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Autore: Rubysage    15/07/2003    8 recensioni
La vecchia "Scene da un ristorante italiano", con qualche piccola modifica (da Sage che ha cambiato nick)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SCENE DA UN RISTORANTE ITALIANO

SCENE DA UN RISTORANTE ITALIANO

 

 

Julian rimane per qualche minuto fermo davanti all’ingresso del ristorante, indeciso se entrare o no.

Sorride osservando la vernice scrostata dell’insegna, sa che “Rubini” è il più vecchio locale della città, l’unico che resiste da oltre quarant’anni accanto a bar, fast-food e ristorantini macrobiotici e alternativi che aprono e chiudono in continuazione, e ormai costituisce un vero punto di riferimento per chiunque.

Ma questa sera Julian non va da “Rubini” solo per gustarsi i soliti manicaretti che tutte le settimane gli prepara il bravissimo Giacomo, ma per un motivo che per lui è molto più importante. E’ per questo che ancora non sa se aprire la porta o scappare a gambe levate, e resta lì, sotto la luce dei lampioni, a riflettere, mentre la neve inizia a cadere in grossi fiocchi sul suo elegante cappotto grigio.

Il freddo della fine di Dicembre lo fa optare per la prima soluzione. Entrando nel ristorante viene avvolto da un senso di calore e famigliarità che da anni non prova più nemmeno a casa propria, mentre un vecchio disco di Billie Holiday copre l’assordante rumore della strada affollata che Julian si è ormai lasciato alle spalle chiudendo la porta a vetri. Gli è sempre piaciuto il jazz; lo trova molto rilassante soprattutto dopo una lunga giornata di lavoro al termine della quale torna a casa sapendo di non trovarvi nessuno ad aspettarlo se non il suo cane.

«Buonasera, dottor Ross» dice l’anziano cameriere, impeccabile nella sua divisa nera, andandogli incontro sorridendo «Fa piuttosto freddo oggi; ho pensato che fosse meglio riservarle il tavolo all’angolo, visto che è in una zona un po’ più riparata, anziché accanto alla vetrata come al solito.»

«Ha fatto benissimo, Guido.» risponde Julian «La ringrazio. E’ sempre molto gentile.»

«Si accomodi pure, allora.» dice il cameriere invitando Julian a farsi strada tra i tavoli.

«Ha avuto una buona giornata?» domanda Guido scostando la sedia con estrema cortesia per permettere al giovane di sedersi.

«Oh, niente di particolare. Qualche vaccinazione, una frattura e i soliti proprietari ipocondriaci convinti che il loro cane o gatto o canarino sia affetto da chissà quale terribile malattia. Non è mai facile spiegargli che in realtà quello che vedono nei loro animali non è altro che il riflesso di quello che sono loro ad avere…o a credere di avere.»

«Uno psicologo guadagnerebbe una fortuna se solo passasse un’ora al giorno nella sala d’attesa di un veterinario.» dice Guido.

«E risparmierebbe notevoli seccature al veterinario in questione!» esclama Julian sospirando «A proposito, come stanno i cuccioli di Lillie?»

«Oh, sono la gioia di mia moglie! Quel cesareo è stato davvero provvidenziale. Non la ringrazieremo mai abbastanza!»

«Beh, quella meravigliosa torta alle nocciole e il liquore alla cannella che mi avete portato sono stati più che sufficienti! Li ho fatti assaggiare ai miei genitori, quando sono venuti a trovarmi, e anche loro li hanno trovati favolosi.»

«Mi fa molto piacere. Ma si ricordi che quello è un liquore speciale…per occasioni speciali!» aggiunge Guido strizzando l’occhio al giovane zooiatra. «Comunque quando l’avrà finito me lo dica immediatamente. Ne abbiamo conservate altre tre bottiglie solo per lei.»

Julian sorride. Non può bere alcolici, ma non gli va di offendere con un rifiuto il vecchio cameriere che lo conosce sin da ragazzino, quando era una promessa del calcio giovanile. Una promessa mai mantenuta a causa del suo cuore malato, un cuore poi spezzato alcuni anni dopo il definitivo ritiro dall’attività agonistica.

«Può farmi ancora una cortesia, Guido?» dice Julian scacciando momentaneamente i ricordi che continuano a tormentarlo «Potrebbe apparecchiare per due…e portare dei fiori? Aspetto una signora.»

Guido risponde di sì correndo via, sperando in cuor suo che questa volta Julian possa definitivamente sconfiggere la sua solitudine di trentenne.

Mentre aspetta il ritorno di Guido, Julian si guarda intorno come se fosse ancora la prima volta in cui mette piede da “Rubini”. C’è poca gente stasera, sette persone in tutto, e Julian è l’unico senza compagnia.

Osservando una coppia seduta ad un tavolo poco distante, il suo sguardo ricade sulla donna. Il suo accompagnatore ha la testa china sul piatto e non ha ancora aperto bocca se non per introdurvi la forchetta. Lei ha un’aria malinconica e rassegnata, ma quando i suoi occhi incrociano quelli di Julian improvvisamente si illuminano e la sua bocca si allarga in un sorriso speranzoso, cercando un qualsiasi segno di complicità da parte del giovane. Julian, imbarazzato, ricambia con un sorriso affrettato e sposta lo sguardo altrove. Sa benissimo che l’illusione è svanita e l’espressione di lei tornerà come prima, però con una punta di delusione in più.

Quanta gente sola che resta sola, si dice Julian mentre Guido, rapido e silenzioso, apparecchia la tavola e vi mette al centro un piccolo vaso dal collo lungo e sottile, contenente una rosa bianca. E’ inutile cercarsi finte compagnie che si trasformeranno in relazioni sbagliate, tuffarsi nel lavoro o sperimentare nuovi stili di vita alternativa quando la sera, appena ti sei chiuso la porta di casa alle spalle, sei costretto a fare i conti con il vuoto che ti logora dentro e sai che non hai nessuno che ti aiuti a scacciarlo.

Un colpo d’aria fredda e una figura conosciuta che gli viene incontro a testa china lo riportano alla realtà. Il cuore comincia a battergli rapidamente come una volta, man mano lei si avvicina. E’ bella come sempre, anche se il trucco piuttosto appariscente lascia in evidenza un’espressione che Julian non riesce a capire.

«Ciao, Julian. Spero di non essere troppo in ritardo.»

«Oh, no, assolutamente, Amy. Vieni, siediti pure.» farfuglia lui, emozionato, osservando l’aria seria e imbarazzata della giovane donna.

Amy si mette a sedere e si ravviva i capelli evitando di incrociare lo sguardo di Julian.

«Ti piace questo posto?» dice lui, tentando di spezzare il ghiaccio.

«Molto» risponde lei sfogliando il menu «Ci passo spessissimo davanti ma è la prima volta che ci entro. Davvero molto elegante. E tu ci vieni spesso?»

«Quasi tutti i venerdì, dopo il lavoro. Ormai sono un ospite abituale; Guido mi conosce e mi riserva sempre lo stesso tavolo.»

«Un tavolo per due, immagino.» dice Amy, sempre con voce spenta.

«Per uno.» risponde Julian. Amy tace e inizia a tormentarsi un orecchino.

Julian sospira. «Ma ero qui ogni settimana con i miei genitori fino a quando ho cominciato l’università. Anche ora ci torniamo ogni tanto, quando vengono a trovarmi. Quando giocavo a calcio festeggiavamo sempre ogni vittoria con una bella cenetta, noi tre da soli…»

«Sì, questo me lo ricordo.»

«…e anche ogni sconfitta. Tutte le occasioni erano buone per festeggiare. Che fossi ancora vivo dopo ogni partita, forse.»

«Ti stai commiserando?»

«Sai benissimo che non l’ho mai fatto.»

L’intervento discreto di Guido salva momentaneamente la situazione.

«Desiderate ordinare?»

«Per me una zuppa di pesce con crostini, per favore.» dice Amy chiudendo il menu.

«Per lei branzino alla griglia come al solito, dottore?»

«Sì, grazie, Guido.»

«Cosa posso portarvi da bere?»

«Io vorrei del vino rosso» dice Amy «Se a te va bene…» dice poi rivolgendosi a Julian.

«Posso suggerire dell’ottimo bianco del Reno che si sposerebbe di più con…»

«Va bene il rosso, Guido» dice Julian annuendo con decisione senza spostare gli occhi da quelli di Amy che ora lo fissano intensamente, quasi con atteggiamento di sfida «E dell’acqua naturale, per favore.»

«Come preferite. Vi porto subito gli antipasti della casa.» dice Guido allontanandosi velocemente.

«Penso che stia ancora rabbrividendo per il nostro accostamento…» sussurra Julian sporgendosi verso Amy «Guido è uno di quei maître vecchia maniera…»

Amy sorride vedendo che l’espressione di Julian è ancora quella dolce e vivace che l’aveva fatta innamorare di lui e lascia crollare un po’ del muro di imbarazzo e diffidenza che aveva costruito.

«Quindi lo conosci da molto.»

«Guido? Da sempre. Era lui che cucinava, prima di passare il testimone a suo figlio Giacomo. Ora che ha la sua bella età si limita a servire i clienti più affezionati e a decidere il menu, ma un tempo faceva di tutto. Ad ogni modo è sempre lui a prendere le decisioni su quanto riguarda il ristorante. Pensa che è rimasto esattamente uguale da quando suo padre l’aveva aperto, quarant’anni fa.»

«E’ davvero molto accogliente.»

«Sì, ci si sente a casa. Mi piace venire qui, tutte le volte mi fermo a chiacchierare un po’…»

La conversazione viene interrotta dall’arrivo di Guido, che deposita sul tavolo due piatti contenenti degli stuzzichini davvero sfiziosi e subito se ne va augurando alla coppia buon appetito.

«Come mai tu non hai i crostini al salmone?» domanda Amy dopo aver rivolto un’occhiata al piatto di Julian.

«Non li posso mangiare» risponde il giovane con tranquillità «Dopo l’ultimo intervento i medici mi hanno raccomandato una dieta ferrea…o quasi. Guido ormai sa cosa può servirmi.»

Amy ritorna seria.

«Quando ti hanno operato?»

«Più o meno un anno fa. A dire il vero pensavo che l’impianto di un pace-maker fosse più complicato.»

«Ti sei ripreso in fretta?»

«Beh, ho dovuto rimanere in ospedale per qualche settimana, ma quando sono uscito ho potuto ricominciare a lavorare quasi subito.»

Amy, sempre tenendo gli occhi bassi, addenta una polpetta.

«Speravo che venissi a trovarmi, in ospedale» azzarda Julian.

«Mi dispiace, non sapevo del tuo ricovero.»

«Già, che stupido. Scusa.»

Altro attimo di silenzio.

«E il tuo lavoro come va?» dice Amy pulendosi la bocca con il tovagliolo.

«Non posso lamentarmi. La clientela non è numerosissima, ma ho aperto il mio ambulatorio da poco… Ogni tanto collaboro con l’istituto di clinica medica dell’università di Tokyo, dove ho fatto tre anni di dottorato, e questo mi dà parecchie soddisfazioni.»

Amy si lascia andare ad una risatina.

«Certo che…chi l’avrebbe mai detto? Julian Ross, da stella del calcio giovanile a veterinario…laureato con il massimo dei voti, poi! Non immaginavo davvero che amassi tanto gli animali.»

«Gli animali danno molto e non chiedono quasi nulla in cambio. Per tanta gente sono molto più facili da amare rispetto alle persona.»

Amy posa la forchetta. «Pensi sia il tuo caso?» domanda con aria involontariamente sarcastica.

«No» risponde Julian, serio «Affatto. Comunque sono convinto che l’amore incondizionato sia una parte del nostro istinto animale. E sicuramente è la nostra parte migliore.»

Amy si sente piuttosto imbarazzata dal tono che ha preso la conversazione. Julian se ne accorge e cerca di rimediare.

«Scusami, non ti ho nemmeno chiesto come stai.»

Amy prende fiato e sorride nervosamente. «Bene. Sì, piuttosto bene. Non ho molto tempo libero, sai, la casa, il lavoro… Ogni tanto esco con Patty, ci sentiamo spesso da quando è tornata in Giappone.»

«Holly e Patty sono tornati?» dice Julian, sorpreso.

«Ho detto che Patty è tornata. Lei e Holly hanno divorziato due anni fa. Lui se n’è rimasto in Brasile con quel Roberto. Secondo Patty, Holly ha sempre amato il calcio più di sua moglie…anche quando erano insieme lui non pensava ad altro, i suoi discorsi erano a senso unico…alla fine lei non ce l’ha più fatta.»

«Lo credo bene, povera Patty! Ha lasciato tutto per seguirlo, e alla fine si è trovata con un marito che preferiva correre dietro ad un pallone che…lasciamo perdere. Comunque, conoscendo Holly, la cosa non mi sorprende affatto. Mi domando solo perché l’abbia sposata.»

«Mah, forse nella graduatoria Patty occupava comunque un posto di rilievo. Dietro al calcio, naturalmente.»

«A dire la verità, Mark aveva avanzato un’altra opinione…»

«Mark? Quel Mark?»

«L’unico che conosco.»

«Non mi dirai che sei rimasto in contatto con Mark Landers?!» domanda Amy, incredula.

«Guarda che non è mica un mostro…anzi, conoscendolo meglio direi che è una delle persone migliori che mi sia capitato di incontrare. E’ stato l’unico tra i nostri compagni di squadra a venirmi a trovare mentre ero in ospedale. Lui e Holly non sono mai andati molto d’accordo, ma ogni tanto si sentivano…solo che da un po’ di tempo non aveva più sue notizie. Probabilmente Holly ha cambiato casa dopo che Patty se n’è andata.»

«E…quale sarebbe la sua ipotesi?»

«Beh, è piuttosto semplice…Holly era gay, e il suo matrimonio con Patty sarebbe stato solo una copertura.»

Amy scoppia a ridere. «Ma dai! Che razza di pettegoli!»

«E non è finita qui…sai perché, sempre secondo Mark, Holly voleva a tutti i costi andare in Brasile?»

«No e non lo voglio sapere!» dice Amy tra una risata e l’altra «Piuttosto, come sta Mark?»

«Benone. Gioca ancora in una buona squadra di seconda divisione, ma pensa di mollare tutto tra un paio d’anni per allenare una squadra di ragazzi.»

«Di già?»

«Beh, a trent’anni un calciatore comincia ad invecchiare…comunque ha ottenuto tutto ciò che voleva. Ha faticato tanto per diventare un giocatore di rilievo, e ora ha tutta l’intenzione di godersi i frutti del suo lavoro.»

«Sono felice per lui. E dimmi, sai nulla degli altri?»

«A dire la verità non molto…Tom è disperso da qualche parte in Francia, almeno così mi ha detto Mark, mentre ho letto su una rivista che Benji si è di nuovo fatto male ai polsi…i medici temono che stavolta dovrà chiudere definitivamente con il calcio.»

Julian beve un piccolo sorso di vino.

«Sai una cosa? Mi piacerebbe scoprire che fine ha fatto Philip…avevamo legato parecchio, ma dopo l’ultimo campionato non ci siamo più sentiti.»

«Oh, mi stavo dimenticando di dirtelo!» interviene Amy dopo aver finito l’ultimo crostino «Si è trasferito a New York da Jenny! Ha smesso di giocare a calcio e ora fa il maestro in una scuola elementare…pare che abbia un rapporto meraviglioso con i bambini. Jenny è felicissima, ancora non riesce a credere che Philip abbia potuto rinunciare a tutto per lei…ma evidentemente non riusciva proprio a starle lontano.»

«Per amore si fa questo ed altro» dice Julian «Capisco perfettamente cosa significa non poter stare accanto alla persona con cui si vorrebbe passare il resto della propria vita.»

Amy abbassa di nuovo lo sguardo. Altro passo falso, con reciproco imbarazzo, e nuovo tentativo di tappare la falla.

«A proposito…come sta Christopher?»

Amy, ancora un po’ tremante, si scosta una ciocca dall’orecchio.

«Uh…bene. E’ sempre in viaggio. Per lavoro. Svantaggi dell’essere la moglie di un avvocato.» Altra risatina nervosa.

«Sei ancora la sua segretaria?»

«Sì.»

Nel frattempo Billie Holiday ha smesso di cantare e ha passato il testimone a Tom Waits, con la sua “Blue Valentine” che sarebbe più adatta ad un locale fumoso con Humphrey Bogart seduto al bancone con un bicchiere di whisky in mano. Guido, quasi senza farsi notare, sostituisce i piatti degli antipasti con quelli delle portate principali.

Julian, con gli occhi nel piatto, inizia a pulire il suo pesce, mentre Amy mescola svogliatamente la zuppa.

«Dev’essere bello, però, tornare a casa e trovarci la persona che ami.»

Amy posa di colpo il cucchiaio, afferrando al volo il punto della situazione.

«Questa cena è stata squisita» dice pulendosi la bocca e facendo cenno di volersi alzare «Ma ora devo proprio scappare. Arrivederci, Julian.»

Il giovane la blocca con un cenno della mano.

«Aspetta, Amy, ti prego!» La ragazza resta al suo posto, mordendosi le labbra. Respira a fondo, quasi temesse di esplodere.

«Insomma, cosa vuoi da me?!» sbotta.

Julian la guarda senza dire nulla.

«Si può sapere perché ti è venuto in mente di farmi venire qui? Cosa ti aspettavi?»

«E tu perché hai accettato il mio invito? Potevi benissimo non venire, nessuno ti ha costretta a farlo.»

Silenzio. Tom Waits continua a cantare.

«Non volevo crearti tutto questo imbarazzo, perdonami. Per favore, non andartene…non ora.»

«Cosa vuoi, Julian?» dice lei con gli occhi lucidi «Te lo chiedo un’altra volta, e ti prego di rispondermi.»

Il suono del pianoforte sembra colmare il silenzio tra i due.

«Perché mi hai lasciato, Amy?»

Lo sguardo della ragazza oltrepassa Julian e finisce sulla parete opposta, cadendo su una stampa che rappresenta “L’assenzio” di Edgar Degas. L’immagine della prostituta dallo sguardo perso nel vuoto apparentemente colmato dal liquore la fa rabbrividire. Per un istante vi vede se stessa, la bottiglia sul tavolo, la mente offuscata dall’alcool e dai ricordi di una vita che ha voluto imporsi da sola. In quell’istante prega di non finire allo stesso modo.

«C’era qualcun altro? O ti eri semplicemente stancata? Dimmelo, perché non riesco proprio ad immaginarlo… Ho passato tutti questi anni a pensare dove avevo sbagliato, ai modi in cui avevo potuto farti soffrire senza accorgermene, e mi sono chiesto come avevo potuto essere così stupido da perderti… Avrei dato la mia vita per te, lo giuro.»

«Io volevo una mia vita, Julian!» sbotta di nuovo lei, trattenendo a stento le lacrime «Non puoi rendertene conto…ho trascorso dieci anni standoti accanto e vivendo per te, respirando per te, assaporando tutti i tuoi momenti di gloria, soffrendo per i tuoi problemi…ma io chi ero? Ad un certo punto mi sono chiesta cos’avessi fatto io, per me stessa, durante tutti quegli anni…e la risposta è stata…niente! Ho vissuto di riflesso tutta la tua vita, non sono stata nient’altro che uno specchio. Senza di te non ero niente.»

«Ma perché non me l’hai mai detto?» dice Julian, sconvolto «Non credevo che tu vedessi le cose in questo modo. Poteva cambiare tutto, se solo avessi immaginato…»

«No, Julian, non sarebbe cambiato nulla.» dice Amy scuotendo amaramente il capo «Non avresti mai capito. Avevi troppe cose che ti entravano e uscivano dalla testa, ma io ero sempre lì, ti bastava schioccare le dita per vedermi arrivare. Stavo troppo male per lasciare che tutto andasse avanti in questo modo.»

«Perché, credi che io non abbia sofferto?» sbotta Julian. La canzone si interrompe di colpo e si sente solo il gracchiare del vecchio disco arrivato alla fine. La donna del tavolo vicino si volta a guardare Julian che, imbarazzato, abbassa la voce. «Io ti amavo, Amy, e sicuramente ho commesso degli enormi errori, ma non ti ho mai data per scontata.»

«Ah, sì? E come mi consideravi, allora? La tua consigliera personale? Una valvola di sfogo per tutti i tuoi problemi? “Ma sì, di cosa mi preoccupo, tanto ci pensa Amy”! Ci pensa Amy! Non facevo altro che pensare, a te e per te! Ogni domenica ti guardavo giocare ed ero terrorizzata all’idea di vederti accasciare al suolo da un momento all’altro…e l’angoscia continuava anche fuori dal campo di calcio. Ti guardavo dormire e temevo che non ti svegliassi…ogni volta che entravi in ospedale pensavo a cos’avrei fatto se non ne fossi più uscito…»

«Amy…»

«…finché mi sono detta che, tutto sommato, non era detto che ci avrei rimesso così tanto. Avrei perso l’amore, ma avrei trovato una nuova vita e quella parte di me che credevo di avere perso.»

«E’ mostruoso, non posso credere che tu…»

«E’ esattamente quello che mi sono detta anch’io quando l’ho pensato. Ma poi ho capito che dovevo essere arrivata al limite per immaginare una cosa tanto orribile.»

«Così è stato per questo.» dice Julian. La crepa che già si era aperta nel suo cuore si è allargata e gli fa male da morire. Tira un profondo respiro, come per ricacciare indietro le lacrime. «Io non ho mai preteso nulla da te. Tu mi stavi accanto; eri la cosa più bella che potessi chiedere alla vita e credo che il mio errore più grosso sia stato quello di non avertelo mai dimostrato. Ma se questo ti pesava così tanto avresti potuto dirmelo. Ti avrei lasciata andare comunque.»

«Ma certo!» dice Amy con una smorfia di disgusto «Quindi hai semplicemente fatto spallucce dopo aver accettato le dimissioni della tua assistente sociale, giusto? Pazienza, ne troverai certamente un’altra, tu non hai problemi di questo genere.»

«Vedo proprio che non hai capito.» dice Julian «Se ti ho lasciata andare è stato proprio perché ti amavo.»

Amy si ritrova un attimo spiazzata da quella dichiarazione.

«Guarda che non sono uno stupido…ho capito benissimo che mi hai lasciato perché non eri felice. Era assurdo che io pretendessi che tu stessi con me solo per pietà, se non mi amavi più…»

«Julian, tu non hai fatto nulla per trattenermi!!!»

«Ma credi che non ci abbia provato? Cercavo di avvicinarmi a te, quando ormai non parlavamo quasi più, e tu scappavi! Non hai mai nemmeno provato ad ascoltarmi, non negarlo. Mi aggredivi qualsiasi cosa dicessi. E quando, di punto in bianco, mi hai detto che avevi preso la tua decisione e che non avresti mai cambiato idea, cosa potevo fare? Torturarti ancora una volta facendo leva sul tuo “senso di responsabilità”?»

Amy tace, ormai non sa più che dire.

«Ho provato a dimenticarti in tutti i modi possibili. Ho avuto molte storie, finite ancora prima di cominciare. Nessuna ha mai potuto darmi l’amore che mi avevi dato tu. Ed io non sono riuscito a dare a nessuna donna quello che non ho potuto dare a te. Così ho capito che dovevo rassegnarmi e aspettare che il tempo guarisse le ferite. Ma ogni volta che torno a casa la trovo sempre più vuota, e non posso fare a meno di pensare che tutto avrebbe potuto andare diversamente se solo fossi stato più attento. Quando ti ho vista passeggiare al parco, l’altro pomeriggio, il periodo più felice della mia vita è tornato a galla, e mi ha fatto terribilmente male perché ho capito che non avrei mai potuto dimenticare i momenti che ho passato con te, nel bene e nel male.»

«E cosa pensavi di ottenere, invitandomi qui questa sera?»

«Niente. Solo una briciola delle emozioni che non provo più da moltissimo tempo…»

«Tutto qui? Non ci credo. E poi anche tu dovevi immaginare che le cose erano cambiate.» dice Amy con voce rotta «Ora io sono sposata, ho una bella casa e un buon lavoro. Ho trascorso dei tempi orribili, ma sono riuscita a tenermi a galla. Finalmente ho una mia vita e la gestisco a modo mio. Volevi sapere perché ti ho lasciato? Te l’ho detto. Sei soddisfatto, adesso?»

Julian sorride, ma è un sorriso amaro, malinconico.

«Continui a non capire. Io te l’ho domandato solo perché volevo chiederti scusa. Scusa per averti fatto soffrire senza volerlo. Davvero. Te lo devo per tutto quello che hai fatto per me. Ti amo ancora come allora, Amy, e voglio che tu sappia che non commetterò mai più gli stessi errori. Mi sono comportato come un bambino, ma ora penso di essere cresciuto.»

«Siamo cresciuti tutti e due, Julian» dice Amy alzandosi «Non puoi far tornare indietro l’orologio; abbiamo preso le nostre decisioni e dobbiamo pagarne il prezzo. Spero che tu capisca.»

Amy si rimette il cappotto. «Buona fortuna, Julian. Ti auguro tutta la felicità possibile.»

Julian non ha il coraggio di guardarla mentre si allontana.

L’ho persa due volte, si dice.

Nel frattempo, Tom Waits è stato sostituito da Billy Joel, che riscalda ancora di più l’atmosfera del locale. Julian, con lo sguardo perso nel vuoto, non può fare a meno di seguire le parole della canzone.

 

Don’t go changing to try and please me

You never let me down before…

 

Hai fatto tutto per me…

 

…don’t imagine you’re too familiar

and I don’t see you anymore…

 

…e invece io non ti ho mai dimostrato quanto ti amassi veramente…

 

I would not leave you in times of trouble

We never would have come this far

I took the good times, I’ll take the bad times

I’ll take you just the way you are…

 

Ero sicuro che saremmo rimasti sempre insieme, nel bene e nel male…se solo avessi immaginato…se solo mi avessi detto…

Che idiota sono stato. Buttare via così l’unico vero amore della mia vita.

La canzone svanisce e la voce del buon vecchio Guido riporta Julian alla realtà.

«Sta bene, dottore?» domanda il cameriere, un po’ preoccupato.

«Sì, Guido…sto bene, grazie.» Non è vero, non sono mai stato così male in tutta la mia vita, ma tanto a che serve?

«Desidera altro?»

«No, grazie, sono a posto così.»

«Sa, la signora ha domandato il conto, ma mi sono permesso di dirle che ci aveva già pensato lei. Mi spiace per l’iniziativa, ma…»

«Non si preoccupi, ha fatto benissimo. Quant’è?» dice Julian mettendo mano al portafogli.

«Nulla, dottore. Stasera offre la casa. Lo consideri un…regalo di Natale per il nostro cliente più affezionato.»

Julian ricambia il sorriso del vecchio Guido che lo accompagna all’uscita. Prima di andarsene, si volta verso il vecchio cameriere e gli stringe calorosamente la mano.

«Più che un cliente, mi state trattando come un amico.» dice Julian «Spero che mi consideriate davvero tale, visto che per me siete come una seconda famiglia.»

«Il suo tavolo sarà sempre libero, dottore.» risponde Guido «E se in questi giorni vorrà passare a fare quattro chiacchiere e a mangiare una fetta di dolce, non deve fare altro che aprire quella porta.»

«La ringrazio ancora. In questi giorni la solitudine si fa sentire, e anche se i miei genitori sono sempre pronti a correre e il mio cagnone mi aspetta con ansia, sento sempre di più il bisogno di una persona speciale da cui tornare.»

«E’ giusto. Mia moglie dice sempre che un bel giovanotto come lei non merita altro che una donna meravigliosa, e  penso che non faticherà molto a trovarla!»

«Non è questo il problema, Guido» dice Julian sospirando «Io l’ho trovata molto tempo fa. Il vero problema è che l’ho persa per sempre.»

«Non sia così disfattista, dottore. Non tutto è perduto, mi creda.»

«Questa volta sì, Guido.» dice Julian alzando il bavero del cappotto «Questa volta è tutto perduto. Buon Natale.»

«Buon Natale, dottor Ross.» dice Guido chiudendo la porta alle spalle del giovane veterinario.

Julian è fermo sul marciapiede, gli occhi rivolti verso il cielo. La neve continua a cadere leggera, e la luce dei lampioni e delle insegne luminose si riflette sull’affollatissima strada spolverata di bianco.

Si torna a casa, pensa il giovane con malinconia osservando la gente che gli passa davanti di fretta, senza degnarlo di uno sguardo. Chissà quante storie potrebbero raccontare queste persone…ognuna con i suoi pensieri, i suoi problemi. Io sono solo uno tra i tanti, si dice. Poi scuote la testa: che pensiero idiota…meglio andare, fa freddo qui.

«Hey, Julian! Vuoi sapere la verità?»

Il cuore gli sobbalza nel petto nel sentire di nuovo quella voce che lo costringe a voltarsi di scatto.

Amy è lì, tremante sotto la neve, con le guance rigate di lacrime.

«Io e Christopher ci siamo separati sei mesi fa e io faccio la telefonista per una ditta di trasporti…»

«Amy…»

«…e neanch’io ti ho mai dimenticato, Julian. Ho sposato Christopher perché credevo di poterlo amare come amavo te, ma è stato solo uno stupido errore. Anche se non riuscivo più a stare con te, ho capito che non avrei mai smesso di amarti, ma il mio maledetto orgoglio mi ha impedito di tornare indietro…»

Amy si avvicina lentamente a Julian, che, sconvolto, la guarda a bocca aperta.

«Sono io che devo chiederti scusa, non tu. Oh, Dio, potrai mai perdonarmi?»

Julian, con gli occhi lucidi, vorrebbe dirle tutto quello che non era mai riuscito a dirle prima, ma sente le parole morirgli in gola. D’istinto apre le braccia e la stringe a sé, forte come non mai, come se temesse di vederla fuggire di nuovo. Lei piange, il viso affondato nel petto di lui.

«Ricominceremo tutto daccapo. E ti prometto che non commetterò più gli stessi errori. Ti amo troppo per lasciarti andare un’altra volta.» dice Julian con la voce rotta dal pianto.

Lei solleva il capo e lo guarda negli occhi; poi, come risposta, gli prende il viso tra le mani e lo bacia una, due, cento volte, senza curarsi della folla che, oltrepassandoli, lancia loro sguardi di disapprovazione.

Guido, dietro la vetrata di “Rubini”, li osserva e sorride. Nel ristorante, Billy Joel continua a cantare.

 

A bottle of red, a bottle of white

Whatever kind of mood you’re in tonight

I’ll meet you anytime you want

In our Italian restaurant…

 

Questo Natale, forse, sarà un po’ meno freddo del solito.

 

 

 

 

 

FINE

 

 

Le canzoni citate sono rispettivamente “Just the way you are” e “Scenes from an Italian Restaurant”, di Billy Joel. Quest’ultima, insieme al bellissimo racconto a fumetti “Bianco Natale” di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo,e alla canzone di Tom Waits “Christmas card from a hooker in Minneapolis” mi hanno ispirato nello scrivere questa storiella. Ascoltatele e leggetele, ne vale la pena!

 

  
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