Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Pulciosa    09/12/2007    4 recensioni
Voldemort è stato finalmente sconfitto, a quanto pare: tutti tentano di ricostruire la propria vita. E se persistesse in qualcuno un ricordo, che tutti ritenevano svanito per sempre? Un ricordo doloroso, e malvagio? Un ricordo vecchio otto anni nella mente della giovane Ginevra Weasley, ma fin troppo vivido e spaventoso...
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ginny si risvegliò all’improvviso.
Era in una stanza dal soffitto basso, buia, senza finestre. L’aria era pesante, e riusciva a vedere le nuvolette del proprio respiro condensato. Il pavimento dove giaceva era freddissimo, quasi una lastra di ghiaccio; fece forza per cercare di alzarsi fino a riuscire a mettersi a sedere.
Si guardò intorno, impaurita dall’assoluto silenzio che regnava in quel luogo. Non riusciva a mettere a fuoco molto, e vedeva solo delle sagome indistinte che la circondavano.
- Ma dove sono?- disse al vuoto, senza riuscire a capire. - Io conosco questo posto.-
Un fruscio la fece sobbalzare, e battere la testa contro qualcosa di duro.
Ginny non aveva mai desiderato tanto ardentemente la sua bacchetta; anche un semplice Lumus in quel momento poteva offrirle un grande aiuto. Il suo pensiero volò automaticamente a Harry, che nella sua vita aveva dovuto fronteggiare situazioni ben peggiori, senza niente che lo spingesse ad andare avanti. Quel pensiero la rassicurò, e a tentoni, cercò di individuare qualcosa che le potesse suggerire dove si trovasse. Tutto quello che riuscì a percepire furono due rialzi freddi di pietra liscia, forse marmo, di forma apparentemente uguale.
In silenzio scivolò sul pavimento, trattenendo i brividi di freddo misti a paura nel sentire quella superficie non uniforme a contatto con la sua pelle, facendo forza con le sue braccia, anche se mai si era sentita tanto debole.
La sue mani sfiorarono qualcosa di viscido, e si ritirò immediatamente. Stringeva le pupille più che poteva, augurandosi di poter intravedere qualcosa, qualunque cosa, per poter rendersi conto del pericolo.
Ogni sforzo risultò inutile: fu così che si rassegnò, sospirando debolmente, e allungò le mani di nuovo.
Questa volta non sentì niente di viscido, ma qualcosa di molto peggiore.
Una mano la aveva afferrata, una mano molle, fredda, che poteva appartenere ad un morto se non fosse stato per quella stretta poderosa e forte, che le stava stritolando le nocche.
Ginny urlò, rompendo quel silenzio infernale. Urlò con quanto fiato aveva in gola, urlò fino a sentire un peso ai polmoni, urlò e urlò ancora…


- Ginny! Ginny! Ginevra!
La mano che la stringeva era calda, e la presa era gentile, non aveva niente a che fare con quella cosa mostruosa.
Ginny, tremante, si guardò attorno spaurita, non potendo far sì che il sollievo dello svegliarsi scacciasse del tutto l’opprimente inquietudine dell’incubo. Si voltò verso Hermione, che continuava a scuoterla con dolcezza, tranquillizzandola con brevi tocchi delle sue mani gentili.
- Era un sogno, stai tranquilla. - proseguì la ragazza, sorridendole amichevolmente. I miti occhi castani scintillavano sul suo volto affaticato, il volo di una donna, nonostante i suoi scarsi diciannove anni. Hermione veniva spesso alla Tana, per aiutare la Signora Weasley nelle faccende, e a trovare Ron, ma aveva deciso di vivere con i suoi genitori, per sopperire alla loro mancanza in quei lunghi sette anni di scuola, che si era fatta quasi incolmabile durante l’ultimo periodo. Durante le brevi e frequenti visite, non mancava mai di passare qualche momento in compagnia del più giovane membro della famiglia, che al tempo di Hogwarts era una sua buona amica, per non dire l’unica. Tuttavia, durante l’Ultima Guerra, molte cose erano accadute, e la separazione sembrava aver creato alcune fratture incolmabili: Ginny non aveva mai perdonato Hermione di non averla resa partecipe della caccia agli Horcruxes, avendo dato per scontato da sempre il suo appoggio. Poteva capire suo fratello, per cui sarebbe stata sempre una bambina; poteva capire Harry, che temeva per lei; non aveva accettato il rifiuto della ragazza, seppur dettato dai migliori motivi. Si era sempre scontrata contro la razionalità di Hermione, ma l’ultima volta qualcosa si era incrinato per sempre.
- Tutto bene… Va tutto bene, Hermione.- sussurrò, dove aver lanciato uno sguardo intorno a sé: era nella sua piccola camera di sempre, con il letto addossato alla parete, sotto due scaffali pieni di cianfrusaglie. Le tendine a fiori velavano la collina che divideva la Tana da Ottery St. Catchpole ed erano appena mosse da un alito di gentile brezza estiva.
Hermione sorrise: non era insolito che qualcuno potesse ancora avere degli incubi. Anche se il pericolo dell’ascesa del Signore Oscuro era finito, non poteva biasimare nessuno che fosse ancora angosciato: lei stessa stentava ad abituarsi ad una vita normale, fuori dall’ottica del pericolo, senza ansie né timori.
Ginny si alzò dal letto, composta, non senza un filo di tensione: scuotendo la sua folta capigliatura iniziò a vestirsi, certa che dabbasso sua madre la stesse aspettando per la solita frugale colazione, come ogni estate.
- Harry e Ron sono già di sotto - spiegò Hermione, tormentandosi un ricciolo con l’indice - Mentre Bill e Fleur arriveranno nel pomeriggio, con Victorie.-
- Quella bambina sembra aver preso tutta la bellezza di Fleur, sembra proprio una Veela! Eppure il sangue dell’antenata magica dovrebbe essere molto diluito, ormai…-  ribatté Ginny, abbottonandosi una camicetta leggera a righe verticali bianche e nere.    
L’incubo sembrava ormai lontano e dimenticato, tuttavia, ripensare a quel posto buio e gelido, torturava Ginny quasi fisicamente, e non riusciva a capire la strana sensazione che la attanagliava.
Qualcosa di già visto.
Qualcosa di già sentito.
Quando?
E soprattutto, dove?
Non poté far a meno di reprimere un leggero brivido, quando la brezza estiva le sfiorò il collo, lasciato scoperto dal molle chignon in cui aveva acconciato i capelli, ricordandosi del tocco di quella stretta fredda di lei.


Il giardino dei Weasley aveva mantenuto intatto il suo fascino di piccolo angolo selvaggio d’Inghilterra, con i suoi cespugli frondosi e gli alberi nodosi e contorti. Anche il piccolo stagno paludoso accoglieva ancora la rane, il cui gracidio continuo accompagnava la silenziosa passeggiata dei due ragazzi.
Ginny non poté fare a meno di girarsi ad ammirare il profilo del ragazzo illuminato dal riverbero del tramonto: non ne aveva mai abbastanza di guardare Harry, dicendosi che finalmente era suo, soltanto suo.
Accarezzò con gli occhi la mascella volitiva, mascolina, per poi risalire lungo le guance glabre, da ragazzo; i capelli neri scendevano scomposti come sempre, indomabili ed arruffati. Gli occhiali rotondi completavano il profilo, senza riuscire a nascondere gli straordinari occhi verde bottiglia del ragazzo.
Loro due non parlavano molto, ma non in senso negativo. Harry era sempre stato timido, più che timido riservato; non amava perdersi in chiacchiere quando c’era così tanto da guardare e considerare. In quel momento le stringeva la mano debolmente, e fissava il giardino come se fosse la prima volta che lo vedesse, come se non avesse passato le estati a giocare a Quidditch con i fratelli Weasley o a cacciare gli gnomi.
Ginny, come stordita, si fermò, posandogli le braccia sulle spalle. Si alzò in punta di piedi, fino a posare un bacio sulla sua cicatrice a forma di saetta, quella cicatrice che aveva condannato tutti loro a quella vita faticosa.
- Grazie, grazie per essere vivo.
Le sue parole si persero tra il gracidio dei rospi: e mentre il sole tramontava in una nube rosea dietro alla collina, Harry Potter e Ginny Weasley si baciavano senza fretta non lontano dal capanno delle scope, mischiando le loro lacrime.
Ginny avvertì un sapore salato in bocca, e si accorse con sorpresa che anche il ragazzo stava piangendo, e mai, mai aveva visto Harry abbandonarsi al dolore così.
C’erano troppi morti tra di loro, troppe ingiustizie, e troppe parole non dette, ma tra tutto ciò che doveva essere ricostruito, il loro rapporto presentava senza dubbio meno difficoltà.
Con un sospiro si abbandonò alla presa sicura del ragazzo, lasciando che i suoi capelli solleticassero il collo di Harry, lasciando che tutta la sua fragilità venisse ottenebrata da quegli attimi in cui non pensava più a niente, niente di quello che era accaduto.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Pulciosa