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Autore: J C Jasper    24/05/2013    0 recensioni
I mannari sono tornati a Riddem.
Un analisi della parte selvaggia e oscura dell'anima trattata in chiave epic-fantasy sostenuta da una narrazione avvincente e articolata
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gadriel sfogliava le pagine con molta cura, facendo attenzione a non strappare la sottile e ingiallita carta.

Il dorso del tomo, di cuoio color porpora gli aveva sempre dato una sensazione di sicurezza.

Gli faceva pensare a suo padre, al giorno in cui gli era stata data la notizia, a quanto aveva pianto.

Appoggiò il diario sull’erba, vicino a se.

Vi appoggiò sopra una mano e si distese sull’erba, era stanco, stanco dentro, la vita passava monotona, a quei momenti estivi, se pur carichi di gioia e spensierata serenità, mancava qualche dettaglio, da qualche tempo una voglia rodeva dentro di lui, voglia di combattere.

Con una smorfia sul viso cercò di non pensare a discorsi che varcarono a tempo passato la soglia della sua mente.

Alzò lo sguardo alla volta stellata, quei minuscoli puntini luminosi parevano ardere a molta distanza, ma lui li sentiva vicini a fargli compagnia.

Il suono della foresta echeggiava alle sue spalle.

Scettico sui suoi stessi sentimenti, così contrastanti e misteriosi, come avvolti da una sottile e impenetrabile coltre di fumo che celava la voce che aveva sempre sentito dentro.

La sua mano scivolo lungo le vesti da caccia e afferrò con decisione la fredda elsa del pugnale che portava sempre con se.

Lo sguainò.

Lo stridore metallico gli provocò un pungente dolore nelle  orecchie che gli parvero ovattate dalla lunga dormita, il breve fastidio scomparve dopo poco, scorrevole come acqua in un ruscello.

Si specchiò nella lama poco affilata che presentava segni e ossidazioni provocate dal persistente utilizzo.

Quella lama, regalatagli dal padre per il suo dodicesimo compleanno, lo aveva accompagnato in tutte le sue avventure, che ora gli scorrevano nella mente inamovibili dai suoi ricordi più profondi, a cui aveva sempre attinto nei momenti di bisogno o di tristezza.

La fresca brezza tipica delle notti estive si mosse fra i fili d’erba della colina, fino a risalirgli la schiena dandogli una sensazione di etereo piacere.

Con strani giochi di luci e ombre come legna scalpitante in un camino le lucciole danzavano all’unisono e gli ronzavano attorno, creando un atmosfera magica da cui non si sarebbe facilmente separato.

Mentre le palpebre si chiudevano lentamente, la sua mente venne pervasa da una dolce nenia.

Tutto si fece sfocato, le luci si tramutarono in ombre e la sua mente scivolò addietro ove aveva vissuto mentre i pensieri si dimenavano per riuscire a raggiungere la luce.

Un dolce tepore lo avvolse come nelle mattine di metà primavera.

Sospirò esausto.

Poi fu silenzio.

Rotto dal canto degli uccelli sempre vispi.

Le nebbie lo presero, cullato dalle onde del mare e dalla neve dei monti il suo ultimo pensiero si levò leggiadro verso il cielo d’estate, mentre il suo mortale corpo, segnato dagli anni e dagli avvenimenti restò, gloria del passato, leggenda nei cuori dei sopravvissuti, conosciuto come colui che riuscì a trattenere il mostro dentro di se.

Il coltello, conficcato nel suo petto, scintillava alla luce dell’alba, 

sangue di lupo.

  
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