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Autore: Cleindori    10/12/2007    11 recensioni
Ti chiederai la ragione di tutto questo, in fondo sono cose personali e l’ultima persona a cui dovrei aver voglia di raccontare cose personali e’ proprio colui che mi ha messo in questa situazione.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola one-shot su un personaggio che amo profondamente e per il quale ho ultimamente versato parecchie lacrime. Questa ff e' un regalo per lui, un piccolo viaggio nel suo cuore in un momento difficile. Un pensiero d'amore e null'altro. Per chi ha seguito solo l'anime in italiano potrebbe essere uno spoiler.
Mi scuso per aver lasciato indietro l'altra ff, ma la aggiornaro' prestissimo. Queste righe non mi lasciavano in pace, ho dovuto dar precedenza a loro.



Non so se leggerai questa lettera. Ad essere sincero, non so nemmeno se decidero’ di fartela avere, forse te la lascero’ nel testamento, ma a quel punto non avra’ piu’ importanza. Ti chiederai la ragione di tutto questo, in fondo sono cose personali e l’ultima persona a cui dovrei aver voglia di raccontare cose personali e’ proprio colui che mi ha messo in questa situazione. Ma io non sono normale, ma ormai te ne sarai accorto.
E’ sempre stato cosi’. Gli altri non hanno mai veramente capito cosa mi passasse per la testa. Mi seguivano, certo; mi obbedivano, naturalmente. Ma comprendermi? Forse, a volte, alcuni, i piu’ vicini… Ma sto divagando e questo non e’ da me.
La domanda che indubbiamente ti porrai e’: perche’?
Perche’… perche’, mio malgrado, ho la vaga impressione che noi ci somigliamo piu’ di quanto saremmo disposti ad ammettere.
Perche’ Hisoka, per quanto si adoperi per me, non capirebbe semplicemente quello che sto dicendo.
Perche’, grazie a te, non posso parlarne con i miei amici.
Ti sembrera’ strano, ma la cosa che mi angoscia di piu’ in tutta questa faccenda e’ l’impossibilita’ di comunicare con gli altri. Perdonami se sorrido, ma ho l’impressione di scorgere uno sguardo vagamente stupito sul tuo viso. Forse credi che io, solo perche’ sono in grado di nascondere i miei sentimenti, non ne abbia? Beh, se e’ cosi’, lascia ti dica che il tuo e’ stato un errore piuttosto grossolano, anche se non inaspettato. Succede spesso a voi, che vi autodefinite “i buoni”.
Scusa l’ironia, ma prova un momento a pensarci. So che voi, cavalieri della giustizia, vendicatori dei torti altrui, pensate di avere l’esclusiva del dolore, il monopolio della sofferenza. Vi sentite tanto forti, dietro lo scudo dei vostri principi etici, saldi, nel vostro decidere la vita o la morte di che considerate malvagio, giusti e giustificati per il vostro sano odio.
Voi avete le ragioni dietro cui nascondervi, avete la vendetta e la giustizia e la riparazione dei torti subiti, perche’ solo voi, apparentemente, ne siete stati vittime. Ma lasciatelo dire, da uno che con la morte ci ha vissuto a lungo, un omicidio e’ sempre, soltanto, un omicidio. E non fa differenza se l’hai commesso perche’ sei un criminale o perche’ sei un giustiziere, hai tolto una vita e lo spirito di quell'uomo pesera’ su di te, per sempre.
Voi non vi soffermate mai a chiedervi quali siano le ragioni di un “cattivo”, cosa ci sia nel suo cuore o dietro ai suoi occhi, quale dolore lo abbia reso quello che e’. Voi non vi domandate mai che cosa prova uno come me a uccidere, a vedere la morte, a stringere tra le braccia un compagno ferito. Credete che noi siamo piu’ o meno macchine assassine, costruite da qualche burattinaio perverso che voi avete il compito di disattivare. Non potete immaginare quanti sentimenti e quante emozioni si nascondano dietro al battito di un cuore che non cambia mai. Davvero, non potreste capire. E, non potendo capire, ci odiate, forse perche’ e’ piu’ facile, meno faticoso e vi fa sentire a posto con la coscienza. Non ridere, per favore, perche’ so benissimo cosa sia. Probabilmente ne ho una anch’io, nascosta da qualche parte al riparo da me stesso.
So che riderai di me, che mi disprezzerai per aver osato paragonarti a me, perche’ tu mi hai sempre considerato null’altro che un volgare delinquente, un assassino, un uomo crudele da eliminare. Certo, uno che con te non aveva nulla a che spartire.
Mi chiedo, talvolta, nelle lunghissime notti insonni, cosa avresti fatto se i tuoi amici non fossero stati in pericolo. Mi avresti ucciso? Lo ritengo probabile e poi ti saresti sentito tranquillo e vendicato, vero? Avresti ripreso la tua vita di ogni giorno con loro, avresti riso, mangiato, dormito, sognato, parlato incurante delle tue azioni. Almeno cosi’ credi. O forse avresti proseguito nel tuo folle intento e non ti saresti fermato fino a che l’ultimo dei miei compagni non fosse stato morto. Solo allora avresti ritenuto di aver ricevuto il giusto risarcimento, come se tutte le vite finite potessero servire come moneta di scambio per la tua gente ormai al di la’ della tua portata.
Invece non mi hai ucciso, ma forse sarebbe stato meglio morire, per me. Tu lo sapevi, per questo mi hai imposto la tua dannatissima catena, vero? Volevi punirmi per tutto il male che ritieni ti avessi fatto e volevi farmi soffrire come te, come cento volte te. Sai cosa vuol dire esser lontani, oltre ogni possibilita’, dalla propria gente vero? E’ stato una specie di sadico, beffardo contrappasso, il tuo?
Sapevi che la mia morte non era nulla, che la vera tortura era allontanarmi da coloro che amo, costringermi a rivedere all’infinito gli occhi colmi di dolore di Paku, quando le sono passato accanto ignorandola completamente, essere consapevole che la sua morte, perche’ so, che lei e’ morta, era stata a causa mia. Ma questo tu forse non lo capisci, non so. Capisci l’amore? Lo conosci, questo sentimento cosi’ profondo, cosi’ devastante, da portare le persone a dimenticare se stessi per lui? Hai urlato contro Paku, domandandole se sapeva quello che faceva, se si rendeva conto di che condizioni accettava. Lo sapeva, credimi, lo sapeva eccome. Ma credi che le importasse, purche’ io restassi in vita? Eppure questo era esattamente il contrario di quello che avevo sempre detto ai miei compagni. Ma sto ancora divagando, mi spiace.
Io sono un uomo crudele, Kurapika, un uomo crudele e un criminale, ma so piangere per coloro che amo e anche per coloro che non amo. Piango per tutte le cose orribili che ci sono e per le quali non posso far nulla, Tu sai piangere, per uno come me?Sai piangere per un bambino che ufficialmente non esiste, che vive nella discarica del mondo, i cui giochi sono rifiuti portati nella notte dai camion provenienti da York Shin? Un bambino che ha giurato con i suoi amici, su un cumulo di sporcizia, che sarebbero sempre stati insieme, come una famiglia, come una cosa sola, come… un ragno? Ne sei capace?
Tu che ti guardi allo specchio ogni mattina e vedi il volto di un giusto, come hai potuto allearti a gente come Nostrad? La mafia forse e’ meglio della Brigata? Loro sono i benefattori dell’umanita’? Eppure per la tua vendetta non hai esitato un momento a mischiarti con le peggiori persone possibili. Tu, la tua strana amica, lo spilungone sciocco. Tutti cosi’ pronti a darvi una mano, tutti cosi’ pronti a guardare morire chi ha avuto l’unica colpa di avermi voluto bene.
Non sto cercando di scusarmi, o di giustificare le ragioni per cui ho fatto sterminare la tua gente, anni fa. Non le capiresti e sinceramente non devo spiegazioni a nessuno.
Quello che sto cercando di dirti, e’ che io, a differenza di te, non cerchero’ la vendetta per Pakunoda e per Ubo, non avrebbe senso. Ci sarebbero altre morti e la cosa non finirebbe mai, come nelle storie dei libri che amo leggere, in cui i figli ereditano dai genitori null’altro che una faida iniziata secoli prima di cui tutti hanno dimenticato la causa. E’ questo che vorresti lasciare in eredita’ ai tuoi figli, Kurapika? Io no e per questo non ti uccidero’ quando avro’ di nuovo i miei poteri, ammesso che sia ancora vivo.
Gia’ perche’ il giorno che Hisoka trovera’ l’esperto e questa maledetta lama verra’ tolta dal mio cuore dovro’ combattere con lui e temo sara’ fino alla morte. Sai bene che quel ragazzo non conosce le mezze misure, ma, sinceramente, dopo averci vissuto a stretto contatto per due anni, confesso che non so se riusciro’ ad ucciderlo. In fondo ho creduto fosse un membro della Brigata e nonostante tutto gli voglio bene. Purtroppo lui non lascia alternative… uccidere, o essere uccisi. E non sono sicuro di sentirmi pronto a morire. Almeno finche’ non avro’ potuto rivedere la mia famiglia e portare a termine i desideri di coloro che amavo e che sono morti.
Tu credi nella vita dopo la morte, Kurapika? Io, si’ e forse per questo che morire non mi spaventa.
E poi ci sono sere come questa in cui fuori piove forte e nella mente rivedo quell’orrendo edificio in rovina che era il nostro quartier generale e non posso fare a meno di pensare ai miei compagni e a dove saranno adesso. Spero abbiano mantenuto la promessa e siano ancora tutti assieme. Mi mancano, ma sai, in fondo io non sono mai stato indispensabile alla Brigata. Nessuno lo e’, e’ la Brigata stessa ad essere al primo posto. Se io muoio, o sparisco, come ora, un altro fara’ le veci del capo. Molti ne hanno la stoffa. Machi, che non perde mai la calma, Shalanack, che sa sempre tante cose, Shizuku, se qualcuno le ricorda quello che dimentica. Io sono sostituibile, ma questo voi non l’avete capito. Pensavate di uccidere il ragno separandolo dalla testa, ma il ragno vive comunque.
E’ questo che volevo dirti, Kurapika, e mi spiace doverlo fare in modo cosi’ brutale: hai fallito.
Hai fallito nella tua vendetta, perche’ la Brigata, nonostante i tuoi sforzi, e’ ancora attiva. Hai fallito verso i tuoi amici, perche’ li hai trascinati in un baratro di odio che forse non avrebbero mai visto. E hai fallito come persona perche’ hai giudicato il tuo nemico prima di sapere chi era veramente dietro alla facciata crudele.
Ma adesso basta con tutte queste parole, in fondo non credo servano a molto e poi non e’ da me confidarmi con qualcuno, specialmente con qualcuno che vorrebbe vedermi sotto terra, ma fuori e’ notte e quando piove e le stelle non si vedono mi sembra di risentire le voci di quei bambini che eravamo noi a dieci anni, mentre correvamo giocando tra la sporcizia, incuranti di bagnarci, consapevoli che non c’era nessuno a casa, che ci avrebbe sgridato perche’ ci eravamo sporcati di fango. Quando piove la mente vola e in ogni goccia rivede un volto e un momento che abbiamo condiviso e questa notte le gocce hanno il volto di Ubo, che mi saluta prima di partire verso la morte e di Paku, che mi corre incontro ridendo, una sera d’autunno in cui sono tornato coperto di fango come quando ero un ragazzino. Questa sera piove e io mi sento solo.
Kuroro Lucifer

Kurapika alzo’ gli occhi dal foglio e si guardo’ intorno, soffermandosi un momento sui volti degli amici che lo osservavano preoccupati. I suoi occhi erano di un intenso color scarlatto e calde lacrime gli solcavano il viso. Incurante delle domande che leggeva negli sguardi degli altri si alzo’ di slancio e usci’ dallo scompartimento. Il corridoio era deserto e il fischio annunciava che il treno stava ripartendo. Per un momento il ragazzo ebbe l’impressione di scorgere sulla banchina della stazione un mantello scuro, bordato di pelo bianco, ma non ne fu mai davvero sicuro. Fu un attimo e poi scomparve col resto del paesaggio, dietro alla cortina di pioggia.
  
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