gustando il sapore della sua sofferenza e, oh sì: quella sapeva di sangue. La baciò ancora, mentre il suo corpo si dibatteva debolmente, scosso da spasmi di un dolore affilato quanto il pugnale nelle sue carni.

Quando sentì che le forze ormai la abbandonavano si staccò da lei e la fissò in quegli occhi rossi e bellissimi. Occhi rari: non ne avrebbe mai trovati altri di simili in tutta la sua vita.

Paura e disperazione lasciarono in breve il posto ad un muto sconcerto; lo sguardo di lei passò oltre il viso di Marco, a fissarsi sulle stelle lontane e fredde.

Poi più nulla.

La vita si spense dentro di lei come una scintilla che affoga nel mare. Fu uno spettacolo così bello che a Marco venne da piangere. Era quasi certo di essersi innamorato, quella volta. Ma l'amore è un sentimento effimero: appena cerchi si stringerlo si dissolve e vola via.

E così si alzò e riprese a camminare, con l'eco dei suoi passi come compagno di viaggio.

Si sentiva un po' triste: quel momento magico e puro era durato così poco! Era come se qualcosa di grandioso fosse appena andato sprecato e lui non sapesse bene cosa.

Ma non importava: aveva una lunga camminata per schiarirsi le idee. Almeno fino alla prossima fermata, più probabilmente fino a casa.

Inspirò a fondo l'aria fredda, mentre usciva dalla strada per tagliare per i campi.

In quell'oscurità placida e serena, si sentiva vivo.

 

Incredibile quanto ci abbia messo a terminare questa storia. Ne sono abbastanza soddisfatto, dopotutto, anche se penso che possa migliorare ancora...quindi, anche se spero ti sia piaciuta così com'è, sentiti libero di farmi quanche appunto se ne hai voglia. Io lo farei. Comunque, grazie per essere arrivato alla fine, spero sinceramente ne sia valsa la pena. Alla prossima!

   
 
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