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Autore: Deilantha    25/05/2013    3 recensioni
"Io e Trisha siamo nate insieme.
Sin da quando ho memoria, ricordo di aver condiviso con mia sorella tutte le emozioni vissute da entrambe, anche nel caso che fossimo distanti e in due luoghi differenti.
Se lei soffriva, io soffrivo; se io ridevo, lei rideva; se lei si sbucciava un ginocchio, io piangevo dal dolore, se un dente mi faceva male, lei doveva prendere un analgesico.
Penserete che sia assurdo, che non sia possibile una cosa del genere; ebbene quello era niente rispetto a ciò che dovemmo affrontare e che forse vi farà ricredere, così come accadde a chi fu testimone degli eventi."

[Racconto scritto per il contest "Racconti sotto la Luna" - luna misteriosa, indetto dal forum Inchiostro DiVerso]
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Racconti sotto la Luna

Contest a partecipazione libera indetto dal forum Inchiostro DiVerso

Primo quarto - Narrativa del mistero



Io e Trisha siamo nate insieme.

Siamo gemelle omozigote, il che vuol dire che prima di dividerci in due esseri separati, il nostro DNA apparteneva ad un unico ovulo fecondato, un unico essere vivente in formazione.

Essere che per un capriccio della natura, è stato diviso in due corpi, quattro braccia, due cervelli, due cuori... ma un'unica e sola anima.

La mia potrebbe essere filosofia spicciola, con quest'uso di parole già sentite, già usate, ma per noi due è sempre stato un concetto più che valido: sin da quando ho memoria, ricordo di aver condiviso con mia sorella tutte le emozioni vissute da entrambe, anche nel caso che fossimo distanti e in due luoghi differenti.

Se lei soffriva, io soffrivo; se io ridevo, lei rideva; se lei si sbucciava un ginocchio, io piangevo dal dolore, se un dente mi faceva male, lei doveva prendere un analgesico.

Penserete che sia assurdo, che non sia possibile una cosa del genere; ebbene quello era niente rispetto a ciò che dovemmo affrontare e che forse vi farà ricredere, così come accadde a chi fu testimone degli eventi.

Avevamo quindici anni quando tutto accadde: quel pomeriggio ero in casa a studiare, mentre Trisha tornava con mio padre dall'appuntamento pomeridiano con il tennis. Di solito ci andavamo insieme, come ogni cosa che riguardava le nostre vite: ci dirigevamo tre volte a settimana verso quell’ora di sport che tanto amavamo, che ci metteva in competizione, ma che riusciva anche a farci sentire una squadra, anche se quest’ultima non era una sensazione a noi estranea.

Io e Trisha eravamo sempre una squadra, o forse eravamo di più.

Forse eravamo solo destinate a fare tutto insieme. O quasi tutto.

Erano poche le cose che non piacevano ad entrambe e il tennis non era un’eccezione: a volte ci vedevamo come due provette eredi delle sorelle Williams e ridevamo pensando alla difficoltà che avrebbero avuto pubblico e giornalisti nel riconoscerci!

Quel giorno però, decisi di restare a casa, in vista dell'interrogazione di matematica.

Tra quelle poche cose che ci dividevano c'era proprio quella materia.

Trisha non aveva problemi, mentre io faticavo a capirla: mia sorella mi aveva aiutato spesso a comprenderla ma, se spiegato da lei tutto sembrava chiaro e semplice, appena restavo sola con gli odiati numeri, tornavo a cadere nel vortice nebuloso dell’incomprensibilità. Per cui decisi di tentare da sola: avrei dovuto affrontare di petto quella mia incompatibilità, senza l’aiuto di mia sorella, che si rivelava del tutto inutile. Senza contare che mi sentivo terribilmente in colpa sapendo che Trisha stava perdendo gli allenamenti a causa della mia incapacità: per quanto potessi sentirmi in competizione con lei, per quanto mi sentissi in diritto di fare ogni cosa insieme a lei, non avrei mai permesso che perdesse qualcosa a cui teneva per colpa di carenze mie. Così, seppure a malincuore, Trisha si convinse ad andare all’allenamento senza di me.

Quell'appuntamento pomeridiano terminava alle cinque del pomeriggio ed entro mezz’ora d’auto, rientravamo a casa, dato che il campo da gioco non era molto distante da dove abitavamo. Ma quella volta, quando ancora mancava un quarto d'ora per il ritorno di mio padre e mia sorella, un improvviso terrore mi bloccò, facendomi sudare freddo, e seppi che qualcosa era capitato a Trisha.

Passò mezz'ora prima che la polizia ci avvisasse che metà della mia famiglia era stata vittima di un incidente d'auto e che se mio padre se l'era cavata con qualche graffio, mia sorella era in grave pericolo di vita.

Io e mia madre giungemmo trafelate all'ospedale, ricongiungendoci subito con mio padre, e in breve i medici ci diedero la loro sentenza: Trisha era in coma.

Incapace di credere che mia sorella non si sarebbe più svegliata, le restai accanto tutto il tempo possibile quel pomeriggio, rifiutandomi di separarmi da quell'altra metà di me stessa, finché con la forza, riuscirono a dividerci.

Ma la distanza tra noi non fu di lunga durata: appena mi addormentai quella notte, nel letto che condividevamo da quando eravamo nate, la sognai.

Forse era più giusto dire che fui invitata da lei ad entrare nel luogo in cui si trovava, poiché faticai per trovarla, dispersa com’ero in quella vastità di luce, con solo la sua voce a farmi da guida, quella voce uguale alla mia, che sembrava solo una semplice eco.

Ma quando la ritrovai, strinsi mia sorella a me, felice di poter rivedere il suo - il nostro - sorriso e di poterle parlare di nuovo.

«Non essere in pensiero per me, Tess, io sto bene, mi sento in pace qui.»

«No Trisha, tu devi tornare! Questo luogo non è casa tua, qui non c'è la nostra famiglia, non ci sono io

«Non è vero Tess, tu ora sei qui.»

«Ma quando mi sveglierò resterai sola di nuovo, io resterò sola di nuovo!»

«Allora torna a dormire e mi ritroverai.», mi disse in tutta calma, sorridendo serena.

E aveva ragione.

Mi bastava addormentarmi per tornare con lei, per essere di nuovo in sua compagnia, com'era sempre stato.

Di colpo, la notte diventò il momento della giornata che preferivo. Andavo a trovarla spesso in ospedale, ma in quel frangente per noi comunicare era del tutto impossibile: Trisha non rispondeva alla mia voce, non reagiva alle mie parole, e in fondo, sapevo che continuare ad averla nei miei sogni, poteva significare solo che le sue condizioni non stavano migliorando.

E infatti non migliorarono.

Accadde esattamente il contrario.

Dopo un paio di settimane in stato vegetativo, le sue condizioni fisiche mutarono verso il peggio ed io lo seppi prima di tutti.

Una notte, mentre eravamo intente nella nostra solita chiacchierata onirica, di colpo Trisha spalancò gli occhi e si premette un fianco, dolorante: quasi contemporaneamente mi svegliai, preda dello stesso bruciante dolore e in preda alla sofferenza, svegliai i miei genitori.

Mi portarono al pronto soccorso e fui visitata immediatamente: la diagnosi fu che all'improvviso, senza una spiegazione medica,  il mio rene destro aveva smesso di funzionare.

«Andate da Trisha, andate a controllare; sta male!»,  urlai ai miei genitori tra un'analisi e l'altra e loro si precipitarono nel reparto di terapia intensiva, consapevoli che i miei presagi sulle condizioni di mia sorella, non potevano essere ignorati.

Quando tornarono da me, non mi stupii nel sentire che Trisha aveva avuto delle complicazioni renali e che il suo rene destro aveva smesso di funzionare.

I medici decisero di ricoverarmi per tenermi sotto osservazione e i nostri genitori, da quella notte si divisero il compito di sentinella per monitorare lo stato di salute di entrambe le loro figlie.

Quando riuscii a dormire in quel letto d'ospedale, la presenza di Trisha nel mio sogno si fece più forte e palpabile e la comune sofferenza rafforzò il nostro legame.

«Che sta succedendo, Tess?»

«Stai peggiorando, Trisha, ed io sto seguendo la tua stessa sorte.»

«Oh, no! No, non voglio che tu muoia! Non voglio morire!»

Strinsi una delle sue mani nella mia, e le feci forza: «Non morirò, e non lo farai nemmeno tu!»

«Ma cosa possiamo fare? C’è un modo per migliorare?», mia sorella era del tutto spaventata e il suo sguardo mi chiedeva di darle una speranza, richiesta che m’imposi di esaudire seduta stante.

«Abbiamo la volontà Trisha, la volontà di vivere. Con quella potremo farcela e ti giuro che torneremo entrambe da mamma e papà!»

«Ma… come? Come possiamo farlo, se stiamo sempre peggio?»

«Dobbiamo lottare. Non dobbiamo arrenderci a questa bianca nullità, non dobbiamo pensare di essere stanche di soffrire.»

«Io non so se ce la faccio…»

«Certo che ce la fai, hai la forza per farlo ed io sarò con te. Dobbiamo essere in due a volerlo Trisha, perché da sola non posso farcela. Ma se sarai determinata a guarire anche tu, riusciremo a tornare da mamma e papà, riuscirò a portarti via da qui!»

La guardai con fermezza e mia sorella sembrò prendere forza dal mio sguardo deciso.

«Hai ragione, devo essere forte, altrimenti ci rimetterai la vita anche tu! Ce la faremo Tess, ti prometto che lotterò fino alla fine per sopravvivere!»

Da quella sera, iniziai a sentire tutte le cure che era costretta a subire; le mie braccia furono attaccate doppiamente alla flebo, il mio corpo fu duplicemente monitorato, e fui consapevole che nonostante quella condizione di morte apparente, anche Trisha sentiva doppiamente la terapia medica a cui ci stavano sottoponendo.

Le mie braccia iniziarono a coprirsi di lividi anche dove non erano passati gli aghi delle flebo, e quando mia sorella aveva crisi respiratorie, i medici erano costretti ad intervenire anche su di me, che annaspavo sentendomi mancare l'aria.

Ma nonostante quel peggioramento continuo, ogni volta che mi addormentavo e rivedevo Trisha, la ritrovavo sempre più determinata a salvarci e a ricongiungerci ai nostri genitori.

«Ce la faremo Tess, io tornerò, non voglio più stare qui, nel bianco del nulla!»

Mi strinse forte le mani e mi guardò con serenità, mentre osservai il suo viso riflettersi nel mio. La ricambiai con lo stesso sguardo determinato e comprendemmo che era giunta l’ora di sfidare la sorte in quel preciso istante.

Mano nella mano, ci facemmo forza, concentrandoci sulla nostra volontà di vivere e dopo una lotta di sei ore, in bilico tra la vita e la morte, riuscimmo entrambe a riaprire gli occhi.

 

 

Sono trascorsi dieci anni da allora: Trisha ed io siamo vive, siamo tornate a casa.

Ma nessuna delle due parla più.

Ci è stato chiesto un pedaggio per tornare entrambe alla vita e sembra che il rene non sia bastato: senza alcuna spiegazione scientifica, le nostre corde vocali hanno smesso di vibrare.

I medici non riuscirono a dare una motivazione a tutto ciò che ci accadde, dissero che non c'era alcun fondamento medico nella mia "malattia" e nella nostra guarigione congiunta.

A me poco importa. Io ho la mia verità, quella che ritrovo ogni volta in cui percepisco l'umore di Trisha, o quando sento che ha urtato lo spigolo di una porta - disattenzione che porterà ad un livido viola sul suo braccio e ad un'ombra scura sul mio - e soprattutto, quando i nostri sguardi, con la stessa espressione, la stessa forma degli occhi e la stessa luminosità, s'incontrano e si dicono che tutto va bene, perché la nostra anima e lì con entrambe.









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NDA
Ave gente! Questo breve racconto è stato ideato per la partecipazione al contest Racconti sotto la Luna del mese di Gennaio, che chiedeva ai partecipanti di cimentarsi con un brano che raccontasse di un mistero. Avevo iniziato a cercare quache mistero famoso nella storia, ma poi, la mia sempre viva attrazione per il legame speciale che esiste tra gemelli, mi ha dato l'ispirazione, ed eccoci qua. È un racconto senza pretese, ma che nasce da esperienze indirette che ho ascoltato personalmente, e che chiunque abbia avuto a che fare con gemelli omozigoti conoscerà bene. Il legame che c'è tra questi fratelli speciali è unico al mondo, e ho voluto intrecciarlo ed estremizzarlo,  attraverso altri misteri come quello della vita dopo la morte. Spero che il lavoro che ne è scaturito, sia stato di vostro gradimento. ^ ^
Il racconto non ha raggiunto la vetta, ma ha ricevuto un soddisfacente gradimento, e se per caso voleste leggere gli altri brani partecipanti, potete farlo QUI.

Ovviamente, ringrazio già a priori chiunque si fermerà a leggere e a chi apprezzerà.  E se per caso voleste lasciare un commento, ne sarei lieta. ^_^
Thank you so much <3


   
 
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