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Autore: OurNamesRhymeWithForever    24/05/2013    1 recensioni
Il giovane continuò a ridere. Era inebriato dal vorticare della giostra, accarezzato dal sole settembrino e coccolato dall'immagine della moglie che urlava forte verso il cielo. Importava davvero qualcosa che a spingerla a dire quelle parole fosse stato l'impeto del momento? Importava qualcosa che quella che sarebbe diventata la sua azienda stesse attraversando un momento difficile? Avrebbero avuto un figlio, insieme.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimani, per favore”.

Non posso”.

Perché?”.

Lei è qui”.

 

George si alzò dalla poltrona, più afflitto che stanco. Lanciò un'occhiata all'orologio alla parete: le lancette erano di un grigio opaco, confuso, i numeri si sovrapponevano. Si infilò gli occhiali e scosse la testa, contrariato. Aveva dormito troppo, il cimitero avrebbe chiuso in venti minuti. Indugiò di fronte all'armadio e passò la mano sull'ultima camicia che ancora conservava.

 

Non è forse divertente?”.

Oh, sì: lo è molto”.

Janet rise di gusto mentre la giostra ruotava sempre più forte, sempre più veloce.

Una bambina con un gelato in mano fece loro una linguaccia, un ragazzino li indicò alla madre. George non avrebbe mai fatto qualcosa di simile per nessun'altra. Essere il figlio del dirigente della Stainley & Co. lo obbligava a mantenere un atteggiamento contenuto e riservato in pubblico, eppure non gli dispiaceva. Gettò le braccia verso l'alto imitando la moglie e le diede un leggero bacio.

Ti amo, Janet”.

Voglio un figlio”.

Il giovane continuò a ridere. Era inebriato dal vorticare della giostra, accarezzato dal sole settembrino e coccolato dall'immagine della moglie che urlava forte verso il cielo. Importava davvero qualcosa che a spingerla a dire quelle parole fosse stato l'impeto del momento? Importava qualcosa che quella che sarebbe diventata la sua azienda stesse attraversando un momento difficile? Avrebbero avuto un figlio, insieme.

 

George chiuse gli occhi e appoggiò la guancia alla stoffa. Importava. Gli sarebbe dovuto importare anche sessant'anni prima. 

 

Per me cannella e panna. Tu cosa vuoi amore?”.

Il giovane estrasse alcuni spiccioli dalla tasca.

Cioccolato”.

Janet lo baciò un'ultima volta e si allontanò verso la gelateria.

Fu in quel momento che George la vide. Era in un angolo delle piazza, appoggiata al muro, un libro fra le mani gli occhi persi nel vuoto. Il giovane si voltò. La moglie era lontana, il suo costoso profumo non lo ricordava quasi più. Si incamminò verso la ragazza, abbastanza velocemente da soddisfare il suo desiderio di conoscerla e abbastanza lentamente da non sentirsi in colpa. Si bloccò a pochi passi da lei e iniziò a fissarla. Si impresse nella mente la sua immagine e infine, prima che potesse impedirselo, aveva riposto la fede nuziale in tasca e aveva percorso gli ultimi metri che li separavano. La ragazza continuò a fissare il vuoto, oltre il libro.

Le dispiacerebbe alzare leggermente il libro?”.

Questa volta la giovane incrociò lo sguardo del suo interlocutore, sorpresa.

Come mai?”.

Mi piacerebbe vederne il titolo e fare un commento carino sui suoi gusti in fatto di letteratura per poi invitarla a cena fuori. Qual è il suo nome?”.

Clare” rispose questa abbassando nel contempo il libro e riponendolo nella borsa ai suoi piedi.

Si fermi, non ho potuto leggere il titolo”.

Sono sicura avesse preparato qualcosa di più convincente per chiedermi di uscire a cena con lei”.

No”.

No?”.

Niente”.

Eppure mi ha fissata per almeno tre minuti”.

Spero non le sia dispiaciuto”.

Clare raccolse la sua borsa da terra e accennò un saluto.

Aspetti, la prego: cosa devo fare per convincerla a cenare insieme a me?”.

Dove mi porterebbe?”.

Al DeGaspari's”.

Clare non poté nascondere la sua sorpresa e George abbozzò un inchino.

Ho visto che usava come segnalibro il menù del ristorante e ho inteso che...”.

Il libro appartiene a mia madre così come il menù. Per quanto mi riguarda odio quel ristorante”.

George abbassò la testa e si maledisse in silenzio.

Mi dica qualcosa che l'affascina”.

Come, scusi?” chiese il ragazzo.

Qualcosa che le piace, qualsiasi cosa”.

Lei”.

Qualcos'altro”.

La vita, il colore verde, le mani abituate alla fatica e il sorriso delle scimmie”.

Clare allungò un braccio e lo passò intorno al collo del ragazzo, baciandolo nel contempo sulla guancia.

Mi piacerebbe molto uscire a cena con lei”.

Domani, alle sette. La passo a prendere io”.

La giovane prese una penna e un block notes dalla borsa e appuntò il suo indirizzo, passandolo poi a lui.

Nel caso lo volesse sapere, mi aveva già convinto da prima”.

Da quando le ho chiesto di mostrarmi il libro?”.

Da quando si è incamminato verso di me”.


 

Il vecchio sospirò prendendo la camicia e una cravatta dall'armadio; si abbassò per cercare un paio di scarpe adatte quando il portagioie di sua moglie cadde. Un paio di orecchini, due collane, un topazio rigato e un foglio bianco, la scritta “DeGaspari's, welcome to the typical Italian cuisine” appena visibile.

 

Inventò una scusa per uscire di casa, la prima che gli venne in mente. La moglie non si preoccupò, quando la lasciò stava pulendo l'argenteria fischiettando un motivetto. La serata era fresca e ancora parzialmente illuminata dal sole che tramontava. Quando giunse di fronte alla casa di Clare mancavano dieci minuti alle sette, eppure lei era seduta in giardino, lo stesso libro del giorno precedente aperto sulle ginocchia e il mento appoggiato sulle mani.

Ammetterà mai a se stessa che quel libro non le piace?” chiese George ridendo e saltando la bassa recinzione che circondava la villetta.

Clare si alzò, sorpresa, e il libro cadde sull'erba. Lo raccolse e lo ripose nella borsa prima che il ragazzo potesse scorgerne il titolo.

è in anticipo” commentò, le guance di un pallido rosso imbarazzato.

L'ho fatto perché così potremo passare più tempo assieme”.

Credevo l'avesse fatto per non inospettire troppo sua moglie”.

Anche, ma credo...”.

George si bloccò e smise di respirare. Chiuse la mano destra a pugno e si accorse con orrore della fede che premeva, malefica e vincitrice, contro il suo palmo. La ragazza lo scrutava, non arrabbiata, non delusa, forse solo rassegnata. Gli si avvicinò e prese la sua mano nelle sue, piccole e bianche. Passò un dito sulla fede, come pensierosa, mentre il ragazzo la osservava impotente.

Mi dispiace” riuscì finalmente a sussurrare “le assicuro che non era mia intenzione mentirle”.

Clare prese l'anello e iniziò a sfilarlo dal suo anulare; indugiò un secondo quando percepì George tremare, ma notando il suo sguardo d'incoraggiamento lo sfilò del tutto e lo ripose della tasca dei pantaloni del ragazzo.

Voglio passare la serata con lei, mi piace molto. Per questa sera sarà come se non fosse sposato, e domani non ci rivedremo più. Non è un pezzo d'oro con un nome ed una data a santificare il tuo matrimonio. Abbiamo quattro ore, George. Per queste quattro ore sarò sua amica, sorella, fidanzata e moglie. Domani tornerà tutto come prima. Ci è concessa una sola serata”.

Le campane della chiesa vicina suonarono.

Un matrimonio” commentò atona Clare. 

 

 

George raccolse il portagioie e si infilò la camicia, allacciandosi i bottoni con estrema lentezza. Osservò nello spoecchio l'uomo stanco, abbattuto e perso che vi si rifletteva. Aveva amato, aveva pianto e aveva perso. Si chiese se fosse possibile vincere contro la vita.

 

Quella notte si addormentarono abbracciati dopo aver fatto l'amore a lungo, e George si chiese se fosse possibile diventare ancora più felici quando si crede di aver raggiunto la massima gioia. Qual era la sua felicità? I tre anni che aveva passato con Janet? Il figlio che desideravano? Il futuro che si prospettava sorridente di fronte a loro? Oppure quella serata? Clare addormentata fra le sue braccia? Quel libro che si ostinava a voler leggere? Il modo in cui aveva riso delle sue battute? Oppure era qualcos'altro? E se in un paio di mesi avesse incontrato un'altra donna ancora che gli avrebbe fatto rivalutare il significato di “felicità”?

Clare” sussurrò all'orecchio della ragazza.

Quella aprì gli occhi.

Cos'è per te la felicità?”.

Lei sorrise e si coprì la testa col cuscino.

George, per favore...”.

è importante per me saperlo”.

Tu cosa pensi sia?”.

Non lo so”.

Per me sono otto lettere usate per descrivere un'emozione come un'altra”.

 

George si allacciò le scarpe e l'occhio gli cadde su una vecchia foto. C'erano lui, Janet e il piccolo Thomas fra di loro, i capelli ricci davanti agli occhi. Erano tutti sorridenti. Sorrisi falsi, ma sempre sorrisi.

 

Le quattro ore erano divenute una notte, la notte giorni, i giorni settimane e le settimane mesi. Passarono Natale e Pasqua, passò il compleanno di Janet e il loro anniversario di nozze, la primavera si allontanò piovigginosa e l'estate si apprestò a giungere. George e Clare non potevano più fare a meno uno dell'altra. Il matrimonio del giovane stava inesorabilmente cadendo in un baratro, Clare era ogni giorno più bella e George sempre più stanco di fingere. Janet non era stupida, eppure non poteva fare niente. Perché amava suo marito, perché credeva ancora in loro e più di tutto per la nuova vita dentro di lei. Quando George disse a Clare che sua moglie era incinta, lei lo baciò. “Non importa, cresci tuo figlio, io starò bene”. Smisero di vedersi, ma Clare aveva mentito. Non stava bene. Aveva smesso di mangiare, aveva iniziato ad assumere farmaci e tranquillanti, stava cadendo in depressione. Ricominciarono a vedersi. George non assistì al parto della moglie: aveva Clare fra le sue braccia e stava facendo di tutto per consolarla. A poco a poco il ragazzo si rese conto di avere un bisogno fisico e psichico di lei, si accorse che quella felicità che tanto bramava forse non esisteva, ma Clare era ciò che vi si avvicinava di più. Ma aveva una famiglia, una moglie e un figlio, e pochi giorni dopo il parto uscì per l'ultima volta dalla casa di Clare.


 

 

George lesse l'ora: il cimitero avrebeb chiuso in dieci minuti. Si annodò meglio la cravatta, si pulì le scarpe con uno strofinaccio e uscì di casa, un foglio in tasca.

 

Mi dispiace, vorrei le cose fossero andate in modo differente”.

Clare scosse la testa, come a dire che non importava.

Come.

Spero tu sia felice, Clare”.

Non lo sono”.

In futuro”.

Non lo sarò”.

Sapevamo sarebbe stato difficile”.

Non credevo così tanto. Promettimi che sarai un buon padre”.

Promesso. Promettimi che ti scorderai di me”.

Non posso, George”.

Non puoi o non vuoi?”.

Non posso”.

Se un giorno avrai bisogno di me sai dove potermi trovare”.

Di cosa potrei aver bisogno?”.

Di un abbraccio, di un consiglio, di qualcuno con cui sfogarti perché tuo marito si è scordato nuovamente il vostro anniversario”.

Tu non te lo saresti mai dimenticato”.

Mai”.

Anche tu puoi venire da me: quando Thomas piangerà troppo, quando brucerai la cena, quando non saprai cosa regalare a... Janet per il suo compleanno”.

è da un po' che voglio dirtelo, credo di aver finalmente capito cosa sia per me la felicità”.

Vuoi dirmelo?”.

No, lo sai già”.

George si chinò e la baciò delicatamente prendendola per mano prima di andarsene, forse per sempre.

Clare aprì la mano solo quando ormai il giovane era lontano. Nel suo palmo la fede del ragazzo brillava alla luce tremolante della candela. La prese fra le dita e sorrise, senza aver la forza di piangere. Il nome di Janet Templeton era stato cancellato, e al suo posto si leggeva “Clare Herrys, settembre 1953-per sempre”.

 

George camminava per la strada, quanto più speditamente il suo passo appesantito potesse permettergli. Una giovane ragazza lo salutò cortese. Rispose al saluto. Non si ricordava chi fosse. Un clacson suonò in lontananza, un cane abbaiò.


 

 

Era una fredda giornata invernale quando lo apprese dai giornali. Si era buttata dal ponte. Non aveva lsciato alcun biglietto. Era viva. Quello lo rassicurò. “Donna tenta il suicidio, è in gravissime condizioni”. In ospedale vi giunse trafelato, sudato e spaventato. Gli indicarono la stanza: la numero nove. Sorrise dello scherzo del destino. Gli occhi della ragazza erano chiusi, la fronte madida di sudore, il corpo martoriato. “Non sopravviverà” lo informò un medico “mi dispiace. Nessuno è ancora giunto per prendersi carico dei suoi funerali...”. “Lo farò io” rispose sicuro “lo farò io”. George si inginocchiò accanto al letto e le prese la mano.

Non morire”.

Clare non rispose.

Se ne stava andando, stava scivolando via dalle sue braccia come aveva sempre fatto, e questa volta non l'avrebbe riavuta indietro.

Per favore” mormorò tremante “non morire”.

Silenzio.

Rimase così a lungo, semplicemente fissandola. Non era forse ciò che aveva sempre fatto? Fissarla fino ad ubriacarsi di lei? Passarono una, due, tre ore. Clare aprì gli occhi, urlò. Era delirante. Tornò immobile.

Un medico entrò.

Mi scusi, sua moglie la sta cercando, ha chiesto se può raggiungerla al primo piano”.

George annuì, il medico se ne andò.

Clare mosse le labbra. Le socchiuse appena, con tutta la fatica che si può provare nel parlare morenti.

Rimani, per favore”.

Non posso”.

Perché?”.

Lei è qui”.

George le baciò una mano.

Mi dispiace, Clare”.

Si allontanò dal suo letto e uscì dalla stanza senza voltarsi. Poco dopo la ragazza spirò.


 

 

George su fermò e comprò un mazzo di fiori.

Per sua moglie?” chiese il fioraio.

Il vecchio annuì.

Una donna meravigliosa, mi manca molto”.

George sorrise e pagò. Percorse l'ultimo tratto verso il cimitero e giuntovi di fronte estrasse dalla tasca il biglietto consumato.

 

Cara,

avrei voluto amarti di più. Avrei voluto aver dedicato più tempo al nostro matrimonio. Avrei voluto che l'increscioso incidente di percorso che ci ha allontanati non fosse mai capitato. Sono passati tre anni eppure mi manchi ancora. Spero ti raggiungerti presto.

Tuo George.

 

L'avrebbe lasciato alla tomba della moglie, come faceva ogni mese. Voltò il biglietto per ripiegarlo e impallidì. “DeGaspari's”. Quel nome lo osservava, sembrava volerlo giudicare, burlarsi di lui. Aveva scritto un pensiero alla moglie usando tutto ciò che gli rimanesse di Clare. Il nome del ristorante sembrò deformarsi e assumere le sembianze di un terribile clown con la bocca spalancata che rideva, rideva e rideva. Del suo destino, di lui in sé. George tremò e provò ribrezzo verso se stesso. “Increscioso incidente” ciò che più aveva amato. Il vecchio gettò fiori e biglietto nel cestino ed entrò nel cimitero.

Signore, chiudiamo i cancelli fra tre minuti, forse...”.

La prego, è importante”.

Ma...”.

Un minuto, una sola tomba, la supplico”.

Il guardiano si arrese e annuì.

George si incamminò per il cimitero, sicuro della sua scelta come non lo era mai stato. Il sole tiepido, l'aria leggera, una statua di angelo che lo osservava severa: non notò niente. La ghiaia sotto i suoi piedi scricchiolava, una singola tortora cantava. Accarezzò distrattamente una lapide, versò una singola lacrima e infine giunse alla tomba che cercava. Si inginocchiò a terra e pianse, pianse a lungo, e quando finì tutte le lacrime che credeva di possedere pianse ancora. Si sdraiò sulla tomba e abbracciò la lapide, baciando la foto della morta.

Sentì in lontananza la voce del guardiano che lo chiamava, ma non se ne curò.

Fu in quel momento che un pensiero terribile lo colpì.

Sessant'anni prima, quella sera di settembre, quella sera che ancora ricordava, la prima sera che aveva passato con Clare, aveva sentito delle campane. “Di un matrimonio” aveva detto Clare. In quell'istante lo colpì l'orribile, spaventosa idea che si fosse sbagliata, e in pochi secondi ne su certo. Non erano campane a festa per un matrimonio. Erano campane di un funerale.

 

N.d.A.: sono abbastanza soddisfatta di questa OS, nel senso che mi ha tenuta impegnata per tre ore piene ma il risultato generale, considerando che quando l'ho iniziata sarebbe dovuta finire in maniera completamente diversa, non mi dispiace. Come al solito le recensioni, soprattutto se negative, sono ben accette. Scriverne una costa cinque minuti e mi potrebbe aiutare a migliorare. 


 

  
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